IVA

Dopo la decisione del governo spagnolo di aumentare l’ IVA per far cassa, mi e’ stato chiesto a chi di preciso giovi, perche’ e’ la scelta piu’ seguita, e che effetti abbia a breve e lungo termine. Alcuni di questi effetti sono noti a tutti -l’impatto sui consumi- mentre altri lo sono di meno. Pochi capiscono, per esempio, che si tratti di una misura protezionista.

Innanzitutto, pochi hanno chiaro come funziona il meccanismo dell’ IVA. Molti credono che l’ IVA sia un problema di chi ha partita IVA, che la paga, mentre non si vuole dire -essenzialmente per non accusare di evasione chi compra in nero, ma solo chi vende in nero- che l’ IVA e’ una tassa a carico di due entita’.

Mettiamo che un prodotto venga generato da un produttore P, e poi venduto al Distributore, che poi lo vende al grossista, che poi lo vende al negozio, che poi lo vende al cittadino.  Supponiamo che l’ IVA sia al 20%, cosi’ non ci perdiamo in decimali. E che il prodotto costi 100.

  1. Il Produttore lo vende a 100 + IVA = 120. Paga 20 di IVA e scarica una quantita’ variabile, a seconda di quanta merce soggetta ad IVA compri per produrre.
  2. Il Distributore lo compra a 100 + IVA (20) e lo rivende a 110 + IVA (22)= 122. Paga 22 di IVA e scarica 20 di IVA. Bilancio: paga 2.
  3. Il grossista lo compra a 110 + IVA (22) e lo vende al grossista a 140 + IVA (28). Scarica 22 di IVA e ne paga 28. Bilancio: paga 6 di IVA.
  4. Il negozio compra il prodotto a 140 + IVA (28) e lo vende a 160+ IVA(32) . Scarica 28 di IVA e paga 32 . Bilancio: paga 4.
  5. Il cliente compra il prodotto a 160+IVA. Non scarica niente e paga 32 di IVA.

Cosi’, il meccanismo dell’ IVA colpisce essenzialmente TRE entita’ in maniera diversa.

  1. Il produttore paga l’ IVA per il valore dell’oggetto al momento della produzione. Scarica l’ IVA delle fatture che ha, il che significa che per avvicinarsi al pareggio gli conviene farsi fatturare. In questo caso, migliora il cash flow se usa PIVA invece di dipendenti, o se compra la merce semilavorata da altri.
  2. Il distributore, il grossista e il negozio comprano i prodotti scaricando IVA e poi pagano l’iva per il prezzo che rivendono: in totale pagano veramente solo la differenza, da cui il nome “imposta sul valore aggiunto“.
  3. Il cliente finale paga l’ IVA per intero, sul prezzo finale al dettaglio.(1)

E’ abbastanza facile adesso immaginare cosa succeda se aumentiamo l’ IVA, punto per punto.

Il produttore si trova con un giro incredibile di tasse da pagare, dal momento che vende con IVA, e deve poi versare l’ IVA allo stato mensilmente/trimestralmente/semestralmente, a seconda. Se il compratore paga in ritardo resta scoperto. Dunque, aumenta l’urgenza del produttore di diminuire l’ IVA. Escludendo l’evasione, tutto quello che puo’ fare il nostro produttore e’ comprare (con IVA a detrarre) i prodotti gia’ semilavorati. In questo modo potra’ detrarre l’iva di acquisto da quella di vendita, e avra’ un cash flow migliore.

Sul produttore, quindi, l’aumento dell’ IVA coincide con la necessita’ di outsourcing. Meno produce internamente, piu’ il cash flow migliora. Per quanto riguarda i dipendenti, con cui NON scarica IVA, e’ meglio per lui avere dei fornitori che fatturino con IVA, cioe’ far fare le cose fuori.

Il primo punto, cioe’, e’ che l’ IVA globalmente aumenta la disoccupazione, o perlomeno riduce di dimensioni le aziende, e rende piu’ difficile la vita alle aziende che hanno la filiera all’interno. Avendo la filiera all’interno la differenza di costo tra materie prime e prodotto finito aumenta, e questo produce un aumento dell’ IVA.

1) L’aumento dell’ IVA polverizza la produzione e riduce di dimensione le aziende.

Andiamo al secondo passaggio, cioe’ ai secondi passaggi. La catena di distribuzione. Poiche’ si tratta di una imposta sul valore aggiunto, essenzialmente essa privilegia il rivenditore che lavori con basso margine. Il piccolo distributore, grossista o negozio che cercano di fare margine avranno un cash flow pessimo , peggiore rispetto a quelli che possono permettersi margini piu’ bassi.

Di conseguenza, un enorme distributore che fa cifre enormi puo’ permettersi un margine del 4%, paga in totale meno IVA di una serie di piccoli commercianti che cerchino di applicare un margine del 5% sulla stessa quantita’ di merce.

Il risultato e’ che la catena di distribuzione coi soggetti piu’ grandi vince.

Ma non solo: vince la catena di distribuzione piu’ corta. Poiche’ ogni soggetto ha delle spese fisse per vivere e quindi applichera’ un margine, e’ ovvio che applichera’ un aumento di prezzo, che incidera’ sul valore IVA, che poi dovra’ pagare. Questo peggiora il cash flow delle catene di distribuzione lunghe (produttore->distributore->grossista->negozio) mentre aiuta la grande distribuzione (produttore->negozio).

2) L’aumento dell’ IVA accorcia la catena di distribuzione e/o aiuta la grande distribuzione.

Infine c’e’ l’effetto sull’utente. E’ abbastanza chiaro che la zona che ha piu’ interesse ad evadere sia quella che paga di piu’, ovvero il negozio al dettaglio. D’altro canto, la somma totale dell’ IVA la sborsa l’utente finale, che ha quindi il cash flow peggiore in assoluto nel processo. Poiche’ tutta l’evasione e tutto il peso si concentrano li’, o aumenta il nero o diminuiscono i consumi. Ma qui, credo di non stare dicendo nulla di nuovo. Quindi ci metto una cosa in piu’: l’ IVA e’ un’imposta sul prezzo, e per molti prodotti (per esempio cibo, o altro) il consumo del ricco e’ uguale a quello del povero. Cosi’, se compriamo che so io della carne, che il ricco ed il povero consumano allo stesso modo, un aumento dell’ IVA e’ una percentuale piu’ alta del reddito dei poveri che dei ricchi, almeno per quanto riguarda i consumi essenziali.

3) L’aumento dell’ IVA colpisce di piu’ i meno abbienti.

Se andiamo a sommare i tre effetti, sappiamo cosa possiamo aspettarci da un aumento dell’ IVA:

  1. La polverizzazione delle aziende e la loro esternalizzazione. Normalmente questo peggiora le condizioni del mercato del lavoro, deprimendo i redditi. Piccolo e’ bello solo per il padrone, l’operai nel piccolo guadagna meno e ha meno chances di carriera , promozioni ed aumenti. Aumenta inoltre i rischio d’impresa e annienta ricerca e sviluppo.
  2. Accorcia la catena di distribuzione. Questo produce molta disoccupazione, e specialmente una disoccupazione difficilissima da combattere, perche’ nel piccolo commercio gli operatori non sono abbastanza qualificati, neanche per lavorare nella grande distribuzione, ove ormai si automatizzano magazzini e si informatizza la contabilita’.
  3. Riduce i consumi laddove la catena di distribuzione e’ piu’ lunga e presso le fascie meno abbienti. Questo significa che le merci straniere diventano sempre piu’ inavvicinabili ai meno abbienti perche’ hanno giocoforza una catena di distribuzione piu’ lunga (aggiungiamo un importatore, piu’ che le spese di trasporto, con tutta la manfrina IVA) . Di fatto e’ una misura protezionista.

Riassumendo: stipendi piu’ bassi, disoccupazione, diminuzione di consumi e di importazioni.

Quando qualcuno mi racconta che il governo Monti sta facendo qualcosa per la ripresa mentre aumenta l’ IVA, onestamente mi metto a ridere. E’ vero che la serie interminabile di intermediari nel commercio e’ semplicemente una casta parassitaria, ma e’ anche vero che tutti questi parassiti si aggiungeranno all’indice di disoccupazione, e questo indice essenzialmente non tiene conto di chi se lo meriti e chi no.

Il rappresentante inetto -perche’ normalmente e’ un inetto- che non riesce piu’ a vivere perche’ diminuisce il numero di negozi non e’ riciclabile. Dopo 10-20 anni passati a fare un lavoro di nessuna complessita’, e privo di qualsiasi know-how, e’ semplicemente invendibile sul mercato del lavoro. Specialmente al reddito cui era abituato.

C’e’ una strana e sistematica coincidenza nel fatto che ogni paese consideri ragionevole una misura come l’ aumento dell’ IVA, non appena la Trojka UE mette le mani sui suoi bilanci (Italia, Spagna, Grecia &co): sembra che la strategia sia quella di diminuire le importazioni extra-ue, frammentare le imprese e potenziare la grande distribuzione nei paesi soggetti ad attacchi.

Questa sembra essere la strategia seguita sinora, e ha origine da una considerazione: gli USA sono ormai dichiaratamente in recessione, il momento del “taxmageddon”(2) si avvicina , stanno arrivando 1.3 trilioni di dollari di tagli -che costeranno almeno 1.000.000 di disoccupati solo nel settore difesa,  e come se non bastasse non hanno quasi un welfare.

Il concetto cioe’ e’ che i paesi della UE possono resistere molto piu’ degli USA ad una recessione per via del welfare , per cui il gioco “vediamo chi rimane di piu’ senza respirare” e’ un gioco che avvantaggia la UE. Quello che si fa con le misure recessive e’ di togliere , contemporaneamente, esportazioni agli USA -la zona UE e’ sinora IL grande importatore di merci USA- e peggiorare la loro economia. E questo mentre Obama e’ in campagna elettorale, il che significa “o fermi i tuoi gangster di wall street, o tra un pochino ci pregherai in ginocchio di smetterla di ridurre il debito e di praticare austerity”.

Naturalmente questa e’ una mossa dolorosa dal punto di vista UE, ma considerando che la guerra l’hanno voluta altri, sarebbe ora che qualcuno iniziasse a prendersela con Londra e Wall Street, se i danni di questa guerra sono dolorosi.

Di per se’, gli USA non possono resistere oltre l’estate a misure recessive europee, e neanche ad un ulteriore calo di valore dell’ Euro. Peraltro, chi aveva fuori futures in Euro vincendo tutte le scommesse sull’acquisto di merci, mentre chi li ha in dollari….

si chiama guerra, e non si e’ mai supposto che sia facile o poco dolorosa. Il problema di una guerra e’ semplicemente che una volta iniziata devi vincerla.

Uriel Fanelli, 11 luglio 2012

(1) Questa e’ la ragione per la quale comprando in nero chi evade di piu’ e’ il cliente finale.

(2) E’ una curiosa situazione per cui Obama deve pregare i suoi avversari di prolungare una esenzione fiscale che i repubblicani avevano fatto durante il governo di Obama, per farsi eleggere. Idiotico, e contemporaneamente un gioco loose-loose.

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