La noia del noTav

Succede a volte che siccome un tema diventa molto popolare sui media la gente mi chieda cosa ne penso. Onestamente, per come la vedo io le cose sono molto semplici: lo trovo noioso, stupido, scontato. Essenzialmente, la politica del no e’ la politica piu’ semplice da fare. Ed e’ quella storicamente piu’ banale e distruttiva, sebbene sia la piu’ silenziosa. Mi spiego meglio.

Prendete un foglio di carta, e da un lato scrivete, in alto “no” e dall’altra scrivete “si”. Poi girate per il paese e contate le cose che vedete: palazzi, ospedali, strade, asili, eccetera. Ora, prendete quelle cose e scrivetele dal lato di chi le ha costruite.

Se il palazzo lo hanno costruito quelli che erano contro quel palazzo, che manifestavano in piazza per non farlo, quelli che si sono battuti per non farlo, segnatelo da quel lato. Se invece l’opera civile che avete visto l’hanno costruita quelli che erano per il si’, cioe’ favorevoli a costruirla, o perlomeno non contrari, scrivetela dall’altro lato.

Ecco, tutto quello che otterrete in questo modo sara’ un’amara scoperta: che i noTav della situazione, comunque li si sia chiamati nel tempo, non hanno mai costruito un cazzo di niente.  Non hanno mai lasciato niente ai figli, non hanno mai fatto niente per gli altri, si sono solo dedicati a fare in modo che NESSUNO potesse costruire nulla.

Questa e’ la semplice idea che ho dei movimenti “no-qualcosa”: e’ gente che ai propri figli lasciera’ nulla che non ci fosse gia’ prima. Se la regola d’oro del progresso e’ di lasciare ai figli qualcosa che loro possano utilizzare qualora serva loro, bene: questi signori non lasciano nulla di nulla.

La costruzione di qualsiasi opera destinata a non essere usata solo da chi la costruisce (ospedali, treni, porti, eccetera) e non solo DALLA GENERAZIONE di chi la costruisce e’ un atto sociale, e infine un atto civico.

Rido di patetici cialtroni che se ne escono oggi dicendo cose come “la tav non serve”. Innanzitutto, una simile valutazione e’ parte di una professione specifica, che e’ la consulenza strategica. Una consulenza come “la tav serve” ha, ad occhio e croce, una parcella di circa 10-15 milioni di euro.  I professionisti che di solito lavorano nel settore delle consulenze strategiche sono persone che non lo fanno per secondo lavoro: il motivo molto semplice e’ che quello e’ un lavoro che basta ed avanza a riempire la vita.

Ad un certo punto arriva il Travaglio della situazione e scopre la passione per la consulenza strategica internazionale. Il che e’ ottimo: inizi a lavorarci a tempo pieno, si dedichi a studiare tutto quel che serve studiare per fare quel lavoro, e tra 40-50 anni forse sara’ in grado di rispondere alla domanda.

Stranamente, sembra che tutti, ma proprio tutti, in Italia sappiano fare consulenza strategica e sappiano con esattezza che “la tav non serve”. Lo pensano tutti, ma davvero tutti, tranne chi fa consulenza strategica davvero.  Complimenti.

Per me e’ solo merda di cane: nessuno tra quelli che dicono “la tav non serve” ha le conoscenze per dirlo, e chi ha le conoscenze per dirlo impiega anni a studiare il problema, cosa per la quale viene poi pagato di conseguenza. Cosi’, non sprecate tempo a dirmi che tale professore o tale universita’ hanno detto -gratis- che la tav non serve: a quel prezzo, non e’ credibile.

Certo, potete credere che un sito web vi regali consulenze strategiche, come potete credere che si possa comprare un iPad a 100 euro da un tizio conosciuto in autostrada. Per me, quando una cosa pregiata costa troppo poco, si tratta di un falso, di un’imitazione di basso valore.

Questa é la ragione per la quale casseró i commenti che pretendono di far cadere dall’ alto delle consulenze strategiche gratis. Sarebbe come credere a chi ti offre un computer a 100 euro in autostrada. Non perdo nemmeno tempo a spiegare per quale motivo sia un falso. Si, voi avete un link. Tutti ne hanno uno. Yawn.

Ma perche’ allora una valle ha tutta questa voglia di non avere un treno ad alta velocita’? I motivi sono molteplici.

Il primo motivo lo vedete osservando gli scontri. Queste proteste stanno portando in zona migliaia e migliaia di persone. O tutti si portano appresso la colazione al sacco, o molto semplicemente in quella zona sta passando un business che riempie gli alberghi ed i ristoranti come mai era avvenuto dal 2006, quando a Torino si fecero le olimpiadi invernali.. Non meraviglia, quindi, che la vallata sia favorevole a questa gente: una manifestazione da 70.000 partecipanti , quei negozianti , quei baristi, quei ristoranti e quegli alberghi forse non l’avevano mai vista negli ultimi 5 anni.

In pratica, sul piano microeconomico questa saga sta diventando l’equivalente della sagra della porchetta, o della sagra della castagna scardanata nel piscio di faina, tutte quelle robe che le pro-loco si inventano per portare due o tre clienti in piu’ agli asfittici esercenti del posto.

Al di la dell’economia della cosa, ci sono altri due fattori: la politica della questione e l’aspetto sociale della questione. La politica non mi interessa, visto che i centri sociali predicano ancora ideologie nate e morte nel secolo scorso. Cosi’  faccio solo considerazioni sociali.

L’Italia e’ stracolma di Val Di Susa. E’ stracolma di aree che potrebbero vivere di turismo, se solo UN NEGOZIANTE parlasse in inglese. E’ stracolma di aree che potrebbero vivere di industria, se qualcun altro le facesse, e se in qualche altro posto comprassero quel che si fa da quelle parti. E’ stracolma di bellezze naturali di cui a nessuno frega un cazzo: non e’ che il mondo faccia la coda per ammirare il prezioso panorama della Val di Susa, eh. Si, ci saranno anche dei turisti, ma non e’ che sia il centro del turismo mondiale. E neanche nazionale. E neanche regionale. E neanche provinciale. Ehm…. diciamo che la val di Susa e’ il polo turistico piu’ importante della Val di Susa, ecco tutto. C’e’ il sestriere, si: qualche volta lo avrete sentito nominare. 800 abitanti, circa. Il centro del turismo mondiale, come minimo.

Ma dicevo, il paese e’ stracolmo di sacche sociali che non hanno motivo di esistere. Non c’entrano piu’ niente con la societa’ moderna. Non hanno nulla da dire, e non capiscono nulla di quello che si dice. Gli stessi che combattono contro la Tav magari si lamenteranno perche’  c’e’ il digital divide, ma se partite con le antenne per coprirlo, da noTav diventeranno noWImax.

La verita’ e’ che l’ Italia e’ piena di zone sociali che vogliono vivere “come sempre”. E poiche’ il mondo cambia, spesso si trovano a qualche passo indietro. Ora, che piaccia o meno l’unione europea e’ un progetto che si sta consolidando.  E c’e’ un progetto che vuole far passare treni ad alta velocita’ collegando due citta’.

Il punto e’ , molto semplicemente, che si tratta di una delle tante decisioni che vanno in una direzione. Qualsiasi cosa sara’ l’europa tra 50 anni, nell’idea di chi la costruisce le citta’ saranno collegate da una rete ferroviaria ad alta velocita’. Ma questa societa’, e’ una societa’ in cui una societa’ puo’ avere una sede a torino ed una a lione, e la differenza che passa e’ qualche ora di treno.

Se immaginiamo una societa’ del genere, ovvero una societa’ ove l’orizzonte geografico di ogni individuo e’ cosi’ ampio, immaginiamo una societa’ ove l’orizzonte geografico di ogni lavoratore e’ enorme, ci troviamo con una societa’ del tutto incompatibile con il cazzo di societa’ valsusina.

Questo e’ il punto? No. Non lo e’ nella misura in cui non sono tutti valsusini quelli che protestano, e nella misura in cui di per se’ la linea non li collega meglio di prima.La val di susa e’ arretrata oggi e lo sara’ anche domani.  Il problema e’ analogo, ma riguarda sacche semmai presenti a Torino, i cui centri sociali riempiono le file delle proteste.

Vi faccio un esempio: la mia casa italiana si trova sull’appennino tra emilia e toscana, dal lato emiliano. E’ un luogo che richiede un’oretta di macchina per arrivare da Bologna. L’amministrazione regionale, tramite anche le ferrovie ER, (Emilia ROmagna) ha attivato alcune ferrovie (la porrettana e la vignolese) che collegano queste vallate a Bologna.

Ora, direte voi: grandissima opportunita’ economica per le vallate, che diventano fruibili. Vero: chi vuole vedere un bel panorama viene su molto piu’ facilmente. Ma e’ stata un’opportunita’ economica ancora piu’ grande per Bologna: chi vuole godere delle cose che ci sono in citta’, va in citta’ molto piu’ facilmente.

Adesso dunque abbiamo chiaro un problema: abbiamo due flussi. Uno che va dalla vallata alla citta’, e uno che va dalla citta’ alla vallata. Chiediamoci: sono piu’ quelli che vanno dalla valle a bologna o quelli che da bologna vanno alla valle?

La risposta e’ semplice: OVVIAMENTE, siccome la citta’ offre di piu’ -per colpa di amministrazioni comunali miopi e affariste- , ogni domenica mattina ci sono treni stracolmi di ragazzi che vanno in citta’, per tornare la sera.

Prima dei trenini, questi ragazzi stavano nella piazza del paese a lamentarsi di quante cose facessero i loro coetanei di citta’ , che a loro erano negate. Sino ai 18 anni, quando non avrebbero preso l’auto, la loro vita era confinata ai loro motorini e alla distanza che (anche eroicamente, con meno otto gradi) potevano percorrerci.

Oggi, la piazza e’ vuota: anziche’ lamentarsi perche’ non hanno tutte le cose della citta’, vita sociale inclusa, questi ragazzi prendono un treno di mattina , o dopo mangiato, e tornano la sera. E l’asfittica piazza del paese e’ , ancora una volta, vuota.

Ora, capite molto bene che per il prete del paese quella piazza vuota e’ una sconfitta. E’ una sconfitta per il bar di quella valle, per il cinema locale, per il partito che prima irreggimentava i giovani in quella piazza, per il partito che ancora appende una copia dell’unita’ nella bacheca di quella piazza, e cosi’ via. E nel tempo, quei giovani che vanno a bologna troveranno fidanzate, fidanzati, mariti e mogli, e non torneranno piu’. La colpa e’ della ferrovia? No, la colpa e’ di chi non ha saputo costruire qualcosa che non fosse “quel che si e’ sempre fatto”. Il paesello e’ il passato, in citta’ c’e’ il futuro, e i giovani per natura vanno verso il futuro.

Ora, la domanda e’: andranno piu’ persone e piu’ merci da Torino a Lione, o da Lione a Torino? Non si sa. Dipende da quale delle due citta’ offre di piu’. Potete stare certi che, se a poche ore di distanza per il torinese ci sono piu’ opportunita’, non rimarra’ fermo dove si trova.  E lo stesso dicasi del contrario. Quale delle due , tra Torino e Lione, e’ il passato,e  quale e’ il futuro?  Non saprei. Lo vedremo.

Questi processi vengono detti normalmente “ottimizzazioni del mercato”, anche quando anziche’ parlare di questioni economiche si parla di questioni sociali. Il concetto che sta alla base di questo e’ che piu’ e’ alta la mobilita’, piu’ e’ probabile che un qualsiasi soggetto POSSA, almeno in teoria, trovare la collocazione migliore.

Cosi’, se torniamo indietro, la TAV non e’ solo una TAV: e’ semplicemente un pezzo di un grafo, la cui complessita’ puo’ essere vista in termini di “quanto aumentano le probabilita’ che un attore economico, o sociale, trovi il posto migliore per lui”.

La domanda pero’ e’ la seguente: in una societa’ ove il posto si trova spostandosi, e dove la possibilita’ di spostarsi e’ un fattore di ottimizzazione del processo di best-fit, come si trova chi NON HA POSTO in quella societa’? Questo e’ il punto.

Quelli che vedete in piazza sono coloro che in una societa’ moderna, ovvero in una societa’ ove il best-fit si basa sul movimento, non hanno speranze. Il loro sogno e’ di una societa’ SENZA movimenti, ove sia le merci che le persone siano radicate sul posto. Ma questo sogno sta andando in pezzi.

La TAV e’ un simbolo: essi sono quelli che non troveranno posto nel futuro che sta venendo. Non sto dicendo che sia migliore o peggiore, per carita’. Questo lo vedremo. Ma e’ un fatto che questo futuro sta arrivando.  Presto gli abitanti di Torino avranno ancora piu’ possibilita’ di trovare una soluzione di best fit, e se tutti i percorsi ferroviari del continente europeo si faranno, la generazione dei nostri figli potra’ leggere annunci di lavoro in citta’ che oggi  noi chiamiamo “straniere”, potranno cioe’ essere dei pendolari su distanze che un tempo erano proprie degli immigrati.

Io stesso da quattro anni faccio il pendolare dalla germania all’italia, usando gli aerei: un tempo gli italiani in Germania erano detti emigrati. Gli aerei che prendo sono pieni di gente la cui azienda ha un’altra sede in Germania: ma se occorressero 12-13 ore per arrivare , difficilmente avrebbero aperto la sede all’estero. Eppure, PMI che prima non avrebbero mai osato, adesso osano. PErche’? Perche’ e’ un’oretta di aereo. Qualcuno ha mai misurato quanti prendono un RyanAir per andare a fare colloqui di lavoro? Se gli industriali lo sapessero, capirebbero perche’ alle loro miserabili fabbrichette rimangono ormai solo da assumere capre ignoranti: gli altri sono andati a cercare industrie migliori. (sorpresa, coglioni,siete sul mercato anche voi!).

Perche’ io (e molti come me) oggi siamo in Germania ma non andiamo a mischiarci con gli italiani emigrati degli Eis und Sahne? Perche’, molto semplicemente, siamo due generazioni molto diverse. Loro sono emigrati a cercare il minimo, noi siamo andati a cercare di meglio.

Ma in questo mondo, per alcuni non c’e’ speranza di sopravvivere. Per fare un esempio, nella valle romagnola da cui scrivo oggi (essendo tornato per il weekend) il treno non ha aumentato tanto l’afflusso di turisti. Non di quelli stranieri, perche’ qui nessun negoziante parla inglese: il turismo estero NON puo’ decollare. Ma nemmeno da Bologna, nel senso che se tutto quello che hai da offrire e’ aria pura e panorami, tutto quello che otterrai saranno pensionati che prendono il treno per fare una camminata, si portano la colazione al sacco, e di comprare il tuo merdoso souvenir made in china se ne fottono altamente.

Ora, prendiamo come esempio il merdoso baretto che sta sulla piazza del paesello X. Esso era pieno di gente ogni domenica, ma la cosa che pochi hanno notato era che era pieno di gente che andava li’ non perche’ quel bar fosse bello. Ci andavano PERCHE’ NON AVEVANO SCELTA. Non appena hanno avuto una fermata in piu’ della ferrovia locale, quei bar si sono svuotati: i ragazzini hanno iniziato a scendere a Bologna per passare la domenica pomeriggio. Dove? Sempre in un bar. Ma un bar piu’ bello, con piu’ ragazze, piu’ ragazzi, MENO VECCHI,  e tutto quanto.

Ma adesso chiediamoci: il bar del posto , che non sa fare un cocktail, puo’ spostarsi a Bologna? La risposta e’ “no”. Appunto perche’, come dicevo, non sa fare un cocktail neanche a morire, ha solo gelati confezionati da frigo , non ha una saletta , e tante altre cose.

Insomma, in Italia ci sono delle sacche di arretratezza sociale, culturale e lavorativa che hanno paura del mondo che si prospetta loro. Si tratta di attivita’ economiche che hanno sempre contato SULLE DISTANZE come fattore per INCATENARE il cliente a loro. Un tempo, in questi paesi, chi lasciava il paese e andava a vivere “a Bulagna” aveva fatto un grande salto. Molti non avevano il coraggio.

Oggi, beh, e’ normale. Cosi’ normale che , dopo una fiammata dovuta alla speculazione edilizia, questi paesini si stanno di nuovo svuotando. Del resto, questi sindaci del cazzo hanno avuto un picco terrificante di famiglie giovani, e per tutta risposta hanno chiuso scuole ed asili nido, e per tutta risposta non hanno migliorato nulla di nulla di strade ed infrastrutture. Chi e’ emigrato qui dieci anni fa ha scoperto -amaramente- che tanto il comune non fara’ MAI niente per adattarsi alle nuove famiglie, non fara’ MAI niente (la onlus di mia moglie e’ l’unica cosa nata per i bambini, e ha l’ostilita’ di tutta la vallata -quella senza figli- : se fai qualcosa , qui, ricevi solo odio) , niente per migliorare la vita del posto.

(indovinate un pochino come mai io lavoro e ho casa in Germania, e presto anche la mia signora e mia figlia mi raggiungeranno, eh?) 

Questa logica “il posto fa schifo ma tanto so che non te ne puoi andare” e’ quella che sta venendo sconfitta. Sconfitta da cose come internet, ferrovie, telefonia cellulare, autostrade. La  nuova uscita dell’autostrada che doveva migliorare il commercio lo ha ucciso. Perche’? Perche’ i negozianti di qui hanno il +30% di prezzo, tanto tu coglione puoi solo andare a Bologna , e ti costa un sacco.

Risultato? Appena arriva la nuova uscita dell’autostrada, con venti minuti sono a Bologna, e tu negoziante il tuo +30% te lo ficchi nel culo.(2)

Qui e’ il punto vero: se fosse per i noTav, voi non avreste internet. Non avreste ferrovie. Non avreste strade. Sareste PRIGIONIERI del paese ove nascete. Sareste PRIGIONIERI della vostra nazione, della vostra citta’ , del vostro paesello, della vostra vallata.

E siccome siete prigionieri, molti, molti, ma molti si offriranno di fare da secondini. Tutta una societa’ di secondini, dai negozianti che approfittano della scarsa concorrenza a sindaci che se ne fottono “tanto dove vanno?” , e’ vissuta sulle grandi distanze.

A volte basta poco. Basta un treno locale, e tutte quelle decine di ragazzi e ragazze che prima spendevano la loro giornata nel merdoso baretto che non si degnava neanche di cambiare il flipper (non scherzo, nel mondo della PS3 questi hanno ancora i flipper) , se ne vanno a Bologna. Treno delle 12.30 andata, treno delle 21:06 ritorno. E il bar e’ vuoto.

Moltissimi di noi sono stati PRIGIONIERI delle distanze. Siamo stati prigionieri di autorita’ locali che hanno sempre lucrato sul fatto che dovevamo mangiare LA LORO minestra o niente. La verita’ e’ che quando e’ arrivata la Tav tra Bologna e Milano, tanti sia a bologna che a Milano hanno visto i sorci verdi.

La verita’ molto semplice e’ che forse, ad un giovane torinese che non si trova bene a Torino, anziche’ fare il ribelle in un centro sociale torinese, potrebbe convenire andare a vivere a  Lione.

E qui siamo al punto cruciale.

Nel paesello emiliano c’erano, prima, un certo numero di “ribelli”, di giovani che contestavano la societa’ locale, che chiedevano cambiamenti, che partecipavano alle attivita’ della proloco oppure facevano di testa loro insieme coi soliti di Rifondazione , ed altri “alternativi”. Da quando hanno il trenino, vanno in citta’.

Cosi’ , signori, il punto e’ questo: la TAV non e’ solo una ferrovia. Per alcuni ambienti, dai centri sociali a certe sacche di societa’, e’ la campana che suona a morto. E sanno bene che la campana sta suonando per loro. Sanno bene che in un’europa connessa da ferrovie e reti digitali, TUTTI troveranno le opportunita’ che cercano, TRANNE LORO.

La TAV e’ semplicemente un treno. La sfiga e’ che la TAV  e’ esattamente IL TRENO CHE HANNO PERSO.

Ogni volta che si fa un passo in avanti , tutti quelli che dicono no-tutto rimangono un passo indietro. Questo e’ il problema. E questo rimanere indietro li isola sempre di piu’ . Toglie loro opportunita’. Li relega nell’irrilevanza e nella marginalita’. Presto saranno solo un branco di barboni che bivaccano nei ruderi che oggi chiamano “centri sociali occupati”, anche ammesso che non lo siano gia’.

Ogni volta che il mondo fa un passo avanti, che cambia stato, che cambia forma -e questo succede da sempre- , questi signori rimangono un passo indietro. Ogni volta che rimangono un passo indietro, c’e’ un posto ove non possono piu’ entrare, un lavoro che non possono piu’ fare, un pezzo di reddito che non possono piu’ avere.

Se si fa la TAV, Torino cambia, fa un passo in qualche direzione. Tutta questa cricca che oggi protesta rimane un passo indietro. Chi tra i torinesi potra’ godere degli effetti benefici della nuova tratta (1) ovviamente avra’ ancora una concorrenza, ma chi oggi fa parte dei movimenti no-tutto non giochera’ nella stessa partita, nella stessa serie, e neanche nello stesso campionato.

La partita che si sta costruendo, il campionato che si sta mettendo in piedi, non ha vincitori certi. Nessuno sa chi vincera’ di preciso. Ma si sa gia’ che qualcuno non giochera’ nemmeno la partita. 

Questo qualcuno ovviamente oggi protesta perche’ sa , perche’ sente che sta rimanendo indietro. Chi combatte contro treni, energia, strade, internet, sta combattendo contro il treno che ha perso. Lo sta odiando perche’ e’ partito, mentre lui e’ rimasto li’.

Guardateli bene, i no-tav. Guardate bene i no-tutto.

Sono i barboni di domani.

Uriel

(1) La costruzione di vie di comunicazione rapide, storicamente, porta SEMPRE ricchezza. Punto.

(2) La cosa si puo’ dire anche del fatto che io mi sia spostato in Germania. Anni ed anni fa, era una decisione che implicava un salto nel vuoto, una distanza siderale. Oggi, e’ un volo in aereo. Quanto sta cambiando il mondo del lavoro italiano, per via degli aereoporti? Secondo voi, se Malpensa fosse comoda comoda e Milano avesse un aereoporto enorme aperto al mondo, ci sarebbe ancora qualcuno che fa il precario in citta’? Un tempo i politici italiani dicevano ai giovani piu’ brillanti “tanto non te ne vai, quindi o mangi questa minestra  o salti dalla finestra” . Oggi questi fanno la valigetta e se ne vanno come ridere. E tanti auguri al politico.

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