Il tormentone dello schiavo pigro.

Il tormentone dello schiavo pigro.

Il tormentone dello schiavo pigro.

La stampa italiana e’ uno spettacolo che ormai dovrebbe interessare piu’ gli storici che le persone comuni, al punto che e’ ormai una specie di zoo, un safari-park, ove potete ammirare creature ormai quasi estinte quali “il padrone del vapore”, “il sindacalista da barricata”, “la madamin”, “il boghesuccio pantofolaio”, ed altro.

Oggi e’ il turno di ascoltare il barrito del “padrone del vapore”, un tipo di imprenditore ormai quasi estinto nel resto del mondo, ma ancora presente in ancuni scantinati anglosassoni e nella maggior parte delle “aziende” italiane. Ecco il barrito (un pochino stanco, a dire il vero) del “padrone del vapore”:

E da quando le aziende assumono “medici ed economisti?”.

Questo lamento si traduce in “non abbiamo piu’ la coda di mendicanti fuori dalla porta , se continua cosi’ dovremo aumentare gli stipendi!”. Perche’ di questo si tratta: se non trovi qualcosa, il suo prezzo dovrebbe aumentare. Ma a quanto pare, le dure leggi del mercato erano valide solo quando la manodopera abbondava (e allora il prezzo scendeva). Adesso che scarseggia, e il prezzo dovrebbe salire, il mercato e’ il grande dimenticato della storia.

Ma questo e’ solo un angolo del problema: dimostrare che il padrone del vapore italiano sia obsoleto di almeno due secoli, ed e’ sopravvissuto solo grazie ad alcune specifiche protezioni governative ormai e’ roba che fanno tutti.

Andiamo ad esaminare il problema per intero:

  • La Carriera.

Supponiamo che un giovane sacrifichi 3-5 anni della propria vita per laurearsi, per quali aziende andra’ a lavorare? Se osserviamo la borsa italiana, e prendiamo le prime 10 aziende italiane della borsa, abbiamo uno spettacolo desolante fatto di AZIENDE PUBBLICHE, partecipate dallo stato, o come per le banche, salvate dallo stato. Il resto dei privati sono grandi fornitori… dello stato. Uno spettacolo a dir poco sovietico.

Ora, il punto e’ che in un’azienda pubblica si fa carriera in due modi, che da militare riassumevamo come “la scelta tra marrone e giallo”. In poche parole, o fai pompini a qualcuno o lecchi il culo a qualche politico. Per lavorarci serve solo una raccomandazione, ma per far carriera serve scegliere tra marrone  e giallo. Ora, la domanda e’: per quale ragione qualcuno dovrebbe sacrificare 3/5 anni della propria vita per trovarsi in quella condizione?

L’alternativa sono le piccole aziende, le PMI, ove la carriera e’ impossibile: sono aziende troppo piccole, diventare CEO e’ impossibile perche’ il CEO e’ il fondatore/proprietario, e gli scatti di carriera disponibili sono pochi e richiedono di aspettare che si liberi il posto.

Dunque, la prima domanda e’: per quale azienda un ragazzo dovrebbe investire la propria vita? Se dovessi dare un consiglio ad un ragazzo italiano che vuole far carriera senza dover scendere a compromessi ripugnanti, sarebbe “laureati e vai via dall’Italia). Punto. Perche’ se non c’e’ carriera, a laurearti hai sprecato il tuo tempo e i soldi della tua famiglia. Un laureato che non discuta un piano per la propria carriera gia’ al colloquio di lavoro o non ha capito cosa sia un lavoro, o non ha capito cosa sia una laurea.

  • Statistiche palesemente false.

Avete cercato di ingannare le persone che contemporaneamente stavate educando a riconoscere tali inganni. Per anni avete ingannato i giovani chiedendo loro di laurearsi perche’ “i redditi piu’ alti sono concentrati nelle mani dei laureati”. Non voglio discutere il fatto che la correlazione non sia una questione di causalita’ da sola, ma il problema e’ che avete spacciato una condizione necessaria per una condizione sufficiente: il fatto che il reddito piu’ alto sia nelle mani dei laureati NON implica che laurearsi conduca ad un reddito alto.

Quando leggo le statistiche sugli stipendi dei laureati italiani (che somigliano molto al reddito minimo tedesco, ma in Italia sono considerati “lauti”) , mi viene da ridere. Davvero qualcuno crede a quelle PANZANE? Era ovviamente una questione di tempo e l’inganno sarebbe venuto a galla. Oggi come oggi in Italia ci sono troppi laureati che lavorano per stipendi che altrove in Europa sarebbero illegali, e siccome parlano, e parlano a parenti e amici,il risultato e’ che nessuno crede piu’ a quelle panzane.

Una volta che avete mentito ai giovani per avere la coda fuori dalla porta, e ne avete fottuta una generazione, e poi due generazioni, adesso tutto il paese risuona della stessa canzone: “non ne vale la pena”. E vomitare sul paese ancora piu’ statistiche non funzionera’: la rabbia di quelli che avete fregato li spingera’ a cantare la canzone “non ne vale la pena” ancora piu’ forte.

Forse potreste cambiare la canzone pagando meglio i laureati che avete fregato, e allora riempireste il paese di esempi viventi di come “ne valga la pena”. Ma non lo farete, e cercherete di riempire il web di grafici sui fantastici stipendi dei laureati , cui nessuno crede piu’.

  • Al lavoro non ci crede piu’ nessuno.

Negli ultimi 10 anni ho conosciuto un manager morto a 43 anni,palesemente morto di stress. In pratica,ucciso dall’azienda. Un altro e’ andato in “burnout”, una forma di depressione che non e’ finita con un suicidio solo perche’ una moglie vigilava su di lui. Un altro e’ in riabilitazione proprio ora, per problemi cardiaci.

Se esamino la vita privata di tutti quelli che si sono messi “in carriera”, lavorando come negri per “realizzarsi sul lavoro”, trovo vite private e familiari assenti, inesistenti, illusorie o devastate. La concentrazione di “single”, divorzi, situazioni familiari devastate, tradimenti , figli privi di genitorialita’ (con tutti i problemi del caso) , tra coloro che hanno creduto di “realizzarsi col lavoro”, e’ spaventosa. Forse sono stato sfortunato io, ma dopo 25 anni le probabilita’ che la mia statistica personale sia errata stanno calando molto. Troppo.

Vi state chiedendo se due gay possano crescere un figlio, dicendo che al ragazzo servono un padre ed una madre. Se forse coerenti, allora, dovreste decidere che due manager non possano crescere un figlio, visto che i figli dei manager non hanno, in termini di tempo trascorso insieme, ne’ una madre ne’ un padre.

Possiamo discutere sul fatto che i genitori debbano essere di sessi diversi o meno: personalmente non ci credo. E non ci credo anche perche’ ho visto i figli di eterosessualissimi manager che alla fine non avevano nemmeno un genitore. A questi non obiettate nulla, buffoni?

Negli anni ’80 e ’90 si e’ convinta una generazione che certo, sacrificare la vita alla “performance lavorativa” avrebbe pagato perche’ sarebbero diventati dei semidei, belli, ricchi, attraenti, sexy, dolicocefali e pieni di capelli. Avrebbe pagato moltissimo, perche’ “ti puoi realizzare”, “puoi avere la carriera che sogni”: da peculiarita’ dello schiavo, il lavoro a ritmi disumani e’ diventato “realizzazione” se non “sogno”.

Un bell’inganno. Ma oggi il paese e’ pieno di gente che dice “non ne vale la pena”. Donne che sono arrivate alla menopausa, si sono guardate allo specchio, e dietro allo splendido tailleur firmato hanno visto un seno inutile ed un ventre vuoto , freddo come una rana bagnata. Uomini troppo vicini alla pensione che vagano mendicando un ruolo da mentori, un qualsiasi straccio di importanza per qualcuno di piu’ giovane: un penoso surrogato della paternita’ che non hanno mai vissuto, se non biologicamente (nel migliore , ma piu’ triste, dei casi).

Intere generazioni di personaggi vestiti come becchini milanesi, che sono stati convinti di essere “di successo”, sino a quando la calvizie, l’obesita’ e la salute non li hanno piegati, nonostante costose Harley Davidson da mezza eta’ o piu’ giovanili Moto Ducati. Per i poveri, biciclette da corsa e il “sogno della liberta’ ” di un Camper familiare.

Patetici falliti, questi uomini e donne “di successo”: hanno pagato con lo spreco della propria vita una promessa illusoria. Il lavoro eccessivo come successo, come “sogno”, come “realizzazione”. Credevano sarebbero diventati semidei oltre le 70 ore di lavoro a settimana, e tutto quello che hanno avuto e’ una diagnosi di problemi cardiaci da stress.

Ci sono almeno tre generazioni di questi falliti, imbrogliati dalla truffa del “lavoro che ti realizza“, dal “sogno della carriera”,  che vanno in giro  a dire, se non a parole con il proprio stato esistenziale pietoso, che non ne vale la pena.

  • Come al solito, e’ arrivato internet.

Ho condotto l’esperimento della pubblicita’ porno per capire l’ostilita’ dei grandi OTT contro il porno. Ma una cosa e’ emersa: solo mettendo porno in questo sito, se mi impegnassi a fare del SEO serio, potrei guadagnare uno stipendio entry-level italiano.

I giovani sono letteralmente ipnotizzati dagli “Youtuber”, dagli “influencer”, e tutta la baracca. Si e’ creata una cultura che lega la creativita’ personale , la capacita’ di relazione e di espressione al reddito. Come se non bastasse, stanno arrivando i lavori “remote”, che si fanno da casa: emigrare senza emigrare.

La cultura nata su internet, che oggi chiamate impropriamente “dei millennial”, non e’ piu’ incentrata sul possesso di cose costosissime. Certo, un telefono iPhone e’ molto costoso , ma rimane nella fascia del migliaio di euro. Io sto parlando di auto costose, motociclette costose, case costose ed altro. E iniziano a comparire in giro “manifesti del millennial” come questi:

https://ye-chen.com/we-millennials-dont-want-jobs-we-want-lives/

https://www.utahbusiness.com/millennials-jobs/

https://www.utahbusiness.com/millennials-jobs/

Andate pure a fare qualche ricerca: troverete questo.

Credete di ingannarli mettendo un tavolino da ping pong in azienda?

Questa cultura sta arrivando. E non vi illudete, come tutte le cose americane, sta penetrando il web anche in Italia, e in tutta europa. La stampa mainstream italiana sta cercando di nasconderla, ma il fenomeno sta dilagando anche tra i giovani italiani, tedeschi, francesi.

La chiamate impropriamente “dei millennial”, ma la loro cultura nasce da un substrato di fallimenti e truffe che sono costate la felicita’ ad almeno tre generazioni precedenti: non riuscirete mai a convincerli , perche’ genitori e nonni diranno loro “fai bene, non fare come me”.

Gli schiavi non ci stanno piu’.

In definitiva, il problema delle aziende italiane e’:

  • Non avete nulla di speciale da offrire loro in cambio di 3/5 anni della loro vita: le grandi aziende sono statali, dove la carriera non dipende da studi e competenze.
  • Le vostre promesse di alti redditi si sono rivelate truffe, e una intera generazione di truffati lo dice ai piu’ giovani, di continuo. Non ci crede piu’ nessuno.
  • Le vostre promesse di realizzazione e di carriere da sogno si sono rivelate truffe, e una intera generazione di truffati lo dice ai piu’ giovani, di continuo. Non ci crede piu’ nessuno.
  • Tutto quello che avete fatto in passato e’ stato distruggere vite umane convincendo le persone che in cambio sarebbero diventati dei semidei: la distesa di zombie soli, falliti e patetici che ne e’ risultata e’ un deterrente gigantesco.
  • Una cultura che rifiuta l’autosacrificio come valore e’ nata, ed e’ qui per rimanere. E no, non basta mettere un tavolino da ping pong in azienda per fregarli.

Non avete piu’ la coda fuori dalla porta perche’ non avete niente di cosi’ bello da offrire, figuriamoci se chiedete ai giovani di fare la coda per 3/5 anni. Per sacrificare la felicita’ coi vostri straordinari disumani.

I dinosauri non hanno nemmeno capito che a lanciare l’asteroide sono stati loro.

 

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