Il mio prezioso, unico, inimitabile dito nel culo.

Mi hanno chiesto che cosa sia questa storia che Android “raccolga dati” sugli utenti. Mi e’ stato chiesto da piu’ parti che cosa significhi. La risposta e’, molto semplicemente: niente. Sul vostro cellulare ci sono i vostri dati. Tutto qui. Del resto c’e’ la vostra rubrica e c’e’ il registro delle telefonate, e spesso anche i vostri SMS. Il resto e’ semplicemente una tassa. Una tassa per cosa? Per non aver studiato abbastanza a scuola.
Si e’ diffusa negli anni passati una stravagante leggenda, una superstizione se volete, la quale raccontava che si potesse fare una pubblicita’ “mirata” , ovvero vi si poteva proporre esattamente la cosa che volete comprare, e che questo sarebbe stato incredibilmente efficace, molto piu’ efficace della pubblicita’ in broadcast.
Questa leggenda ha poi prodotto una reazione paranoica ed altrettanto idiota da parte di tantissime persone, le quali temono che una malvagia multinazionale “voglia sapere tutto di loro” allo scopo di “sapere che cosa vogliano” in modo da “manipolarli”.

Sia chiaro, la cosa sarebbe teoricamente possibile. C’e’ un solo problema: che a fronte dei costi enormi, non porterebbe alcun vantaggio. Vivere in questa continua paranoia e’ semplicemente una tassa, una tassa per chi non ha sviluppato un minimo di senso critico e di capacita’ di fare due conti.
Innanzitutto, c’e’ una falla logica in questo ragionamento: la multinazionale ha interesse a sapere che cosa vi piaccia se i vostri gusti sono imprevedibili ed assolutamente segreti. Se, cioe’, mangiate elefante in salsa di cadmio, e vi procurate tutto da spacciatori della CIA, allora probabilmente sara’ difficile indovinare che cosa vi piace.
Ma davvero siete cosi’ imprevedibili e cosi’ diversi dagli altri? Davvero e’ impossibile indovinare che cosa stiate consumando?
Prendiamo per esempio la provincia di Milano. Supponiamo di voler profilare l’utente. Innanzitutto, posso  prendere il 95% delle merci vendute e scoprire che si tratta di una “varieta’” di poche centinaia di prodotti. Per rendervene conto basta entrare in un centro commerciale, o in un supermercato. Ci troverete qualche centinaio di prodotti, i quali costituiscono quasi l’80% dei consumi quotidiani delle famiglie.

Il fatto stesso che esistano i supermercati, e che abbiano il numero di clienti necessario a vivere, implica che i gusti della clientela spaziano, con una confidenza del 90%, in un insieme di qualche centinaio di prodotti. Non c’e’ alcun bisogno di violare la vostra privacy per conoscere i vostri gusti, perche’ i vostri gusti sono identici a quelli di migliaia di altre persone.

Adesso, supponiamo di avere due scelte: la prima e’ di profilare ogni cliente per sapere di preciso cosa compra in quel supermercato. Occorre raccogliere dati sul preciso cliente, passarli ad un inevitabilmente grosso calcolatore, e finalmente avere il suo profilo.
Seconda ipotesi: ci facciamo dare i dati di vendita delle merci nella provincia di milano, e calcoliamo un utente medio statistico, con una confidenza del 95%.
Se osserviamo la differenza tra le due strategie, otteniamo una domanda: che cosa puo’ darci, la profilazione personale, che non possa darci la profilazione statistica? Risposta: un 5% di vendite in piu’. Teoricamente. E se l’efficacia e’ del 100%.
Quello che voglio dire e’ che la stragrande maggioranza delle persone non ha gusti cosi’ complessi.Nella media, basta un centinaio di prodotti per identificare con certezza il consumatore italiano. Una volta fatto questo, giocare con le correlazioni e’ cosi’ semplice che non serve assolutamente avere i dati personali del nostro cliente.
Supponiamo di mettere in offerta, che so io, delle schiume da barba, con lametta e dopobarba. Sappiamo con ragionevole certezza che la maggior parte dei clienti saranno maschi. Una volta capito che nella settimana tot abbiamo un aumento di vendita di queste cose, sappiamo di aver attirato dei maschi nel nostro supermercato, diciamo che noteremo un aumento del 10% delle vendite. Fatto questo, osserveremo quale altra merce ha un picco di vendite, e puf, sappiamo che cosa compra il maschio italiano.
Facendo operazioni come questa un numero sufficiente di volte, con semplici mezzi statistici possiamo stabilire un “maschio statistico medio” che di fatto assomigliera’, nei consumi, al 90% dei maschi italiani.
A questo punto, qualcuno mi dice: ma profilando il cliente possiamo andare oltre. Aha. Ma “oltre” significa per forza di cose , al massimo, un ulteriore 10%. In pratica, ci viene chiesto un enorme lavoro di profilazione, che dovremmo fare ben sapendo che al massimo ci rendera’ un 10% , perche’ gia’ con strumenti statistici siamo capaci di arrivare ben oltre il 90% con un semplice insieme di qualche centinaio di prodotti, ovvero l’assortimento medio di un supermercato.
Mentre voi spenderete soldi per profilare il cliente del vostro negozio, il vostro concorrente spendera’ soldi per un locale piu’ grande dove potra’ avere piu’ generi in offerta. E anche ammesso che voi riusciate a profilare tutti i vostri clienti, adesso lui ha un negozio piu’ grande.
Se una TIM vuole sapere che cosa comprano i clienti per mandar loro sms mirati, (e’ lo spettro del difensore della privacy commerciale), non ha da fare altro che controllare i dati sulle vendite di Milano. Poi mndare a chi si attacca alle celle milanesi la reclame. Il risultato sara’ che, nel 90% dei casi, ci avra’ indovinato. E questo perche’, molto semplicemente, i gusti dei clienti non hanno niente di imprevedibile.

Il cliente non e’ un archimede pitagorico che quando vuole un’automobile se la inventa, e quindi non sapremo mai che automobile vuole. Il cliente compra da un’offerta di qualche decina di marche, e compra da un insieme di 4-5 scelte che rientrano nella sua possibilita’ finanziaria. Il che significa che proponendogli una concessionaria multimarca con 3/4 marche, ho almeno una proposta interessante per almeno l’80% dei clienti. Che bisogno ho di profilare il singolo, con i costi enormi che questo richiede? Per cosa dovrei farlo?

La seconda cosa da notare e’: abbiamo detto che copriamo dall’80% al 90% dei gusti del cliente semplicemente usando dei supermercati con qualche centinaio di prodotti. E abbiamo detto che  eventuali tecniche statistiche ci permettono di costruire un punto vendita che soddisfi la stragrande maggioranza degli utenti.
Ecco la parola magica: il punto vendita.
Che si trovi su internet o in un negozio, QUALSIASI cliente, il 100% del clienti, passeranno per un momento, che e’ il punto vendita. Il “canale”, chiamatelo come vi pare.
E la scelta migliore e’ quella di occupare il canale. Voi dite: ma se Fiat sa che io visito il suo sito e cerco un’auto puo’ mandarmi la reclame delle sue auto. Vero? Siete appena stati sul sito di fiat, dove avete visto SOLO reclame delle auto fiat…..
Andiamo allora all’idea opposta: se Toyota sa che siete andati sul sito fiat, allora puo’ mandarvi le reclame delle auto toyota. Vero. Investendo enormi quantita’ di soldi per un data center che carpisca i dati della vostra navigazione, e poi calcolando per ogni singolo utente (con un software di complessita’ pazzesca) i gusti nei dettagli, potrebbe farlo.
Toyota ha un’alternativa, pero’: ben sapendo che voi entrerete dentro una concessionaria Fiat per acquistare un’auto, puo’ semplicemente convincere le concessionarie a vendere anche auto toyota. E quando andrete a comprare la vostra fiat, per forza di cose il venditore vi mostrera’ anche le toyota. Che bisogno c’e’ di profilarvi?
Guardate bene i negozi moderni: non sono quasi mai monomarca. Se volete un cellulare ed un abbonamento, nel negozio ove entrerete troverete ALMENO “TIM, Vodafone, 3, Wind, Tiscali e Fastweb”. Troverete almeno Nokia, Htc, Apple, Samsung, SonyEricsson, LG, e un altro paio di minori . E avete coperto il 95% del mercato.
A quel punto, per che cosa dovrebbero costruire un data center? Per il rimanente, misero 5% di stravaganti personaggi, difficilissimi da servire, che vogliono un cellulare Fuzztek con una Sim di RomaniaMobile?
Vale davvero la spesa, un simile lavoro, per un misero 5% del mercato?
E’ vero: tra gli esponenti di spicco del management farlocco e del marketing burlone si e’ diffusa, anni fa, l’idea che “customizzare” e “profilare” sia il segreto del successo. Tutti coloro che non avevano mai studiato statistica, pagarono la tassa e comprarono immensi data center , basi dati piu’ o meno legali, software per la profilazione del singolo e per le campagne pubblicitarie “personalizzate”.
I risultati furono quelli facilmente prevedibili con gli strumenti della statistica: quando un cliente italiano compra sempre la stessa decina di marche, profilarlo non ti fornisce nessun vantaggio particolare. Semmai ti conferisce un grande vantaggio che il tuo prodotto si trovi in piu’ punti vendita possibili.
Se ormai l’idea bislacca di profilare il cliente e’ stata abbandonata per via dei deludenti risultati, chi non ha mollato l’osso e’ il cliente stesso, che ha bisogno di pensare che qualche malvagia multinazionale voglia conoscere i suoi gusti spiandolo.
Ci sono due spiegazioni per questa tendenza:
  • Al cliente piace pensare che i propri gusti siano davvero imprevedibili e anticonformisti. Compra cellulari prodotti in decine di milioni di esemplari uguali, compra automobili prodotte in milioni di esemplari uguali, compra vestiti fatti in fabbrica, ma per qualche misterioso motivo ama pensare che occorra spiarlo per sapere che cosa gli piaccia comprare.
  • Al cliente piace sentirsi dire che compra cose di classe, esclusive, “di una certa”. Certo, quando va in vacanza in una localita’ esclusiva trova migliaia di connazionali, quando compra un’auto di classe ha la medesima auto di chiunque occupi la stessa classe sociale, quando e’ vestito con un vestito “di una certa” ha lo stesso vestito di chiunque sia di quella “certa”, ma ama pensare che i propri consumi siano un’elite tra i consumi.
  • Ai clienti piace pensare che i prodotti che compra siano disegnati per lui.Nonostante incontrino commessi svogliati, cassiere inebetite e negozianti strafottenti, ai clienti piace pensare che le aziende non facciano altro che pensare a loro. Come se loro fossero al centro dell’attenzione, come se davvero Coca Cola e Pepsi Cola pensassero “ma piacera’ ad Enzo La Greca”?
  • Ai clienti piace pensare che la competizione tra marche sia quello che dice loro la pubblicita’, ovvero una gara a compiacere il cliente, cioe’ Enzo La Greca. Mi spiace, ma le strategie di marketing non comprendono niente del genere: quando sei presente in tutti i punti vendita possibili, e quando il tuo prodotto viene visto da ogni cliente anche se era entrato a comprare altro, il problema si e’ esaurito, o quasi. Non si conquistano i clienti, si conquistano i punti vendita. Dopodiche’, ci pensa il prezzo e il venditore a fare il resto.
  • Ai clienti piace pensare che le pubblicita’ siano fatte pensando a loro. Certo, le pubblicita’ dell’auto sono fatte mostrando una donna poco vestita vicino ad un’auto, quelle dei cellulari sono fatte mostrando una donna poco vestita vicino ad un cellulare, quelle dei detersivi sono fatte mostrando donne piu’ vestite ma gementi vicino ad un detersivo, quelle delle vernici mostrano donne sexy che danno la vernice , ma non c’e’ dubbio: la pubblicita’ e’ fatta “ad hoc” per colpire il singolo cliente ed i suoi “imprevedibili gusti”.  Davvero imprevedibili.
In generale, la convinzione che le multinazionali vi stiano spiando e’ del tutto narcisistica se non patologica: certo, le multinazionali hanno i mezzi per spiarvi, ma questo non significa che lo facciano. Non ho bisogno di spiare l’italiano per sapere che cosa compra; con una cifra molto inferiore posso semplicemente occupare tutti i punti vendita e farvi trovare i miei prodotti in vetrina, nel negozio ove entrerete , e posso studiare i vostri banalissimi gusti, uguali ai gusti di quasi chiunque altro, ottenendo si’ una risposta di massa, ma e’ esattamente la risposta che mi serve, perche’ la multinazionale non vuole vendere ad un 5% di anticonformisti imprevedibili, ma preferisce di gran lunga colpire il rimanente 95% della massa, prevedibile, scontata, facile da accontentare, e specialmente NUMEROSA.
Cosi’, la mia risposta e’: se Google e’ diventata un’azienda enorme, chi la manda avanti non e’ fesso. E non essendo fesso, non perdera’ mai tempo a spiare le vostre prevedibilissime vite ed i vostri consumi assolutamente omologati ; costa troppo e rende troppo poco.
Non siete speciali, non siete importanti, non siete pezzi unici e rari, non siete inimitabili fiocchi di neve diversi da ogni altro fiocco di neve.
E no, non c’e’ alcun bisogno di spiare qualcosa che, nei numeri che interessano alle multinazionali, e’ assolutamente prevedibile. Solo i manager che credono che NapoleTone abbia vinto a Waterloo ancora credono alla profilazione e alla customizzazione del marketing.
Gli altri hanno capito che la massa di soldi ce l’ha la massa delle persone. E che la massa delle persone e’, piu’ o meno, tutta uguale. Un centinaio di prodotti in un supermarket , e sono contenti quasi tutti.
Uriel

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