Il cambio nascosto.

Il cambio nascosto.
Il cambio nascosto.

Senza saperlo, Putin ha innescato un cambiamento di approccio nella politica internazionale che probabilmente non sapeva di poter cambiare. Mi riferisco alla convinzione (nata paradossalmente con l’Unione Sovietica e il suo crollo) che commerciando con una dittatura prima o poi si crea un ceto medio che la trasforma in una democrazia.

Questa convinzione aveva le sue basi nelle rivoluzioni settecentesche e nel ruolo che ebbe il cosiddetto “terzo stato”. Siccome le rivoluzioni (riuscite) furono fatte dal terzo stato, mentre quelle fallite (quelle comuniste) venivano dalla classe operaia, gli storici piu’ filosofici si erano messi a dire che fosse il terzo stato a garantire o lottare per la democrazia, i diritti umani e le liberta’ civili.

(In realta’ nella storia troviamo anche tantissimi esempi diversi, ma lasciamo perdere: gli storici non usano la logica).

Cosi’ fu semplice creare, in Germania, la Östpolitik, cioe’ per Willy Brandt fu semplice giustificare la sua apertura commerciale verso l’ URSS dicendo che commerciando con loro si sarebbe fatta cadere l’ URSS.

Il crollo dell’ URSS sembro’ dare ragione a Willy Brandt, e quindi si procedette con l’osso duro successivo. La Cina.

Gli USA volevano un nuovo, enorme mercato perche’ temevano (a ragione) che la crescita della UE l’avrebbe trasformata in una fortezza imprendibile per la corporate america, e quindi volevano uno sbocco maggiore, mentre ormai l’arrivo di Putin cominciava a sottrarre anche la Russia all’appetito dei “masters of the universe”. (che sarebbero poi la versione americana degli oligarchi russi: sarebbe ora di cominciare a chiamare “Oligarchi della rete” dei personaggi come Musk, Bezos, Tuckerberg ed altri)

 Fu scelta dagli USA la Cina , per diversi motivi:

  • La miopia precedente delle amministrazioni USA aveva spinto gli USA ad appoggiare il PAkistan, lasciando l’India ad armarsi prevalentemente dall’industria militare sovietica e poi russa.
  • Allearsi con una dittatura significa garantirsi quindici/vent’anni di alleanza, mentre una democrazia puo’ cambiare idea col voto pochi anni dopo.
  • Era piu’ comoda per il traffico marittimo, e non c’era pericolo che la sua crescita investisse piu’ l’ Europa che gli USA

Il problema comincio’ con Piazza Tien an Men, quando la Cina chiari’ che comunque, commercio o meno, il “terzo stato” non avrebbe avuto la possibilita’ di effettuare un cambio di regime. A questa cosa i globalisti rispondevano “ma si, ma ci metteremo di piu’, la Cina e’ tanto grande, ma alla fine il regime crollera’”,

Il colpo di grazia contro questa ideologia e’ il fatto che alla fine, in Russia e’ tornata la solita storia che si ripete da 6/700 anni. 

L’utima parte dello scorso secolo divideva gli “esperti” e i “consiglieri” in due fazioni: i protezionisti “chiudiamo i confini ai prodotti delle dittature” e i globalisti “ma se commerciamo con loro diventeranno democrazie. Lo vedi cos’e’ successo in URSS?”. 

I globalisti ovviamente ora sono deboli, perche’ hanno ZERO esempi da citare per dare forza alla loro teoria. Non ci sono posti ove abbia funzionato. Anche i globalisti europei, che si trovano di fronte al blocco di Visegrad , si stanno indebolendo molto nel dibattito.

Questo secolo comincia con un cambiamento. E ora le fazioni sono ora tre, solo che adesso i protezionisti dicono “dovremmo subordinare il commercio a democrazia, stato di diritto e diritti umani”, mentre i globalisti non sanno cosa rispondere. La terza fazione che sta nascendo e’ quella dello storicismo tradizionale: “quei paesi sono dittature perche’ la loro cultura/etnicita’ li obbliga ad essere tali. E’ cosi’ ora e per sempre”. Per ora, la terza fazione e’ alleata con i protezionisti.


Gli unici ad aver capito questo cambiamento, sinora, sono i cinesi. I quali non per nulla stanno rifiutando di creare visibili alleanze militari di “quelli che dimostrano che commerciare con le dittature porta solo guai”. 

Lo hanno capito anche gli indiani, che dopo essersi schierati nell’alleanza  delle democrazie del Pacifico stanno tenendo un atteggiamento abbastanza scettico nei confronti di Cina e Russia. Lo strappo di Modi verso Putin e’ un cambiamento da non sottovautare.(peraltro con la guerra in Ukraina i generali indiani stanno cominciando a sospettare di aver comprato trent’anni di ciarpame e di strategie militari obsolete dai russi, cosa che spiega la loro scarsa performance nelle guerre di confine che hanno in atto, ma questo e’ un altro capitolo).

Se ne parla poco, invece, sulla stampa europea. Anche se e’ chiaro che il cambiamento e’ avvenuto anche qui. Ed e’ avvenuto a maggior ragione dove e’ nato. Oggi nessun intellettuale tedesco osa piu’ affermare che la ÖstPolitik avesse delle solide ragioni, e specialmente nessuno osa piu’ affermare che l’atteggiamento giusto verso un autocrate e’ “throw money to the problem”.

Il primo a farne le spese e’ Orban. Dopo decenni di abusi, la UE scopre che e’ ora di smettere di lanciare soldi sul problema. Hanno capito che anche dangogli dei soldi il paese di Orban non diventa piu’ democratico, e quindi ora di botto smetteranno. Quando grattuggiavano bambini siriani sul confine lasciando fare i volontari fascisti non hanno mosso un dito, ma ora il vento e cambiato.

Altri non stanno capendo. E sono questi quelli che ci daranno problemi.


In primis, problemi interni. Bisogna capire che i rapporti commerciali con la Russia non torneranno mai piu’ quelli di prima, non tanto per ragioni politiche, ma per ragioni GEO-politiche. Una volta che il mondo del commercio (che comprende anche assicurazioni sulle navi, affitto di containers, accordi ferroviari, navali, portuali, eccetera) si strutturera’ sotto il nuovo paradigma, anche se commerciare con la Russia sara’ di nuovo possibile, sara’ tremendamente difficile , e di sicuro molto piu’ costoso.

I partiti che continueranno a schierarsi a favore di Cina e Russia non capiscono ancora che le assicurazioni stanno cambiando i costi per le navi da/per la russia, che il mondo dei containers sta punendo il commercio con la Cina, e che le catene di supply chain sono molto piu’ complesse di quel che credono. In definitiva, cioe’, se tutto il mondo si adatta all’idea di un commercio a blocchi, difficilmente un solo paese potra’ sfuggire alle nuove “regole”.

Certo, si potra’ forse commerciare gas con la Russia, ma occorreranno garanzie. Su scala internazionale le “garanzie” si scrivono cosi’: io pago a 5 anni, cioe’ cinque anni dopo aver ricevuto la merce. Se fai il cazzone , blocco cinque anni di pagamenti.

Ma si tratta pur sempre di un sistema che va a regime in cinque anni, e presenta fortissime criticita’ i primi due anni , o tre.


Ma il problema di questo cambio di paradigma e’ che nessuno ne parla molto sui giornali, per cui industriali e imprenditori continuano a parlare in termini di “quando tornera’ la normalita’”  , senza rendersi conto del cambiamento.

Ogni cambiamento ha pro e contro. Non essere al corrente del cambiamento significa perdere i “pro” , cioe’ le opportunita’, e venire comunque impattati dai “contro”.

Quindi sarebbe meglio svegliarsi, a mio avviso.

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