Il cafonal del 1968 e il cafonal degli anni ´80: uguali opposti.

Spiegare il meccanismo che ha spinto i cafoni ai due generi di cafonal italiano (il cafonal “tengo dinero” di destra e il cafonal  “io so e capisco”  di sinistra) necessita di comprendere il meccanismo della percezione delle classi borghesi. Bisogna capire, esattamente, che cosa fosse visibile del borghese alle classi inferiori, e perche’. Ovvero, spesso, capire l’origine dei sensi di inferiorita’ delle classi inferiori: esse tentarono di imitare le classi superiori esattamente in quei campi ove si sentivano inferiori. E questo avveniva per precisi motivi.

Partiamo con il cafonal di destra, che e’  il piu’ semplice da spiegare. Il cafonal di destra nasce principalmente in aree prima occupate (anche culturalmente) dalla DC e dal PSI. In queste aree, il mito dell’emancipazione sociale non e’ un mito legato ad una emancipazione vissuta come rivoluzione culturale, ma semplicemente come crescita del reddito.

Che cosa sa quel tipo di proletariato (tipicamente non urbano e tipicamente contadino)  dei ricchi. Sa cio`che vede nei rari casi in cui li incontra, o in quello che il cinema ed i giornali gli mostrano. E attenzione, stiamo uscendo proprio in questo momento dalla “dolce vita” degli anni ´60, con il primo culto dei paparazzi e il primo embrione di quello che chiamiamo “star system”. La visione che il proletariato non ideologizzato ha di questa borghesia di successo e’ la seguente.

  • I ricchi ostentano. Li vedono possedere belle auto, barche, e le donne ricche sono genericamente piu’ belle delle donne che il proletario vede nella sua esistenza. Questo perche’ la donna proletaria dell’epoca, specialmente, in campagna e provincia, e’ fisicamente sfinita da una vita molto faticosa. La diva si trucca (nell’entroterra mantovano solo alcune donne si truccavano, ed erano materia di chiacchiere) , il divo e’ circondato di belle donne.  Probabilmente non era intenzione dei ricchi ostentare, la differenza tra i due tenori di vita era cosi’ evidente, anche a livello materiale, che appariva come tale.
  • I ricchi sono lascivi. Dei ricchi si sapeva che, udite udite, divorziavano. Avevano dei flirt. La donna di umili origini aveva dei problemi con la gonna sopra il ginocchio, veniva cacciata dalla chiesa se si presentava profumata alla comunione,  mentre quelle signore ricche usavano vestiti da sera terribilmente  sensuali. C’erano tradimenti e le coppie si ricomponevano.  I ricchi apparivano dediti alla promiscuita’ sessuale, addirittura era tollerata l’omosessualita’, condanna a morte nei piccoli paesi di campagna.
  • I ricchi sono intoccabili. La cronaca degli anni ´60 mostrava chiaramente una cosa: l’immoralita’ (e spesso il crimine) quando veniva commesso da un ricco era di gran lunga piu’ tollerata . Se un proletario aveva il vizio del bere a 18 anni, tutti i genitori del paese avrebbero sconsigliato le figlie di sposarlo. Se una donna era chiacchierata a 18 anni, si sposava per procura o sposava il ragazzo omosessuale con problemi a trovare moglie. La morale di paese era implacabile, inflessibile, feroce, per molti versi disumana, ed mostrava ancora gli effetti di 20 anni di cultura fascista. L’indulgenza libertina che i giornali mostravano verso i ricchi era testimonianza di una sola cosa: i ricchi sono oltre la morale ed oltre il giudizio. Persino la chiesa si mostrava indulgente con loro, e se una donna chiacchierata in paese non poteva fare la comunione, sui giornali c’erano foto di donne piu’ che chiacchierate in compagnia di cardinali e vescovi.
  • I ricchi sono arrivisti. Poco importa la bassezza morale, e poco importa la limpidezza dei metodi: arrivare e’ il primo problema dei ricchi. I proletari non vedono dentro le case dei ricchi, e non li conoscono se non per sentito dire. Chiacchiere di paese e il primo gossip giornalistico. E tutto appare sempre nello stesso modo: moltissimi ricchi lo sono perche’ hanno saputo dare scandalo, perche’  non si sono fatti problemi a violare qualche legge, (immediatamente condonati) e per scalare la gerarchia sociale “qualche compromesso” con la coscienza e con la dignita’ va fatto.
  • I ricchi sono maleducati. Rispetto all’educazione delle classi piu’ povere, che pur essendo modesta era rigida e molto osservante, il comportamento dei ricchi era quasi inconcepibile. I ricchi stavano acquisendo alcune delle mode tipiche del mondo anglosassone, ove le donne apparivano vistose e irriverenti, e gli uomini sembravano incuranti della necessita’ di rendersi amabili, quanto della necessita’ di competere con gli altri. Il “bon-ton” paesano, che comprendeva comunque una serie di regole (i bambini nelle famiglie contadine venivano rimproverati se non dicevano “buongiorno” al momento giusto, se non dicevano “per favore, grazie” , se non sedevano composti a tavola) veniva stravolto da questi ricchi che in nome del “moderno” potevano addirittura dare del “tu” ad uno sconosciuto. Questo effetto fu amplificato dal fenomeno borghese del ‘68.
  • Il ricco e’ laureato/diplomato. Non si tratta dell’invidia verso la cultura, perche’ il popolano si crede piu’ “furbo”, ma del titolo di studio in se’, dal diritto a mettere qualcosa di fronte al nome (Geom, Ing, PI, Rag, eccetera) e di poter fare il concorso, occupare una scrivania, prendere posto nella crescente burocrazia statale o nel primo mondo dei colletti bianchi della grande industria.
  • I ricchi sono snob. Abituati ai piccoli borghesi di campagna, attenti a rimarcare e amplificare differenze di reddito tutto sommato modeste, i poveri avevano l’impressione che sputare sui poveri stessi fosse un tratto distintivo di classe. Tutto, nel piccolo arricchito di provincia, o nel piccolo bottegaio locale, lasciava pensare che i ricchi dovessero disprezzare i poveri: la cosa strana e’ che i veri ricchi del periodo erano, invece, molto piu’ equalitari, avendo assorbito parte dell’illuminismo, del primo romanticismo, del positivismo anglosassone.

Era abbastanza ovvio che , non appena le classi meno abbienti si fossero liberate dal peso della poverta’, esse avrebbero tentato di somigliare a questa immagine. L’immagine non era del tutto veritiera: in Italia, quasi per nulla. Persino i miti della “Dolce Vita” erano ingigantiti, ingigantiti dal primo giornalismo scandalistico, per il quale un paese ancora rintronato dalla stampa fascisma non aveva anticorpi.Sia chiaro, oggi sorrideremmo del “gossip” di quei tempi, e l’idea di dissolutezza dell’epoca consisteva nel fare un bagno dentro una fontana con un vestito trasparente: oggi il Grande Fratelli ci ha avvezzi a molto peggio.

Ma nei paesi, ove una donna era chiacchierata se era l’ultima cliente del negozio e il negozio aveva gia’ la serranda mezza calata, tutto questo era di una violenza tremenda: il mondo dei ricchi appariva loro orgiastico, dissoluto, immorale. Non appariva incolto, ma semplicemente refrattario ai valori tipici della cultura “alta”. La dignita’ dell’essere umano dell’umanesimo, il positivismo scientifico e non, erano molto lontani da quei ricchi decadenti e orgiastici , e tutte queste istanze erano considerate “fuffa”: money talks, e basta. Eppure, la borghesia dell’epoca non era cosi’. Lo era a Roma, iniziava ad esserlo a Milano. Ma nulla di anche lontanamente paragonabile alla nobilta’ torinese, romana , veneziana o napoletana : e’ l’inizio del pop, ma alla gente comune sembra “jet set”.

Tutte quelle aree che scelsero di emarginarsi usando gli attributi estetici delle classi piu’ alte avevano questi modelli e nient’altro. Essi non avevano idea di quanto fosse rigida e per certi versi bigotta la morale dei veri borghesi, essi non avevano idea di quanto fosse importante l’istruzione per molta borghesia, essi non capivano quanto le buone maniere fossero considerate progressiste proprio nelle famiglie borghesi. La cultura borghese, poi, incontro’ il fenomeno del ‘68, e la frittata era fatta. Ma qui ci spostiamo gia’ a sinistra.

Questa era l’immagine che i poveri “di destra” o di area democristiana avevano dei ricchi. E questo e’ cio’ che il fenomeno dell’emulazione ha prodotto a destra, nelle provincie democristiane, nelle aree agricole.

C’e’ poi il cafonal di sinistra. Esso si diffonde nelle citta’ e nelle zone piu’ ideologizzate e sindacalizzate, come conseguenza della propaganda di sinistra. Sia chiaro, inizialmente si trattava di una propaganda progressista. Il problema fu che gli ideali vennero contaminati da alcune distorsioni, sia in ambito politico che in ambito sociale e culturale. In gran parte, il grande colpevole fu il ‘68, movimento borghese inspiegabilmente assorbito dalla sinistra, dopo un primo periodo di ostilita’ ed incomprensione.

Il PCI aveva una vera e propria ossessione per la cultura. Tra le ragioni c’era, sia chiaro, un apprezzabilissimo intendo progressista: il problema era che sin quando si discuteva di superare un complesso di inferiorita’ verso le classi piu’ ricche, tutto andava bene. E sino a quando tutto verteva sulla rivoluzione culturale contro i mandarini cinesi, il cui scopo era di creare una cultura che non fosse appannaggio di una sola classe, tutto era , in definitiva, positivo.

Il primo PCI voleva dimostrare che in una societa’ diversa anche il proletario potesse avere la cultura piu’ alta: e non parlava di modificare la cultura per adattarla al proletariato, tranne nel caso in cui essa non fosse concepita appositamente per essere esclusiva, come nel caso dei mandarini cinesi(1), ma non voleva una cultura “bassa”: voleva proprio dimostrare che il proletario potesse farcela, ovvero imparare proprio la cultura “alta”. Scremata dalle parti controideologiche, ma pur sempre la cultura alta.

Una RAI che iniziava (contro gli strali della Chiesa Cattolica e della DC ) a trasmettere “Non e’ mai troppo tardi”, insegnando a leggere e scrivere, era un primo esempio della presenza del PCI nella RAI. Il sindacato ed il PCI erano feroci persecutori dell’abbandono scolastico, e nei luoghi ove erano piu’ forti arrivavano a denunciare il lavoro minorile, ancora molto diffuso, e l’abbandono scolastico, ancora prima della scuola e delle istituzioni locali.

Questo intento , in definitiva apprezzabile si scontro’ con la peggiore tra le catastrofi culturali del secolo scorso, il fenomeno noto come 1968. I primi borghesi erano arrivati agli studi universitari, insieme ai primi proletari “emersi”,  e rappresentavano pertanto la punta popolare della nuova cultura del dopoguerra. Fin qui, tutto bene. Essi dovevano essere l’esempio di come le classi proletarie potessero, in condizioni sociali diverse, arrivare alla laurea. E anche qui, tutto bene.

Il disastro venne quando ebbero la pretesa di cambiare la cultura “alta”. E il disastro divenne endemico quando la sinistra, dopo una prima iniziale diffidenza, decise di sposare questa rivolta. Improvvisamente la cultura “sessantottina” divenne il nuovo modello culturale della sinistra. Trattandosi di una proposta che veniva dalla piccola borghesia dei primi studenti universitari del boom economico, era tuttavia una proposta culturale povera e, tutto sommato, simile a quella del cafonal di destra. Cambiava il perche’, ma non il cosa.

Il partito aveva proposto l’idea che il proletario potesse accedere alla cultura alta, ma era la cultura “alta” ad abbassarsi: invece di opporsi allo scempio che voleva l’imbarbarimento dei modi “colti” , il PCI si accodo’ . Era, del resto, piu’ semplice distruggere l’esistente che mantenerlo “alto” mettendo in difficolta’ coloro che volevano raggiungerlo.

I “nuovi colti” del 1968, che sposarono i “nuovi colti” del mondo sessantottino francese ed anglosassone, apparivano al proletario come segue:

  • I colti ostentano. Tutto, negli intellettuali sessantottini, era improntato all’eccesso ed all’anticonformismo. La rottura di un taboo e’ un fenomeno rumoroso, pubblico, e quindi necessariamente visibile. Questo dava ai poveri l’impressione che per essere intellettuali occorresse una dose di stravaganza tale da dar scandalo. La cosa era vista come “provocazione”, come “rivoluzione”, come “anticonformismo”, ma tant’e’ : essendo un meccanismo basato sulla visibilita’ del gesto, era visto come ostentazione.
  • I colti sono lascivi. Il 1968 porta con se’ la liberazione sessuale, vissuta a volte in senso ideologico. GLi ambienti culturalmente elevati fanno sfoggio di una promiscuita’ e di una volgarita’ mai viste. Questo e’ visto come liberazione della donna, come impeto di liberta’, come rottura dei taboo, ma per il provinciale rimane quello che e’: i figli dei fiori scopano un sacco. Nei collettivi si scopa un sacco.  Tutti scopano un sacco. I film “di sinistra” parlano di sesso. Le ragazze “emancipate” mettono minigonne impensabili per le loro madri.
  • I colti sono intoccabili. Siamo in un periodo eversivo o semi -eversivo. E’ possibile, se sei un “intellettuale”, istigare all’uccisione di un commissario di polizia e non venire arrestati. E’ possibile tentennare di fronte al terrorismo. E’ possibile giustificare una pandemia di eroina che mietera’ vittime a decine di migliaia, e’ possibile occupare edifici di proprieta’ altrui, non si viene piu’ bocciati a scuola, gli intellettuali vogliono addolcire tutte le punizioni del codice penale, i sessantottini vogliono passare gli esami senza aver studiato. I colti sono al di la’ del giudizio dei contemporanei, e vengono visti come una categoria impunibile, protetta da una liberta’ di pensiero e di opinione estesa oltre i limiti del codice penale.
  • I colti sono arrivisti. Dietro ogni intellettuale c’e’ una schiera di personaggi che si limitano ad assentire, inizia la carriera di partito, nascono i portaborse. L’universita’ non e’ scalfita e rimane baronale, con l’aggiunta dei nuovi baroni di sinistra. Persone che sino al giorno prima erano orgogliosamente conservatrici e democristiane si dipingono di rosso e tentano la carriera nella nuova cultura di sinistra, tutti “cambiano colore” e si adeguano alla nuova cultura, con tale evidente veemenza da apparire per cio’ che sono, ovvero degli opportunisti.
  • I colti sono maleducati. Il sessantotto si propone di distruggere i residui della buona educazione, contadina e borghese che sia. Questi giovani pretendono di dare del “tu” ai professori, di abolire le buone maniere, di rispondere male agli anziani. Questo e’ visto come anticonformismo e come lotta contro una societa’ asfittica, ma dalla base proletaria e’ visto come un conflitto contro ogni cosa , prima , fosse spacciata per buone maniere. Per un lungo periodo e’ sembrato che la persona intelligente e colta rifiutasse ogni possibile accenno di buona creanza, in nome dell’anticonformismo e della modernita. E della “gioventu’”: il giovane non deve piu’ essere educato, ma la sua ineducazione (quando non la sua voluta maleducazione) e’ la nuova educazione trasgressiva ed anticonformista.
  • I colti sono laureati/dipomati. Naturalmente, il legame tra cultura e scolarita’ era sin troppo semplice da passare come messaggio. Il 1968 nasce da ambienti universitari, per cui l’universita’ diviene il luogo principe. Non e’ tanto importante la laurea, quanto “aver studiato”. Poiche ‘ si tratta di un fatto esteriore, il problema non e’ quanto acquisito, ma il semplice fregio. In alcuni paesi, girare con improbabili tomi sotto il braccio (anche quando non serve) e’ status-symbol. Nei condomini le madri chiedono ai vicini di fare silenzio perche’ il pupillo ha un esame e deve studiare: lo scopo e’ di far sapere che il figlio fa l’universita’.
  • I colti sono snob. Dal punto di vista del proletario, le persone con un titolo di studio davanti al nome erano snob. Sia perche’ i titoli piu’ comuni (Geometra, Ragioniere) non corrispondevano ad una educazione progressista, sia perche’ era un meccanismo di difesa verso un’educazione che non capivano. Avendo coltivato un pregiudizio difensivo per tutta la vita, accusando cioe’ la persona colta di avere la puzza sotto il naso e di essere snob, tutt’altro che “alla buona” come noi povera gente, la prima cosa che questo proletariato placcato oro decise di fare fu di assumere un atteggiamento snob, quello che riconosceva essere l’immagine che aveva, da proletario, delle persone colte.

Come vedete, il cafonal di sinistra non si discosta da quello di destra per il “cosa”, ma solo per il perche’. Ci sono motivi diversi per i quali la classe superiore appare come appare, ma appare circa allo stesso modo (estetica a parte) ad entrambi i lati del cafonal: la differenza tra cafonal di destra e cafonal di sinistra sta nella diversa estetica da ostentare, sta nelle ragioni ideologiche da cui nasce quell’estetica. Ma non sta nella sostanza di quell’estetica.

Per questa analogia, il cafonal di sinistra si diffondera’ lungo gli stessi canali del cafonal di destra: quando i democristiani bigotti propongono di chiudere Drive In, sicuramente un certo cafonal anni ‘80 si ribella, al grido di “viva le tette!”, ma a sinistra si dice che dopotutto (Berlusconi non era ancora Satana) si stanno rompendo dei tabu’ borghesi, il programma e’ anticonformista, ed usa un linguaggio “moderno”, cioe’ sboccato.

Poiche’ tra cafonal di destra e cafonal di sinistra cambia solo il perche’, e’ ovvio che entrambi i cafonal vadano verso lo stesso obiettivo: sdoganare la maleducazione, l’impunita’, l’ostentazione, il titolo di studio come valore in se’, la promiscuita’ sessuale. Poiche’ gli obiettivi culturali sono gli stessi, e’ semplice far tollerare a nuovi cafoni “colti” di sinistra il cafonal della destra: se la matrice culturale e’ diversa, i comportamenti sottintesi sono i medesimi. Maleducazione ostentata, opportunismo, promiscuita’ sessuale, sottrazione al giudizio, snobismo.

Non c’e’ alcuna differentza tra il terrorista  che fugge alla prigione grazie a leggi ad hoc (asilo politico) fatte in Francia e Berlusconi che si fa le leggi ad hoc in italia per scampare al carcere, in entrambi i casi si tratta di un’idea della classe superiore come impunibile. Non c’e’ alcuna differenza tra la promisciuta’ volgare della villa di berlusconi e l’ostentazione peccaminosa del gay pride: entrambe propongono una certa classe come lasciva. Non c’e’ differenza tra chi ostenta di essere un intellettuale incompreso e chi si atteggia a imprenditore avvezzo ai segreti degli affari: entrambi propongono una classe ricca vistosa. Non c’e’ differenza tra l’ostentazione del titolo di studio del Geometra Briatore e quella del Professor Prodi.

Il cafonal induce gli stessi comportamenti sia a destra che a sinistra, cambiando solo aspetti minimi nell’estetica del cafone arricchito: il vero conflitto si ha soltanto quando , grazie al berlusconismo, un cafonal  supera l’altro in audience. Tuttavia, quando si cerca di reprimere quel cafonal di destra , la base della sinistra non appare convinta, ben cosciente che una legge generica che vietasse festini orgiastici nella villa di Berlusconi finirebbe con l’interferire con vite private tutto sommato simili, che se togliessimo le tette dalla TV per decreto le toglieremmo anche al gay Pride e dovremmo moralizzare anche molti “capolavori” del cinema di sinistra, eccetera. Anche a destra, sono abbastanza riluttanti: un conto e’ tuonare contro la sinistra, un conto e’ moralizzare davvero i costumi sessuali pubblici, cosa che colpirebbe anche i loro vizi.

In ultima analisi, la sistematica analogia tra le due forme di cafonaggine, pur pretendendo che quella di sinistra sia “colta”, non fa altro che renderle sinergiche: non e’ possibile eradicare l’una senza eradicare l’altra.

E questo spiega bene quanto sia difficile contrastare il “berlusconismo”: esso non e’ altro che un intellettualismo di segno inverso, perfettamente analogo e speculare nella sostanza, inverso solo ed esclusivamente nei tratti estetici.Se dovessimo colpirne , come una legge e’ limitata a fare, i comportamenti concreti che ne derivano dovremmo punire allo stesso modo la maleducazione di destra e di sinistra, l’impunita’ di berlusconi e quella di Toni Neri e Battisti, l’immoralita’ delle orge berlusconiane e delle sfilate del gay pride, la volgarita’ delle veline e quella del teatro progressivo e di certe “provocazioni artistiche”, dovremmo combattere allo stesso modo il cafonal del gossip in topless e quello degli animalisti che “usano il loro corpo per dire no alle pellicce”.

In fondo, il cafonal di destra e quello di sinistra non possono venire separati perche’ materialmente sono identici, e si distinguono per le motivazioni. Ma in nessun paese civile e’ possibile un processo alle intenzioni o alle motivazioni (opinioni), quindi la legge non li puo’ distinguere.

Il che garantisce, perlomeno,  che non ci sara’ mai una soluzione giuridica a questa crisi culturale: la magistratura non potra’ mai combattere la pretesa di impunita’ di Berlusconi perche’ essa e’ identica alle pretese di impunita’ di molti “intellettuali” del terrorismo; e una legge ad Hoc per salvare Sofri non e’ altro che una legge ad Hoc per salvare Berlusconi. Del resto,  perche’ mai  la gente  non puo’ violare la legge evadendo il fisco ma puo’ farlo sfasciando vetrine e occupando stabili?

Del resto, in astratto, Craxi fini’ col rifugiarsi all’estero, proprio come Battisti. Ci avete mai pensato?

Uriel

(1) persino l’alfabeto era concepito per essere inapprocciabile senza un ventennio di studi. Una persona povera non aveva, in Cina, nessuna possibilita’ di capire un discorso fatto da persone colte non tanto per via della carente alfabetizzazione, ma per il fatto che la stessa alfabetizzazione era un’operazione cosi’ lunga e complessa da richiedere decenni di studi. Se in occidente si poteva insegnare a leggere e scrivere in 5-6 anni (ma non a capire il testo: solo a leggere e scrivere) nella cina dei mandarini era impossibile acquisire l’alfabeto completo senza 20 anni di studi. Si trattava di un alfabeto concepito sin alle origini per mantenere esclusivo il sapere.

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