Il lato burlesco del grottesco.

C’e’ una certa dialettica, oggi, sul cosiddetto “Burlesque”. Essa e’ riferita principalmente ad un genere di spogliarello, reso famoso da Dita von Teese, e prima di lei da alcune foto (allora considerate incredibilmente fetish) di Betty Page. Personalmente, vedo questo dibattito come vedo la dialettica distorta tra maschi e femmine nell’ultimo quarantennio.
Innanzitutto: si tratta di un genere evidentemente fetish, che viene chiamato “burlesque”. Per prima cosa occorrerebbe capire come mai questa etichetta piaccia tanto. La risposta e’ che, a mio avviso, si riferisce a qualcosa d’allegro, o perlomeno di non drammatico.
Perche’ il problema della sessualita’ moderna non e’ quello di essere libera o meno, ma quello di essere stata drammatizzata. Nella societa’ precedente al sessantotto, il sesso era molto piu’ “sorvegliato”, (1) ma era molto meno drammatizzato.

Nella letteratura precedente all’ illuminismo, il tema del sesso e dell’amore e’ sempre trattato sotto due punti di vista: quello drammatico/romantico, e quello erotico e per questo piu’ licenzioso. Che cosa succede dopo?
Succede che ad un certo punto vengono attribuite alle differenze di genere tutti i problemi di relazione tra i sessi. Bisogna stare attenti a questo fatto , perche’ non e’ naturale come sembra.
Nel periodo che va dal 1700 al 1900 la Russia ha avuto quattro zarine: Caterina I, Anna, Elisabetta, Caterina seconda. La media in 200 anni e’ di una zarina ogni 50 anni. In 75 anni di comunismo, che avrebbe dovuto “liberare” la donna e porla alla pari, non c’e’ stata nemmeno una volta una donna alla guida dell’URSS, ne’ dentro la “top 10” dei ruoi ufficiali piu’ potenti dell’ URSS.
Dal 1700 in qua, l’obsoleto sistema della monarchia inglese ha garantito ben due regine di cui una particolarmente nota, l’ imperatrice vittoria. Nello stesso periodo , la democrazia ha dato solo una donna primo ministro, per poco piu’ di un decennio.
Gli USA, che si sono staccati preferendo la piu’ “democratica” ed “universalistica” istituzione della repubblica democratica, non hanno avuto nello stesso periodo nemmeno un presidente donna.
Morale della storia: la pretesa “democratizzazione” del sistema politico , considerata sotto il punto di vista della classe dirigente, non ha affatto giocato a favore delle donne, se non altro ad alto livello.
Questo per dire che sul piano puramente quantitativo la politica “arcaica e primitiva” del 1600 era molto piu’ favorevole alle donne. Nel 1600 quasi tutto il potere dello stato era in mano ai nobili. I nobili, essendo tali di nascita, erano distribuiti piuttosto uniformemente sul piano del genere sessuale: per ogni conte c’era una contessa, per ogni barone una baronessa, e cosi’ via. Siccome sia i ruoli nobiliari femminili che quelli maschili erano ugualmente ufficiali, se osserviamo la composizione del potere nel 1600 troviamo quasi un 50% di donne.
Allora direte: ma solo gli uomini esercitavano potere. Risposta: andatelo a dire a Vittoria di’ Inghilterra, se riuscite.
Allora direte: ma quell erano nobili per diritto di nascita, non era democratico. Vero. Ma io non sto discutendo del come. Sto discutendo del quanto. E sul piano quantitativo, la democrazia ha cacciato le donne dal potere statale.
Ribatterete ancora: ma nel mondo del lavoro le donne sono avanzate. Vero. Ma non stiamo piu’ parlando di politica, bensi’ di economia. Se non si verificano le condizioni economiche per dare lavoro a piu’ del 50% delle persone che vogliono lavorare (ipotizzando che tutte le donne e tutti gli uomini vogliano) , potete fare tutte le lotte politiche che volete. Se c’e’ lavoro solo per una persona in famiglia, poiche’ nessuno vorra’ interrompere il reddito nei periodi critici della gravidanza muliebre, giocoforza andranno al lavoro solo gli uomini.
Al contrario, se c’e’ lavoro per piu’ persone rispetto agli uomini abili, e’ conveniente per la societa’ mandare al lavoro anche le donne. Importare famiglie e’ catastrofico sul piano del welfare, perche’ se consideriamo la coppia ogni lavoratore deve mantenere il welfare per due persone; mandando le donne al lavoro la situazione della coppia tende ad un lavoratore per persona-welfare.
Morale: non possiamo attribuire alle lotte politiche dei progressi che sono economici. E’ stata la crescita economica basata sulla forza lavoro a produrre la parita’, e non le lotte politiche.
Il semplice dato numerico circa il potere delle donne all’interno dello stato (potere politico) smentisce in maniera categorica che la democrazia abbia migliorato le cose. Possiamo disprezzare quanto vogliamo la nobilta’ per nascita, o la nobilita’ in se’, ma sul piano empirico la nascita e’ soggetta alle solite proporzioni 50-50% (o giu’ di li) della riproduzione umana: un barone per ogni baronessa. Il sistema politico attuale non e’ ancora stato in grado di imitare questa distribuzione se non usando le quote, con effetti catastrofici.
Torniamo ora a bomba: in che modo si puo’ dare l’impressione che una lotta politica possa “liberare” un sesso quando alla fine dei conti non si e’ trattato di un fenomeno politico? Lo si fa mediante la drammatizzazione e la retorica della lotta.

Le donne sono in lotta, il privato e’ politico, i rapporti tra le persone sono materia di politica, la dignita’ delle donne dipende dall’esito dello scontro politico, eccetera.

Il risultato di tutto questo e’ che i rapporti tra i sessi sono stati drammatizzati oltre l’impossibile. La donna ha dovuto fare delle cose per essere moderna, spezzando quel gineceo sociale che prima richiedeva solo l’inserimento nel gruppo sociale stesso. Da un certo momento in poi, la donna deve dimostrare di essere moderna ed emancipata; l’emancipazione diviene un obbligo, un dovere, uno status symbol.
Dall’altro lato, al maschio e’ stato chiesto di “emanciparsi”, ovvero di abbandonare tutti i vecchi giudizi che sarebbero inevitabilmente caduti sulle donne “moderne” solo cinquant’anni prima. Anche in questo senso, la pressione sociale era violentissima, ed e’ stata tenuta alta accusando la cultura “vecchia” di discriminare le donne.
In realta’, era la vecchia economia a non avere posto per le donne. La vecchia politica ne riservava molti di piu’: dopo la rivoluzione, quante presidenti e quante prime ministre ha avuto la Francia? Piu’ di quante regine abbia avuto l’inghilterra?
A questa semplice constatazione si e’ rimediato con la propaganda, che ha drammatizzato ancora di piu’ le cose.  Su questo si e’ inserito il cosiddetto “politicamente corretto” , che ha reso ancora piu’ irresporabile l’atmosfera, drammatizzando ancora di piu’ i rapporti.
Per Rosen Montag, il carnevale di Duesseldorf, una collega (italiana) ha regalato a me ed a un altro collega questa cosa qui:
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Si tratta di un regalo scherzoso, dovuto al fatto che un negozio locale sta vendendo queste fruste a 2 euro ciascuna. Ce le ha portate dentro il locale dei caffe’ e tutti hanno riso. Hanno riso gli italiani, cioe’ quelli “arretrati”: gli ariani, quelli “avanzati”, la pensavano diversamente. Motivo per il quale io ho dovuto nascondere il regalo sotto il maglione ed entrare quatto quatto in ufficio (ove l’ho infilato di nascosto in uno zaino) , in quanto se un tedesco o un inglese avessero visto questa cosa, uno dei due sarebbe stato licenziato: io, lei, forse entrambi.
Questo e’ drammatizzare inutilmente i rapporti: il significato scherzoso della cosa era evidente, e si e’ trattato di un paio di risate in sala caffe’. Basta. Ma questo solo tra “arcaici” italiani. I “moderni” avrebbero semplicemente reagito licenziando.
Questa impossibilita’ di scherzare , questo peso immenso del politicamente corretto unito alla retorica della massa oppressa che lotta per la liberta’ ha reso irrespirabile l’aria.
Morale della storia: ad un certo punto arriva il “burlesque”, il quale  piace perche’ il suono, il significato, la parola, evocano allegria, leggerezza, sdrammatizzazione.
Sia l’uomo moderno che la donna moderna sentono il bisogno, piu’ o meno esplicito, di sdrammatizzare. Di uscire dalla “questione femminile”, dal “problema donna”, e tornare a qualcosa di piu’ leggero, gioioso, giocoso, allegro.
Questo e’ il primo bisogno che l’ossessione della “emancipazione” e della “correttezza tra i sessi” hanno portato: il bisogno di tornare ad un mondo nel quale almeno tra amici e persone che si rispettano sia possibile condividere uno spazio di leggerezza e scherzo.
Questo e’ il primo motivo del successo  del cosiddetto “burlesque”: alleggerire, sdrammatizzare, portare un approccio allegro, giocoso, scherzoso.
Ed e’ una reazione specifica ad un appesantimento e ad una drammatizzazione che non era mai avvenuta, e come se non bastasse non ha portato i frutti sperati. Da una dozzina di regine in Europa siamo passati a qualche first lady e una ventina tra presidenti della repubblica e primi ministri. Quasi sempre uomini.

Il secondo punto a favore del burlesque e’ che ripristina un linguaggio molto chiaro e codificato. Qui c’e’ un secondo equivoco della societa’ occidentale, quello secondo il quale la liberazione della donna passa attraverso l’abbattimento del linguaggio di genere.

Si e’ raccontato in giro che abolire le disparita’ sociali di genere coincidesse con l’abolizione delle differenze nel linguaggio di genere. Questo non e’ affatto un passaggio obbligato e paradossalmente la prova viene proprio dai paesi dell’est europeo.
Sin dal primo vagito il comunismo sovietico si e’ proposto di “emancipare” la donna. E’ stato fatto uno sforzo gigantesco per la scolarizzazione delle donne e per metterle a lavorare ovunque, dalle industrie alle scuole, dai laboratori di ricerca alle campagne.
Il risultato non si e’ fatto attendere, e dopo pochi decenni l’ URSS vantava una quasi parita’ tra laureati maschi e femmine: le scuole praticavano la pianificazione quinquennale, e imponevano tale equilibrio. Poiche’ la NEP aveva richiesto grandi quantita’ di manodopera, le condizioni economiche avevano permesso facilmente un inserimento di manodopera femminile quasi ovunque (tranne in politica, of course).
Il 1968, cosi’ come il 1977, sono stati respinti dall’ URSS come cultura pornografica, diffusione della droga e istigazione all’omosessualita’(2) , e non vi si e’ propagata la cultura della demolizione del linguaggio di genere. Per questo motivo, riconoscerete abbastanza facilmente le donne russe , la loro tendenza al glam e all’iperfemminilita’ dell’abbigliamento  le rende molto diverse dalla donna repressa dal politically correct, che puo’ (deve) essere una pornostar a letto ma al lavoro deve seguire un “dress code” molto rigido.
Il risultato di tutto questo e’, per chi frequenta slavi, e’ che noterete un insieme di ruoli che economicamente sembrano abbastanza paritari, ma sul piano del linguaggio di genere sono ancora scolpiti nella roccia: la donna e’ femminile, il maschio e’ virile. Stop.
In occidente, invece, si e’ diffusa la cultura dell’androginia, ovvero della demolizione dei linguaggi. I segnali erotici sono diventati qualcosa . Un tempo, quello sotto sarebbe stato un inequivocabile segnale erotico. Fatto in pubblico significava “prostituta”, in privato significava “sai, mi e’ passato il mal di testa”, o qualcosa del genere.
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Oggi, e’ una sfilata di alta moda, al secolo tale Louis Onofre.
Che fine ha fatto il segnale erotico? E’ stato semplicemente disintegrato; si pretende che quella foto rappresenti una libera scelta sull’abbigliamento, e non un evidente richiamo erotico. Cosi’ facendo, si mettono entrambi i generi in questa situazione:
  • Le donne si chiedono: che cosa devo fare per lanciare un segnale erotico inequivocabile?
  • Gli uomini si chiedono: quando ho a che fare con un segnale erotico inequivocabile?
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La risposta e’ che quello sopra e’ un inequivocabile segnale erotico. Eppure, tendenzialmente l’abbigliamento sopra scopre di piu’, e contiene (sul piano dell’alfabeto) piu’ stimoli erotici: gli stivali , le natiche scoperte, etc etc. Tuttavia risulta piu’ evidente il segnale erotico della seconda foto. La ragione e’ che la seconda foto, evocando un periodo storico diverso, specifica il contesto e alcune regole che conosciamo bene.
Quando si usavano quei vestiti, quello era un inequivocabile richiamo sessuale.
Morale della storia: il burlesque si diffonde perche’ non fa altro che evocare indirettamente delle regole, ovvero un contesto nel quale il linguaggio del corteggiamento era chiaro.
Questi sono i due pilastri sui quali si basa il successo del genere “burlesque”, ovvero i due bisogni che esso soddisfa:
  1. Leggerezza, allegria, sdrammatizzazione.
  2. Chiarezza, semplicita’, ruoli ben definiti.
Possiamo fare tutti i salti mortali dialettici del mondo, ma il “ritorno” di un mondo codificato in maniera “antica” non fa altro che metterci di fronte ad uno dei fallimenti della modernita’; con la giustificazione della pretesa di garantire uguaglianza si e’ distrutto un mondo che almeno garantiva ruoli chiari e un linguaggio evidente.
Al suo posto non si e’ generato un mondo migliore se non per quanto l’economia abbia permesso, ma in compenso si e’ creato un muro di incomunicabilita’ legato alla disintegrazione del linguaggio tra i generi. ogni dialettica oggi e’ impossibile: la prima fase nella conoscenza tra due persone di sesso diverso e’ quella del chiarimento delle intenzioni , poi si passa alla disambiguazione dei segnali, in modo da poter vivere e magari scherzare (ma solo in Italia, altrove e’ piu’ complesso) e alleggerire il luogo di incontro.
Mettiamoci in testa il fatto che sprechiamo ore ed ore, le prime ore di ogni incontro con una persona dell’altro sesso, solo per chiarire quali siano i limiti , ovvero dobbiamo ogni volta reinventare il linguaggio del corteggiamento/non corteggiamento, quando prima il linguaggio era cosi’ chiaro che bastava poco per evitare malintesi (che avvenivano comunque, ma in misura minore e solo con persone molto morbose) .
Il successo del burlesque non e’ solo il successo di un genere, e’ un poderoso grido che viene da tutta la societa’, e che dice “era meglio prima”.
Ovvero, si tratta della prima seria critica all’impianto del linguaggio tra i generi. Il neofemminismo ha rivalutato la pornografia negli ultimi anni, sostenendo che alla fine dei conti la pornoattrice fosse pur sempre una donna emancipata; fallendo ancora nel proporre un modello estremo, dunque ideologico.
Il burlesque propone la sottoveste della nonna, il corpetto, il bustino, cose che (sotto i vestiti) erano di uso comune sino a pochi decenni fa; in ultima analisi non propone un modello estremo o ideologico, ma la normalita’ non-ideologica di qualche decennio fa, facendo rientrare il tutto in un modello di provata vivibilita’.
Se sostenere la pornoattrice e la “sexworker” e’ uno dei nuovi capisaldi del femminismo moderno, la normalita’ del “pre-femminismo” e’ semplicemente la risposta che la societa’ sta iniziando a pronunciare, a voce sempre piu’ alta: “era meglio prima”.
Non ritengo, ovviamente, che si tratti di una rivoluzione. Ritengo si tratti di un sintomo, del primo emergere di una riflessione nuova. Sinche’ a dire “era meglio prima” erano gli uomini, le solite cretine urlavano “maschilista, sessista”. Adesso che nascono club di donne che desiderano usare questo linguaggio,  il problema e’ se veramente non ci sia, sotto sotto, un pensiero diffuso che suona circa cosi’: “care femministe, era meglio prima di voi, sarebbe meglio senza di voi”.
Perche’ se tale pensiero esiste, prima si manifestera’ con fenomeni di questo genere, e poi inevitabilmente prendera’ le forme di cambiamento politico e sociale.

La prossima rivoluzione al femminile, probabilmente, avra’ come sloagan
“smettete di tremare, le donne son tornate”.
Peccato per coloro che credevano di essere streghe e invece sono state solo dell pessime , petulanti arpie.

Uriel

(1) Non fosse altro che per la mancanza di contraccettivi, che costringeva le donne a stare molto attente a quel che facevano.
(2)In molti paesi comunisti, negli anni ’70, se venivate sorpresi con una cassetta di musica di Bowie, queste erano le accuse. Nove anni di carcere totale.

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