La globalizzazione presenta il conto.

C’e’ un paradosso insito nel fatto che gli USA siano arrivati al punto da non avere piu’ cassa e contemporaneamente gli USA siano la nazione delle startup, della finanza, dei colossi come Google, Facebook , e che siano tra i posti “piu’ ospitali” per il business. Un paradosso che si risolve pensando al loro ruolo nel processo di globalizzazione. Se esaminiamo un attimo la situazione della fiscalita’, infatti, scopriamo una curiosa correlazione.

Tempo fa scrissi che la globalizzazione era una vera politica omicida per gli stati, dal momento che , dato un vettore di tassazioni sul lavoro, un vettore di tassazione sulle tasse alle imprese, uno delle tassazioni sulla produzione, e cosi’ via, la distribuzione ideale di una corporate non e’ altro che una matrice che minimizzi le pressioni fiscali complessive, idealmente il proprio determinante.

Questo fatto, ovvero che globalizzazione ed elusione fiscale sono correlate, e’ il dato su cui riflettere mentre osserviamo il governo USA sprofondare nel debito.

Ora, come mai la nazione col PIL piu’ alto del pianeta sprofonda in quel modo? ObamaCare e’ una riforma che grava in gran parte sulle assicurazioni, e pesa abbastanza poco sul bilancio. In ogni caso, programmi anche piu’ costosi sono esistiti in futuro. Le spese militari sono enormi, ma anche queste non sono abbastanza a spiegare il disavanzo , e con lui il debito.

La verita’ non sta nelle spese: potete cercare qualsiasi delle spese correnti del governo USA, e vi mostrero’ che in rapporto al PIL, ci sono state punte maggiori senza che si andasse a debiti pubblici di tale dimensione.

Allora dove sta il trucco?

Il trucco sta nelle entrate. Per sostenere la sua economia digitale, gli USA devono investire di continuo in inovazione. Di recente una serie di backbones detti “internet2 “, ( http://en.wikipedia.org/wiki/Internet2 ) , e tutta la pletora di azioni che mirano principalmente a rendere piu’ semplice il dominio americano nel mondo digitale, compresi finanziamenti pubblici (1)

Ora, finanziare l’industria e’ ottimo se poi l’industria in se paga tasse in loco, e se produce lavoratori che pagano tasse in loco. Ma se un’azienda fa sviluppare all’estero, distribuisce dividendi in 4 borse diverse, fa produrre altrove, ha sedi legali e fiscali sparse in tantissimi paesi, di tasse ve ne paghera’ pochissime, attualmente meno dell’ 1/2%.

Cosi’, gli USA si trovano dentro un paradosso: sebbene il PIL sia enorme, la pressione fiscale e’ concentrata tutta sui soggetti che non possono delocalizzarsi finanziariamente e fiscalmente. Gli altri, di fatto NON PAGANO TASSE. Non e’ un caso se FIAT abbia deciso di spostarsi in USA, dopo essere andata in Lussemburgo. Se in lussemburgo pagava poco, una multinazionale americana nel tempo della globalizzazione semplicemente non-ne-paga.

Cosi’, Obama si trova in un paradosso mica da poco.

Da un lato, se costringesse le aziende americane a pagare COMUNQUE le tasse in USA, esse non avrebbero piu’ motivo di delocalizzarsi: contrariamente a chi pensa che ci si delocalizzi per il costo del lavoro, l’andamento dell’economia cinese dopo i due rialzi delle tasse sulle imprese straniere mostra il contrario.

La delocalizzazione non avviene per evitare il costo del lavoro (che a sua volta dipende molto dalle tasse) ma per pagare MENO TASSE. Questa e’ la forza principale che spinge a delocalizzare. Il costo della manodopera cinese puo’ essere facilmente battuto usando delle fabbriche molto automatizzate, al punto che la stessa Foxconn sta iniziando a tagliare posti di lavoro per usare delle macchine.

Ma non e’ questo il motivo della spinta , il motivo e’ FISCALE.

Se domani il governo USA costringesse le aziende a pagare COMUNQUE le tasse, le aziende direbbero: ehi, perche’ pagare tasse E spese di trasporto e logistica? Tantovale portare tutto in una citta’ sola.

Voglio dire, vi siete mai chiesti come mai la rivoluzione industriale abbia creato megalopoli e distretti industriali? Ovviamente, perche’ concentrandosi in una zona si trova tutta la manodopera che serve, tutto lo strato di servizi che serve, e tutti i subfornitori che servono, si risparmia in logistica e spostamenti.

E’ ovvio che un’economia industriale e’ un’economia di scala, e quindi ha bisogno si scalare sulla disponibilita’ di risorse. Su questo, niente di piu’. Ma allora, che senso ha la delocalizzazione, ovvero spargere ovunque la produzione? Ha senso per questioni fiscali.

E’ inutile che ci si racconti che il problema e’ il costo della manodopera. Questo e’ quello che gli industriali raccontano quando delocalizzano, perche’ di certo non possono dire che delocalizzano per eludere il fisco. Del resto, davvero la manodopera pesa cosi’ tanto? Gli indici di produttivita’ moderni dicono il contrario. Il rapporto tra il costo di un’auto e il reddito procapite e’ cresciuto enormemente. Il rapporto tra costi dei prodotti e lo stipendio e’ cresciuto enormemente: vedo scarpe, telefoni, giacche, monili, che costano quanto lo stipendio di un mese di un individuo della stessa classe sociale che si suppone comprare quei prodotti.

No, signori, se parliamo di economia industriale parliamo di economia di scala, e se parliamo di economia di scala, multilocalizzare e globalizzare non ha senso. Non ha avuto senso per 200 anni, e non mi dite che i costi della manodopera straniera siano calati solo da pochi decenni. Sono palle.

Il mondo riuscira’ a capire cosa succede quando ci si rendera’ conto che la delocalizzazione e la multilocalizzazione avvengono per motivi FISCALI.

E quando si capira’ che avviene per motivi fiscali, si arrivera’ a capire che un’economia ove le aziende siano piu’ delocalizzate e piu’ multilocalizzate deve aspettarsi UN CROLLO DELLE ENTRATE FISCALI.

Il settore IT, che e’ enorme, e’ nato “on top” al resto dell’economia. Ma se e’ nato “ON TOP”, come mai questa immensa quantita’ di business non si nota nelle entrate fiscali? La risposta la trovate facilmente a Detroit: le aziende di auto sono teoricamente salve. Ma la citta’ e’ in bancarotta. COme mai? Perche’ sono crollate le entrate fiscali.

Se analizziamo quello che e’ successo a Detroit, possiamo dire che la sua economia e la sua storia sono state un esempio di quello che succede a delocalizzare le industrie. Detroit e’ il destino del mondo globalizzato. Quando tutto il mondo sara’ fatto da aziende globalizzate, tutte le citta’ saranno come Detroit, dal momento che i maggiori contribuenti NON-PAGANO-TASSE.

E’ inutile pensare che saranno i lavoratori di tali aziende a pagare tasse: la pressione fiscale in CIna e’ ancora bassa, ma solo perche’ il governo ha alzato le tasse l’anno scorso, l’economia cinese e’ finita in una spirale quasi recessiva. E i capitali si sono spostati dove le tasse sono ancora inferiori.

Ma quando tutti i piu’ ricchi saranno quelli che pagano meno tasse, pur richiedendo la quantita’ massima di servizi per le loro aziende – le merci per muoversi hanno bisogno di strade, porti, aereoporti, reti di comunicazione, etc – e’ ovvio che a farne le spese saranno i bilanci.

Ci sono un sacco di idioti che notano come da una trentina di anni in qua il debito pubblico dei paesi industrializzati si sia alzato enormemente. Questi idioti continuano a focalizzarsi sulla spesa, anziche’ porsi il problema delle entrate. Un aumento della produttivita’ puo’ realizzarsi SOLO a spese di migliori infrastrutture; il che dovrebbe produrre aziende piu’ ricche che compensano lo stato degli investimenti.

Ma questo non succede: il governo USA ha finanziato gran parte dei nuovi backbone di “Internet 2”, ma le aziende che ne traggono vantaggio in realta’ NON PAGANO LE TASSE IN USA. LA polizia continua a difendere ogni deposito , ogni magazzino, ogni furgone, ogni porto, ogni aereoporto,  che trasporta cellulari Apple su ogni strada fatta e mantenuta dallo stato, sino a venire venduta in un negozio difeso da poliziotti pagati dallo stato, e pagata in moneta stampata dallo stato, che finisce in una banca protetta a sua volta da forze dello stato. Ma Apple allo stato non-paga-un-cazzo di tasse.

E’ ovvio che in questo modo prima o poi le amministrazioni pubbliche andranno in bancarotta. Gli USA hanno creato l’economia dei servizi avanzati piu’ forte del mondo, ma questo allo stato COSTA. Costa far venire nuovi cervelli da fuori, costa garantire loro la sicurezza, la sanita’ minima, costa garantire le infrastrutture che poi trasportano le merci prodotte chissa’ dove verso chissa’ dove, costano i porti, costano le infrastrutture energetiche. Ma queste aziende NON-PAGANO-LE-TASSE. Questi costi non rientrano mai allo stato.

Stiamo vedendo su scala nazionale quello che e’ successo a Detroit, e contemporaneamente , ma piu’ lentamente, lo stiamo vedendo succedere in Europa.

Obama adesso ha diverse alternative:

  • tagliare sulle spese sino a quando il paese non potra’ piu’ fare nulla. Google vende nexus che non arrivano in nessuna citta’ perche’ le strade non consentono consegne rapide. Tagliare il poco welfare sinche’ gli stranieri non trovano piu’ attraente spostarsi in USA, neanche a stipendi altissimi.
  • Imporre tasse anche alle multinazionali delocalizzate. Questo ne produce il rientro improvviso, fermando il processo di globalizzazione che e’ alla base dell’ordine mondiale voluto dagli USA. Con tutte le aziende di IT in casa, si lascia campo libero alle aziende IT di casa d’altri che crescono in casa loro. Se google paga tasse in USA, gli conviene vendere ad americani: meno spese di trasporto.
  • Continuare a fare debiti e a chiedere soldi.

Non ci sono effettivamente altre alternative, sino a quando gli Over The Top, di ogni settore, si distribuiscono sulla combinazione di minore carico fiscale. Quello che sta succedendo negli USA succedera’ anche qui, e ovunque, sino a quando non si riuscira’ ad armonizzare il carico fiscale in modo che le aziende che consumano piu’ risorse in termini di servizi paghino piu’ tasse.

In ultima analisi gli USA sono i primi a sperimentare questa pillola perche’ sono quelli che piu’ hanno investito sull’economia globale, sono quelli che per primi hanno globalizzazo ogni cosa, e quindi sono i primi a ricevere il conto. Ma tutti gli altri stati ci arriveranno lentamente.

E no, gli stati che oggi praticano pressione fiscale bassa non ne godono a lungo: per quanto bassa la pressione fiscale sia, prima o poi bisogna recuperare soldi per i conti pubblici. Se si dice “ma poi le tasse le pagano i dipendenti di tali aziende”, si sta spostando la pressione fiscale sul mondo del lavoro. Se si dice “ma poi le tasse le paga l’indotto”, si sta spostando la pressione fiscale su aziende piu’ piccole. Se si dice “ma poi aumentano i consumi e mi entrano piu’ soldi”, si sta spostando la pressione fiscale sui consumi. In ogni caso, da qualche parte il padulo delle tasse cade.

Cosi’ occorre capire una cosa: “globalization is all about taxes”. E , dal momento che le cose stanno cosi’, occorre capire che o il processo riceve un robustissimo stop, come si vuole fare in UE tassando le aziende ovunque si distribuiscano, oppure di paesi industrializzati che possano sopravvivere non ce ne sono, e anche i cosiddetti BRICs magari riescono a esportare di piu’, avere numeri migliori per le aziende, ma nessun cittadino vedra’ mai alcun beneficio di questa crescita.

La crescita globalizzata, in assenza di ridistribuzione del reddito per via dell’assenza di tasse, e’ una crescita INUTILE per l’umanita’.

Per il resto, non c’e’ nulla che sia utile dire. Dire che non si chiama “shutdown” ma “default” e’ impossibile perche’, sebbene sia un default, nessuno ha il coraggio di dichiarare il default degli USA. La stampa serva , che oggi e’ interamente in mano a finanzieri, non lo fara’ mai. Vi diranno che e’ shutdown, che e’ “sbraus”, che si chiama “snaur”, o qualsiasi cosa, ma la parola “default” e la parola “USA” non appariranno MAI sulla stampa mainstream nello stesso articolo.

Quindi non vi aspettate che qualcuno prenda mai coscienza del fatto che Obama ha portato gli USA al fallimento, o che gli USA siano al fallimento.

Solo un’unica domanda mi rimane: con quali cazzo di soldi farebbero una guerra in Siria, visto che sono appena riusciti a pagare gli stipendi ai militari sacrificando l’anagrafe e il catasto? C’e’ da stupirsi se Assad e Putin ridono in faccia alla “superpotenza” con le toppe al culo?

Uriel

(1) La fed stampa soldi, che vengono poi spalmati sul mondo delle cosiddetta “startup”. In realta’ il governo USA ha finanziato la propria industria IT con quantita’ inimmaginabili di soldi, semplicemente stampando soldi per comprare titoli tossici, normalmente e spesso derivati da investimenti a rischio sulle cosiddette “startup” , il cosiddetto venture capital.

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