La cattiveria della generosita’

Negli anni delle superiori non sono mai stato un grande fan di Arthur Schopenhauer, nel sostenere che in realta’ esiste solo l’egoismo, e che anche l’altruismo sarebbe un piacere riflesso sul proprio ego. Eppure, quando vedo tutti quelli che si stanno dannando per “dare un diritto ai migranti” , mi viene un pochino da pensare. Sara’ vero che questi sono buoni, o c’e’ qualcosa di diverso?

Ho trovato per caso un video su Youtube che fa riflettere. Si tratta di un esperimento sociale nel quale un finto clochard si mette a offrire dei soldi agli altri, anziche’ chiederli. Voi penserete che le persone abbiano detto cose tipo “no, grazie, non ne ho bisogno” o altro, ma potreste scoprire una stravagante verita’ sperimentale riguardo alla “beneficenza”.

Ecco il video.

La cosa interessante non sono le parole utilizzate per rifiutare i soldi, o l’arroganza dei passanti. Il problema e’ il fastidio.

Voglio dire: ammettiamo pure che siate ricchi. Ammettiamo pure che possiate “comprare” una persona (o qualsiasi cosa voglia dire “I can buy you”). Niente vi vieta di dire “no grazie” o di dire “non mi servono, sono gia’ ricco, li tenga pure”.

Ma la cosa sulla quale vorrei riflettere e’ il senso di fastidio che queste persone provano, e che li manda in bestia. Perche’ andare in bestia se una persona ti offre dei soldi? Perche’ sentirsi insultati?

La risposta e’ molto semplice:

La beneficenza , in quanto tale, non e’ altroche un atto di disprezzo. Essendo un insulto, essa appartiene alla categoria delle manifestazioni di potere. In quanto tale, e’ un vero proprio atto di sopraffazione, che approfitta della debolezza (indigenza) di chi subisce questo atto: essendo povero sei costretto a subire la beneficenza per vivere

Ovviamente, quando affermiamo che la beneficenza sia un atto di offesa e di sopraffazione, non stiamo dicendo tutto. La beneficenza e’ tutta una serie di cose:

  1. La beneficenza e’ uno status symbol. Chi fa beneficenza? I ricchi. Chi ha una fondazione per aiutare l’ Africa? Bill Gates. Chi riceve beneficenza? I poveri. La beneficenza ha tutte le qualita’ degli status symbol. Potete possedere un’auto costosa, frequentare determinati locali o fare beneficenza: socialmente, siete riconoscibili come ricchi in tutti i casi.
  2. La beneficenza e’ un atto di superiorita’. Normalmente chi fa beneficenza non chiede nulla in cambio. Le associazioni di beneficenza non chiedono a chi viene beneficato di , che so, aiutarli nelle loro attivita’. Tra dare cibo ad una persona e mandarla via e dare cibo ad una persona e , che so, farsi aiutare in cucina, la differenza starebbe nella dignita’: ma lo scopo della beneficenza e’ l’umiliazione pubblica, quindi non si tollera alcuna beneficenza che sfoci in un rapporto do-ut-des, che sarebbe paritario.
  3. la beneficenza e’ un insulto deliberato. Il fatto che ad una persona beneficiata non venga mai offerto alcun modo di sdebitarsi , ne’ gli sia consentito di farlo, classifica la beneficenza come un atto di deliberataoffesa. Il clochard che offre qualcosa in cambio (musica , per dire) viene immediatamente derubricato dalla categoria della beneficenza, e diventa un “busker”.
  4. La beneficenza e’ una libera scelta solo da un lato. Quando si fanno presenti queste cose, immediatamente parte la storia che “si, ma se ti metti nei loro panni e’ una manna dal cielo, mentre tu ci rimetti il superfluo”. E non ci si rende conto che si sta semplicemente enunciando la propria superiorita’: posso farlo perche’ sono ricco, deve subirlo perche’ e’ povero.
  5. La beneficenza e’ economica. Tra gli status symbol, la beneficenza e’ quella accessibile gia’ al ceto medio, e persino alla working class. In quanto tale, si tratta del piu’ economico tra gli status symbol: sentirsi superiori agli altri per un vestito piu’ lussuoso puo’ costare centinaia di euro. Sentirsi superiori ad un tizio che chiede l’elemosina ne cosa uno o due.

La beneficenza e’ l’unico rapporto di umiliazione pubblica ad essere socialmente tollerato, per la semplice ragione che , come tutti gli status symbol, e’ troppo piacevole e diffuso perche’ le masse accettino di rinunciarvi.

Se proponiamo di passare dalla beneficenza al welfare, per esempio, molti non ci stanno piu’. Se creassimo un ente statale con la finalita’ di raccogliere soldi per la beneficeza ai clochard, e poi si occupi di distribuire ad ogni clochard un assegno giornaliero, scopriremmo che nessuno la troverebbe piu’ affascinante.

Le forme di contribuzione volontaria al welfare, che di per se’ hanno la stessa identica funzione di ridistribuzione della ricchezza, non sono amate quanto la beneficenza che avviene in pubblico, col rapporto personale. Perche’?

Perche’ non vedendo il beneficiato, ci viene tolta la libidine di sentirci superiori ad un essere umano in carne ed ossa. La sopraffazione, cioe’, deve essere personale. Se non vediamo la persona che abbiamo sopraffatto di fronte a noi, non sembra la stessa cosa. Si dice che e’ “impersonale”, ma se il punto fosse dare da mangiare, non farebbe alcuna differenza.

E qui andiamo a quelli che continuano a dire “L’ occidente deve aiutare” In realta’ si tratta di persone che stanno cercando di sancire la superiorita’ dell’ occidente.

Il meccanismo e’ lo stesso di quello dell’elemosina: nel momento in cui diamo, stiamo dicendo sempre tre cose:

  1. Abbiamo del superfluo da dare.
  2. Loro sono cosi’ disperati da accettare.
  3. Noi siamo sempre migliori di loro.

Se la terza frase vi sfugge, proviamo a farci delle domande. Quando avviene una catastrofe naturale in qualche sarcazzistan, o quando veniamo a sapere che esistono bambini poveri in qualche paese, (si faceva anche con la Romania , per dire, o per la Bosnia) allora noi andiamo dalle nostre associazioni caritatevoli a dare dei soldi. Perche’ noi siamo “i paesi industrializzati”. Questi paesi, che hanno emergenze, si rivolgono inoltre ai vari enti come Unicef, FAO, e compagnia bella, allo scopo di ricevere fondi per alleviare le sofferenze dei loro popoli.

Adesso faccio una domanda:

Durante l’ultima crisi finanziaria, ma anche durante l’ultimo terremoto in Italia, o durante l’ultima inondazione, o quando ISTAT ha detto che ci sono 7 milioni di famiglie povere in Italia, o quando salta fuori che di conseguenza ci sono N centinaia di migliaia di bambini poveri in italia, qualcuno in Italia ha mai proposto di chiedere l’ elemosina di paesi piu’ ricchi?

Voglio dire, Genova e’ sott’acqua, L’emilia e’ colpita da un terremoto… perche’ non accettare l’elemosina di paesi piu’ ricchi? E perche’ non chiedere agli enti di beneficenza come UNICEF di aiutare i bambini italiani poveri, o la FAO ad aiutare le femiglie italiane in difficolta’? Perche’ non accettare la beneficenza dei paesi ricchi di liquidita’, come la Cina?

Tutti allora vi metterete a dire che “non siamo ancora a questo punto”, che “possiamo farcela da soli”, “non siamo ancora costretti a farlo”, “sarebbe troppo umiliante”. Ma guarda caso, e’ proprio quello che voi proponete di fare con gli altri.

Allora, sembra che sia del tutto logico se voi fate l’elemosina agli altri, ma quando si tratta di chiederla, si scopre che e’ umiliante, che piuttosto vi arrangiate, che non siete ancora costretti a chiederla… insomma, che e’ davvero una cosa brutta.

Non e’, quindi, quella cosa benevolente, frutto di umana fratellanza (ovvero eguaglianza): e’ una semplice dimostrazione di superiorita’ di chi la offre, o una dichiarazione di sconfitta di chi la chiede. Del resto, anziche’ dare soldi in aiuti a chi sta male si potrebbero stipulare trattati commerciali che aiutino quelle nazioni a riprendersi, MA in quel caso si uscirebbe dall’elemosina, e questo togliere all’occidente l’assunzione di superiorita’ che lo spinge a fare elemosina.

Ma avere aiuti “in cambio di qualcosa” somiglia a questo:

 

ovvero ad un tentativo di dare qualcosa in cambio. Ma questo non e’ accettabile come elemosina: non perche’ non sarebbe giusto sdebitarsi, ma perche’ consente a chi riceve l’elemosina di conservare la dignita’ del “do ut des”, ovvero di sfuggire all’umiliazione totale.

Se osservate bene chi siano i maggiori contribuenti delle entita’ caritatevoli dell’ ONU, della FAO, e di tutti gli altri enti simili, scoprite che sebbene l’occidente sia in declino e si venga superati da altre nazioni in via di sviluppo, la quantita’ di soldi dati in aiuti per i paesi poveri e’ cambiata di pochissimo.

I soldi degli aiuti ai poveri africani arrivano, esattamente come prima, sempre dagli stessi paesi: il fatto che l’ Italia sia stata superata dal Brasile in termini economici non significa che il Brasile donera’ piu’ soldi dell’ Italia ai paesi dove si fa la fame.

E potete stare certi che se un terremoto devastasse una regione del brasile avreste le associazioni caritatevoli italiane pronte a dare soldi per i brasiliani. E fior di volontari partono dall’ Europa per fare i volontari per i poveri in america latina: ma quando ci sono 7 milioni di famiglie povere in Italia, qualcuno ha mai visto volontari cinesi, o indiani, o brasiliani (o di qualsiasi paese il cui PIL abbia superato l’ Italia) venire ad aiutare?

Ecco la lista dei paesi contributori dell’ UNICEF, per dimensione del contributo (pag 38). Come vedete, la ricchezza non c’entra: mancano ancora all’appello molti paesi emergenti, e la Danimarca contribuisce piu’ dell’ India e della Cina (non pervenuti), nonostante il PIL piu’ basso.

 

Dietro questo punto si nasconde lo spartiacque, la forza che spinge ogni paese occidentale a dire “dobbiamo aiutarli”: la convinzione di essere superiori.

E a maggior ragione durante una crisi tremenda, quando la superiorita’ viene messa in dubbio, non sperate che questo bisogno si attenui: e’ proprio quando la superiorita’ viene messa in dubbio che c’e’ bisogno di conferme. Ed e’ per questo che , nonostante i poveri abbondino anche

Esperimenti sociali come quello sopra, a volte, aiutano a capire meglio quali siano le forze che spingono gli altri.

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