La misura della pesca.

Quando si parla di stato e di controlli, quello che si ottiene e’ una specie di isteria riguardo al fatto che ognuno dara’ per scontato che i sia da qualche parte uno sbirro messo li’ 24 ore su 24 a controllare ogni movimento del singolo. Cosi’, quando si va a cozzare con una categoria di “liberismo” che normalmente nasconde dei porci comodi, si scopre che tutti i fautori di questa religione cercano in ogni modo di attaccarsi ai dettagli pur di non percepire il punto.

Prendiamo un esempio di stato che controlla. Nessun governo ha la possibilita’ vera di controllare ogni cittadino sempre, cosi’ si comportano come pescatori. Quando dico “come pescatori” intendo dire che nessun pescatore, analogamente ad un governo, puo’ gettare la rete OVUNQUE.

Il ragionamento che fanno e’ diverso.
Supponiamo di avere la possibilita’ di concentrare le forze in una zona e di condurre diciamo UNA grande operazione contro il riciclaggio del denaro sporco. Dovendo dare all’unica operazione che fate il massimo dei risultati, probabilmente vorrete fare la retata dove c’e’ maggiore possibilita’ di trovare qualcosa. Adesso il problema e’: qual’e’ il posto da dove iniziare? Brancoliamo nel buio, andiamo a casaccio, oppure ci chiediamo da dove sia sensato initiare?
Supponiamo per ipotesi di poter tracciare una banconota. Di poterla beccare quando entra in una banca. Allora, adesso mandiamo diciamo 100 carabinieri in borghese a comprare cocaina con banconote segnate. Ne spendiamo, diciamo, 1000. Poi chiediamo alle banche di registrare tutto il contante in ingresso.
Ora, su 1000 banconote, che vengono prese dal mafioso e poi rispese, succedera’ che , che so io, 150 appaiano tutte insieme nella stessa citta’. Se facciamo due volte questa operazione, e un 15% buono delle nostre 1000 banconote compare sempre in quella citta’, possiamo sospettare che in quel posto ci sia qualcosa che ricicla denaro sporco proveniente dalla cocaina.
Come vedete, non abbiamo fatto qualcosa come la fluidodinamica classica, ove andiamo a determinare (o provarci) la traiettoria di ogni particella, o di ognu cubetto. Abbiamo usato una tecnica piu’ “particellare”, perche’ per approssimare il flusso possiamo semplicemente seguire ALCUNE delle particelle.
Questo e’ il modo in cui lo stato , almeno gli stati moderni, vanno “a pesca”. Potendo immettere sul mercato delle partite di beni riconoscibili, quello che si fara’ sara’ proprio di vedere dove spariscono e poi vedere dove riappaiono. Ovviamente la criminalita’ si attrezza di consegueza e cerca di lavare i soldi sporchi in maniera piu’ diffusa , piu’ casuale, eccetera, ma il punto e’ che allo stato non interessa tracciare il singolo, perche’ non ha la forza di controllarli tutti. Anche se lo stato avesse il nome di TUTTI gli evasori del paese, per dire, non avrebbe abbastanza agenti per perseguirli tutti.
Quello che possono fare, pero’, e’ osservare le dinamiche dell’evasore, e se notano che c’e’ una stravagante quantita’ di tedeschi che vanno a fare brevi vacanze in Liechtenstein, possono concentrarsi sul Liechtenstein, sapendo che e’ un buon posto per gettare la rete.
Cosi’, il problema non e’ se tutte le banconote siano tracciate o se ne venga tracciata una parte. Se io immetto tante piccole palline luminose in un fiume, non mi serve conoscere la posizione di ogni molecola di acqua per tracciare lo scorrere di un fiume, posso semplicemente osservare le palline.
Certo, quando si nota che tutte le palline si raccolgono in una specifica ansa, e si va a scoprire cosa c’e’ dentro, tanti singoli finiranno fregati, e inizieranno a piagnucolare che “ma perche’ beccano solo noi e non tutti gli altri?”. La  stessa domanda se la potrebbero fare , che so io, i pesci: perche’ con tutti i pesci dell’oceano hanno beccato proprio il nostro branco? Eh, perche’ vi siete radunati in branco e allora era conveniente gettare li’ le reti.
Qui siamo al secondo punto, ovvero l’idea che un sistema si misuri coi guasti. Il ministero delle finanze che non ha le risorse per controllare 60 milioni di cittadini e si occupa solo di “concentrazioni” alte puo’ sicuramente venire accusato di scarsa efficienza. E’ vero che hai gettato le reti proprio dove c’era il branco di pesci, ma d’altro canto guarda quanti te ne sono sfuggiti!
Vero, ma c’e’ un piccolo problema: i sistemi non si misurano per quel che non fanno, ma per quel che fanno.
Prendiamo i bancomat. Non no numeri certi, ma suppongo che siano un numero nell’ordine del 10^4. Allo stesso modo, suppongo che siano decine o centinaia di miliardi le banconote erogate, e suppongo che siano nei dintorni delle decine di milioni (piu’ probabilmente centinaia di milioni) le operazioni annuali.
Ora, se pensiamo che tutto cio’ avviene in una rete grande quanto il paese che deve coprire il paesino, le isole, e tutto quanto, appare chiaro che un sistema simile debba avere una certa quantita’ di guasti. Dire che si vedono sovente bancomat guasti non mi dice praticamente nulla: una simile rete non puo’ essere esente da guasti, anzi, sarebbe molto strano se non ce ne fossero.
Cosi’, dal punto di vista dell’ente che gestisce il servizio, sicuramente tracciare il numero di guasti e sforzarsi di abbassarlo e’ fondamentale, dal momento che si tratta di costi di gestione. D’altro canto, pero’, non e’ di questo che vive la banca: la banca non vive di guasti, vive di operazioni condotte sino in fondo.
Cosi’, sicuramente c’e’ qualcuno che prende statistiche sui bancomat e si sforza di abbassare il numero di guasti e di tenerli aggiornati: d’altro canto, pero’, i risultati non vengono posti in questa forma.
C’e’ gente che continua a sputare su ogni cosa, i critici sono sempre piu’ degli artisti, che so io sul sistema informatico di Trenitalia o su quello dei bancomat o su come funzionano le banche  o sul funzionamento dei gestori mobili. Aha.
Il punto e’ che dirmi “ma ho visto monitor bloccati all’aereoporto” mi dice pochissimo. Mi dice invece sapere che il tale aereoporto sbarca , che so io, 100.000 passeggeri al mondo. Questo e’ cio’ di cui vive l’aereoporto. Se il monitor e’ guasto, si pensa a migliorare, ma avere qualcuno che mi dice ogni due minuti che c’e’ un monitor guasto non serve a niente.
Allo stesso modo, se un pescatore ha le reti piene, andargli a dire che si e’ lasciato sfuggire miliardi di pesci non serve a nulla: lui ha la rete piena, ed e’ per questo che mangera’ stasera.
Cosi’ magari avrete visto dei bancomat non funzionanti e delle routine discutibili correre su qualche mainframe, o dei siti web che funzionano in maniera opinabile. Aha. Ma il fatto che voi diciate queste cose non serve a nulla: il punto e’ se la banca fa soldi o meno, ed il punto e’ se quel sistema si paga o non si paga.
Il resto e’ fuffa.
Ora, scrivere un post ove si pone il problema della moneta elettronica come un problema di infrastruttura e non di semplice tecnologia (e scommetto che pochissimi sapevano quanta ce ne fosse in una banconota: https://en.wikipedia.org/wiki/Euro_banknotes#Security_features ) era l’obiettivo del post. So che le banconote vengono igienizzate periodicamente, ma sfortunatamente ho scritto “lavate”, e quindi qualcuno, punto sul vivo per via di qualche religione  del contante come liberta’ (ove liberta’ significa “porci comodi” ) viene a fare le pulci.
Cosi’ scoprirete che i contanti non vengono “lavati” ma “igienizzati”. Wow. Scoprirete che ai contanti non viene fotografato il seriale, ma esistono N modi per fare si’ che una macchina li possa registrare (magnetici, bande olografiche, checksum, eccetera) , scopritete le mille interessantissime fratures di CICS e VTAM (imo, sbabbari!) , e tutto quanto. Aha.
Per questo sulle FAQ del blog ho piazzato un bell’avviso contro le “maestrine dalla penna rossa” , perche’ siccome nella loro incredibile perfezione e pignoleria saranno andati a leggere tutto, sapranno come mai li banno e li censuro senza bisogno che io lo spieghi.
In realta’, quello che ho detto e’ molto chiaro: la moneta non e’ “non elettronica” perche’ e se esiste in forma contante (visto che ha watermarks, checksums, bande magnetiche, variazioni a frequenze luminose e millanta features pronte per ogni tipo di sensore automatico) , ma la moneta (come OGNI altra cosa) non e’ elettronica SOLO se potete dire che non esista il modo di tracciarla.
C’e’ una certa quantita’ di sbroccati che parla di continuo di chip sottopelle per identificare tutti. Poi leggono le cronache da Boston, e notano che i terroristi sono stati ripresi da telecamere. Ora, branco di idioti, non serve proprio NESSUN chip per controllarvi, dato che la vostra stessa faccia e’ un chip: venite ripresi, capite?
Non e’ elettronico solo cio’ che funziona con dei circuiti, non e’ elettronica solo la tecnologia che contiene silicio: e’ elettronico QUALSIASI COSA possa interagire con un sistema elettronico diffuso , distribuito e connesso.
Non c’e’ alcuna differenza tra una targa di automobile che viene fotografata di continuo ed una SIM a bordo dell’auto: ENTRAMBE sono terminali di un sistema. La SIM e’ il terminale di una rete mobile, la targa dell’auto e’ il terminale di una rete di telecamere.

Essere il terminale di una rete non e’ questione di contenere o meno un chip. E’ questione di essere riconosciuti da un sensore, e che il sensore sia connesso ad una rete. 

Nel momento in cui un sensore puo’ riconoscervi, che riconosca una SIM nel vostro telefono o che riconosca la vostra faccia, non cambia niente: se c’e’ una rete di sensori connessi tra loro e un database di cio’ che riprendono, potete essere un terminale di questa rete anche se non avete addosso un solo grammo di silicio.

Come se non bastasse, esiste la possibilita’ di essere identificati come terminali i una rete ANCHE senza entrare MAI a contatto con un sensore.
Prendiamo l’esempio di prima: la polizia diffonde una serie di banconote marcate, per dire. Quando si accumulano attorno alla vostra citta’, diciamo che vicino a casa vostra ci sia una discoteca ove si ricicla il denaro sporco e voi avete un forno ove i ragazzi che escono dalla discoteca vengono a comprare i bomboloni appena sfornati.(1)
Se nella discoteca si ricicla denaro, e’ probabile che i ragazzi che hanno comprato il biglietto (o le consumazioni) e hanno cambiato una banconota , ne abbiano ricevuta una marcata. Quando vengono da voi a comprare il bombolone, nel tempo produrranno una certa quantita’ di allarmi sul vostro negozio. Sicuramente il centro del riciclaggio e’ la discoteca, ma il ragazzi che escono la notte non vanno a comprare una lampadina dall’elettricista a fianco a voi, che e’ chiuso: vengono a comprare i bomboloni caldi da voi. Cosi’, in un certo senso voi diventate un “terminale” di questa operazione, perche’ quando portate le banconote in banca, quelle marcate risultano vostre.
E’ ovvio che non tutti questi sistemi sono costantemente in rete. Ma non importa: alla polizia basta sapere che le banconote sporche appaiono tra i negozi di quel quartiere, per iniziare a controllare uno ad uno i negozi ove e’ piu’ frequente. Probabilmente il vostro forno verra’ escluso dai sospetti dopo qualche controllo, ma allo stesso modo se siete nelle vicinanze avete attivato alcuni allarmi.
Cosi’, rimango della mia opinione: la distinzione tra moneta elettronica e moneta contante, ovvero l’idea che qualcosa NON sia un terminale solo perche’ non contiene silicio , e’ ridicola. Ogni cosa e’ potenzialmente un terminale, a patto di attivare un sensore collegato ad una rete.
Compresa la vostra faccia, le cose che mangiate, i vostri vestiti, le vostre scarpe, le vostre medicine, qualsiasi cosa puo’ essere un terminale, a patto che in qualche posto ci sia un sensore che si attiva , che questo sensore sia in rete, e che registri e condivida la sua attivazione.
Se anche le banconote fossero semplici blocchi di legno, rozzi e primitivi, il problema non cambierebbe: diventerebbero il terminale di una rete non appena qualcuno costruisse un sensore capace di attivarsi quando ne passa una, e di distinguere un blocco dall’altro, e di manipolarle come si fa con una carta di credito.

Che ci sia dentro il silicio o meno.

Uriel
(1) Mi auguro che questa sana abitudine esista ancora.

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