Giustizia privata.

Quando si parla dei problemi della giustizia, si intende normalmente parlare dei suoi tempi e della sua produttivita’, ma se ci fate caso se ne parla quasi sempre in maniera quantitativa. “Quanto tempo” occorre per avere una sentenza sembra essere il problema. Eppure, se torna in auge il problema “la giustizia blocca gli investimenti”, il problema che andrebbe affrontato non e’ la quantita’ di sentenze, ma la loro qualita’.
Mi e’ capitato di lavorare come perito , sia per la difesa che per il tribunale, il che (non c’era ancora la riforma che permette oggi al GIP di ordinare altre indagini terze) significa letteralmente “per l’accusa”, ovvero per gli sbirri. Dopo aver fatto una dozzina di indagini, ho preferito, per ragioni di COSCIENZA (1), fare solo perizie per la difesa.
Adesso non me ne occupo piu’, ma posso raccontare qualche aneddoto a riguardo.

Lo faro’ per una ragione: occorre capire che la giustizia italiana non ha solo problemi di quantita’, bensi’ problemi di QUALITA’ delle sentenze, di QUALITA’ del processo, di QUALITA’ della documentazione.
Quello che intendo dire e’ che se domani mattina la giustizia italiana dovesse iniziare a dare risposte in tempi rapidi, e specialmente risposte in tempi certi, non cambierebbe quasi nulla, perche’ la qualita’ delle sentenze e’ cosi’ scadente che il ricorso sarebbe quasi sempre possibile. Senza contare il fatto che la qualita’ delle sentenze e’ tale che alla fine nessuno riesce a valutare in anticipo se e’ dalla parte della ragione o del torto, il che sopprime la validita’ dell’azione legale come strumento.
Prendiamo un cliente che non paga. Voi direte “ho certamente ragione, il cliente non mi ha pagato ma la merce e’ stata consegnata, quindi lo cito in giudizio”. Dall’altra parte il cliente andra’ dal suo avvocato e fara’ inviare una lettera di contestazione della merce. Il risultato e’ che la causa scendera’ sul piano tecnico e merceologico, e a quel punto il problema e’ che tutto cade nella probabilita’ che il giudice capisca o meno, che i periti lavorino in tempo, eccetera. E tutto finisce con il consiglio “se possibile, accordatevi su una cifra piu’ bassa”: dal momento che le probabilita’ di vincere una causa non-deterministica sono , diciamo, del 50%, il 50% della cifra diventa quasi appetibile.
Le cause di questo disastro, almeno nel processo penale, consistono nella mancanza di “espertise” locale dei tribunali. Il giudice conosce solo il diritto, e per qualche misteriosa ragione si ritiene nel dovere di conoscere SOLO quello. Il giudice viene assegnato, di fatto, sulla base di una necessita’ costituzionale (quella di evitare giudici prevedibili) ma questo produce il fatto che nella generalita’ dei casi un giudice -monocratico-  incompetente si trova a giudicare “a braccio” su questioni che richiedono una comprensione della cosa.
Questo non deve essere necessariamente in questo modo. Per esempio, se andate a fare una causa su questioni marittime in UK, spesso vi conviene accettare un abritrato. L’arbitrato verra’ condotto da societa’ private che pero’ hanno -da qualche secolo- il pregio di aver legiferato e gestito i precedenti in maniera coerente e conveniente. Al punto che si richiede il loro arbitrato perche’ conviene.
Cosa significa? Significa che la necessita’ di un diritto COERENTE ed essenzialmente “di alta qualita’” e’ cosi’ sentito che , per una questione complessa come il diritto marittimo, si paga qualcuno che produca una dottrina  sensata , sensata rispetto alla complessita’ tecnica.
Ed e’ proprio questo il fenomeno distruttivo cui ho assistito come perito. Distruttivo della qualita’ delle sentenze.
La prima perizia che feci mi fu chiesta per “decrittare” alcuni nastri sequestrati. La richiesta era di tirare fuori quanto c’era dentro e renderlo leggibile, ivi compreso eventualmente comprare le licenze dei programmi necessari (un assurdo programma COBOL) eccetera.
Ma oltre ad avere fatto questo, siccome tutto poteva essere sottoposto a perizia della difesa, mi fu chiesto di produrre una relazione nella quale descrivevo come riprodurre i risultati che io avevo prodotto. La cosa mi sembrava giusta, MA:
  1. Per prima cosa, chiesi se esistesse un modello standard di relazione. NO, non esiste. Usai il modulo di intervento che io usavo nel mio helpdesk, che era un modulo concepito per descrivere le operazioni -a pagamento- verso il cliente. Qui c’e’ la prima grana: la mancanza di una reale standardizzazione dei documenti produce tutti i nefasti effetti di sistema che una simile mancanza puo’ produrre. Un giudice si trova con un documento dell’accusa scritto secondo standard che evidenziano quanto scoperto/dedotto (se si tratta dell’accusa) piuttosto che le contestazioni (se prodotto dalla difesa). Ma non ha ALCUN MODO di mettere in relazione le due cose. Se io scrivo “e’ possibile risalire all’ IP sorgente facendo la tal cosa”, l’accusa scrivera’ “l’identita’ di rete avviene tramite server DHCP”. Siccome il mio punto non e’ numerato, solo un giudice che sappia la relazione tecnica tra le due cose sa che la difesa si sta opponendo a quello specifico punto dell’accusa. Se per esempio i punti fossero numerati con una logica, allora per il giudice sarebbe possibile non procedere a braccio.
  2. Secondo: non esiste una terminologia standard. Io posso scrivere “identita’ di rete” ed un altro puo’ scrivere “header IP” e un altro ancora “accesso univoco” e non c’e’ alcun modo, se non una competenza verticale, per sapere che le cose coincidono. Il giudice questa competenza NON ce l’ha. Perche’ oggi fa una causa civile o penale sull’informatica, domani ne fa una sull’abigeato, dopodomani ne fa una navale. La mancanza di terminologia standard mette i giudici nelle mani dell’avvocato o dell’accusatore che  abbia la dialettica migliore. Io feci tutte le mie perizie usando una terminologia presa alla mia esperienza precedente. Di fronte avevo ex carabinieri in pensione (il 90% dei periti) i quali usavano un misto di dialetto meridionale e parole sentite in giro. Il risultato erano affermazioni abnormi cui dovetti oppormi, come “essendo il computer collegato alle reti telematiche mondiali per via di un cavetto telefonico che terminava alla presa telefonica sita sul muro, poteva certamente condividere il file incriminato , potenzialmente con tutto il mondo“. In pratica si affermava che ogni computer sia collegato ad una presa telefonica sia un server, e nessun genere di terminologia poteva aiutarmi. Spiegate voi la differenza ad un giudice che vede nel computer una macchina da scrivere sofisticata, e vedrete.
  3. Terzo: non esiste una procedura standard. In nessuna delle attivita’ tecniche che circondano i processi. Un carabiniere dell’accusa, che fece la perizia cui dovevo oppormi, cancello’ tutte le partizioni HPFS che avrebbe dovuto esaminare, semplicemente perche’ rispose “si” quando il suo windows 95 gli chiese di formattarle non essendo capace di leggerle. Scrisse “i due dischi sono criptati in modo da renderli illeggibili, e il loro contenuto si autodistrugge al tentativo di formattazione. Questo indica una volonta’ di occultamento da parte del Rossi”. La volonta’ di occultamento del Rossi (nome inventato) consisteva nell’usare OS2 di IBM. Voi direte: ma il CC non lavorava su una copia? No, lavorava sulla prova. Sull’originale. Non esiste una procedura standard che obblighi a fare la copia di quel che si sequestra. Anzi, una volta feci una perizia usando delle copie (mi sembrava carino lasciare alla difesa la possibilita’ di controllare) e il risultato fu che la difesa contesto’ la relazione affermando che io non avessi lavorato su dati “genuini”. Non esiste alcuna procedura standard sul come e quando fare copie, su come produrle, eccetera.
  4. Non esiste un ITALIANO standard. Spesso i giudici inventano termini quali “volontarizzazionamento , preterspecificatazionamente”, o altro, per giustificare le sentenze illegali che scrivono. Se avete messo il veleno nel caffe’ di vostra moglie anziche’ divorziare, potete magari venire assolti se lei non muore, perche’ “la speranziaciframentalizzazione preterspecificamente absquevolontaria non richiedeva la morte, ma solo l’esplicitazionamento del pericolositismo di una morte postrealistichevolissima“. I giudici parlano e scrivono in una lingua diversa da quella normale, e fin qui ci sta perche’ i gerghi tecnici esistono, ma la lingua che parlano NON e’ definita da nessuna parte, E NON PARLANO TUTTI LA STESSA, cosicche’ e’ possibile leggere che “la tale accezione non si applica perche’ il Rossi non ha compiuto il reato quale padre, bensi’ quale genitore“. In mancanza di una definizione del linguaggio , la quale dica che il padre e’ un genitore,  le sentenze possono usare la parola contro la logica. E lo fanno abitualmente.
Ora, immaginate la scena. Siete davanti ad un palese incompetente, che e’ il giudice. Il vostro avvocato e’ un palese incompetente: esistono avvocati che prendono la seconda laurea in economia e commercio per occuparsi di questioni contabili. Ma non ne esistono che fanno lo stesso con , che so io, veterinaria se vogliono occuparsi di questioni relative alla zootecnia, eccetera. 
Il giudice non usa la logica. Non usa un italiano standard, e neanche lo stesso italiano degli altri giudici. Riceve perizie scritte con documenti senza alcuno standard redazionale o strutturale. Non sa mettere in relazione le contestazioni con le prove o gli indizi.
L’accusa e’ altrettanto ignorante, ma sa scrivere ingiurie e seminare il sospetto. Oppure (nel caso civile) anche l’altra parte e’ fatta da un avvocato che non conosce NULLA della materia, ma solo le leggi sulla materia. Quindi , anche quando legge un regolamento che parla, che so io, di “server”, non li sa distinguere da un modem. Una frase come “essendo il computer collegato alle reti telematiche mondiali per via di un cavetto telefonico che terminava alla presa telefonica sita sul muro, poteva certamente condividere il file incriminato , potenzialmente con tutto il mondo” appare sensata a tutti, tranne che a voi. Ma voi , come periti, siete testimoni, e non potete “spiegare”: potete solo sperare che l’avvocato faccia la domanda in questo modo:
  •  “possiamo dire che un computer possa fornire un file a tutto il mondo solo perche’ e’ collegato al muro con un cavo telefonico”?
  • Uriel: no.
  • “e perche’ no?”
  • Uriel: Perche’ magari il cavo e’ solo un requisito che serve ad inviare fax. In questo caso, se il PC non ha il software adatto, allora non puo’ fare da server.
  • E il computer aveva il software adatto?
  • Uriel: “non l’ho visto sul disco che ho esaminato”
Voi direte: ma tu come perito della difesa puoi spiegare all’avvocato che deve farti queste domande. vero. Ma  l’avvocato non le fara’. Per una ragione: se il carabinere in pensione ha scritto la tal cosa, e voi la contestate palesemente, il giudice potrebbe anche tentare di vederci chiaro chiedendo a terzi. Ma se si stabilisce che l’affermazione del CC sia palesemente falsa, il CC (intrallazzato e con famigghia al seguito) rischia la denuncia. Quindi no,  l’avvocato NON andra’ MAI palesemente contro l’accusa insinuando che dica il falso. Perche’ magari nella prossima causa il CC sara’ il SUO perito oppure perche’ (a Bologna) sia avvocato che perito sono fratelli col grembiulino.
Ora, in materia tecnica c’e’ poco da fare: tertium non datur. Se una cosa e’ vera e’ vera, se e’ falsa e’ falsa. Uno scontro tra periti che affermano l’esatto contrario ha due possibili esiti:
  1. I due periti dicono la stessa cosa.
  2. I due periti si contraddicono: dunque uno prende una denuncia per aver testimoniato il falso.
A questo, la giurisprudenza italiana aggiunge un’area grigia , che e’ il “dire che un tizio ha detto il falso senza voler dire che ha mentito”. Cosi’, in pratica l’affermazione secondo cui modem=server si contraddice circa in questo modo:
  •  “il computer era un server dal momento che aveva il modem, come dice la pregiata accusa. Ma esisteva il pericolo che propagasse il file”?
  • Uriel: no.
  • “e perche’ no?”
  • Uriel: perche’ il cavo era troppo stretto per quel file. Occorreva un cavo di almeno 12cm di diametro per farcelo passare. Era un file grosso , avrebbe ingolfato un cavetto cosi’ piccolo.
  • Quindi possiamo dire che il pericolo c’era ma era solo teorico?
  • Uriel: esatto.
Il dialogo aberrante (non sono andate cosi’ le cose, ma circa: “i server normalmente hanno piu’ banda di un semplice modem e hanno un setup particolare” ) serve a dire il contrario del CC che ha fatto l’accusa scrivendo minchiate, senza insinuare che abbia scritto minchiate.
In questa condizione di sostanziale impunibilita’ del perito, perche’ si evita di contraddirlo (essendo un perito del tribunale per via di amicizie conclamate) , una causa che coinvolga argomenti specialistici (praticamente tutte) funziona circa cosi’:
  • Qualcuno vuole portare Rossi in tribunale. Scrive allora un romanzetto nel quale Rossi, malvagio , perfido e perverso, pianifica e commette i peggiori crimini (o le peggiori azioni a danno altrui, nel caso civile) sapendo di commetterli, per via di un patto con Bin Laden redatto durante il suo matrimonio sodomitico con Satana in persona. La pericolosita’ del Rossi e’ testimoniata con evidenza inconfutabile dal suo nefando operato, dalla perizia del Bianchi, e -a fortiori- dalla Bibbia. Numerosi archeologi , tra parentesi, attribuiscono al Rossi un ruolo chiave nella morte di Cristo. Questo romanzo viene chiamato querela o citazione per danni, e viene mandato ad un magistrato o ad un giudice.
  • Il giudice rimane impressionato dalle cose scritte, e decide, arbitrariamente , che cosa farne. A seconda delle emozioni che il papello suscita. Non avete semplicemente mandato affanculo la vostra vicina di casa, cosa per cui siete citati per danni: avete deliberatamente cospirato per ledere la sua psiche, la sua fede in Dio, la Costituzione, la Mamma, la legge di Maxwell,  e Ogni Bene Su Questo Mondo, poiche’  l’aspetto satanico del vaffanculo (le lettere contenute nella parola secondo il talmud fanno 499.5, cioe’ 666 meno un quarto , ora locale) prevale. Se e’ una querela penale, allora ricordate che l’accusa di  aver distrutto la proprieta’ altrui conterra’ il fatto che tradite vostra moglie, che siete usi bestemmiare, che mettete le cipolle nel soffritto della pasta alla carbonara, che avete lasciato morire una gardenia perche’ avete dimenticato di annaffiarla, esseri CRUDELI E SPREGEVOLI che non siete altro. Come potete non essere colpevoli di peculato se lasciate morire gardenie? Eh? Eh?
  • Se e’ un giudice civile, colpito da tali immonde fattezze, stimera’ in 63 triliardi di euro l’ammontare della cifra che dovete alla vicina per averla mandata affanculo, e vi troverete citati per 63 miliardi di danni. Che poi diventeranno 3 euro e un cioccolatino (scaduto) al processo.  Se e’ un GIP, vi sbattera’ sicuramente a giudizio, anche se eravate in missione per la NASA sulla ISS, in orbita, mentre si svolgeva il reato a Casalecchio: la vostra malvagita’ e’ tale che potete delinquere anche in spiritu. E comunque, questi pedofili satanisti nazisti lesbiche terroristi islamici assetatori di gardenie possono mentire su tutto. E questa NASA non mi ha mai convinto. Che non ci sono gardenie alla NASA.
  • Al processo ci si trova di fronte ad un giudice incompetente in materia , che conosce il diritto del caso (quando siamo fortunati) ma non sa distinguere una mucca da un processore, (e magari il processo e’ sulle mucche) , con un avvocato che non capisce e una controparte (altro avvocato o PM) che capisce ancora meno. I periti NON possono contraddire le ENORMI affermazioni fatte dall’accusa o dalla controparte, perche’ questo produrrebbe una ulteriore denuncia, e devono agire in un universo logico privo del principio di non contraddizione, ovvero un processo che evidentemente NON puo’ contenere informazione, visto che il principio del terzo escluso e’ necessario perche’ esista informazione.
  • Tutto termina in un processo che si svolge in trasformata Z. Il processo, che in TV e’ normalmente continuo nel tempo, viene trasformato in un campionamento , fatto di udienze distanti mesi e mesi, della durata di qualche millisecondo ciascuna. Tra qualche tempo, il giudice (spesso monocratico) dovra’ procedere con una antitrasformazione z per ottenere una sentenza, avendo a che fare con microscopici campionamenti del processo.
  • La sentenza sara’ scritta nell’italiano personale del giudice, secondo la logica personale del giudice, per la quale se avete messo lo zucchero in un caffe’ avvelenato non e’ possibile dimostrare che voleste davvero uccidere, perche’ se avete addolcito il caffe’ allora manca l’odio e la volonta’ di fare del male. Il cianuro e’ un particolare che riguarda il tentato omicidio, ma la questione del dolo si svolge esaminando il fatto che abbiate zuccherato (o meno) il caffe’. Mancano standard sulla perizia dello zucchero, che per la difesa e’ saccarosio mentre per l’accusa e’ zucchero, il che fa si’ che aver messo lo zucchero di bietola nel caffe’ e non averci messo saccarosio possono convivere.E se chiedete al perito di pronunciarsi, parlera’ di Lady Gaga per divagare, in modo da non contraddire nessuno.
  • La sentenza che ne uscira’ e’ palesemente illogica, quasi sempre ILLEGALE (ovvero non rispetta l’ordinamento vigente) e contiene affermazioni palesemente in contrasto con la legge, con la fisica, con la logica, col buonsenso, con la lingua italiana. Un giudice puo’ scrivere in una sentenza una cosa come “poiche’ l’ordinamento italiano NON vieta l’omicidio in se’” in una sentenza  e nessun gli fa nulla, se non un ricorso che ribalta la sentenza. Il fatto che l’ordinamento italiano vieti palesemente l’omicidio e la sentenza sia illegale non conta e nessuno verra’ punito per aver scritto una corbelleria. Il giudice risponde solo alla legge, peccato che  i due non si incontrino da anni.
Il risultato di tutto questo e’ che, se anche accorciassimo i termini del processo, e anche ottenessimo una risposta entro 7 mesi come in Francia, la qualita’ delle sentenze sarebbe cosi’ bassa che non sarebbe possibile  per un’azienda confidare nella “certezza del diritto”.
Ma quando si dice che la giustizia scoraggia il business non ci si riferisce solo ai tempi: ci si riferisce ad un problema che definirei “qualita’ delle sentenze”. Se le sentenze penali si concentrano su idee piuttosto generiche di reato, quelle civili finiscono col ricadere inevitabilmente in qualche tecnicismo.Accelerare i processi non serve sino a quando non si creano degli standard di qualita’. Ma creando degli standard di qualita’ si misura la qualita’, e si scopre che il 95% dei giudici NON merita nemmeno una laurea in giurisprudenza, e il resto fa quel che puo’ ma purtroppo parla un italiano dialettale, per cui non capisce bene le perizie, e le sentenze sembrano delle comiche.

Se nei settori piu’ antichi, come che so io l’edilizia, il giudice ha ormai familiarita’ coi termini e con le problematiche, in quasi tutti gli altri campi entra in campo il fattore tecnologico. E qui il giudice italiano fa la figura del pirla, essendo palesemente impreparato ad affrontare i problemi.
Non esistendo terminologie standard, standard per la documentazione, standard per le perizie, standard per il linguaggio italiano, il risultato e’ un dibattimento nel quale vale la parlantina delle parti, ovvero la capacita’ di far credere alle PALLE che si raccontano nelle aule.
Attualmente non faccio piu’ perizie in Italia (2) , ma onestamente mi viene da ridere quando, SISTEMATICAMENTE, ad ogni dibattito sulla giustizia italiana si menziona, sempre e rigorosamente, il tempo che si impiega ad avere una sentenza, anziche’ il fatto che le sentenze italiane sono (come tutto il processo e le accuse /citazioni) dei ridicoli romanzi che si prefiggono come scopo primario quello di screditare l’accusato mediante pettegolezzi, e nello sforzo di trasformare i pettegolezzi in certezze del giudice.
Insomma, dai: uno che mette la cipolla nel soffritto della carbonara puo’ non essere colpevole della strage di piazza fontana?
Siate onesti.
Uriel
(1) E in un certo senso , per una cosa che si chiama onore, ma e’ troppo difficile da spiegare al poveretto medio che e’ oggi l’italiano. In definitiva l’onore e’ un concetto tipico delle aristocrazie. Le classi piu’ basse (come quella da cui vengo io) possono accedervi in due modi: il mondo militare e quello ecclesiastico. Il resto della popolazione NON ha accesso a questo concetto, che rimane alieno. E sfortunatamente l’onore non si compra, cosi’ arricchire non serve a nulla.
(2)sono ancora coinvolto, a dire il vero,  in una causa che si protrae da sette anni e piu’, di un impiegato che accusa un collega di avergli letto un documento sul computer approfittando del postit attaccato al monitor con la password necessaria . Il collega in quel momento era alle maldive perche’ il denunciante ha dovuto cambiare precipitosamente l’accusa per evitare una contraddizione , ma un amico che lavorava in PS gli ha fatto una perizia nella quale si evince che il Rossi e’ evidentemente colpevole. Il tutto ha come sfondo la competizione per una promozione in un ufficio dello stato: la denuncia serve a bloccare la promozione dell’accusato. Si concludera’ con una assoluzione, ma nessuno (come al solito) paghera’.

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