Giornalisti-dopo

Come al solito, dopo ogni inchiesta arrivano i tabulati e le intercettazioni, e ovviamente tutti i giornalisti italiani si tuffano a pesce. E se provi a criticarli, salta fuori che loro lo fanno perche’ , infuocati dal sacro dovere di informare, devono, devono, devono scrivere tutto. Tuttissimo. Tutterrimo. Il che sarebbe sacrosanto, se non fosse per una piccola, semplice domanda. Ma perche’ arrivano sempre dopo?

Prendiamo per esempio la Gabanalli. la Gabanelli ha fatto delle inchieste per le quali la procura ha aperto delle inchieste. In altre parole la Gabanelli e’ una di quelle giornaliste che arrivano PRIMA. PRIMA il giornalista scopre le cose, e DOPO succede che arriva l’inchiesta.

In questo senso, non e’ il giornalista che scrive dell’inchiesta, ma l’inchiesta che scrive del giornalismo.

Ma la Gabanelli e’ ormai un caso piu’ unico che raro. Il giornalista insegue i magistrati nella stragrande maggioranza dei casi. Prendiamo per esempio il caso della parentopoli di Lupi. Serve tanto ad un giornalista per sapere chi siano i figli di un ministro? No.

Allora serve molto per scoprire che ancora fresco di laurea abbia trovato lavoro? Decisamente no. Serve molto a notare che trovare lavoro immediatamente dopo la laurea non sia, per cosi’ dire, quello che di solito succede ai giovani italiani? Nemmeno.

Serve molto a cercare legami tra il ministro e l’ente ove il pargolo ha trovato lavoro? Nemmeno. Serve tanto per verificare che , in contemporanea o a stretto giro, un qualche evento fortuito abbia “miracolato” qualcuno con una nomina?

Diciamolo pure: scoprire la parentopoli di Lupi non servivano le intercettazioni. Il giornalismo poteva farlo. Un buon giornalismo poteva arrivare PRIMA.

Invece sono i giornalisti a seguire i magistrati. Sono sempre i Travaglio a scrivere dei processi. Mai i processi a scrivere delle inchieste dei Travaglio. Oh, certo, travaglio e’ molto bravo a mettere insieme gli stralci di processi, e a descrivere molto bene il lavoro investigativo fatto da altri.

Ed e’ qui il punto: che il lavoro investigativo e’ sempre quello di altri.

Quanti anni sono che, escludendo la Gabanelli, nessuno di questi giornalisti-eroi coglie qualcuno sul fatto? Quanti anni sono che, escludendo la Gabanelli, non parte un’inchiesta basata sulle indagini di un giornalista?

La verita’ e’ che i giornalisti italiani non servono ad un cazzo di niente.

Sono rarissimi i casi nei quali il giornalismo arriva PRIMA dell’inchiesta. Potete nominarne tre, dieci, magari anche cinquanta. Se vi chiedo quanti articoli di giornale sono stati scritti nel frattempo, quanti inutili libri “di denuncia” sono usciti nel frattempo, i quali riportavano denunce fatte dalla magistratura e non dai giornalisti, quandi libri di “inchiesta” sono usciti , tutti fatti rigorosamente da personaggi che hanno riportato inchieste altrui, scoprirete che il 99.99% di quanto scritto da un giornalista arriva dopo.

Di Travaglio si celebra il coraggio. Il coraggio di cosa? Di arrivare dopo? Di arrivare dopo il magistrato? Di scrivere degli atti del tale processo gia’ concluso? Facile, cosi’.

Facile perche’ ci si puo’ nascondere dietro a “lo dice lui”.

Prendiamo il caso di Lupi. Il giornalismo italiano si guarda bene dall’andare a scovare i figli dei giornalisti. Di stabilire se abbiano trovato lavoro piu’ o meno facilmente della media. Di controllare se in quel particolare ente/azienda non ci siano amici del ministro. Di verificare se in quel periodo tali amici/enti/aziende non abbiano goduto di una certa fortuna.

Questo non viene fatto perche’ quello e’ un ministro in carica.

  • Il giornalista si caca sotto di andare contro ad un uomo potente.
  • Il suo redattore si caca sotto di andare contro ad un uomo potente.
  • La proprieta’ del giornale si caca sotto al pensiero di andare contro il ministro.

Poi arriva l’inchiesta. Allora si pubblica tutto, ma proprio tutto, anche intercettazioni che non hanno niente a che vedere con l’inchiesta stessa, ma fanno incazzare il lettore.

Ho disprezzo per i giornalisti-dopo.

Ne ho particolare disprezzo perche’ arrivano sempre dopo. Ma si fanno chiamare “giornalismo di inchiesta”, o “giornalismo di denuncia”. Marco Travaglio si fa chiamare “giornalista di inchiesta”, tutti definiscono il suo come “giornalismo di denuncia” ma la denuncia e’ sempre quella di un magistrato, e l’inchiesta e’ sempre quella di un magistrato.

Cosi’ divido i giornalisti in “giornalisti-prima” e “giornalisti-dopo”. Il giornalista-dopo e’ la categoria di giornalisti piu’ abbondante, ed e’ anche la piu’ inutile.

Una particolare antipatia me la procurano quei giornalisti che, per l’appunto, pretendono di indossare l’etichetta di “giornalista d’inchiesta” o di “giornalista investigativo”, che e’ tipica dei giornalisti-prima, pur essendo dei giornalisti-dopo.

Certo, Travaglio va a prendere tutti gli atti delle inchieste e delle indagini altrui e te li spara in un libro, condite di articoli di altri giornali e di altre notizie correlate.

Anche google news lo fa. Basta selezionare l’argomento.

E costa meno di un libro di Travaglio. Adesso, i casi sono due: o Google News fa giornalismo di inchiesta, oppure si limita a cercare fonti, aggregarle e servirle in maniera fruibile. Per fare questo Google News deve ovviamente aspettare che tutti i dati siano online. A quel punto li raccatta e te li impacchetta.

Allora, stiamo dicendo che se i tribunali italiani creassero un motore che mette online tutti i dati di ogni processo, non ci sarebbe alcuna differenza tra Google News e Travaglio? Esatto. Basterebbe chiedere a google news notizie su un dato processo, e posto che tutti gli atti fossero online, otterreste il libro di Travaglio, servito e gratuito.

Questo confronto con google news non e’ casuale.

E non voglio neanche usarlo per un sermone su come internet uccidera’ il giornalismo, visto che serviranno decenni prima che tutta la PA sia online e prima che tutti gli atti di tutti i processi siano online.

Il confronto tra un giornalista-dopo e google news serve solo a mostrare quanto sia automatico, poco meritevole e assai antieconomico rivolgersi ad un giornalista-dopo perche’ faccia il lavoro di un motore di ricerca, posto che il motore abbia a disposizione i dati.

Quello che voglio sottolineare e’ come molti “giornalisti investigativi”, “giornalisti di denuncia”, “giornalisti di inchiesta” in realta’ non siano altro che dei motori di ricerca di roba scritta da altri: denunce di altri, indagini di altri, inchieste di altri.

E arrivano dopo.

Vedo una certa analogia tra questo genere di giornalismo e l’accanimento di molti italiani sul cadavere di Benito Mussolini. Sino a pochi giorni prima erano tutti fanatici fascisti, e se non fascisti almeno attendisti: vediamo come va a finire, per ora limitiamoci a fare come dice.

Allora il ministro Lupi ha questo figlio che trova lavoro in maniera velocemente sospetta. I suoi voti scolastici non ne giustificano la brillante carriera. Nessun giornalista lo nota.

Poi improvvisamente scoppia l’inchiesta, e sappiamo anche cosa si dicessero a casa, nelle telefonate tra marito e moglie, e tutto quanto. Giornalisti-dopo.

I giornalisti-prima avrebbero scavato nella velocissima carriera del figlio del ministro quando ancora il ministro era in carica. Quando era un potente. Ma ovviamente, proprio perche’ era un potente, i giornalisti-dopo fingevano di non sapere.

Poi improvvisamente l’uomo potente decade. E allora tutti ad accanirsi.

Questo e’ il motivo per il quale non riesco mai ad unirsi nella folla che lincia Lupi. La ragione non sta nella mia simpatia per Lupi, ma nel superiore disgusto che provo nel leggere di questi giornalisti-dopo, e di questi indignati-dopo, che sembrano piu’ che altro dei codardi che finalmente riescono a trovare il coraggio di sputare contro il potente: peccato che il potente non sia piu’ al potere, e quindi non serva alcun coraggio.

Sebbene io trovi che sia una schifezza questa parentopoli, trovo ancora piu’ ripugnante il tipo umano dell’indignato-dopo e del giornalista-dopo. Ed e’ questo sbilanciamento tra le due ripugnanze che mi porta ad essere contro la folla che si raduna per il linciaggio.

Cristo disse “chi e’ senza peccato scagli la prima pietra”, ma il mio problema non e’ se questi giornalisti o questi indignati abbiano peccati o meno.

Cristo si sarebbe levato dalle palle la folla con molta piu’ efficacia se avesse detto “chi ha denunciato l’adultera scagli la prima pietra”, perche’ in quel caso si scoprirebbe che, nonostante tutti sapessero dell’adultera, solo una persona ha denunciato.

A tutti gli altri, sono semplicemente ripugnanti.

Cosi’ ripugnanti che, alla fine dei conti, si finisce col perdonare l’adultera.

Saro’ molto sincero. La parentopoli fa schifo. Ma quelli che pubblicano l’inchiesta solo DOPO che lo ha fatto un magistrato, ne’ si erano mai azzardati a scrivere un solo articolo contro il ministro PRIMA, fanno ancora piu’ schifo della parentopoli.

Ed e’ questo che spesso questa ansia di linciaggio , ispirata dai giornalisti-dopo, non e’ altro che una foglia di fico.

Presto, presto, linciatelo! Guardate lui, cosi’ non vi chiedete come mai nessun giornalista abbia scavato prima, e tutti siamo arrivati dopo.

Se ci fate caso, il giornalista-prima si comporta diversamente. Dopo aver completato la sua indagine e dato alle stampe la sua denuncia, finisce il proprio lavoro. Il resto, cioe’ quanto arriva dopo, non e’ importante per i giornalisti-prima, ma soltanto per i giornalisti-dopo.

Quelli che aspettano che il potente sia caduto per fare gli eroi. Cavalieri che combattono solo contro draghi morti. Cavalieri che combattono sul divano mentre in prima linea ci sono i magistrati.

Diciamolo pure: carogne vigliacche.

Cosi’ ripugnanti che, nel confronto, i delinquenti finiscono riabilitati.

I giornalisti-dopo si riconoscono per due caratteristiche:

  • Nessun contributo alla verita’. Essi si limitano a ripetere quanto detto da magistrati ed inquirenti, e a diffondere intercettazioni. Niente di quanto scrivono e’ stato di aiuto all’inchiesta.
  • Arrivano sempre dopo il magistrato. In questo modo non serve coraggio: se anche il politico rimane in carica, e rimane al potere, possono sempre difendersi dicendo “io riporto solo i fatti”, dimenticando che non sia mai servito particolare impegno per trovarli. Bastava rovistare tra le carte del magistrato.

Essi si dividono tra quelli che arrivano dopo il magistrato quando il politico crolla, e si uniscono agli indignati-dopo, oppure quelli che arrivano dopo il magistrato ma il potente rimane al potere. In tal caso, i “fatti”, la bestia sacra del giornalismo, vengono usati come foglia di fico “questi sono i fatti, mica lo dico io”.

Il vecchio “niente di personale” dei codardi che ti pugnalano alle spalle.

Business is business.

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