La robustezza come bisogno.

Certe volte una persona introduce un concetto e registra una reazione che non ha giustificazioni razionali. Per esempio, il post sull’intelligenza. A me non causa nessun problema attribuire l’intelligenza alla societa’ e non a me: dopo 20 anni passati sui banchi di scuola, davvero posso attribuire il mio pensiero a “me stesso”? Al contrario, ho notato una grossa idiosincrasia in molte persone , e ho iniziato a chiedermi il perche’.

In fondo ho solo fatto notare una cosa: non si sono mai visti singoli uomini, delle monadi, esprimere alcuna intelligenza. Tutta l’intelligenza che abbiamo osservato sinora si esprime dentro un gruppo, una societa’. Le persone che hanno avuto la sfortuna di crescere senza i loro simili, quando ritrovate, erano ridotte a bestie senza lume della ragione. E anche quando una persona sia rinchiusa da sola, completamente isolata dal resto dell’umanita’, in pochi anni perde ogni intelletto, regredendo , spesso impazzendo.

A questo punto, viene spontaneo pensare che “intelligenza” sia l’attributo di gruppo e non di un singolo. In fondo non sto dicendo niente di che, e’ come dire che il calcio e’ un gioco di squadra e non esiste un calciatore che vince la partita, esiste la squadra che vince la partita. Il fatto che l’intelligenza sia un fenomeno di gruppo non dovrebbe essere meno normale.

La prima cosa che viene da chiedersi di fronte alla reazione di “questo e’ inaccettabile”, e’ “ma che cosa sto togliendo loro, se dico che l’intelligenza e’ un fenomeno di gruppo e non individuale?”.

Il problema della societa’ moderna occidentale e’ l’individualismo. Dico problema perche’ l’individualismo richiede che la persona si senta autosufficiente, e che tragga la propria identita’ esclusivamente dai propri attributi personali.

Che siano le proprieta’, degli status symbol, l’aspetto fisico, le performance lavorative, nel mondo dell’individualismo l’identita’ di ogni persona e’ tratta da attributi della persona stessa.  Io ho l’ Iphone, io sono ceto medio, etc.

Non e’ sempre stato cosi’: ci sono state fasi tribali ove il nome dell’individuo conteneva quello del clan e un attributo assegnato dalla tribu’ , ci sono state fasi nelle quali la nazione di appartenenza concorreva alla formazione dell’identita’, momenti in cui lo faceva la professione, eccetera.

Oggi come oggi, nel periodo dell’individualismo, si VUOLE – ed e’ importante dirlo , VUOLE – credere che l’individuo in se’ origini se’ stesso. “Io non ho bisogno degli altri per essere” e’ il punto di forza.

Quanto sia ridicola questa credenza nel momento in cui la gente va a farsi disintossicare contro Internet addiction non e’ una cosa che voglio commentare, ma e’ interessante notare  alcuni effetti collaterali.

Un tempo, se qualcuno si fosse messo sulle rotaie per farsi passare sopra il treno, anche escludendo il periodo del fascismo con il suo arditismo(1), non sarebbe stato classificato come “problematico” o “coraggioso”, ma semplicemente come “stupido”.

Da dove vengono cose come “balconing”?  Perche’ fare sport che implicano e richiedono un rischio enorme, cosa prima riservata a pochissimi , annoiatissimi nobili del periodo romantico?

La risposta e’ semplice: l’uomo del passato si riteneva fragile. Cercava il conforto e la compagnia dei suoi simili. Di fronte ad un fuoco, si metteva a gridare. Di fronte ad un ladro, si metteva a ggridare. E accorreva quando sentiva grida.

Sentirsi fragili, preda di disgrazie, incidenti, malattie, crimini,  era normale e , per certi versi, molto razionale. Oggi come oggi, del resto, l’uomo non e’ certo piu’ robusto. Due terzi delle donne moderne rifiuterebbero il taglio cesareo solo vedendo la cicatrice che esso lasciava solo negli anni ’70 e ’80, i ritmi lavorativi erano diversi.Quanti di voi andrebbero a lavorare in filiera sapendo di avere il 100% di probabilita’ di perdere – almeno – due dita in quattro anni?

Forse perche’ gli incidenti e le relative mutilazioni erano cosi’ frequenti, ma un tempo le persone si sentivano piu’ fragili. Quanto lo fossero e’ da dimostrare, visto che io ho girato per i primi 20 anni della mia vita su un’auto senza airbag, cinture, abs, seggiolini, e tutto quanto oggi si considera il minimo necessario per “la sicurezza”. Ho bevuto acqua piovana, ho bevuto da fontane piu’ o meno sicure, mangiato frutta raccolta da terra , come meloni e fragole, e non mi passava neanche per il cazzo di lavarla. Mi hanno morsicato cani, mi sono arrampicato su alberi alti 15 metri, e tutte quelle cose che oggi sono considerate mortali.

Ma , attenzione, arrivati ad una certa eta’, iniziava la consapevolezza di essere fragili. Di avere bisogno degli altri. Di dover chiedere. Di non essere sufficienti.

Questo non esiste piu’ oggi. Ma per convincere un individuo a sentirsi capace di definire se’ stesso, di essere “self-made” , dovete prima convincerlo di essere robustissimo. Di non aver bisogno di nessuno, nemmeno per garantire la sua stessa sicurezza.

Da qui, avete gente convinta di essere Superman: chi si arrampica sui crepacci a mani nude, chi si lancia con le ali fittizie giu’ per un burrone: se siamo cosi’ potenti, cosi’ robusti, se ci facciamo con le nostre mani, beh, allora qual’e’ il problema a lanciarsi da 43 Km di altezza?

Nonostante il mondo sia pieno di film dell’orrore, di immagini ripugnanti,  quando arriva un incidente d’auto VERO, la foto del corpo sbrindellato non viene mai mostrato. Eppure la gente va a vedere “Expendables”, con omicidi gratuiti, stupri di massa, gente che brucia viva, salta sulle mine, ma un incidente VERO non si puo’ mostrare.

Perche’?

Perche’ mostrare un VERO incidente di auto porterebbe le persone a realizzare la propria fragilita’. Biologica, essenziale.

Allora questo lo vedete in TV:

mentre questo non lo trasmettereste perche’ e’ VERO:

fotografia di morto in incidente stradale

sebbene la prima scena sia piu’ truce della seconda, se trasmettete Platoon in TV nessuno dice niente, provate a sparare la seconda e immediatamente la gente insorge: la seconda e’ shoccante. Come mai?

Perche’ la seconda vi ricorda che voi, proprio voi, non siete affatto ROBUSTI.

Nel convincervi di essere sufficienti a voi stessi, di essere individui, di valere per le vostre qualita’, di essere dei capolavori, dei pezzi unici e rari, dei fiori che sbocciano ogni secolo, vi hanno anche convinto di essere robustissimi.

Cosi’ vi gettate sotto i treni , vi lanciate dai balconi, fate sport estremi: siete convinti di essere invincibili, robustissimi, “self made”. Siete tutto quel che serve per esistere, o non riuscireste a trarre la vostra identita’ da voi stessi.

Ed ecco che torna il discorso dell’intelligenza. Se voi siete fichi per come siete, se siete bravi al lavoro, se “avete la laurea” non e’ perche’ avete bisogno di altri. Voi “avete la laurea”, non e’ che un sistema fatto di migliaia di docenti, spese, tasse, libri scritti da altri &co c’entri qualcosa: e’ “merito”, ed e’ TUTTO merito vostro se siete laureati. Non dovete ringraziare nessuno.

Se escludiamo TUTTI i professori degli ultimi 20 anni, magari? Se escludiamo il governo che mette in piedi un sistema scolastico, fa stampare libri? Se escludiamo chi ha INVENTATO E SCOPERTO le cose che sapete “perche’ avete studiato?”?

Io non credo che sia merito MIO se conosco Cantor. Penso sia, principalmente, merito di Cantor. Poi e’ merito di chi mi ha spiegato Cantor. E di chi ha scrtitto i libri che ho studiato. Alla fine, si, ci ho messo ANCHE DEL MIO.

Ma non mi sognerei di dire che i miei studi siano “merito mio”.

A parlare con la gente, oggi, fanno tutto da se’. Studiano come se non ci fossero professori dentro le scuole e come se il loro ruolo fosse  marginale: loro si laureano “per il loro merito”. Al lavoro, non c’entra niente che ci siano i colleghi, che usino infrastrutture mantenute da altri, che la brillante email che hanno mandato sia merito prima di tutto del gruppo che tiene in piedi Exchange, che i sistemi siano stati creati da qualcun altro. E che lui stesso non sia nato sapendo come scrivere la sua brillantissima email, ma qualcuno glielo abbia insegnato.

In definitiva, l’uomo moderno non e’ piu’ strutturato intellettualmente per pensare di aver bisogno di qualcun altro, e di essere cio’ che e’ per MERITO di qualcun altro. I meriti sono sempre individuali, figuriamoci se gli insegnanti c’entrano qualcosa col vostro “merito” di esservi laureati. E’ il merito, cavolo. Ed e’ tutto vostro. VOI vi siete laureati, e quell’irrilevante cosa che si chiama Universita’ si ostinava a stare tutto attorno al vostro bellissimo corpo.

Allora, se conoscete Zermelo per TUTTO merito vostro e non di Zermelo, se siete laureati per merito vostro e non c’entra nulla l’Universita’, se siete fichissimi al lavoro ma non c’entrano i colleghi, l’organizzazione, l’azienda e i clienti, (tutte quisquilie di cui non avrete bisogno), se “non dovete dire grazie a nessuno per quel che avete”, se “tutto quello che avete ve lo siete sudati voi”, e se pensare in questo modo vi e’ INDISPENSABILE per definire voi stessi e per sapere chi siete, ALLORA proverete un senso di fastidio interiore se qualcuno vi fa notare che non si sono mai notati individui singoli che bastino a se’ stessi.

Una semplice riflessione sull’esistenza dell’intelligenza in un individuo – monade basta a scatenare la reazione difensiva: come sarebbe a dire che io devo dire grazie ad un gruppo se sono intelligente? IO SONO intelligente, come osi dire che SIAMO intelligenti. Vuol dire che devo dire grazie a loro? Non e’ MERITO mio?

In verita’,non lo e’.

Le cose che sapete le sapete PER MERITO di qualcun altro che le ha inventate, scoperte o create. I vostri titoli di studio sono MERITO in gran parte dei vostri professori. Le cose che “sapete fare” sono merito principalmente delle infrastrutture che vi consentono di farle. Se siete sani e vigorosi e’ merito principalmente di un sistema sanitario funzionante e di un sistema di prevenzione epidemiologica.

E se siete intelligenti, lo dovete a tutte le persone che avete incontrato, a quello che vi hanno dato, e a quello che altri hanno dato a loro, lo dovete alla vostra societa’.

Quasi nulla della vostra sfolgorante esistenza e’ davvero MERITO vostro.

Ma se ammettete questo, e ammettete di dover dire grazie a qualcuno , allora non siete piu’ cosi’ robusti. E potreste davvero morire in un incidente stradale, come la donna sopra. E dovreste , nel caso, aiutare gli altri, sperando che anche loro vogliano fare lo stesso per voi.

Ma per questo, avete bisogno di un altra idea di voi stessi, e per avere un’idea diversa di voi stessi dovrete distruggere quella attuale, e chi scrive cose che possono portare a questo produce una reazione difensiva.

Ed e’ per questo che sentirmi dire “secondo me l’intelligenza non e’ monadica ma e’ un fenomeno di gruppo”, considerazione tutto sommato “filosofica”, vi sentite provocati, vi sentite assaliti, provate quel fastidio che porta ad una reazione esagerata.

Questa reazione e’ esagerata perche’ solo insinuare che possiate “dover dire grazie a qualcuno per quel che siete”, mette a dura prova l’immagine che avete di voi stessi. Voi dovete credere che il merito sia vostro, e che il VALORE sia vostro: se siete intelligenti VOI valete, non e’ la societa’ che vale. Gli altri non ne hanno alcun merito.

Ma questo dovrebbe farvi riflettere. A meno che , si intende, non pensiate davvero di essere perfettamente capaci di riflettere senza che qualcosa vi faccia riflettere. Se riflettete e’ TUTTO merito vostro, giusto?

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Quanto bisogno avete di NON aver bisogno?

(1) Avevano il mito dell’impresa eroica, e del coraggio, ma l’impresa doveva essere tipo “arrivare al polo nord”, o “trasvolare l’oceano atlantico”, non “essere centrati dallo scarico del cesso di un treno locale”.

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