Inglesi

Mi stanno chiedendo come mai io abbia iniziato a dare per scontato che, uscita la UK dal processo di ulteriore integrazione politica, adesso nemmeno enormi crisi sistemiche possano impedire la realizzazione di una zona ancora piu’ integrata in Europa. Sostengo questa opinione da diversi mesi, ovvero da quando Cameron ha detto “non vi seguiremo su questa strada”, e l’accelerazione che e’ avvenuta nella direzione della maggiore integrazione mi ha dato ragione. Posso spiegare quale sia la ratio.


Allora, facciamo due ipotesi:

  1. Europa senza UK. Una zona finanziaria continentale con libero scambio, nessun rischio di cambio, regole diverse dal resto del mondo e specialmente regole che avvantaggiano i padroni di casa. Gli europei possono ancora usare la City e usare Wall Street, ma gli operatori anglosassoni sono enormemente svantaggiati nell’operare dentro il continente. Le aziende di servizi finanziari di Londra e NY sono svantaggiate rispetto agli indigeni.
  2. Europa con dentro UK. Supponiamo che UK adotti l’euro, entri in Schengen e si adegui alle direttive successive. Risultato: una torma di professionisti molto capitalizzati scorrazza per il continente, e venendo da una piazza davvero enorme, con esperienza e professionalita’ consolidate, rendono la vita difficilissima agli indigeni.

Ora, poniamoci una domanda: se voi foste qualsiasi “big power” della finanza , dell’industria, del banking, delle assicurazioni del continente, QUALE DELLE DUE SITUAZIONI VORRESTE?
E’ abbastanza ovvio che la prima sia “Un sogno”, perche’ il continente inizierebbe a drenare risorse da wall street e dalla city senza dare altrettanto in cambio. Ovviamente, la seconda situazione e’ “un incubo”, perche’ e’ come essere chiusi dentro il pollaio insieme alla volpe.

Ovviamente, se voi foste i “big power” della finanza continentale, vi sforzereste di sabotare, politicamente , culturalmente, socialmente, ogni possibile tentativo di Europa del caso “2”.

Questa e’ stata piu’ o meno la storia della UE durante i governi piu’ “filo-europei” che ci sono stati in UK, in particolare Blair e Brown. In questo periodo, non c’e’ stata nazione che non abbia sabotato in ogni modo l’iter di OGNI importante progetto di integrazione europeo: c’era dentro l’ Inghilterra.

Quando l’inghilterra sottoscrisse il trattato di Lisbona, l’ Europa rischio’ di andare in pezzi, per la paura che i “big power” avevano. Tutti, nessuno escluso.

Che cosa fanno i big power per bloccare l’europa?

  1. Poiche’ possiedono praticamente tutta la carta stampata in Europa, e quando non la possiedono la influenzano comprandovi pubblicita’, non fanno altro che manipolare la stampa al fine di produrre malcontento verso la UE.
  2. Poiche’ finanziano di fatto ogni partito politico, non fanno altro che sabotare l’adozione di grandi trattati nei parlamenti locali, e spingono i politici a fare dichiarazioni negative.
  3. Finanziano movimenti “euroscettici”, giornali euroscettici, eccetera.
Se osservate il calendario dei grandi trattati europei, e la facilita’ (o difficolta’) nell’adozione degli stessi dentro i paesi membri, scoprirete facilmente una strana correlazione: quando i governi inglesi sono euroscettici, l’europa procede piu’ velocemente. Quando i governi inglesi sono europeisti, succede un casino in continente.
Se esaminiamo la storia della UE (CECA, poi CEE, blablabla) troviamo che il fattore che piu’ influenza la velocita’ di integrazione della UE e’ la disponibilita’ degli inglesi: piu’ gli inglesi sono DISPONIBILI ad entrare, MENO velocemente arriva l’integrazione.
Se esaminiamo le modalita’ dell’adozione dell’ Euro, scopriamo la stessa cosa: quando, dopo le speculazioni contro la sterlina e quanto ne ha seguito , fu chiaro che gli inglesi NON avrebbero potuto partecipare ne’ allo SME ne’ all’EURO, tutto divenne improvvisamente piu’ veloce: la prospettiva di dare agli inglesi uno svantaggio competitivo (il rischio di cambio) che non sarebbe piu’ esistito in continente era TROPPO allettante!
Ora, la zona Euro e’ stata sul punto di crollare sino a poco tempo fa. Ma ad un certo punto, Cameron si e’ tirato fuori, dicendo “non vi seguiro’ su questa strada” . Una incredibile investione di tendenza, rispetto ai mesi precedenti.
Da quel momento, e’ successo che: si sono improvvisamente definiti, istituiti, finanziati EFSF, ESM, si sono fatti due LTRO, AIFM e’ stato approvato con restrizioni piu’ rigide di quelle concordate contro la finanza inglese, la direttiva Domenici e’ passata in tempo e senza colpo ferire, il fiscal compact e’ stato scritto, votato e approvato dalle nazioni in tempi incredibilmente brevi, c’e’ una direttiva sull’unificazione bancaria allo studio in commissione, e Barroso sta lanciando una proposta di bilancio europeo.
Questa roba, in condizioni normali,
poteva arrivare in non meno di  10-20 anni!
Perche’ questo? Perche’ ovviamente, e ripeto ovviamente,appena Cameron ha detto “io non vi seguo su questa strada” , la speranza di avere una UE senza la finanza UK e’ diventata un sogno.
Voi direte: ma gli inglesi sono sempre in tempo per cambiare idea. No, non e’ vero se non in teoria. Se oltre ad AIFM e direttiva Domenici e fiscal compact passa anche il controllo delle banche da parte della BCE, e diciamo tra 2-3 anni un governo inglese dovesse decidere di entrare nell’euro, dovrebbe approvare:

 

  1. Schengen
  2. EURO
  3. AIFM
  4. D.Domenici sulle agenzie rating
  5. Fiscal compact
  6. Unificazione bancaria.
  7. Criteri europeo del bilancio statale.
  8. …. qualsiasi cosa si aggiunga all’agenda.

E questo e’ troppo per QUALSIASI governo inglese. I costi e gli impatti di  una simile operazione, gia’ oggi, sono enormi e si possono adottare solo diluiti negli anni. Ma se alla voce “8” aggiungiamo un bel pochino di carne al fuoco, sara’ impossibile recuperare il tempo perso nel campo di una o due legislature.

Perche’ allora e’ possibile farlo nel continente? Perche’ la grande finanza continentale spinge. Ma se provate a proporre quelle cose oltremanica, la finanza inglese si opporra’.  E a ragione, perche’ quei trattati sono (volutamente?)  indigeribili dalla City.

Quindi vi trovate in una situazione per la quale, con la decisione di Cameron, la UE e’ diventata una zona mitteleuropea controllata da Parigi, Berlino e qualche volta Roma e in futuro forse Madrid e Varsavia, ma in definitiva per la finanza continentale c’e’ un sogno in arrivo: una UE senza UK.
Questo sogno ha un valore immenso: la possibilita’ di drenare lentamente la City verso il continente, pur impedendo le banche di spostarsi verso la City, dal momento che le controlla la BCE.  La possibilita’ di giocare sempre in casa con regole protettive, e -quando e se conviene- poter giocare sulle piazze inglesi e americane, mentre inglesi ed americani devono sottostare a condizioni enormemente restrittive -per non parlare di arabi e orientali-, ma la situazione per loro non cambierebbe, se non quando giocano attraverso Londra.
Questo e’ il motivo per cui, sino a quando in UK ci saranno governi euroscettici come quello di Cameron, e specialmente quando Cameron si prende qualche anno in cui “non segue la UE”, la finanza continentale esercitera’ spinte ENORMI perche’ si facciano piu’ trattati di integrazione possibili, sino a mettere gli inglesi in una condizione nella quale recuperare il tempo perduto sia troppo costoso.
E la posta in gioco e’ tale da vincere la stampa euroscettica, da lasciare senza finanziamenti i partiti euroscettici (in Olanda e’ appena successo, come per la Lega in Italia),da mobilitare parlamentari e spazzare via governi, eccetera.
Quindi, credo occorra rassegnarsi: se vengono approvati ancora 2-3 trattati di integrazione finanziaria, e gli inglesi non potranno piu’ recuperare in breve, (1) tutte le forze finanziarie, bancarie , di conseguenza industriali e quindi tutta la classe politica, spingeranno per una maggiore integrazione.

Uriel
(1) Vi sono due casi. Quello in cui le cose vanno male, e i costi della UE sono insostenibili per gli inglesi. E quello in cui le cose vanno bene, e allora gli inglesi si sentono superiori e non vogliono entrarci. E’ davvero difficile trovare la finestra politica per una costosa integrazione, in inghilterra.

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