Il fork.

Sono stato ad uno stravagante incontro aziendale (in uno di quegli alberghi cosi’ fichi che i pompini si devono fare con le posate) e tra le cose interessanti c’era il solito tizio che fa consulenza strategica il quale prende un pochino di notizie , diciamo quelle spendibili in un incontro aziendale di una singola multinazionale , e vi spiega un attimo quale sia il futuro del mercato, ovvero cosa chiederanno i clienti. E’ divertente perche’ questa persona non fa altro nella vita che andare a cena e a pranzo con dei CEO , anche quelli grandi, e non fa altro che fare loro domande su come vedono il futuro. Quello che sta emergendo – che non e’ un segreto ma e’ solo una cosa senza copertura dei media mainstream, e’ stranissimo. Evito i particolari coperti da NDA, e racconto quel che ho raccolto io.

Diciamo che potremmo dividere la cosa in tre parti. Il futuro della merce, il futuro del lavoro, il futuro dei soldi. Lui non lo ha fatto perche’ era un parlatore torrenziale, io lo faccio perche’ sono un tecnico, e devo schematizzare tutto. Per me il mondo e’ in bianco e nero, e a dire il vero del bianco non mi sono mai fidato troppo.

Comunque, iniziamo col futuro della merce.

Molte grandi aziende hanno condotto, ognuna per conto proprio, delle indagini sulla clientela, diciamo andando nei paesi piu’ informatizzati e piu’ “mobilizzati” (ove cioe’ la penetrazione di servizi informatici e’ pervasiva) , presso la generazione che e’ nata con questi servizi, diciamo native digital. Dai 18 ai 30 anni, in questi paesi.

Lo scopo e’ ovviamente capire in che modo si comportera’ il cliente del futuro, quale sia la sua psicologia, e i risultati sono stati terrificanti per diverse grandi aziende.

Come sapete, la generazione “native digital” si distingue perche’ non si costruisce un bagaglio culturale. L’idea di bagaglio e’ di qualcosa che ti porti appresso poiche’ magari scarseggia laddove vai. Quando i libri erano cosa rara rispetto alla spaventosa disponibilita’ di Internet, tutti si facevano un bagaglio culturale, perche’ se vai nel deserto ti porti l’acqua. Ovviamente, se c’e’ acqua potabile ovunque, l’ultima cosa che metti nel bagaglio e’ l’acqua da bere.

Ai miei tempi per fare una tesi (che a quei tempi era un lavoro di qualita’ accademica, non gli accrocchi sgrammaticati di oggi) consisteva in una attivita’ compilativa che si svolgeva tra biblioteche, dovevate girare e ne ricevevate una impressione di scarsita’ del sapere: era meglio avere un bagaglio, perche’ trovare il sapere giusto e selezionarlo per fonte richiedeva mesi e mesi.  Il mondo era un deserto cognitivo, nel quale per vivere era obbligatorio avere un bel bagaglio di sapere.

Oggi al contrario (per una nuova generazione) il sapere e’ ovunque, abbondante, facile da reperire. Pochi minuti, forse ore, per fare quello che io facevo recandomi fisicamente in una biblioteca spulciando un indice , poi leggendo l’indice del libro, poi leggendo per contestualizzare, al solo scopo di prendere mezza pagina di citazione. Questa generazione non si fa un bagaglio, perche’ non serve portarsi qualcosa dietro se e’ ovunque.
Il punto e’ che questo paradigma culturale si e’ esteso ai consumi. Il problema non e’ avere i soldi o meno, il problema che questa nuova generazione non capisce per quale ragione comprare qualcosa che e’ ovunque. LE automobili sono ovunque. Ce ne sono anche troppe, occupano ogni spazio. Che senso ha possederne una? Temete forse che manchino, da doverne fare incetta?
La risposta e’ che la generazione native digital chiede di poter affittare l’auto cinque volte piu’ della generazione successiva. E non solo: dice che vuole avere sempre l’auto adatta . Furgone o station wagon se vai all’ IKEA, una biposto se guidi da solo o se porti fuori qualcuno, una monovolume se giri con la famiglia, eccetera. Cosa che possono ottenere solo affittando le auto. Questa generazione usa soluzioni tipo “car to go” (https://www.car2go.com/en/austin/ ) e non c’e’ verso di convincerli a comprare un’auto.

E le case. Guardate una citta’: ci sono case ovunque. Distese di edifici da tutte le parti. Perche’ diavolo volete comprare una casa, dicono, dal momento che sono ovunque? Avete davvero bisogno di garantirvi una risorsa sovrabbondante?

Stessa cosa, queste persone vogliono vivere nel posto giusto. Significa cambiare lavoro spesso, ovvero cambiare casa spesso. E vogliono la casa giusta, cioe’ un posto piccolo e facile da pulire se sono single, grande quando hanno famiglia, se poi divorziano rivogliono un posto piccolo, etc. Morale: comprano meno case, e preferiscono l’affitto.

La cosa procede persino coi vestiti di lusso:  in USA finora affitavano solo i frac per le feste, ma sta nascendo un rilevante business di affitto di vestiti costosi. Dopotutto la maggior parte della gente non deve vestire firmata sempre. Magari lo fate poche volte l’anno. Cosi’, quando serve “sfoggiare”, perche’ anziche’ comprare vestiti che poi non userete piu’ , non li affittate? Esiste persino un nascente mercato di vestiti da sposa, dicono: se affittate l’auto per il vostro matrimonio, perche’ non anche il vestito?

Queste vi sembrano scemenze da poco, ma se ci mettete i numeri diventano terrificanti. Di questo passo, nei prossimi 10-15  anni in questi paesi succedera’ che:

  • Mercato dell’automotive (acquisti) : -50%
  • Mercato della casa (acquisti) : -65%
  • Mercato dei generi di lusso (acquisti) : -45%
C’era un signore in sala , diciamo un “pezzo grosso” di <nota casa automobilistica di lusso> che annuiva, quindi non stiamo dicendo niente di nuovo. Almeno, i CEO lo sanno: il futuro e’ delle cose in affitto. Presentarsi con migliaia di euro di vestiti addosso , sempre diversi, quando serve. Ma non possederne neppure uno.
Avere sempre l’auto che serve, ma non possederne neppure una. Avere la casa nel posto che serve, senza possederne una.

Capite che quando succede una cosa simile, e i CEO presenti annuiscono dicendo che lo sanno benissimo, chi continua a prospettare il futuro come se gli anni ’80 fossero ancora li’ non ha capito niente. Penso all’82% di italiani che piagnucola perche’ non gli danno il mutuo casa o il prestito per l’auto. Preistoria.

Ma c’e’ il secondo punto divertente. Quante delle cose che possedete usate davvero? Cioe’, tutti possediamo un trapano. Un tagliaerba. Una smerigliatrice. Ma quanti di voi lo usano ogni giorno? Supponiamo di ricevere un messaggio tipo “ehi, tu possiedi un tagliaerba. A due km da te, il signor Griffin ha bisogno di un tagliaerba. Se glielo presti, guadagni XY euro!. Premi OK per accettare“.

A questo punto, non solo affittate, ma GUADAGNATE SOLDI se VOI affittate i vostri oggetti ad altri. Non e’ male, se considerate che di fatto guadagnerete soldi solo esponendo una lista  di oggetti che possedete ma usate poco. Se quel giorno non li usate, perche’ non affittarli?

Andiamo avanti, cioe’ il futuro del lavoro. Due personaggi -consulenti strategici – hanno lanciato un progetto pilota in alcune citta’, in Asia, Europa, America. E i risultati sono stati altrettanto incredibili.

Immaginate di avere sul cellulare una applicazione. Immaginate di scrivere su questa app quello che scrivete su Linkedin, o su Xing. Le vostre capacita’ lavorative ed i vostri hobbies.

Adesso immaginate di avere l’hobby della cucina. E che un sabato mattina vi arriva un messaggio cosi’: “la signora Mustermann vuole dare una festa e sta cucinando, ma ha bisogno di aiuto. Se vai ad aiutarla a cucinare, ti paga XY euro. Vive a due isolati da te. Premi OK per accettare“.
Oppure immaginate che come hobby avete il giardinaggio. E vi arriva un messaggio “il signor Müller ha un braccio rotto e non puo’ badare al giardino, ma se vai a tagliare il prato ti offre XY euro, vive qui. Premi OK per accettare“.

Ma, ancora peggio: se siete al supermercato , e vi arriva un messaggio “La signora Jensen ha bisogno di farina e vive a 500 metri da qui, ma non vuole uscire da casa solo per la farina. Se le portate un chilo di farina dalla Signora jensen, vi dara’ XY
Oppure, immaginate di essere in auto e di aver impostato una rotta sul navigatore. E che vi arrivi un messaggio che dice “tizio deve andare proprio dove passi tu. Si trova qui. Se gli dai uno strappo ti offre XY euro. Premi OK per accettare“.

Ma questo si estende anche sul lavoro. Siete dei professionisti dell’ IT, e’ sabato e vi annoiate, e improvvisamente vi arriva un messaggio che dice “Ciao, la telco X ha spedito il router al signor Zambo, ma lui non sa come collegarlo. Vive vicino a te. Se glielo vai ad installare ti diamo XZ“.
Ovviamente, il cliente puo’ dare un rating al servizio ricevuto.
Si chiama(va) crowdsourcing, ma il mobile aggiunge il fatto di sapere di preciso dove vi trovate. Questo “helpsourcing” e’ stato lanciato come progetto pilota in cinque citta’, ed e’ dilagato a macchia d’olio, al punto che alcune associazioni di professionisti hanno iniziato a protestare. Tra pensionati, disoccupati e casalinghe, il mercato dei servizi era collassato in tempo brevissimo.

L’idea di fare soldi mentre VIVETE , mentre andate in auto, mentre siete al supermercato, in farmacia, con i vostri hobbies, non era mai stata possibile prima. Ma e’ assolutamente probabile che il mondo dei servizi alla persona evolva in questo modo. Se servizi del genere prendessero piede, da un lato collasserebbe il mercato professionale di servizi a basso valore aggiunto, ma il problema che si e’ notato subito e’ che il valore aggiunto NON ERA ASSOLUTAMENTE BASSO.

Il sistema del rating, cioe’, aveva selezionato una serie di hobbysti (giardinaggio, piccola falegnameria, cucina, pulizie, piccoli aggiustaggi, etc) che riuscivano – anche se solo nel tempo libero (che per pensionati e casalinghe puo’ essere molto nella somma complessiva) , a stracciare dei cosiddetti professionisti. Queste persone non avevano la fretta di un professionista, facevano il loro lavoro in maniera piu’ appassionata – in fondo accettavano perche’ ne avevano voglia – e quindi spesso risultavano piu’ graditi.

Risultato: mercato dei professionisti al collasso.

E’ assolutamente probabile che il mondo lavoro possa evolvere in questo modo. Se si evolve in questo modo, e’ possibile che un individuo con 3-4 hobbies possa guadagnare piu’ di qualcuno che ha un lavoro fisso e soltanto una competenza specifica. Se da un lato questo significa che la fine della barriera tra vita personale e lavoro e’ vicina, (visto che il sistema seleziona anche i vostri hobbies per vendibili) , dall’altro significa che oltre alla specializzazione verticale – che rimarra’ necessaria ma sempre piu’ ristretta in termini di numeri – nascera’ un nuovo tipo di offerta lavorativa, ovvero la persona che sa fare 18 cose diverse e viene sempre contattata da un sistema simile.

In pratica, si tratta di estendere “MyTaxi” a qualsiasi altra professione, per lavori molto parcellizzati e di piccole dimensioni. Ma un singolo che riesca a prendere abbastanza di questi lavori rischia di viverci bene, come fanno appunto i tassisti. E’ “solo” questione di avere molti hobbies manuali e per questo essere multidimensionali.

Diversi CEO stanno iniziando a pensare di gestire le risorse umane in questo modo, per ogni genere di lavoro che non richieda continuita’. Portinai, aziende delle pulizie, facilities di ogni genere, catering aziendale, sono avvisati. Si tratta di lavori per cui uno vale l’altro. Significa che nelle grandi corporations le persone che svolgono lavori del genere verranno chiamate giorno per giorno.
“Multidimensionale” e’ il nome di questo “nuovo” crowdsourcing, appunto.
Infine, il futuro del denaro. Cosa interessante, perche’ c’erano anche persone di “banche abbastanza grosse” che annuivano. Cioe’, lo sanno gia’ e lo pensano tutti.

Tutti voi avrete una fidelity card di qualche tipo, credo. Volenti o nolenti, siete stati “fidelizzati” da qualche parte. Come sapete, quei “punti” che avete accumulato (miglia Lufthansa, punti per acquisti, eccetera) sono spendibilissimi. Cosi’ la domanda e’: quanto rappresentano sul mercato questi punti? Vanno dal 5 al 10% delle spese medie annue dei clienti fidelizzati, a seconda della fedelta’ mostrata.

Ma la vera domanda e’ : questi “punti” non sono forse SOLDI?

Fino a qui sembra che si stia parlando di questioni accademiche, ma proviamo ad immaginare una cosa.

La vostra banca domani vi chiama e vi dice: “se tieni il conto corrente ed una carta di credito con noi per 35 anni, alla fine del periodo se hai 65 anni iniziamo a darti, diciamo, 50 euro al mese“.
Cinquanta euro sono pochi, e’ un esempio, ma immaginate che adesso arrivi la vostra marca di auto e vi dice che se se per 35 anni usate sempre solo auto della loro marca, arrivati a 65 anni inizieranno a darvi che so 100 euro al mese.

Finanziariamente e’ sostenibile per via dei tempi lunghi di fidelizzazione, e la cartolarizzazione di un simile contratto potrebbe coprire le spese senza problemi.
Ma se immaginate che lo faccia la ditta di auto, la catena di supermarket, la banca, la compagnia telefonica, la catena ove comprate vestiti, il posto ove comprate mobili per casa, la catena di ristoranti, la vostra compagnia assicurativa, a 100 euro a botta potreste persino andare in pensione coi punti Lufthansa. E non sto scherzando: ci pensano sul serio.

In pratica, si tratta di fondare il welfare non sul lavoro, ma sui consumi. Non andate in pensione come lavoratori, ma come consumatori. La pensione non la fate accantonando sul reddito, ma accantonando sui consumi.

Questo e’ solo un esempio per dire che i soldi non sono piu’ la moneta, ma sono anche punti fedelta’, coupons, sconti per clienti registrati , eccetera. Se si introduce un meccanismo ESPLICITO (in questo caso ho immaginato la pensione, ma potreste estenderlo allo stipendio o ad altro) di conversione immediata , o addirittura di finanziarizzazione – come nel caso della pensione – il risultato potrebbe essere che la vostra carta di credito (ed il vostro conto in banca) potrebbe contenere in futuro (oltre ai soldi) anche i punti Lufthansa, lo sconto fedelta’ di una catena di cinema, eccetera eccetera.

Tutto sarebbe piu’ chiaro, forse, se poteste mettere i vostri punti fedelta’ NEL CONTO IN BANCA? Beh, sappiate che si stanno attrezzando per questo!

Questa e’ la ragione per cui i moderni sistemi di M-Commerce consolidano tutte queste “carte fedelta’ ” dentro la stessa SIM: poiche’ coi punti accumulati potete comprarci cose e servizi, sono TUTTE carte di credito!

Quanto sono vere queste cose? Onestamente non so, ma sembra che QUESTE siano le cose in cui si sta investendo molto, e che QUESTE sono le visioni del futuro dei CEO di banche, aziende di auto, assicurazioni, grande distribuzione, eccetera.

Insomma, in questo genere di riunioni ci avvisano di “ecco cosa vi chiederanno di realizzare i vostri clienti nei prossimi anni”. E quindi, se ce lo dicono, di solito e’ perche’ poi i clienti ce lo chiedono.

E qui siamo al titolo del post. Andiamo cioe’ alla parte che ci metto io.

Quando la prossima generazione di consumatori/lavoratori sara’ dominante, merci, servizi, soldi e lavoro potrebbero cambiare in questo modo. Il risultato e’ un vero e proprio “fork” antropologico. Nelle nazioni “vecchio stile”  si condurra’ uno stile di vita incomprensibile per le nazioni “hi tech”, e viceversa. Un individuo che passa la vita sperando di comprare casa , auto, e trovare un lavoro fisso potrebbe essere completamente inadatto a vivere in un mondo hi-tech, e viceversa.

Finora la divisione tra primo, secondo, terzo mondo era dettata da ragioni economiche. Presto diventera’ una questione “con quanta tecnologia sei cresciuto”.  E potreste iniziare a pensare ad una differenza cosi’ alta da sembrare quasi antropologica, come la differenza tra uomo di Nehandertal e uomo Sapiens.

Magari a volte si accoppieranno in qualche zona di confine, ma alla fine ne rimarra’ uno solo. E di solito a perdere e’ il vecchio.

Tutto questo ovviamente ha alcuni requisiti: che le merci siano sovrabbondanti in modo da rendere fruibile in maniera liquida il mercato del rental, per dire. Questo puo’ spiegarvi la spinta a costruire case piu’ in fretta di quanto non cresca la popolazione, o di produrre sempre piu’ auto e generi di lusso: chi SA dove andra’ il mondo ovviamente si prepara.

Uriel

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