I demotivatori II, la sindrome della DDR.

Ti capita di parlare con amici tedeschi di quel che scrivi. Un paio di persone che conosco studiano italiano, e leggono questo blog per imparare. Ora, il problema vero e’ che quando in Germania un blog ha 200.000 lettori a settimana viene considerato un giornale, e finisci con l’essere invitato come giornalista freelance ovunque. Quindi mi guardano con curiosita’, l’italiano che ha un blog cosi’ e non fa nulla. MA di che parla, allora? Ho cercato di spiegare la storia dei demotivatori, e un paio dei miei colleghi mi hanno parlato di una specie di “sindrome della DDR”, che per loro e’ identica.

Successe questo. Alla fine del comunismo, c’era un popolo che pensava che l’occidente sarebbe passato da li’ e avrebbe semplicemente arricchito tutti. Come? Come aveva sempre fatto il sistema comunista: ti diceva cosa fare, ti dava una casa, ti comunicava che avevi ricevuto un’auto (che avevi chiesto 10 anni prima), ti organizzava il barbecue condominiale della settimana, ti organizzava le ferie al mare a turno (tutti dovevano fare le ferie al mare nella vita, a turni, tutti lunghi uguali) , eccetera.

Effettivamente , con un investimento enorme, la germania ovest lancio’ un terribile progetto di rinnovamento. Sventrarono ogni strada per cambiare ogni tubo dell’acqua, ogni cavo elettrico, misero fibre ottiche ovunque, piantarono intere fabbriche nel mezzo del nulla, come Infineon, poi visto che non partirono ci piantarono l’indotto, e ancora qualcosa non andava.

Succedeva che le persone si presentavano ai colloqui solo quando qualcuno li chiamava. Non andavano neanche ad iscriversi all’apposito ufficio. Perche’? Beh, nessuno gli aveva detto di farlo.

No, capiamoci: non e’ che non sapessero dell’esistenza di un dato ufficio. Sapevano benissimo come funzionava la nuova realta’. Ma nessuno diceva loro cosa fare.

Cioe’, Hans sapeva bene che esistesse un cazzo di ufficio dove registravano la gente che cercava un lavoro. E Hans sapeva benissimo che il compito di quell’ufficio era di trovare il lavoro ad Hans. Il problema e’ che nessuno mandava ad Hans una lettera con sopra scritto “Ehi Hans, devi presentarti al dato ufficio il giorno tale, e registrarti. Questo serve per trovare lavoro”.

Insomma, Hans era cosi’ abituato a fare cio’ che gli veniva detto di fare, che faceva SOLO quello che gli veniva detto di fare. Il loro modo di gestire le cose in DDR era che lo stato pianificava quanto voleva produrre e cosa. Dopodiche’, calcolava quanta gente ci volesse. A quel punto, apriva nelle scuole tecniche N posizioni per questo ed M per quello. Quando la gente si iscriveva, sapeva gia’ che ad un certo punto gli avrebbero detto “ehi, finita la scuola tu vai a lavorare li’”.

La cosa si protrasse per generazioni, col risultato che tutti facevano solo quello che veniva loro detto di fare. Ci furono anche scene comiche, del tipo che dopo aver capito che non si iscrivevano alle liste di collocamento, pur sapendo della loro esistenza, perche’ nessuno diceva loro di farlo, ad un certo punto scrissero delle lettere ordinando di andare ad iscriversi. Poiche’ non avevano ancora registri (li stavano appunto costruendo, visto che la Stasi aveva distrutto i propri) , mandavano lettere con scritto che “se non hai ancora lavoro , e se abiti ancora in questa citta’, recati al tale posto al tale giorno alla tale ora”.

Il guaio e’ che molti non capivano una frase che iniziasse con “Wenn”. Wenn, piu’ che “se” significa “qualora”, ovvero indica una situazione reale. Il guaio e’ che loro non erano stati abituati a conoscere la loro situazione reale. Il nemico ti ascolta, ricordi? Cioe’, “nella DDR tu HAI un lavoro, nel senso che lo stato te ne trovera’ uno. Che senso ha che lo stato mi chieda se ho un lavoro? Sono LORO che devono saperlo!”

La comica ando’ avanti per mesi, sino a quando non inviarono a tutti una lettera dove ordinarono loro di presentarsi al tale ufficio. Davanti all’ufficio c’era un tizio che chiedeva “tu hai un lavoro?” . E il tizio “si’. “Allora adesso torna in ufficio”. “va bene”.  Se invece il tizio rispondeva no, che non aveva un lavoro, doveva andare ad iscriversi. Insomma, dovettero chiamare tutti, occupati o meno (e non e’ che tutto si fosse fermato, quindi di gente che lavorava ce n’era) perche’  una lettera che chiedesse ad un tizio quale fosse la sua posizione nell’economia reale era troppo complessa per venire letta. Non per tutti, ovvio, ma per coloro che non erano dirigenti nella DDR, lo era. (1)

Spiegato il tremendo danno culturale di tot decenni di comunismo, andiamo al dunque: nella ex DDR non erano di certo tutti dei morti viventi. Ci fu anche chi decise di approfittarne, quelli che definiremmo “dotati di spirito”.  MA qui c’era il problema: un intero paese era cresciuto attribuendo il bilancio del proprio destino allo stato. Vivi in una baracca? Sei povero? Cosi’ ha voluto lo stato. Tua moglie non ti puo’ dare del fallito:cosi’ ha voluto lo stato. E’ il nostro sistema. Non hai mai fatto niente se non quello che ti veniva ordinato? Ma questo e’ il cittadino perfetto dello stato.

Ad un certo punto cade il muro, e quello stato non c’e’ piu’. Mancando il capro espiatorio, adesso il punto e’ che se Frank e’ entrato subito nel giro delle aziende e fa l’idraulico e ha dei soldi, e Hans invece e’ rimasto a marcire dentro una baracca, Hans deve trovare il modo di spiegare alla moglie perche’ il muro e’ crollato ma a casa si mangia ancora rapa macerata. E adesso non c’e’ piu’ “perche’ lo stato cosi’ ha voluto”.

Come giustifichi adesso il tuo bilancio personale? Gli ex DDR reagirono in diversi modi:

  • Razzismo: i partiti nazionalsocialisti. Siccome le aziende che arrivavano a rifare la ex DDR venivano da fuori, e spesso impiegavano personale non tedesco, questi signori – pur senza nemmeno aver provato ad iscriversi ad un ufficio di collocamento – accusavano gli stranieri di rubare loro il lavoro. Che non facevano nulla per cercare.
  • Ridateci lo stato buono. I partiti veterocomunisti. Se fosse tornato il comunismo, la summa dei fallimenti e dei successi personali non sarebbe piu’ stata da attribuire alla persona, ma allo stato cinico e baro.
  • Odia il ricco. I demotivatori in salsa locale, che fecero di fatto scappare dalla ex DDR quelle persone che non ebbero abbastanza successo da andare a vivere in un quartiere “nuovo”, blindato,  ma si mossero abbastanza da ottenere un ragionevole stile di vita occidentale.

Insomma, nel vostro condominio ristrutturato avevano dato la fibra ottica a tutti. Ma voi avevate comprato un vecchio PC, avevate inviato CV, e avevate trovato un lavoro. Gli altri avevano il cavo che penzolava in salotto. Adesso voi tornavate a casa con una VW Polo nuova di zecca, o con – ovvove! – una golf. Sarebbe a dire, scusa?

Vuoi forse dire di essere migliore di noi? Vuoi forse dire che tu vali e noi no? Vuoi forse far vedere a tutti che tu sei in gamba e noi no? Prima vi avrebbero accusati di aver collaborato con la Stasi. (Semplice, visto che TUTTI avevano collaborato con la Stasi.) Poi ti accusavano di rubare e rivendere le cose rubate, comprese visite della polizia. Infine si passava al vandalismo e agli sputi. Si, voi stavate uscendo di casa per andare al lavoro, e un vicino sul pianerottolo passava e vi sputava in faccia.

Qual’era la spinta? Qual’era la forza? Questa:

Vuoi forse dire di essere migliore di noi? Vuoi forse dire che tu vali e noi no? Vuoi forse far vedere a tutti che tu sei in gamba e noi no? Vuoi attirare l’attenzione su di te, e far passare noi per dei mister nessuno?

Questo e’ l’odio che aiuta a far capire il problema. Questo e’ il motivo per cui moltissime famiglie fuggirono: non tanto perche’ mancasse il lavoro (si stava ricostruendo una nazione, bastava iscriversi) , ma perche’ chi avesse fatto un passo avanti, sarebbe finito nel mirino di un odio di classe che era stato letteralmente una materia di insegnamento delle scuole.

Questo e’ lo spirito del demotivatore comunista. Ormai le generazioni che avevano avuto quell’educazione sono fatte da vecchi, c’e’ una generazione uscita da scuole nuove, e nella fascia della mezza eta’ i giochi sono fatti. Ma i primi anni furono cosi’.

Ovviamente non c’e’ stata una dittatura comunista in Italia, ma c’e’ una parte di questo racconto che mi ha colpito:

Vuoi forse dire di essere migliore di noi? Vuoi forse dire che tu vali e noi no? Vuoi forse far vedere a tutti che tu sei in gamba e noi no? Vuoi attirare l’attenzione su di te, e far passare noi per dei mister nessuno?

Questo e’ il problema del demotivatore. QUALSIASI cosa voi facciate che lui non fa, si apre la voragine del complesso di inferiorita’: vuoi dire se se tu suoni il basso e io no allora tu sei migliore di me? Vuoi dire che se tu leggi libri e io no allora sei migliore di me? Vuoi dire che se tu fai qualcosa che NOI TUTTI non facciamo, allora TU sei migliore DI NOI?

Lo dico perche’ il demotivatore attacca sempre con le stesse frasi, tipo “vuoi farti vedere”,  e “lo fai per attirare l’attenzione”.  Il demotivatore si vede giudicato per il proprio fallimento personale, ogni volta che vede qualcuno un gradino piu’ in alto. Se chiedete ad un demotivatore il titolo dell’ ultimo libro letto, il demotivatore vi dira’ che escono solo libri di merda.Magari vi fa una tirata sull’editoria italiana. E tutto per dire “non ho letto niente, mai, da quando ho finito la scuola”.

Ma non puo’ giustificarsi se vede altri , troppi, leggere libri. Questo lo fa sentire inferiore.

Il demotivatore e’ spinto principalmente da un maestoso complesso di inferiorita’, unito ad un ego spaventoso. Da un lato coltiva una immagine di se’ enorme, dall’altro si trova ogni giorno nella difficolta’ estrema di giustificare tale visione, ogni volta che qualcuno sale un gradino.

Anni fa , per lavoro, fui in un luogo che si chiama Gela. In ogni parte di quella “citta’ ” , che fosse la “moderna” (2) Macchitella o il vetusto “il corso” o “la piazza”, sino al posto dei fighetti (Capoqualcosa, non ricordo piu’) , lo svago locale era camminare avanti e indietro indossando abiti vistosi , a braccetto con un amico. Stessa cosa facevano le donne. Poi si riunivano in branchi chiamati “comitive” (il che mi fece pensare che intendessero viaggiare , come in Emilia si va in riviera), ma non facevano altro che rimanere li’ a parlare, in piedi.

Una persona che conobbi aveva una passione, la radio. Siccome in passato il mondo delle piccole radio mi aveva sfiorato, legammo. Ma questa persona era odiatissima. Come mai? Perche’ lui aveva una passione. Allora, la risposta era “voleva farsi vedere”. Nessuno sospettava che a lui piacesse davvero la radio: lui “lo faceva per farsi notare”. Le frasi piu’ diffuse erano “ma che vuoi dire, che quel coglione allora e’ meglio di me?”.

Alcuni la chiamano invidia, ma non e’ esattamente cosi’. Nessuno voleva davvero fare qualcosa. Nessuno sognava lo stesso, e nessuno si impegnava per fare lo stesso: l’unica cosa importante era sfoggiare un vestito di moda la sera, nel mezzo di una strada chiusa al traffico. Ma non e’ che fuori dalle radio ci fosse la fila di persone che volevano provare, eh.

In quel periodo donavo sangue. Cosi’ mi assentati per andare all’ AVIS, che non esisteva e si chiamava AIAS , o roba del genere, e si occupava di spastici. Ovviamente, il commento che ritrovai al lavoro fu “eh, lui deve far vedere che e’ del nord, e lui dona sangue. Per far capire che non e’ come noi”.

OGNI COSA, ogni fottuta cosa, era dipinta come un meschino tentativo di superare gli altri, di esibirsi, di farsi vedere, un trucco sleale per apparire PIU’ INTERESSANTI di coloro che al massimo avevano un vestito nuovo nel passeggiare a braccetto con un amico fingendo di ridere per qualcosa di interessante.

Qui credo siamo al centro della psicologia del demotivatore:

Il demotivatore sa di NON essere una persona interessante. Tutti i motivi di interesse che puo’ vantare, sono quelli che indossa. Egli si scaglia contro CHIUNQUE , nel fare qualcosa che lui non fa, rischi di apparire INESORABILMENTE piu’ INTERESSANTE DI LUI. Leggere un libro, appartenere ad un club, avere un interesse, avere un hobby,  sono visti dal demotivatore come espedienti SLEALI e SCORRETTI per avere un interesse che loro sentono di non poter attirare.

Non e’ invidia. Se fosse invidia, il demotivatore sarebbe uno che ci ha provato ed ha fallito. Sarebbe uno che se potesse ci proverebbe. Se il demotivatore INVIDIASSE chi si iscrive ad un club di lettura, i club di lettura avrebbero la fila di demotivatori che vogliono entrarci per invidia.

Ma il demotivatore non e’ spinto da INVIDIA. E’ spinto dal narcisismo.

Egli si veste con roba vistosa, pretende di essere interessante per questo, cammina come se sfilasse, e si sente GETTATO FUORI DAL PALCOSCENICO se qualcuno fa qualcosa di ancora piu’ interessante. Il gruppo di maiale da sbarco che odiano la ragazza che gira con la custodia di uno strumento musicale, per esempio. Il gruppo di tamarri che sembrano un luna park tatuato e odiano il ragazzo che sale sulla metro coi rollerblade. Persone che , per una semplice differenza con gli altri, appaiono subito piu’ INTERESSANTI di gente che in fondo ha speso un’ora allo specchio per mettersi il gel e tagliarsi le basette, o piu’ INTERESSANTI di una che ha semplicemente passato ore a decidere quale parte di pelle mostrare , e quanta.

Se al momento T0 , quando esce di casa, il puttanone malvestito ed il tamarro pittato hanno l’ autostima a 100, pensano che tutti gli occhi saranno per loro, e che saranno le star della serata, le loro speranze si infrangono di fronte al tizio che se ne va ai giardini coi rollerblade, alla ragazza con la custodia del saxofono. Ehi, guarda, c’e’ uno che ha spostato la sua borsa per fare posto al saxofono di quella troia! L’ HA NOTATA! Puttana! Come osa suonare il saxofono?

E lo stesso per il ragazzo che sale a bordo per andare ai giardini coi roller. Eh, hai visto? Quelle ragazze lo hanno guardato! Lo notano tutti! Non siamo noi le star della seconda carrozza dell’ autobus 322. Cazzo, si sta facendo NOTARE? E noi cosa siamo, coglioni, che ci siamo comprati quintali di monili pederastici e abbiamo perso ore ed ore a scolpirci il pizzo?

Questo e’ il punto del demotivatore: qualcuno appare piu’ INTERESSANTE di lui. Ma loro non lo invidiano: lo vedono semplicemente come uno/a da eliminare, per rimanere i soli sulla piazza. E quando nessuna ragazza studiera’ il sax e nessun ragazzo andra’ piu’ sui rolleblade, tutto il palcoscenico sara’ dedicato alle nuove basette di Trunzonio e alle nuove leggins di Scosciandrah. (con la H).

E quindi, vogliono un mondo in cui NON esista nient’altro.Ma proprio niente.

Perche’, come dicono gli arabi, ci vuole un deserto per fare della merda di cammello un evento di cui parlare.(3)

Uriel

(1) Ho conosciuto un paio di dirigenti che vengono dalla DDR. Quelli piccoli tendono ad analizzare la situazione SENZA arrivare al dunque, quelli di alto livello sono dirigenti cazzutissimi ed estremamente decisionisti. Ma non ditegli di no.

(2) Se gli edifici hanno l’intonaco, i giardini hanno le piante , e i marciapiedi non sono occupati da auto, allora e’ moderno.

(3) No, non lo dicono gli arabi. Ma ai demotivatori era venuto un accidente nuovo. Se io parlassi arabo e loro no, sarebbero ancora meno interessanti.

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