Intelligenza artificiale, e blablabla. (Post H+), II

L’unica parte del dibattito sulla IA che sinora ho ignorato e’ il lavoro. Se confrontare l’intelligenza di una IA e quella di un essere umano non ha senso per i motivi che ho spiegato nel post precedente, quello che e’ possibile fare tra uomo e macchina e’ confrontare la produttivita’: esiste cioe’ un campo, che non e’ l’intelligenza , bensi’ il lavoro, nel quale e’ possibile confrontare macchine ed esseri umani.
Di conseguenza, quando si parla di IA che superano l’essere umano in “intelligenza”, si sta usando il termine “intelligenza” a sproposito: in realta’, quello che vogliamo dire e’ che le IA potrebbero superare l’essere umano in produttivita’, ovvero nel campo lavorativo.
Che una macchina superi l’uomo nel campo lavorativo non e’ una novita’: l’uomo costruisce macchine perche’ il costo di costruzione e manutenzione e’ inferiore, e di molto, alla loro produzione, ma non solo: questa differenza e’ anche superiore alla produttivita’ di un essere umano.

Tutte le macchine fanno la cosa X meglio di quanto la farebbe un essere umano: altrimenti, non verrebbero costruite.
A questo punto, nella costruzione dell’idiozia della singolarita’, notiamo che esiste un modo di rimettere a posto la teoria e di dare un senso a tutte le streonzate di Kurzweil . Basta sostituire alla parola “intelligente” la parola “produttivo”.
Allora, possiamo dare una definizione FUNZIONANTE, coerente e logica di “singolarita’ “, nel dire questo:

Per singolarita’ si intente una macchina che si dimostra piu’ PRODUTTIVA di un essere umano, nel campo dei lavori considerati intellettuali.

Questa definizione e’ adesso una definizione sensata. Possiamo sicuramente confrontare la produttivita’ di una macchina con quella di un uomo. Se l’intelligenza compare sporadicamente , e solo in alcuni esseri umani, nel campo lavorativo la produttivita’ e’ una quantita’ definita contrattualmente, e misurabile.
Quindi, se non possiamo dire “macchina intelligente quanto un uomo” senza cadere nel paradosso, dovuto al fatto che si tratta di due categorie mutualmente esclusive, possiamo dire “macchina produttiva quanto un uomo”. E da questo punto di vista, non ci sono contraddizioni.

Ma le macchine sono SEMPRE piu’ produttive dell’uomo, come abbiamo detto. Si tratti di una stupida leva, di una clava, o di un sistema per la ion implantation, le macchine vengono costruite solo A PATTO di essere piu’ produttive, o di aumentare la produttivita’.

Di fatto la costruzione di macchine pseudomuscolari ha seguito tre fasi:

  1. Uomo = macchina. (schiavitu’)
  2. Uomo + Macchina > Uomo (economia dell’ artigianato)
  3. Macchina > Uomo (industria)
la terza fase e’ importante, perche’ con l’arrivo dell’industria  si introducono nell’economia delle macchine che, pur richiedendo manutenzione, producono da sole piu’ di un essere umano. Da quel momento la sfida e’ di fare macchine che abbiano sempre meno bisogno di manutenzione e che siano sempre piu’ superiori all’uomo, in modo tale da rendere ininfluente la componente umana.
Se invece andiamo al lavoro intellettuale, le fasi sono sempre tre, ma siamo “indietro” di una fase.
  1. Uomo = macchina. (scribi, filosofi)
  2. Uomo + Macchina > Uomo ( arrivo del computer e delle macchine da calcolo)
  3. Macchina > Uomo (intelligenza artificiale)
la terza fase, cioe’ l’equivalente della rivoluzione industriale per il mondo intellettuale, si intravede all’orizzonte.
Ovviamente, i problemi sono gli stessi: coloro che perderanno il proprio lavoro , si lamentano della fine del mondo. Cosi’ abbiamo CEO, Scienziati, e tutti quanti che si lamentano che la IA “e’ pericolosa”. Ma se andiamo a leggere le lamentele ottocentesche contro l’industria, troviamo la stessa dialettica: “la macchina distruggera’ l’uomo”.
Film come “tempi moderni” dicono proprio questo: la macchina dominera’ l’uomo, annientandolo. Quello che dicono Gates & co, “le macchine domineranno l’uomo , annientandolo” non e’ nulla di nuovo, e’ una minestrina gia’ sentita.
Cambia il nome di chi perdera’ il lavoro.  Tutto qui.
Quindi, quando sento i rant di Gates e Hawkins riguardo alla questione delle IA, rispondo come rispondeva Gates quando piazzava computer nelle aziende e gli “archivisti” venivano licenziati:
  • E’ il progresso, darling.
  • Se il tuo lavoro puo’ farlo una macchina non era un granche’.
  • Devi evolverti, studiare e fare qualcuno dei “nuovi lavori”.
Molto altro non c’e’ da dire, se non il fatto che adesso a venire colpiti sono coloro che prima colpivano altri, che facevano loro delle prediche. A chi non trovava lavoro Hawkins avrebbe risposto consigliando una migliore istruzione lo avrebbe certamente emancipato. Lo stesso posso rispondere io ad Hawkins: “prenditi una certificazione Oracle e non rompere i coglioni, c’e’ sempre bisogno di buoni DBA.”
A parte l’autocompiacimento di dire a questa gente di trovarsi un vero lavoro – cosa che loro dicevano ad altri – quello che si dovrebbe investigare in questa fase di passaggio non e’ “le macchine costruiranno skynet e manderanno terminator ad uccidere Sarah Connor”, ma “che genere di mondo e’ un mondo di IA?
Vorrei continuare a proporre l’analogia con la rivoluzione industriale. Se nel creare macchine pseudomuscolari (cioe’ macchine che fanno un lavoro prima muscolare) il “prodotto” e’ cambiato, che cosa succedera’ nel creare macchine pseudointellettuali? Succedera’ che cambiera’ il pensiero.
Se osserviamo che effetto abbia avuto l’introduzione di macchine nell’industria sui prodotti, e continuamo ad assumere che una macchina rimanga una macchina – ovvero che abbia un comportamento costante  ed una produttivita’ nota – l’introduzione delle IA nel mondo del pensiero , ovvero l’industrializzazione del pensiero, dovrebbe avere lo stesso effetto globale:
  • Standardizzazione del pensiero. Cosi’ come si sono standardizzate le materie prime , e si sono standardizzate le utilities (corrente elettrica, per dire) occorrera’ standardizzare la scrittura di ipotesi e teorie, secondo linguaggi definiti e livelli di qualita’ misurabili.
  • Operabilita’ del pensiero. Cosi’ come si sono standardizzati i componenti delle macchine per poter essere confrontati e scambiati, dovremo standardizzare un alfabeto di operazioni logiche di base, in ogni campo, in modo che lo stesso problema possa venire posto allo stesso modo a piu’ macchine.
  • Ripetibilita’ del pensiero. Cosi’ come e’ necessario che la produzione in serie di un dato bene sia omogenea, ovvero che comprando due esemplari dello stesso bene (presumibilmente allo stesso prezzo) si comprino due beni equivalenti, sara’ necessario serializzare la produzione di pensieri.
  • Parcellizzazione del pensiero. La produzione industriale ha richiesto la parcellizzazione del lavoro, in modo da poter specializzare le unita’ produttive e serializzarle: la cosiddetta “catena di montaggio”. Allo stesso modo, il pensiero industrializzato sara’ parcellizzato (avremo il reparto deduzioni, il reparto sintesi, il reparto analisi, il reparto tassonomie…) e serializzato in fasi produttive.
  • Design del pensiero. Cosi’ come esiste il design industriale inteso come l’arte di disegnare i prodotti in modo che sia facile produrli con le tecniche industriali, occorrera’ introdurre un “design del pensiero”, che si occupi di come strutturare il pensiero al fine di renderlo facile da produrre con tecniche industriali.
ma la cosa che nessuno sta ipotizzando, ed e’ una cosa che mi lascia perplesso, e’ che l’industrializzazione del pensiero implica la costruzione, per l’appunto, di industrie del pensiero.
Avete presente Ford? Ecco, immaginate che ad un certo punto arrivi la McKinsey di turno e dica “adesso creo un’industria del pensiero”, cioe’ una gigantesca serie di calcolatori (magari assistiti da umani, come in catena di montaggio) il cui scopo e’ di produrre in serie il pensiero. Voi ordinate la soluzione ad un problema di un certo tipo, e siccome abbiamo standardizzato il pensiero esiste un nome preciso a quel prodotto, e loro ve lo fanno.
So che e’ difficile pensarlo, cosi’ come sarebbe stato difficile pensare alla produzione di automobili in serie , quando prima una sola squadra costruiva l’auto da zero – imitando il processo artigianale di costruzione delle carrozze – ma un giorno avrete la possibilita’ di comprare, per la vostra azienda, un “commercialista elettronico”. Prodotto in serie. E ovviamente la bonta’ del commercialista elettronico si misurera’ secondo dei canoni produttivi standardizzati, come si misurano le qualita’ di un’automobile.
Il problema a questo punto e’ il processo di delivery: in che modo si consegna “una soluzione”?  Come si fa ora? Certo, potreste descriverla in un libro, ma questo richiederebbe un lavoro umano e sarebbe una soluzione ad hoc, quindi artigianale, non industriale. E poi, il problema potrebbe essere generale, tipo “decisione sul canale di vendite aziendali”. Allora, se chiediamo alla nostra industria del pensiero di stamparci un prodotto “decisione sul canale di vendite aziendali”, oppure immaginiamo di avere la nostra Renault che produce e vende “decisione sul canale di vendite aziendali”  come prodotto standard. Che cosa ci vediamo consegnare, allora?
Semplice: vi consegnera’ del software , con caratteristiche standard, capace di girare sul vostro hardware. Lo portate in azienda, lo installate, e puf: ecco il vostro channel manager.
E questo vi spiega come mai Bill Gates veda un pericolo: stiamo parlando di un mondo nel quale la parola “software” indica un prodotto catastroficamente diverso da quello che vende Microsoft, nel quale pero’ non basta vendere software che poi l’utente usa, occorre che il software descriva un pensiero, capace di esistere a se’ stante su una macchina.
Ora, tutto questo deriva dall’assunzione che l’industria del pensiero sia uguale all’industria delle merci e a quella dei servizi, per cui implichi e richieda i medesimi paradigmi. Potrei sbagliare, e al posto del software prima o poi nascera’ il “thinkware”, per esempio.
Ma di certo, invece di chiedervi se l’ intelligenza artificiale distruggera’ la specie umana, dovreste chiedervi che lavoro farete in quel mondo.

Magari lavorerete in una fabbrica che produce “inventa una poesia per la mia fidanzata”, e farete i turni di notte prima di San Valentino.

Se volete davvero farvi delle domande sensate, dovreste capire che la IA come macchina non e’ altro che la nascita del pensiero industrializzato, e dovreste chiedervi che fabbriche di pensieri nasceranno, come funzioneranno, e cosa fare per lavorarci.

Il resto sono cazzate da luddisti.

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