Importanze.

Durante la discussione sull’imbestialimento delle classi operaie, e’ saltata fuori la solita questione. Riguarda il fatto che, piu’ o meno, io assegni al lavoro o ad altro la misura del “valore” della persona. In genere, queste discussioni saltano fuori con coloro che cercano di capire la vita sui libri. Il problema e’ che le cose non stanno, almeno dal mio punti di vista, proprio cosi’.

 

Partiamo dalla cosiddetta gazzella che si sveglia al mattino, e facciamo alcune considerazioni dal suo punto di vista.

 

Potrebbe chiedersi “ma davvero l’unico metro per misurare una gazzella e’ se corre piu’ in fretta del leone? E’ tutto qui? Quanto in fretta corro? Io so risolvere equazioni differenziali a mente, so dipingere ad olio, e tutto quello che conta e’ che io sappia (o meno) correre piu’ in fretta dei leoni?”.(1)

 

E allora, la domanda e’: ma non c’e’ nient’altro? Possibile che il mondo sia cosi’ poco meritocratico, che guardi a queste grette questioni materialiste, che guardi solo le gambe delle gazzelle? E il cervello? E l’arte? E le altre altissime mete? Insomma, possibile che una gazzella che sa dipingere ad olio e risolvere equazioni non meriti nulla di piu’?

 

Certo che merita di piu’: il contorno di patatine fritte.

 

Che cosa intendo con questo? Intendo dire che l’universo non e’ dialettico. Hegel pensava che le categorie della realta’ derivassero da quelle della dialettica: la pera e’ tale perche’ noi abbiamo in mente la categoria della pera con cui la pensiamo. Confondendo le condizioni necessarie da quelle sufficienti, Hegel conclude che e’ il nostro pensiero “pera” a fare della pera cio’ che e’.

 

Hegel era, infatti, un fesso.(2)

 

Il punto e’ che non e’ una discussione o una convenzione a decidere se per la gazzella sia importante o meno correre piu’ svelta del leone. E’ la fisica del mondo circostante. Modificare una scala di valori non serve a nulla: o la gazzella corre, o muore. E’ un fatto, che a Hegel piacesse  o meno.

 

Cosi’, mettiamola in termini di bisogni.L’essere umano ha due bisogni essenziali: mantenere in vita e in salute il proprio corpo e rimanere autocosciente(3) senza sofferenze.

 

Il primo tra i bisogni e’ evidentemente, un bisogno materiale, dunque economico. Se escludiamo alcune concezioni moderne di economia svincolata dai bisogni materiali, ogni bisogno materiale e’ una categoria dell’economia. Poiche’ e’ una categoria dell’economia, occorre per forza raggiungere degli obiettivi economici.

 

Ora, gli obiettivi economici hanno delle caratteristiche molto evidenti: o li avete raggiunti quanto basta , o no. Qui entrano in gioco cultura e intelligenza.

 

L’intelligenza , definita in termini economici, non e’ altro che l’efficiacia con la quale si raggiungono gli obiettivi scelti. La cultura e’ l’efficacia con la quale si scelgono gli obiettivi tra le opportunita’ a disposizione, misurata sul lungo termine.

In definitiva, occorre avere la cultura che serve per scegliere gli obiettivi economici:

  • La laurea e’ piu’ importante.
  • La competenza e’ piu’ importante.
  • Iniziare presto a lavorare e’ piu’ importante.
  • L’onesta’ e’ importante.
  • La vita sociale e’ importante.
  • Rubare e’ importante.
Cio’ che vi permette di scegliere quale obiettivo perseguire (diventare una persona onesta piuttosto che rubare) con efficacia misurabile nel lungo termine: se avete scelto dei valori che non quagliano con l’universo che vi circonda quella che vi e’ mancata e’ la cultura.La persona colta ha piu’ strumenti per capire il mondo che la circonda , e per indovinare il futuro. Se avete cannato, allora la carenza e’ stata principalmente culturale.Potete sapere i paralipomeni di batracomiomachia a memoria, se non avete un’idea vaga di dove stia andando la societa’ , e di quali siano le regole in atto, avete delle forti carenze culturali.

 

Faccio notare che ognuna delle scelte per le quali serve cultura sono scelte che richiedono almeno una rinuncia. Se scegliete di essere onesti non potrete piu rubare, etc, etc.

 

Una volta scelti gli obiettivi, allora dovrete raggiungerli: entra in gioco l’intelligenza. Sul piano economico, tutto quello che dovrete fare e’ di raggiungere gli obiettivi preposti. Significa essenzialmente risolvere problemi. Ho sentito di gente che i problemi li risolve in diversi modi. Sono spiacente per loro, ma in astratto c’e’ un solo modo di risolvere un problema: prendere una decisione.

 

Una decisione non e’ altro che informazione  aggiunta dalla vostra intelligenza. Se la strada e’ chiusa e tornate indietro, non avete affatto preso una decisione: vi siete adattati. Se la strada e’ ad un bivio e c’e’ una freccia che indica la strada da seguire, non avete affatto preso una decisione: avete semplicemente reagito. Se c’e’ un bivio , non c’e’ alcuna freccia e voi decidete di andare a destra avete preso una decisione. E l’avete presa proprio perche’ non c’era alcuna informazione sul da farsi: evidentemente avete aggiunto voi un bit di informazione, che  altrettanto evidentemente avevate dentro di voi.

 

Prendere le decisioni giuste e’ “intelligenza”. La gazzella e’ intelligente se decide in quale momento sia meglio schizzare via massimizzando la quantita’ di erba che stava mangiando in quel posto.Se aspetta che arrivi il leone , potrebbe essere troppo tardi. Se schizza via senza motivo, morira’ di esaurimento. Deve sapere che c’e’ il leone senza informazioni evidenti, ma con una certezza ragionevole. Ha bisogno di intelligenza. Se invece risolve equazioni differenziali  ma si fa mangiare, e’ stupida.

 

Dunque, si’: in senso economico, cultura e intelligenza si misurano con la validita’ degli obiettivi di medio e lungo termine scelti, (cultura) e con l’efficacia mediante la quale li si e’ raggiunti (intelligenza).

 

Hegel rimane, cioe’, un fesso.

 

Cosi’, non c’e’ alcun senso a discutere di una scala di valori. La scala di valori non la si discute, la si constata. In senso economico, essa e’ data dalla realta’ materiale che vi circonda. Potrete anche disprezzare la scala di valori della societa’ che vi circonda: tanto, il fallimento non e’ un’opzione.

 

Che cosa significa “il fallimento non e’ un’opzione”? Significa che finire disoccupati e dire “e’ colpa della societa’ liberalcapitalista” significa aver accettato il fallimento a patto di potersi giustificare sul piano dialettico. Ma avete fame, e non sapete cosa mangiare, e  nessuna dialettica cambiera’ questo fatto. Per questo, il fallimento non e’ un’opzione.

 

Potrete essere disoccupati e dire “ma il manager che ho conosciuto era un cretino”. E come mai vai ad elemosinare un’altra settimana di lavoro precario da un cretino? Alla fine, cioe’, e’ sempre il bilancio materiale nel medio e lungo termine  a distinguere i cretini e gli ignoranti da tutti gli altri.

 

Passiamo al secondo obiettivo: l’autocoscienza. Che cosa significa che un essere umano e’ “autocosciente”? Di per se’, significa semplicemente che saprebbe distinguere un’illusione, un’allucinazione, dalla realta’ circostante. Avete mai avuto un’allucinazione? Ve ne siete resi conto, sul momento? Se la risposta e’ “si”, allora eravate coscienti. Se non eravate capaci di distinguere l’allucinazione dalla realta’, non eravate coscienti.

 

Ovviamente le illusioni sono strutturate su diversi livelli. Possono essere delle false percezioni sensoriali, come delle false credenze, come il costrutto di false informazioni. Essere sempre piu’ autocoscienti significa avere i mezzi mentali per svolgere questa funzione.

 

Sicuramente occorrera’ cultura, questa volta definita in termini di autocoscienza: la cultura e’ cio’ che vi permette di leggere la realta’ al punto da saper decidere che qualcosa (un’allucinazione) non ne faccia sicuramente parte. In termini di autocoscienza, essere intelligenti significa disporre di processi tali da poter far fronte (mediante il ragionamento) ad una carenza di esperienze o di cultura, e capire ugualmente che qualcosa non sia parte della realta’.

 

Perche’ questo funzioni, occorre innanzitutto un sano sviluppo psichico. Questo richiede (anche) un adeguato universo affettivo. Il che puo’ significare cose diverse a diverse eta’: a 5 anni significa mamma, papa’, nonna, casa, coccole, eccetera. A 15 anni significa altro. E cosi’ via. Ad un certo punto, la necessita’ di un orizzonte affettivo composto da una famiglia diventera’ impellente per molti di voi.

 

E qui c’e’ il punto cruciale, perche’ in questo momento si intersecano tutti i bisogni: quelli affettivi e quelli materiali. Perche’ lo spazio affettivo che chiamiamo “famiglia” non e’ solo un obiettivo interiore (come potrebbe essere da adolescenti quando “basta” una fidanzata) , ma anche un obiettivo economico.

 

E qui siamo al dunque: arriva un momento nel quale fare il bilancio della propria vita comprende, per forza di cose, una valutazione globale. In quel momento, non potrete piu’ dire “ma io ho amato tanto”, occorre proprio che vi siate costruiti un universo affettivo, il che richiede ed implica alcuni obiettivi materiali.

 

In quel momento, quando la domanda “dove sono arrivato? Che cosa ho concluso?”,e’ meglio che abbiate qualcosa da far vedere a voi stessi. E non dico “parole”. Non ho detto “e’ meglio che sappiate come giustificarvi”. No, ho detto “e’ meglio che abbiate qualcosa da far vedere”.

 

Cosi’, non avete scelta alcuna. Non c’e’ scelta. Mai. Il mondo non e’ qui per darvi delle scelte sulla scala di valori. Il mondo circostante non impone alcuna scala dei valori. Il mondo circostante non discute di alcuna scala dei valori.

 

Il mondo circostante E’ la scala dei valori.

 

Voi direte: ma il mondo e’ iniquo. Se uno nasce in una favela brasiliana, viene prima costretto a prostituirsi a 6 anni e poi ammazzato a 12, allora la scala dei valori e’ sbagliata! Non ha colpa! Non e’ giusto.

 

No, figliolo: semplicemente non ti piace. La scala dei valori reale e’ quella li’.Puoi cercare di cambiare la scala di valori? No. Puoi solo cercare di cambiare la realta’  e cambiarla con una che preferisci. Se ci riesci: ma siamo ancora agli obiettivi e alla loro scelta, ricordi? E al successivo bilancio riguardante il loro eventuale raggiungimento.

 

La giustizia non e’ una legge della fisica. Neanche la morale.

 

Hegel era, dunque, un fesso.

 

Insomma, e’ inutile che chiediate a me se secondo me l’unica cosa che conta e’ la posizione lavorativa o il reddito. Non sono io a deciderlo.

 

La risposta e’ tutta intorno a voi.

 

Allora qualcuno di voi (i farlocchi) direte: “no, non ho fallito io. E’ la scala dei valori, dunque il mondo circostante, a sbagliare. Io adesso cambio le regole”.

 

Bene. Ma non e’ che questo vi dia una proroga. Non e’ come nei tribunali che se fate ricorso alla corte costituzionale si sospende il processo. Gli anni passeranno comunque, e i vostri bisogni arriveranno. E se non siete Lenin, e i vostri tentativi di cambiare il mondo si esauriscono nel bar sotto casa, succedera’ che ad una certa eta’ vi manchera’ un universo affettivo adeguato , colpa (anche ) del fatto che vi manca un universo economico adeguato.

 

Perche’ gli anni passeranno anche mentre dite che sia colpa del mondo liberal-capitalista se siete disoccupati.I vostri bisogni rimarranno insoddisfatti, e la vostra autocoscienza vacillera’ sempre di piu’. Diventerete sempre meno autocoscienti, cioe’ sempre meno capaci di distinguere illusioni e realta’, finche’ non vi iscriverete al partito umanista, o andrete in piazza contro le scie chimiche, crederete nel signoraggio, diventerete raeliani, o vi metterete con un banchetto a dire che la chiesa vi ammazza con l’onda per le vie di Milano – scrivendo – con – i – trattini – tra – una – parola – e – l’altra.

 

Quindi no, non devo per forza discutere di una scala dei valori. Se non scelgo di cambiare il mondo, l’unica cosa che posso fare e constatarla come dato di fatto. E l’unica scala di valori possibile e’ formata dai miei bisogni e dalle condizioni esterne. Non e’ un’opinione, e non c’e’ alcun dibattito a riguardo.

 

Quindi, e’ inutile chiedere che cosa ne pensi: pensare qualcosa a riguardo e’ qualcosa che fanno stupidi e ignoranti.

 

Hegel, ricordiamolo casomai lo avessimo scordato, rimane sempre un fesso.

 

Uriel
(1) In realta’ sono le leonesse che vanno a caccia. I leoni sono un pochino come i tedeschi, fanno fare tutto alle donne, poi ruggiscono e fanno i fichi sulla carcassa della zebra. Si’, anche i leoni quando scopano durano 30 secondi.

 

(2) Ho in mente la categoria “fesso” e mi sovviene quando leggo cose di Hegel. QED.

 

(3) Essere autocoscienti significa in poche parole, essere in grado di distinguere la realta’ da un’allucinazione. Quando cultura e intelligenza non sono definite in termini economici (il soddisfacimento dei bisogni e la scelta delle priorita’) , allora sono semplicemente funzionali all’autocoscienza, ovvero alla capacita’ di distinguere la realta’ dalle allucinazioni. Perche’? Perche’ se vi chiedessi “l’autocoscienza esiste” mi direste di si’. E mi direste che non sia un’allucinazione, cioe’ che esista sicuramente e che ne avete certezza. Dunque, e’ ovvio che l’autocoscienza non sia altro che la capacita’ di distinguere le allucinazioni (o se preferite le illusioni) dalla realta’. Certo, potreste anche dirmi che non siate certi che l’autocoscienza esista: in tal caso, chiedersi che cosa sia e’ inutile. La domanda ha senso solo se pensate che esista , e che non sia un’illusione. Per cui, sapete distinguere la coscienza da un’illusione. E cosi’ via, per deduzione.

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