G20, e i suoi problemi.

G20, e i suoi problemi.

G20, e i suoi problemi.

Viene da ridere quando si leggono le “polemiche” sul G20, specialmente quelle portate avanti dalla maggiorenne Greta , che pur essendo maggiorenne si atteggia a ragazzina (viene da chiedere per quanto tempo ancora il trucco le riuscira’), e la cecita’ dei giornali sull’inevitabile evoluzione del problema.

Per capire bene per quale motivo il G20 non ha deciso nulla, ecco uno schema interessante preso da Our World in Data:

G20, e i suoi problemi.

Come potete vedere, l’occidente non e’ piu’ il maggiore indiziato, ne’ il maggior colpevole, nelle emissioni di CO2. Se anche volessimo considerare “occidentale” il Giappone, la parte rossa ha superato , e di brutto, sia la parte verde che quella gialla, che tutte le altre.

Cosa significa? Significa che alla fine dei conti il destino del pianeta e’ nelle mani di Cina e India, un pochino Giappone. Come mai? Perche’ se anche USA e EU riducessero a zero, e dico a zero (significa che non respiriamo nemmeno) le emissioni di CO2, il mondo andrebbe comunque incontro al riscaldamento, perche’ la parte rossa e’ sufficiente a sostenere il fenomeno.

L’occidente deve smetterla di autoflagellarsi: non siamo (piu’) noi il problema.

E se facciamo la conta degli assenti notiamo una cosa: che tra gli assenti (Cina, India, Russia) ci sono delle coscienze sporche: persino la Russia, ove la situazione non sembra grave , e’ abbastanza strana se pensiamo che ha solo 150 milioni di abitanti, contro EU-28 (contiene anche UK) che ha 447 milioni di abitanti.

Adesso pero’ chiediamoci: per quale motivo la Cina, anziche’ presentarsi in una situazione di leadership, ha deciso di rimanere defilata? La ragione e’ semplice: sanno bene cosa ci apprestiamo a fare.

Supponiamo pure che si arrivi alla neutralita’ nel 2030. E che, aumentando le emissioni, la parte “rossa” del diagramma (cioe’ l’ ASIA) aumenti le emissioni come stanno facendo. (tanto i fessi occidentali si impegneranno a ridurre). Che cosa succede subito dopo?

Succede, e nemmeno “dopo” che improvvisamente parte una raffica di nuove “certificazioni” ecologiche. E’ un tema che sta gia’ nascendo, e che sta gia’ impattando sui commerci. In passato, il modo che gli europei avevano di difendersi dall’onda di prodotti a basso costo cinesi era quello di richiedere certificazioni (CE, TÜV, eccetera) per poter vendere i prodotti. E’ ancora il maggior sistema in uso per tenere fuori le auto cinesi e indiane dal mercato europeo, per dire.

Questa cosa delle certificazioni di qualita’ su standard sempre piu’ alti e’ sempre stata la spina nel fianco delle nazioni che ambiscono a diventare grandi esportatori di prodotti finiti, perche’ la UE finiva sempre col “chiudere” i confini non tanto facendo del protezionismo, ma alzando i livelli di certificazione richiesti. Questo ovviamente richiede una trasformazione industriale in Europa (del resto, le vernici tossiche cinesi erano comuni nei giocattoli  anche qui, 30 anni fa), ma funziona benissimo come barriera alla dogana.

Il motivo per il quale i cinesi non vogliono piu’ dare peso ad accordi come G20 , cosi’ come indiani e Russi, e’ che vedono nascere tutta una serie di certificazioni europee , cosiddette certificazioni “verdi”.

E vedono che queste certificazioni, come tutta la famiglia ISO-14000 , https://www.iso.org/iso-14001-environmental-management.html stanno cominciando a prendere piede. E sanno benissimo cosa succedera’: succedera’ che prima o poi diverranno cosi’ obbligatorie che verranno richiesti anche per le aziende (cinesi o indiane che siano) , e proprio le aziende che esportano.

E se speravate che ci si limitasse a certificare le aziende, stanno nascendo anche le certificazioni TÜV per i prodotti: https://www.tuv.com/world/en/green-product-mark.html

In pratica, i cinesi sanno che gli accordi “verdi”, quando vengono applicati, producono certificazioni, che poi nei mercati piu’ ricchi diventano degli ostacoli al commercio. E sanno che dando forza a questi accordi , darebbero forza a queste certificazioni, che presto diverranno obbligatorie , non appena ce ne saranno di piu’ stringenti che rimarranno facoltative.

Prima o poi, insomma, saltera’ fuori il certificato di “prodotto costruito in un paese a zero emissioni”. E prima o poi diverra’ obbligatorio.

La Cina e l’India, insomma, non possono rafforzare un sistema che , inevitabilmente, costruisce una barriera per il commercio.

E il problema  e’ ancora peggiore se pensate a quante certificazioni possono nascere tra “lo stato di oggi” e “lo stato del 2030”. Sto parlando di “prodotto costruito interamente con energia da fonti rinnovabili”  o “prodotto costruito senza energie fossili”, sto parlando di “prodotto riparabile”. “prodotto smaltibile”, eccetera. (https://ec.europa.eu/commission/presscorner/detail/it/qanda_19_5889) che entrera’ in vigore dal 2022. ( https://ec.europa.eu/energy/topics/energy-efficiency/energy-label-and-ecodesign/regulation-laying-down-ecodesign-requirements-1-october-2019_en?redir=1)

Ad aggravare il problema e’ che quando passano queste direttive, gli stati sono autorizzati ad aiutare la propria industria. Per esempio: https://repair.eu/news/germany-and-austria-implement-repair-bonuses/ , germania e austria stanno per sussidiare artigiani e industrie che facciano il refurbish di macchine elettroniche.

Questo e’ il problema della CIna, dell’ India e della Russia: che presto, vista la loro produzione di CO2, potrebbero essere letteralmente impossibilitati ad esportare in EU.

La Cina, come l’ India o la Russia, non parteciperanno MAI ad una serie di azioni internazionali il cui risultato inevitabile sara’ di costruire un muro contro il loro export.

Eppure, il muro sta gia’ crescendo.

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