Interrogativi da remoto.

Da qui le notizie dall’italia mi giungono attutite: poiche’ lavoro con colleghi stranieri non ho molta occasione di parlare di questioni interne, se non quelle che posso leggere sui quoditiani online. Una cosa che mi stupisce abbastanza in questo periodo e’ la curiosa diatriba sui gay nel calcio.

A quanto pare, il CT della nazionale ha detto di non aver mai conosciuto gay nel mondo del calcio, e per questo viene accusato di machismo. Cosi’, Arcigay lo chiama ipocrita e vorrebbe che lui dicesse “no, anche il mondo del calcio e’ pieno di gay”.

Ora, onestamente non credo che nel mondo del calcio ci siano piu’ o meno gay che fuori: si tratta di un campione abbastanza casuale della popolazione, e quindi non mi aspetto nessuna particolare novita’. Questa diatriba, pero’, mi porta ad una domanda molto semplice: perche’ mai il CT dovrebbe sapere che gusti sessuali abbiano i giocatori?

Sia chiaro: non penso che sia vietato o impossibile che il CT di una squadra sappia con esattezza le abitudini sessuali di un giocatore. Se al giocatore scappa detto che va in vacanza con il fidanzato, chiaramente lui lo sapra’. Ma io non sto discutendo il fatto che il CT possa esserne a conoscenza sto discutendo la stravagante pretesa che debba esserne a conoscenza e ne debba informare il mondo.

Il mio attuale PM gestisce una cinquantina di persone. In queste cinquanta persone ci saranno sicuramente dei gay , delle lesbiche o altro. Il problema e’ che non c’e’ alcun motivo per il quale il mio capo dovrebbe saperlo. E anche se lo sapesse, non c’e’ alcun motivo per il quale dovrebbe fare “outing” per altri.

Voglio dire, se domani il mio PM venisse intervistato e gli fosse chiesto “ma nel mondo dell’ IT ci sono tanti gay? Quanti ce ne sono nella sua squadra?” io non vorrei che rispondesse, e anzi apprezzerei se tenesse un atteggiamento reticente o se chiudesse sbrigativamente il discorso.

Questo non perche’ io penso che la cosa vada nascosta, solo perche’ penso che il privato non sia politico, e se anche qualcuno volesse fare coming out, sono affari suoi decidere se e quanto farlo. Non ho mai approvato particolarmente la logica del coming out: dal mio punto di vista la mia vita sessuale e’ un fatto privato.

Anzi: supponiamo che il CT avesse detto “si’, ci sono gay e ne ho conosciuti un sacco”: immediatamente si sarebbe scatenata una caccia al calciatore gay, alle dicerie, ai pettegolezzi e compagnia bella. E’ questo che vuole arcigay? Arcigay pensa che la condizione dei gay in Italia migliorerebbe se iniziasse il solito pissi pissi buzz buzz sul tale giocatore che sembra proprio ” cosi’ “.

Se vogliamo che il paese esca dai propri meccanismi piu’ arretrati e provinciali, quello che va fatto e’ proprio di combatterli: le chiacchiere da pianerottolo sulle presunte abitudini sessuali di tizio o caio , la caccia al gay, la logica secondo la quale chi tiene per se’ la propria vita privata sarebbe un ipocrita che non lotta abbastanza per la causa sono cazzate da anni settanta.

Si tratta di un’ideologia secondo la quale il privato sarebbe politico, e quindi le scelte personali sono oggetto di discussione politica e di critica ideologica, in quanto se il privato e’ politico allora la politica puo’ discutere del privato.

Io credo che ognuno abbia diritto di fare coming out se vuole. Cosi’ come credo che ognuno abbia il sacrosanto diritto di NON farlo. Se io andassi dall’allenatore della squadra femminile di pallavolo a chiedere “ma alle giocatrici il pompino con ingoio piace?” con ogni probabilita’ verrei linciato: per la semplice ragione che sto violando la vita privata delle persone.

Ed e’ qui il problema: l’arcigay viene da una storia di sinistra per la quale ha acquisito tutti i metodi di “lotta” che sono tipici di quegli ambienti. Comprese le assunzioni di base, ovvero che il privato sia politico. Ma questo non e’ evidentemente vero: poiche’ il politico si riferisce per forza di cose a cio’ che e’ pubblico, la definizione di “privato” lo esclude dall’essere politico.

Personalmente credo che la reticenza del CT sia stata giusta. Se qualche giocatore di calcio vuole fare coming out, e’ libero di farlo. Ma deve farlo in prima persona, e non tramite il CT che lo fa per lui.

Se arcigay pensa che questo sia dovuto al “machismo” del mondo del calcio, in che modo pensa di reagire a questo? Pretendendo che la vita privata della gente sia violata dal CT? Scatenando una “caccia agli ipocriti”, rei di non fare abbastanza coming out? E che cosa cambia se ci sono gay tra i giocatori di calcio: stanno giocando a Risiko, forse? Vogliono mettere carri armati rosa ovunque?

In tutta onesta’, quello che penso e’ che lottare per una causa del genere con i metodi politici degli anni ’70, con tutte le assunzioni assurde sull’impegno politico, sia assurdo. Per come la vedo io , per prima cosa occorre che la vita privata sia sottratta al dibattito politico, in modo che nessun partito possa venire chiamato a decidere se quel che faccio a letto sia giusto o meno.

Solo con un concetto di vita privata piu’ robusto, e quindi meno raggiungibile e meno soggetto ad invasioni, e’ possibile rendere piu’ robuste le scelte personali, e non viceversa. Il gay nel mondo del calcio sara’ libero solo quando a nessuno freghera’ nulla di quel che fa a letto, e non se pretende che tutti lo sappiano.

A che scopo, poi?

Uriel

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