Il mito dell’elettore motivato.

Mi capita poco di discutere di politica (sono troppo lontano da tutti gli schieramenti, e specialmente dai loro simulacri) ma quelle poche volte che lo faccio salta sempre fuori lo stesso mito, quello della gente che vota per un motivo. Ora, sia chiaro: la gente vota per un motivo. Ma il motivo non e’ politico, nel senso che NON riguarda la gestione o i programmi.
Alla fine di ogni elezione, il partito vincente va a scrivere che ha vinto perche’ ha parlato dei problemi “reali” del paese. Ma quando andiamo a vedere la definizione di problema “reale” del paese, scopriamo che NON si tratta di un problema DEL PAESE, bensi’ di un problema dei cittadini.
Ora, la domanda e’: ma i cittadini sono il paese o no? Se le cose stessero cosi’, con ogni probabilita’ non servirebbero una decina di ministeri, ma un ministero unico, il ministro dello stile di vita. In ultima analisi, cioe’, il cittadino vuole semplicemente , e vede semplicemente, come problemi “del paese” i problemi che colpiscono lui, e non sempre questi sono i problemi del paese.

Prendiamo per esempio una citta’ abbastanza grande. Se mi metto dalla parte del consumatore, i negozi andrebbero concentrati in pochi centri commerciali in modo da minimizzare il tempo necessario a visitarne molti. Inoltre, dovrebbero stare aperti per molto tempo dopo l’orario lavorativo medio.
Essi dovrebbero essere situati non troppo in periferia, ma anche non in centro: non troppo in periferia per evitare code sulle arterie di uscita, e non in centro perche’ in centro gli affitti costano di piu’, cosa che si ripercuote inevitabilmente sui prezzi. Inoltre, poiche’ il centro e’ piccolo, il numero di negozi sara’ inevitabilmente piu’ piccolo.
Onestamente, pero’, temo che i negozianti non saranno dello stesso parere. Se chiedete ad un negoziante, il suo ideale e’ quello attuale: citta’ interamente occupate da negozi in tutti i pianterreni di tutti gli edifici. La concorrenza sugli orari e’ qualcosa che rifiutano, e in Italia se volete comprare qualcosa alle 10 di sera vi rimangono solo i minimarket pakistani.(1)
Ora, se proviamo a parlare dei problemi ‘reali”, e parliamo di negozi, non esiste alcun approccio che possa soddisfare entrambe le parti. Per forza di cose i negozianti sono una minoranza, tuttavia sono anche una parte consistente delle entrate fiscali dei comuni. Cosi’,  che cosa significa di preciso “parlare dei problemi reali della citta’?”.
La verita’ e’ che non esiste alcuna scala assoluta detta “problemi reali”, perche’ la realta’ dei problemi , dei medesimi problemi, e’ assai diversa a seconda dell’elettore. Cosi’, quando si dice che una citta’ vota un programma, non si sta dicendo il vero. Quello che succede, al massimo, e’ che i cittadini votino il programma, ma lo faranno a seconda della realta’ materiale che vivono , e lo faranno esattamente nell’ordine di priorita’ che percepiscono.
Il quale non e’ necessariamente politico: una popolazione di anziani , per dire, vorra’ una citta’ deserta e silenziosa dopo le 18.00. Come avviene gia’ in molti centri. Che questo colpisca i giovani e’ irrilevante, che questo porti piu’ criminalita’ anche: la visione dell’anziano e’ di una citta’ dove si dorme e i giovani, se proprio vogliono fare qualcosa, devono arruolarsi in polizia per pattugliare le strade, rese pericolose dal fatto di essere deserte.
Questo e’ esattamente come votano gli anziani oggi nelle citta’: quello che viene chiamato NIMBY non e’ un fenomeno aggiuntivo alla politica, e’ semplicemente la norma assoluta. Poiche’ nessuno riesce a percepire i problemi collettivi in termini collettivi, qualsiasi voto o posizione politica sono sempre, assolutamente e comunque, “NIMBY”.
 
  • Non esiste, cioe’, NESSUN legame tra i problemi politici ed il voto dei singoli. Il singolo non ha percezione di problemi politici, ma solo dei propri. Il programma che viene votato non e’ un programma politico, bensi’ una prospettiva personale. Quelli che chiamate “problemi reali del paese” sono semplicemente gli interessi personali dei cittadini.

 

Il secondo mito e’ quello della morale. Si e’ arrivati a pensare, dopo secoli di pensiero religioso, che la morale sia qualcosa cui i politici debbano rispondere. Cosi’, si dice che c’e’ “del marcio” nella politica. Ma questo non e’ un dato, per un semplice motivo: la morale e’ uno strumento politico, e quindi non puo’ essere usata per giudicare la politica. Essa, cioe’, e’ uno strumento MA NON UN POTERE.
In generale, cioe’, se supponiamo che un paese sia corrotto, non abbiamo una classe politica corrotta sopra un paese onesto. La corruzione procede mediante una piramide. Se il cittadino medio , che sta alla base, di fronte ad una multa chiama l’amico vigile per farsela cancellare, subito sopra avremo il giovane che cerca una raccomandazione , sia nel pubblico che nel privato(2). Una volta che il primo strato e’ corrotto, chi lo governa (diciamo assessori o sindaci) dovra’ fare i conti con questo substrato, e probabilmente ha raggiunto una posizione di governo proprio perche’ non ha mai parlato contro questi fenomeni. Capiamoci: se in Italia un politico tuonasse contro le raccomandazioni e i raccomandati, perderebbe TUTTI i voti degli impiegati statali (circa 3.600.000) e delle relative famiglie, che nella migliore delle ipotesi fa sette milioni di voti (in genere chi lavora vota). Capite bene che il politico potra’ tuonare “per la meritocrazia” ma non potra’ farlo CONTRO i raccomandati.
Cosi’, il nostro politico del primo strato ha una massa di impiegati raccomandati, i quali hanno, ciascuno, un amico beppe che ha la ditta e vuole un appalto. Ma una volta accettati i raccomandati, e accettato che le multe le pagano i fessi, eccetera, gli appaltini vengono naturali.
In definitiva, cioe’, la morale e’ comune perche’ e’ una piramide. E le piccole cifre non contano: se 1000 deputati ciulano 100 milioni di euro, la stessa cifra spalmata su 60 milioni di cittadini fa un euro e mezzo a testa. Sul piano morale, il furto di 100 milioni di euro (200 miliardi di vecchie lire) e’ paragonabile al furto di 1.3 euro a testa, perche’ fa alla collettivita’ lo stesso danno complessivo.
Non esiste, cioe’, una questione morale relativa alla politica. E’ vero che un ministro che fa assumere l’amante fa un danno all’erario perche’ la sua amante avra’ uno stipendio molto alto, ma la somma dei danni di piccole assunzioni per raccomandazione su livelli piu’ bassi raggiunge e supera facilmente quel danno.
Se per esempio sommiamo i mancati ricavi dovuti a quelli che “si fanno annullare la multa”, probabilmente superiamo facilmente il costo della corruzione dei giudici del processo Mondadori: il danno per l’erario e’ circa lo stesso.
Stabilito che tutta la societa’ usa la medesima morale semplicemente adattandone le misure (se ruba il politico ruba anche il cittadino; rubano cifre diverse ma essenzialmente il danno e’ analogo perche’ i cittadini sono di piu’) il guaio e’ che la morale e’ uno strumento politico.
Se per morale prendiamo semplicemente la morale sessuale, potrei semplicemente confrontare la morale vittoriana con l’etichetta di Re Luigi,  e considerare che se molestare una dipendente costa ad un politico americano le dimissioni, Clinton si faceva tranquillamente succhiare la minchia in ufficio e si e’ limitato a definirlo “sesso improprio”. Cosi’, per la politica e’ storicamente molto facile modificare la morale, almeno sin da quando un certo Solone riformo’ la morale pubblica di Atene, per fare un esempio.(3)
D’altro canto, nel 1968 negli USA sarebbe stato assai difficile venire abbattuti per uno scandalo sessuale, perche’ la stessa popolazione che inseguiva i miti dei concerti-orgia di woodstock faticava  a comprendere lo scandalo; in quel periodo era sanzione politica il fatto che la sessualita’ dovesse essere abbondante e diversificata. Avendo il potere, del resto, lo stesso Togliatti impose la Iotti al partito.
Sicuramente la morale sessantottina fu un evento politico, nella misura in cui la politica e la societa’ non sono piu’ state le stesse; tuttavia non si puo’ certo dire che la politica non contribui’ a rendere dominante questa morale, dal momento che il 68 fu principalmente un evento politico. La morale, cioe’, non puo’ giudicare la politica perche’ e’ un evento politico.
Per questa ragione Giovanardi puo’ andare in TV dicendo che il bungabunga va bene se e’ tra uomo e donna: esiste una morale politica (con un distinguo abbastanza rigido, apparentemente) che e’ propria del partito. E quindi, se il partito e’ votato dalla maggioranza, dalla maggioranza stessa della popolazione. La storia della morale e’ una storia POLITICA.
Cosi’, nessun cittadino vota per questioni morali. Il cittadino che ha sostenuto berlusconi non ha alcun problema a dire “il bunga bunga va bene se nessuno si fa male”. E via, ha creato una morale ad hoc. Allo stesso modo sentirete gente che difende il meccanismo delle raccomandazioni, gente che difende i fondi a perdere verso il sud italia, gente che difende gli assenteisti come fece il PD contro Brunetta, eccetera eccetera: la morale e’ strumento politico, e quando ad un partito serve opporsi a Brunetta, allora l’assenteismo e’ bello, il fancazzismo e’ colpa di qualcun altro e la performance e’ un mito ormai fuori moda (parole di vari intellettuali del  PD).
Di conseguenza non esistono elettori animati da questioni moralil; esistono solo seguaci di una particolare morale: il partito di Di Pietro e’ pieno di sostenitori della legalita’, legalita’ che pero’ non comprende il rispetto delle norme vigenti sul segreto istruttorio, ne’ i limiti di legge per la carcerazione preventiva. In questa morale, Erika e Omar sono fuori dal carcere dopo 8 anni, mentre Previti ce ne doveva stare 20, nonostante la sproporzione tra i due reati: l’ IDV ha creato una morale di partito, esattamente come gli altri partiti; in passato per il PCI era normale dichiararsi patriota in quanto partigiano e contemporaneamente mandare Berlinguer a Mosca al congresso del partito comunista, ben sapendo che l’ URSS fosse  di un nemico dichiarato dell’ Italia, insieme al blocco comunista.
Affermare che ci siano stati dei motivi morali nelle elezioni e’ del tutto stupido, inutile, e tende a ignorare il fatto che ogni partito ha le proprie regole morali, ovvero che la morale e’ un evento politico, subordinato alla politica, ovvero uno strumento politico.  Si e’ seguaci di una determinata morale in quanto seguaci di un determinato partito, e viceversa.
In ultimo, una tendenza incredibile e’ quella di considerare razionale il voto degli elettori, ovvero il fatto che non si menzionino MAI le mode quando si analizza il voto. Per le mode si fanno le cose piu’ incredibilmente stupide, quali piantarsi pezzi di ferro addosso, depilarsi completamente i genitali, comprare un’auto anziche’ una piu’ adatta, comprare le cose piu’ incredibili, andare in vacanza nei posti piu’ improbabili.
Non si capisce per quale motivo la politica dovrebbe essere immune a tutto questo. Non si capisce perche’ la stessa donna che si depila la passera in quanto si fa nel porno dovrebbe votare per motivazioni piu’ profonde, e non semplicemente perche’ pensa che la sua candidata abbia la passera depilata allo stesso modo.
Il voto, di per se’, e’ un’azione dalle conseguenze assai indirette e ritardate nel tempo. Se una persona si fa tatuare una natura morta sul polpaccio perche’ e’ di moda, cosa che ha impatti immediati e diretti sul suo corpo, non si capisce per quale motivo non si possa pensare che per un motivo altrettanto vacuo si possa fare una croce su una scheda.
Nelle analisi che si fanno del costume, per esempio, posso leggere la Masera dirci che in questo periodo molti prendono un maiale in casa perche’ e’ la nuova moda dei VIP. Quando si vota ed escono i risultati, nessuno osa insinuare che la vittoria di un determinato candidato non sia altro che un trend, e quindi la gente ha votato pisapia per le stesse ragioni per le quali tiene un maiale in casa anziche’ nel porcile. (o nel forno).
E’ come se ci fosse una strana necessita’ di legare il risultato elettorale al candidato, ma realmente pensiamo che la gente prenda un maiale in casa perche’ e’ una creatura gradevole?
Sono moltissime le azioni che l’essere umano compie in massa , senza che vi sia alcuna possibile spiegazione, ne’ alcun possibile legame tra la ratio dell’azione e l’azione in se’. Negli anni ’80 erano di gran moda i corsi di sopravvivenza. Migliaia di idioti hanno passato le ferie dormendo per terra, mangiando locuste del Brenta e arrampicandosi per dei dirupi:
Quando questo signore lo chiamiamo “elettore”,
siamo convinti che abbia votato per qualche motivo legato al candidato.
La mia personale opinione e’ che la stragrande maggioranza del risultato elettorale dipenda dalle mode e non abbia niente a che vedere col candidato in se’, con le sue politiche, con il suo programma, con delle ragioni effettive: semplicemente , i movimenti di massa sono dominati dalle mode. Non capisco perche’ possa avvenire in OGNI campo del comportamento umano, dalla depilazione della passera all’acquisto di una casa fino al nome da dare ai figli, e non possa avvenire con la politica.
Eppure, il fattore moda e’ il grande ignorato quando si valutano i risultati politici. Quando ho scritto che secondo me e’ finita la moda teocon, improvvisamente molti si sono affrettati a dire che no, gli intelligentissimi elettori di milano, orientati ai “problemi reali” e “arrabbiati per la cattiva conduzione” , avrebbero votato per altro. Come se qualcuno degli elettori , nel seguire una moda, avesse mai notato che a Gennaio la pancia scoperta e’ un’idea che produce problemi reali e che non e’ la miglior condotta possibile: per quale motivo lo stesso idiota che va in vacanza-avventura in un posto dove forse verra’ rapito dai beduini dovrebbe percepire cose come “i problemi reali” e’ un mistero.
Infine, c’e’ un’ultima divertente dialettica che arriva, del tipo “la gente e’ incazzata”, “la gente non ne puo’ piu’” , eccetera. Sia chiaro: succede. E’ successo in Egitto. E’ successo in Tunisia. Ma NON sta succedendo in Italia.
Possiamo dire, che so io, che la popolazione italiana non ami i politici? Si, probabilmente si. Possiamo dire che la popolazione italiana non ne abbia grande stima? Si, probabilmente si. Possiamo dire che vorrebbero politici che facciano i loro interessi (che poi vengono chiamati “problemi reali”), probabilmente si.
Ma non possiamo dire che ci sia “rabbia”, o che la gente si sull’orlo di una rivolta. Falliscono persino gli scioperi, che hanno pochissimo seguito. Milioni di precari si stanno facendo sfruttare mentre leggete questo post. Milioni di anziani vivono con pensioni piccolissime. Milioni di famiglie faticano ad arrivare a fine mese.
E tutto questo continua da anni, senza che avvenga nulla. Il che significa, ai fatti, che non e’ vero che la gente sia incazzata, non e’ vero che ci sia rabbia, non e’ vero che non se ne possa piu’. In Egitto non ne potevano piu’. In Tunisia non ne potevano piu’. Ma questo e’ un evento misurabile.
Al contrario, in Italia l’andazzo va sin troppo bene a tutti. Non e’ vero che a Milano “erano stufi”. Stufi di che? La Moratti e’ stata eletta e rieletta.L’andazzo cittadino non e’ cambiato particolarmente e rispecchia perfettamente la morale dei suoi abitanti piuttosto che l’amministrazione pubblica ed i suoi vertici. E specialmente, quanto stufi? Ci sono rivolte? Ci sono segnali di violenza? No.
Ora, chiaramente se “essere stufi” e’ una posizione dialettica che si assume di fronte ad un aperitivo, possiamo dire che magari gli abitanti di Milano “erano stufi”. Ma in questa situazione possiamo dire che erano giraffe, che erano armadi, salici, autotreni: basta mettersi di fronte ad un cocktail e  dire “sai, gianpiernaik mi sento un pochino spinterogeno”, “oh, io invece mi sento stufo e incazzato come cittadino” , “oh, che bello! E’ cosi’ katanga!”, “mah, piu’ che altro ero stufo di sentirmi tubo di mogano”.
Infine, pur consapevole degli effetti che i simulacri hanno nella societa’ postmoderna, un’ultima tendenza che considero assolutamente insopportabile e’ la tendenza a credere che un ragionamento  che termina  contraddicendo l’evidenza sia, per forza di cose, piu’ raffinato ed intelligente di uno che si ferma all’evidenza.
A me spiace, ma una conclusione che va contro le evidenze NON e’ raffinata o piu’ profonda o piu’ intelligente: se va contro l’evidenza e’ semplicemente SBAGLIATA.
Mi spiace, ma nemmeno voi ci credete davvero. Quando affermate che “Pisapia ha messo tutti d’accordo”, mentre la realta’ e’ che e’ stato messo li’ obtorto collo da Vendola, contro un altro candidato, non state dicendo una cosa che “va oltre le apparenze”: state dicendo il falso.
Quando dite che la Lega “non e’ un partito teocon” quando proprio oggi ha votato contro le leggi contro l’omofobia perche’ teme che ci cadano dentro le dichiarazioni di certi fondamentalisti, non state facendo una analisi piu’ dettagliata della mia semplice constatazione: state proprio dicendo delle cazzate. 
Questa mattina ho moderato un sacco di commenti, ma la maggior parte del tempo l’ho passata a debunkare raffinati ragionamenti, i quali sembravano raffinatissimi e sottilissimi e usavano le parole tipiche degli analisti politici. Ma il mio debunking non era una forma di contraddittorio raffinatissimo che andava a spaccare il pelo in quattro: mi limitavo semplicemente a far presente la realta’.
Mi rendo conto, pero’, che se guardo in giro di “fini” ragionamenti simili ne vedo ovunque. Vedo la Moratti che dice che il cittadino ha lanciato un segnale forte perche’ lei amministri la citta’ in modo diverso. No, la realta’ e’ che il segnale dice “non devi piu’ amministrare la citta’”. Il ragionamento che parla di un segnale di disagio che va capito e raccolto e se lo raccogli il cittadino ti premia parte dall’idea che le elezioni siano un semplice sondaggio sul gradimento: fai un sondaggio e chiedi alla gente “TI piace la Moratti?” e se la gente dice no, allora bisogna cambiare. Ok.
Ma le elezioni non sono un sondaggio, perche’ c’e’ la competizione. Se in un sondaggio dico che non mi piace il sindaco, e’ un messaggio che dice “cambia”. Ma se lo dico alle elezioni, e’ un messaggio che dice “vattene”.  Lo scopo del sondaggio e’ di raccogliere informazioni , o come si dice “un feedback”, e quindi posso leggere il sondaggio come feedback. Ma lo scopo delle elezioni e’ quello di scegliere la classe politica: il risultato e’ semplicemente di tre tipi: “non governare” , “governa”, “governa insieme ad altri”.
Questa non e’ raffinatissima arte politica: e’ una semplice constatazione dei fatti materiali. Una teoria che dimostri che le elezioni siano un sondaggio non dice qualcosa di sofisticato o profondo , dice semplicemente delle cazzate.
Cosi’, alle comunali di Milano si decide chi sia il sindaco di milano. Un ragionamento che mi dice che si sia scelto il presidente della Repubblica non e’ un raffinato esame delle conseguenze, ne’ un parlare da esperti politologi: e’ un ammasso di cazzate. Con le elezioni di Milano si sceglie il sindaco di Milano.
Che poi esistano delle conseguenze politiche e’ vero, ma lo scopo dell’elezione rimane quello di eleggere il sindaco di Milano, e se il risultato di milano producesse un pessimo presidente della Repubblica, i cittadini di Milano avrebbero il sacrosanto diritto di fottersene, tantevvero che non hanno certo pensato al presidente della Repubblica nel votare: hanno pensato al sindaco (quelli che hanno pensato, naturalmente).
Sarebbe meglio di smetterla con questa moda di pensare che un ragionamento le cui conclusioni contraddicano l’evidenza materiale sia ipso facto piu’ intelligente, profondo o sofisticato: se contraddice l’evidenza materiale e’ semplicemente FALSO.
Credo sia per questo che non mi piace parlare di politica, essenzialmente: essa e’ la fine di qualsiasi intelligenza, di qualsiasi logica, di qualsiasi possibilita’ di sviluppare un ragionamento sensato. Per come la vedo io, e’ il male assoluto.
Uriel
(1) Qui in Germania no, ho Rewe e diversi altri che restano aperti sino a mezzanotte.
(2) Sul devastante meccanismo delle raccomandazioni si indaga sempre nel pubblico, ma pochissimo nel privato. Eppure, e’ un meccanismo ancora piu’ presente ed organizzato , sotto forma di gregarismo.
(3) Essenzialmente rese legale la pederastia dai 12 ai 14 anni, misurati “da quando compaiono i peli del pube a quando compare la barba) , sanci’ la soddisfazione sessuale come diritti civico e istitui’ bordelli di stato. Per quanto riguarda la morale civica, decise che oltre ai nobili (le famiglie che avevano fondato la citta’) potevano votare anche i ricchi.

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