I “nuovi” beni.

Lo scorso post sul tempo libero ha suscitato diverse perplessita’ – sebbene in realta’ non sia del tutto farina del mio sacco: non mi piacciono gli IPSE dixit , mase andate  qui (1) trovate  un documento interessante  – e il problema e’ che lo studio sui “nuovi beni”, intesi in senso macroeconomico, sta andando avanti in maniera sparsa, ma sistematica.
Supponiamo che io vi faccia una domanda: quanto vale, in termini economici:
  • La gentilezza.
  • La cultura matematica.
  • L’educazione sessuale.
la vostra risposta sara’  microeconomica. Sara’ microeconomica perche’ un idiota, al secolo Carlo Marx, vi ha convinto che l’approccio corretto per problemi macroeconomici sia quello di partire dall’esempio microeconomico.

Significa che se una cosa e’ vera nel negozietto allora e’ vera anche per tutta la nazione, e se la cosa e’ falsa per il negozietto allora e’ falsa per tutta la nazione. Questa mentalita’ da bottegai porta normalmente ad economie morenti e poco sofisticate, come successe all’ URSS, e come essenzialmente succede a tutti i paesi che si fissano nell’analizzare una questione globale usando paradigmi microscopici.(2)
Cosi’ e’ impossibile fare un discorso esteso del tipo “quanto vale il tempo libero” perche’ la capacita’ intellettuale di MArx non andava oltre all’esempio microeconomico, ovvero era analoga a quella dell’uomo comune , ovvero Marx non era nemmeno da considerarsi un intellettuale (3), e dal momento che non ci sono esempi microeconomici, allora quasi nessuno si chiede quanto valga il tempo libero. In realta’, se prendiamo come esempio la produzione di merci su merci, e il ragionamento formale che sottintende, non ci vuole molto ad aggiungere una riga al sistema di equazioni, e dire che in una riga apparite anche voi mentre siete al lavoro, mentre in un’altra riga comparite mentre , che so io, pulite la casa di persona, risparmiando soldi.
A dire il vero non ci sarebbe nemmeno il problema di tirare in ballo Sraffa, perche’ Von Neumann aveva gia’ iniziato a produrre la medesima formalizzazione ben prima: http://unipub.lib.uni-corvinus.hu/245/1/wp_2003_5_zalai.pdf e personalmente mi fido di piu’ di un matematico “hard” come Von Neumann  che di un economista cresciuto frequentando  gangster della borsa e spacciatori di cocaina.(Sraffa non rientra in questa categoria, ma si tratta di una rara eccezione).
Andiamo cosi’ al punto: negli studi macroeconomici iniziano a balenare domande come “quanto vale il tempo libero?”. E ancora “quanto vale l’educazione matematica?” ( http://www.lastampa.it/2014/03/14/societa/problema-quanto-ci-costa-lignoranza-matematica-yzHKCyQBX0qygwb3R1vtiK/premium.html ) , e quindi ci trova posto anche “quanto vale la buona educazione?”.
Sicuramente si tratta di problemi che NON hanno modelli microeconomici. Se discussi in termini di microeconomia, o in termini di teoria dei giochi con POCHI giocatori, diciamo due, questi problemi non sono modellizzabili.
La ragione e’ semplice: il modello microeconomico NON e’ adatto a spiegare questioni macroeconomiche. E qui inizia a cascare l’asino.
La fisica non funziona proprio in questo modo. Un informatico, un elettronico ed un fisico sono in grado di spiegare il funzionamento del vostro computer esattamente allo stesso modo: pur partendo da teorie enormemente diverse, se chiedete loro di predire l’accensione o meno di un dato led sullo schermo, otterranno le medesime conclusioni. Il fisico probabilmente necessitera’ di un supercomputer per tenere conto della complessita’, un elettronico avra’ bisogno molto meno perche’ lavora su un livello di astrazione superiore, e l’informatico fara’ molto piu’ in fretta, ma il punto e’ che le tre visioni sono completamente equivalenti.
Capita in fisica che teorie macrocosmiche siano in conflitto con teorie microscopiche, creando paradossi, ma il fisico reagisce cercando una teoria unificatrice,e  comunque , nessuno si sognerebbe di dire che una stella supergigante segua regole generali diverse da quelle degli atomi che la compongono. Se spunta il paradosso, al limite si dice che non si conoscono le regole, non che siano diverse.
Il problema dell’economia diventa invece che la macroeconomia segue leggi diverse dagli “atomi” che la compongono. Se parlate di produzione “merci su merci” ad un esperto di microeconomia, vi rispondera’ che no, per lui si produce “merci a mezzo di lavoro”. Ma il guaio e’ che estendendo le leggi della microeconomia a sistemi grandi non si ottiene un modello affidabile: il modello marxista era la banale descrizione della vita di una singola bottega di fabbro, per la quale il modello funzionava egregiamente. Il guaio e’ che per descrivere un’economia grande quanto una nazione, questo metodo NON ha funzionato MINIMAMENTE. Catastrofi ovunque.
Cosi’, fare valutazioni sul valore macroeconomico di qualcosa, come parlare un buon inglese, o essere gentili coi colleghi, o “essere ben educati alla matematica” si risolve in una quantita’ di calcoli di ispirazione microeconomica, del tipo:
  • Quanto COSTA la cattiva conoscenza della matematica. Ok, il danno e’ questo, ma il fatto che si eviti un danno non e’ automaticamente un reddito.
  • Quanto SPRECO di risorse produce la mancanza o la presenza della tal cosa. Ma anche in questo caso, il fatto che facendo qualcosa io sprechi uova non indica che se non la facessi avrei piu’ uova.
  • Quanto GUADAGNO si ottiene attraverso l’introduzione di una buona abitudine. MA ancora, non e’ detto che alla mancanza di guadagno corrisponda un danno. Potrei anche perdere qualcosa che non mi interessa avere.
ma in questo modo  il problema di “quanto VALE” il tempo libero e’ un problema inapprocciabile dal punto di vista microeconomico.
D’altro canto e’ non tutti agiscono usando un manuale di microeconomia in tasca. Quindi, qualcuno  PROVA ad introdurre qualcosa che per lui e’ una buona pratica, e poi se ne misurano gli effetti.
Per esempio, quanto vale l’etica? Mi sono arrivate una decina di email sul tizio tedesco che e’ stato pizzicato ad evadere il fisco e adesso andra’ in carcere per tre anni e mezzo. (3) La domanda e’ “quanto vale una giustizia fiscale?”.
Vi siete accorti da poco che avere una giustizia che non funziona stia frenando gli investimenti. Giusto. Ma il punto e’ che se frena , diciamo, investimenti per 200 milioni di dollari, e’ assai stupido investirne 300 per risolvere il problema. Quindi, essendo l’economia la scienza delle quantita’ , per sapere quante risorse possiamo investire per risolvere un problema, dobbiamo sapere quanto cuba il problema.
Quindi: quanto vale una buona giustizia?
Secondo l’approccio microeconomico, adesso dovreste andare a scovare tutti gli esempi di aziende che non investono: chiederete alla gente quanto avrebbero investito in Italia se non ci fosse stato il problema, oppure la classica survey che chiede “quanto investi ogni anno” e “quali sono i fattori che tieni in considerazione”.  Dopodiche’ si prendono i dati, si elaborano con tecniche statistiche, e si ottiene il dato globale.
Giusto?
NO. Perche’ sul piano logico NON avete risposto alla mia domanda. Non vi ho chiesto quanto danno faccia una cattiva giustizia. Vi ho chiesto quanto valga una buona giustizia.
La differenza e’ grande. Quando calcolate un danno, state andando ad identificare uno specifico spettro di proposizioni, diciamo “causa, conseguenza” , il che funziona bene, ma “quanto vale una buona giustizia” non identifica solo un rapporto “causa, conseguenza”, ma TUTTI i possibili effetti , combinati in OGNI possibile interazione.
Prendiamo un esempio pratico, il giornalismo. Quanto vale un buon giornalismo? Se  provate a fare una survey chiedendo alle aziende quanto prendano in considerazione il giornalismo prima di investire, probabilmente otterrete che un cattivo giornalismo non fa danno.
Corretto. Corretto? Se un giornale decide di fare allarmismo in una citta’, otterrete adolescenti chiusi in casa, ragazze che escono scortate, donne che non fanno shopping. Poi ci sara’ il calo di valore degli immobili, e tutto quanto.  Allora, avete fallito ad identificare prima di tutto il soggetto cui fare la survey, poi il meccanismo da misurare.
Ma anche chedendo alle donne, cioe’ identificando il meccanismo, avrete ancora questo problema: le donne vi diranno sicuramente che escono meno a seconda della sicurezza della citta’. Ma un cattivo giornalismo non fa parte del modello. Solo che si tratta di un fattore che riguarda la sicurezza della citta’, nel senso che fornisce la PERCEZIONE della sicurezza della citta’. Un solo giornale, come successe a Bologna puo’ semplicemente uccidere la vita notturna cittadina seminando un catastrofico allarmismo, solo per  diventare il giornale dei bigotti, che pecunia non olet.
Quindi, i metodi microeconomici NON sono validi per questo genere di conti. Anche nello studio di Dowbor, per dire, si cerca di calcolare il valore dei trasporti pubblici in termini di tempo perso, ma si dimentica che i trasporti pubblici sono un ENABLER molto forte. Se le persone si muovono facilmente, non e’ solo il tempo perso a mancare, il punto e’ tutta una serie di occasioni di business che diventano possibili.
Cosi’, ci sono tutta una serie di domande che hanno risposte tutt’altro che scontate, cui non potra’ rispondere nessun “microeconomista”:
  1. Quanto vale una popolazione piu’ socievole. Quanto vale il fatto che le persone si incontrano, si parlano, quanto vale quindi la facilitazione del business? Il mio boss se ne va a giocare a golf, sport che odia, solo per incontrare altre persone e cogliere occasioni. Quanto vale, allora, il golf? Quanto business  FACILITA un evento sociale?
  2. Quanto vale , per esempio, il tempo libero? Anche quando non viene passato a socializzare, che cambiamenti economici globali produce il fatto che una data categoria, e non un’altra, abbiano piu’ tempo libero? Conviene che la casalinga lavi i piatti, o che lo faccia la lavastoviglie?
  3. Quanto valgono, che so, la buona educazione, il buon parlato, la gentilezza, la virtu’ civica, la conoscenza della matematica, l’amore per gli animali, la coesione sociale, leggere piu’ libri , frequentare i vicini di casa, la tolleranza, la felicita’ ?
la domanda non e’ poco importante. Se prendiamo per esempio l’ Italia, tutti hanno notato che le buone pratiche non quantificabili sul piano microeconomico hanno dominato l’orizzonte culturale fino ad un ventennio fa. Ma poi , da un ventennio,  siccome non sono quantificabili dal miserabile bottegaio di merda , cose come la buona educazione, il buon parlato, la gentilezza, la virtu’ civica, la conoscenza della matematica, l’amore per gli animali, la coesione sociale, leggere piu’ libri , frequentare i vicini di casa, la tolleranza, la felicita’ , non sono state considerate uno scopo, o qualcosa in cui investire.
Siccome la societa’ era dominata dalla visione microeconomica dei piccoli bottegai ( autoelettisi a “imprenditori”)  come e’ del resto anche oggi, a tutte queste cose non si diede alcun peso: la mente miserabile del bottegaio non poteva percepirne il valore, come non poteva fare Marx. Il fatto che Marx si sia dato al materialismo , del resto, e’ tipico del suo pensiero da bottegai: il bottegaio e’ materialista per forza. Marx, avendo la visione dell’economia di un bottegaio di rione, non poteva pensare diversamente.
Pero’, nella dialettica italia-estero, si continua a notare che (guarda caso!) laddove sono piu’ diffuse qualita’ come la buona educazione, il buon parlato, la gentilezza, la virtu’ civica, la conoscenza della matematica, l’amore per gli animali, la coesione sociale, leggere piu’ libri , frequentare i vicini di casa, la tolleranza, la felicita’ , la societa’ sia piu’ ricca in termini economici, e viceversa.
Ogni volta che si e’ varcato un nuovo passo nel gettare via queste cose , considerate “improduttive”, e smettendo di investire tempo in esse, anziche’ migliorare la performance economica e’ peggiorata.
tutti sappiamo che esiste, che so, un indice di “fiducia delle imprese”, quindi esiste una percezione euristica del fatto che la fiducia , cioe’ l’ottimismo, abbiano un valore. Ma se ha valore l’ottimismo, perche’ non la solidarieta’, la tolleranza, la felicita’, la gentilezza, la socialita’?
Perche’ non proviamo almeno a calcolare il numero di amici che un imprenditore ha – escludendo i clienti ed i fornitori – e confrontarlo tra nazioni? E se scoprissimo che ove gli imprenditori sono MENO socievoli l’economia va peggio?
In pratica, nel conto complessivo, la cultura italiana , e con questa la cultura anglosassone, hanno smesso di mettere nel conto economico complessivo alcune cose importanti:
  • Gli ENABLERS del business, quali puntualita’ del trasporti pubblici, diffusione dei trasporti, sicurezza, giustizia, istruzione, ricerca, infrastrutture. Essi sono una condizione di contorno che rende possibile una parte del business, e che lo rende impossibile se mancano.
  • I FACILITATORI del business. Socialita’, buona lingua parlata , puntualita’, tempo libero, ottimismo, la fiducia nel prossimo. Non sono indispensabili al business, ma lo rendono piu’ semplice e quindi piu’ frequente.
  • Gli ISPIRATORI del business. Bonta’ del giornalismo, cultura generale diffusa, abitudine a viaggiare, varieta’ di eventi culturali, curiosita’, apertura mentale. Non rendono possibile o piu’ semplice il business, ma lo rendono piu’ vario e reattivo ai cambiamenti.
  • L’ ECOSISTEMA del business. La qualita’ della vita, l’amore per gli animali, la felicita’, la solidarieta’, la virtu’ civica, la pulizia , l’arredo urbano, tutte cose che di per se’ NON producono business, non istigano al business, ma attirano e trattengono sul posto gli operatori che lo fanno.
queste  categorie hanno VALORE. Se gli enablers sono noti anche ai cumenda, anche se la stima del loro rientro economico e’ difficile, i facilitatori sono facilmente intuibili, ma nessuno si preoccupa di calcolarne il valore, e quindi di stimare gli investimenti ragionevoli. Ispiratori ed ecosistema non sono normalmente valutati come “valore” dai cumenda, per cui anche rimettendo a posto gli enablers, nessuno investira’ mai nei facilitatori, e ispiratori ed ecosistema rimarranno fuori dall’agenda economica.
Nello scorso ventennio, in italia, i facilitatori del business, gli ispiratori e l’ecosistema hanno subito un vero e proprio tracollo. I bottegai al potere , intellettualmente incapaci di percepirne il valore, hanno deciso che fossero cose inutili, e quindi cose ove non valesse tempo investire. E hanno voluto e creato una cultura nella quale NON si investe in queste cose, sono inutili alla bottega, quindi (secondo loro) sono inutili all’economia.
La cultura imprenditoriale italiana e’ divenuta una cultura bottegaia, da gretti imbecilli incapaci di pensare fuori dal portafogli. Il cretino che si definisce liberista solo perche’ e’ un bottegaio e la parola “libero mercato” lo eccita, (5) ancora percepisce la necessita’ di enablers , ma non percepisce il valore dei facilitatori, degli ispiratori, e dell’ecosistema: siccome nella sua bottega non hanno valore, pensa che non abbiano valore del tutto, e quindi non concepisce l’investimento  di soldi in queste cose.
Il declino economico dell’italia e’ venuto, appunto, nel momento in cui la cultura del ganassa lombardo, gretto, ignorante e ignobile, ha preso il sopravvento, la sua ignoranza e’ diventata un punto di vista, e il business e’ diventato semplicemente la roba che il nostro ganassa fa nella sua bancarella, durante il mercatino rionale del sabato.
E non ci sara’ alcun modo di convincerli del contrario, dal momento che non hanno le risorse intellettuali per concepire un tipo di valore che si esprime solo in termini macroeconomici.In definitiva, cioe’, e’ assai possibile che la competizione persa dell’ Italia non non sia dovuta alla mancanza di fondamentali, ma di “nuovi” beni, ovvero di beni che solo di recente qualcuno inizia a considerare tali.

Uriel
(2) Un esempio e’ Renzi, che cerca di sollevare il paese agendo sui consumi, cosa che invece non succedera’, perche’ a sollevare i paesi e’ la produzione merci su merci.
(3) Il motivo per cui i filosofi possono trovare “pensiero marxista” in chiunque e’ molto semplicemente che Marx ha detto cose note a tutti i sani di mente. Ma il filosofo ve la vende come se questa fosse una prova del successo delle idee di Marx. E’ come prendere la parabola ove Cristo consiglia di non seminare sulla pietra, e poi dire che siccome tutti i contadini lo sanno, allora Cristo era il piu’ influente agronomo di ogni tempo. IN realta’ ha solo detto una cosa ovvia e risaputa.
(4) Ci andra’ sul serio. Qui non c’e’ questo problema che sotto i tre anni e mezzo non ci andate. Entrera’ in un carcere e ne uscira’ dopo tre anni e mezzo.
(5) Il cumenda ama l’espressione “liberta’ di mercato”, non per la parola “liberta’ “, ma per la parola “mercato”. La verita’ e’ che la stragrande maggioranza dei “liberisti” italiani sono solo dei bancarellari da mercatino rionale, che quando vedono “libero mercato” si eccitano per la parola “mercato”, e quanto a “libero”, lo vedono come abbellimento della parola mercato.

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