La dottrina dell’ intervista preventiva.

Di Uriel Fanelli, akaLevoivoddin domenica, settembre 21, 2003

Dunque, sono stato contattato da un tizio di una casa editrice. Sembra che gli scritti coi quali ho partecipato ad un concorso di quartiere siano piaciuti a qualcuno, e li vuole pubblicare.

Insomma, vogliono contrattuarmi. Socmel: un giorno potrete stupire le signore dei vostri salotti dicendo che leggevate il mio blog. Biutiful. Mi sento gia’ piu’ figo, adesso mi tocca di comprare un cellulare.

La cosa divertente (del contratto) e’ che si parla dell’obbligo di pubblicare interviste, nonche’ di partecipare a rotonde, convegni, conferenze che la casa eitrice ritiene opportune al fine di pubblicizzare il prodotto editoriale.

Cosi’, siccome praticamente TUTTE le interviste a chi scrive chiedono “come si diventa scrittori”, allora ho deciso di sintonizzarmi coi tempi moderni, e praticare l’intervista preventiva. Un po’ come la guerra preventiva consiste nel mazzolare prima che l’avversario decida di averti come nemico (lo becchi mentre fa al spesa e gli spari, cosi’ impara a farti pensare che gli stai sui coglioni) , l’intervista preventiva consiste nel dire banalita’ altisonanti PRIMA che qualcuno abbia deciso di annoiarci la gente. Tutto cio’ e’ molto texano, e ha quel sapore di  T-Steak che piace tanto ai talebani.

Allora, (Yeah), cominciamo. Come si scrive una storia. Dunque, facciamo un’esempio. Un giallo.

Anzi, no: “un giallo sullo sfondo di”. Ai critici piacciono le cose sullo sfondo di altre cose. Sono fatti cosi’.

Prendiamo un’evento di cronaca:

Carlo Giuliani e altri stanno devastando in santa pace una camionetta dei carabinieri, quando il Placanica (“il placanica” fa molto rapporto della polizia, e fa entrare il lettore nella prospettiva.) spara un colpo di pistola e Giuliani muore : le foto di Giuliani per terra, e le lacrime e lo sdegno e tutto quanto.

Allora, raccontiamolo. Anzi, no, cosi’ e’ troppo improbabile. Il piu’ stupido dei vostri lettori sapra’ che un colpo di calibro 9 sul cranio, a 3 metri di distanza, non lascia il cranio intatto ma lo devasta. Allora, se scriviamo che quel colpo li’ sia partito da una Beretta 92F, il nostro lettore chiude il libro e ci si spazza il Q. Non possiamo insultare la sua intelligenza in questo modo.

Non possiamo raccontare una panzana cosi’ grossa, e allora la nostra storia deve cambiare. Diciamo che qualcuno spara a Giuliani. Siccome l’assassino non puo’ essere davanti, deve essere dietro. E siccome e’ un calibro piccolo, diciamo 7.65, potrebbe essere un’agente in borghese. Definiremo nel libro “vigliacco” il calibro 7.65. Non vuol dir nulla (come fa un proiettile ad essere “vigliacco”?) ma da’ un alone emotivo all’arma e inconsciamente si applica su chi spara. Questo e’ stile, oh yeah.

E allora, ricominciamo: Carlo Giuliani ed altri stanno devastando in santa pace una camionetta dei carabinieri, quando il Placanica esplode due colpi a vuoto, e ignoti (sempre per mantenere il gergo della polizia) sparano alle sue spalle, uccidendolo.

Adesso la cosa e’ piu’ credibile sul piano balistico, e il lettore inizia ad eccitarsi. Si eccita perche’ c’e’ un’ignoto, il quale spara per motivazioni ignote. E tutta questa ignoranza piace, e allora il lettore si eccita. E continua a leggere.

Perche’ abbiamo messo un’agente in borghese, e non un pinco pallo qualsiasi, a sparare? In borghese perche’ senno’ lo avrebbero notato, in borghese perche’ la 7.65 e’ l’arma tipica dei pulotti in borghese, un’agente perche’ se avesse sparato qualcun altro, si sarebbe saputo. Sull’agente in borghese possiamo costruire una storia di depistaggi, mentre su un terrorista no. E poi non ci aspettiamo che un poliziotto spari cosi’ su un’innocente collega, quindi accresceremo il mistero. Questo e’ scrivere.

Allora, un ignoto agente in borghese spara a Giuliani alle spalle, con la sua “vigliacca” 7.65.

Adesso, il lettore si chiede: perche’ lo fa?
Trovare un motivo banale non lo soddisfera’. Dire che Carlo Giuliani avesse messo incinta la figlia di qualcuno o che il papa’ stesse sulle palle a qualcun altro non soddisfera’ il lettore intelligente. Il killer vuole la certezza di uccidere proprio il bersaglio, se il killer ha un bersaglio “ad personam”, sarebbe una coincidenza troppo ardua l’essersi trovato al momento giusto nel posto giusto in quelle circostanze.

La critica parlerebbe di storia “improbabile e complottistica”.

Cosi’, bisogna stupire l’intelligenza del lettore. Allora, il killer non sparava a Giuliani. Sparava sui CC.

Proprio cosi’, nella nostra ipotetica ed immaginifica storia, il killer non voleva uccidere giuliani, ma un carabiniere che si trovava sulla camionetta. Ha approfittato della calca, MA……. Carlo Giuliani si e’ messo di mezzo.

Adesso, questa anamorfosi ha modificato completamente il quadro. La morte di Carlo Giuliani e’ divenuta una cosa accidentale, quasi secondaria nella storia, potrete anche non parlarne piu’. E questo e’ un bene, perche’ l’italia e’ un paese animista e chi scoccia i morti non piace molto. E poi perche’ a questo punto il disegno e’ tutto da svelare, e il lettore si sente sfidato.

Dobbiamo pero’ costruire una motivazione ragionevole per la quale un agente in borghese si mette a sparare su una qualsiasi camionetta di CC al solo scopo di uccidere un carabiniere a caso. A caso perche’ nessun lettore accettera’ l’idea che qualcuno volesse uccidere proprio uno dei carabinieri a bordo. Le probabilita’ che un piano simile fallisse sono troppo alte perche’ un killer accetti un piano simile. Il lettore vorra’ spiegazioni plausibili.

Allora, c’e’ questo agente che spara , e vuole uccidere un cc.

Il lettore si aspetta una risposta intelligente a tutto questo.

Possiamo “spiegarlo” in questo modo: tale gesto sarebbe stato un pretesto. Un pretesto per fare qualcosa.

A questo punto, al lettore inizia a svelarsi parte del quadro, che diviene plausibile.

Il problema e’, adesso, prendere un’evento ipotetico, o reale, al quale sarebbe servito “il pretesto”. Al auqle sarebbe servito come pretesto la morte di un carabiniere.

LA cosa migliore e’ quella di prendere un’evento reale. Innanzitutto perche’ siamo partiti da un fatto di cronaca e in secondo luogo perche’ gli eventi reali, avendo colpito l’immaginario collettivo, hanno gia’ una misura di se’ nel lettore.

Prendiamo un’esempio: l’irruzione alle scuole Diaz.Questo potrebbe andare.

Allora, proseguiremo nello scrivere un libro facendo cosi’: il nostro agente in borghese spara sui CC perche’ vuole dare il pretesto all’assalto alle scuole diaz. La sua pistola sara’ poi “casualmente” ritrovata alla scuola, e questo giustifichera’ l’assalto e le violenze avvenute. Abbiamo svelato il piano. Anzi, “il Piano”

L’intelletto del lettore a questo punto e’ soddisfatto: un’evento assurdo come l’assalto alle scuole in questione, che certamente non fu preparato in 5 minuti, che certamente non fu opera di improvvisazione, acquista un senso logico. L’assalto era preparato, e doveva scattare subito dopo la notizia del “carabiniere di leva vittima di un malvagio terrorista che gli aveva sparato”.

Ecco che il quadro si riempie. Il nostro investigatore scende negli inferi, tutto trova una spiegazione, e siamo a meta’ del libro.

Il lettore ormai non lo buttera’ nei rifiuti, perche’ la sua mente ha assaporato ben due volte la libidine dell’anamorfosi, dello sbriciolarsi del contesto precedente.

Insomma, la critica lo descrivera’ come “un giallo avvicente sullo scenario del G8 Genova, pieno di colpi di scena”.

Allora, adesso avete un pretesto letterario notevole: queste truppe aspettano un segnale, l’uccisione o il ferimento di un carabiniere, per scattare. Sono nervosi ed eccitati.Ma….imprevisto: anziche’ arrivare la notizia tanto attesa, arriva la notizia della morte di Giuliani.

Gli imprevisti sono definiti dai critici “colpi di scena”, e ne vanno matti.(secondo me i critici sono persone noiosissime, e questo spiega molte cose)

Adesso, siete nuovamente in un nodo narrativo. Dovrete spiegare perche’ l’operazione alle scuole Diaz sia scattata ugualmente, e perche’ sia stata cosi’ coperta. Tiriare fuori ragioni ideologiche, o la mancanza di comunicazione, sarebbe banale.

Se lo fate, la critica dira’ che siete stati “un po’ scontati”.

Allora, siccome avete gia’ fatto troppa anamorfosi, e’ il momento di introdurre un nuovo attore.

Introdurre un personaggio adesso e’ rischioso: non l’avete descritto abbastanza, e se e’ importante dovrete farlo entro fine romanzo. Terribile: toglierebbe spazio alla storia, oppure oscurerebbe il protagonista, al quale il lettore si era gia’ affezionato.

Cosi’, usiamo un protagonista non umano. Che so, la droga.

Ecco, questo vi offre tantissime scappatoie sul piano della trama.

Dunque, i nostri mastini della guerra sono drogati.Nel vostro romanzo, lavorando in condizioni difficili dentro i corpi speciali dello stato si e’ diffusa l’abitudine a “farsi coraggio”, a “darsi forza” usando droghe. Cocaina ed anfetamine. Ecco allora che , incapaci di scaricare l’enorme aggressitiva’ indotta dalle anfetamine , i nostri mastini della guerra attaccano lo stesso le scuole Diaz, e i capi tentano di coprire la cosa. Questo spiegherebbe anche le scene aberranti avvenute.

Di per se’ la spiegazione sembra banale, ma potete ovviare alla cosa: nell’intorno di tutto questo potrete inserire gli ovvi tentativi di coprire lo scandalo con l’opinione pubblica. Le complicita’ di chi sapeva e tollerava, nonche’ potrete introdurre nel romanzo un certo numero di criminali che gestiscono con grande lucro il traffico di tali droghe.

Un libro si differenzia dalla realta’ perche’ siete voi a decidere cosa metterci.

Insomma, improvvisamente il vostro investigatore apre un doloroso squarcio nel mondo delle droghe. Magari potreste metterci un morto per overdose, ovviamente camuffato per morto in servizio, con vedove guardinghe e sospettose, depistaggi e fughe.

Ecco che siamo al dunque, il nostro personaggio sta per svelare ogni cosa. Problema: non potrete far finire un giallo basato sulla cronaca arrestando personaggi che esistano veramente, e per di piu’ non hanno commesso i crimini che narrate. Potrebbero giustamente arrabbiarsi, a vedersi sbattere su un libro come spacciatori di droga dopo una vita passata a combattere gli stessi spacciatori.

E cosi’, adesso avete bisogno di un pretesto per far finire il giallo. Dovete contemporaneamente punire i colpevoli per soddisfare la sete di giustizia dei lettori, evitare di condannare sul libro persone che nella realta’ sono innocenti, e anche scrivere una fine soddisfacente sul piano letterario.

In queste condizioni, il maestri della Koine’ ricorrevano all’espediente del “deus ex machina”. Veniva calato dall’alto un personaggio (usando un complesso marchingegno di carrucole da cui ” ex machina”) , generalmente raffigurante una divinita’ che “puf!” risolveva ogni cosa e traeva il commediografo dagli impicci in cui si era cacciato.

Allora, ci sono molte strade. Alcune banali: l’investigatore si avvicina alla verita’ e i colpevoli si suicidano. Rischioso, perche’ abbiamo tratto ispirazione dalla cronaca, e le persone reali anziche’ suicidarsi potrebbero querelarvi.

No, no.

Possiamo ricorrere ad un trafficante di droga che per mettere a tacere ogni cosa uccide i colpevoli, ma ancora ci esponiamo all’ira dei personaggi reali e la critica dira’ che la fine e’ “improbabile”.

La cosa migliore, visto che ci siamo cacciati in queste peste, e’ di non far finire il romanzo.

Cioe’, fare in modo che la fine sia lasciata al lettore.

Sentite l’idea: torniamo indietro durante tutta la trama, e la diluiamo nel tempo. L’inchiesta dura in tutto 5 anni, e finisce sullo sfondo delle nuove elezioni politiche. Di questo diamo solo un vago sentore al lettore, sino alla fine , quando addensiamo la presenza della politica nell’inchiesta, lasciando intendere che i grandi burattinai siano altrove, senza nominarli.

Alla fine, possiamo concludere la vicenda con il nostro investigatore che vede in TV la vittoria dello schieramento politico opposto a quello al potere durante il G8 di Genova, coscienti che i colpevoli verranno puniti nel silenzio dei corridoi della politica. In questo modo darete al lettore il gusto della giusta punizione, lascierete i colpevoli nell’anonimato (in modo da non rischiare querele) e permetterete al lettore di metterci del suo, sognando la sua personale soluzione. Nonche’, la sua personale punizione, cosa che soddisfa il sadismo subconscio di chi legge libri gialli.

Ecco che abbiamo trasformato un fatto di cronaca in un giallo fantapolitico poliziesco, e io vi ho annoiato, e ho fatto la mia intervista preventiva quotidiana, come la dottrina Bush richiede.

Mi sento gia’ meglio, quasi piu’ sicuro.Ma che dico, siamo vicini alla sconfitta del terrorismo.

Ah, il texas….

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