Finanza ed economia.

C’e’ un gigantesco malinteso che continua a distorcere la percezione comune della crisi in atto. L’equivoco, che ha risvolti politici e mediatici, e’ quello che passa tra finanza ed economia in generale.

Sia chiaro: ovviamente non si tratta di enti completamente distinti. Essi possono (e qui vengono al pettine quasi tutti i nodi) essere piu’ o meno connessi.

Vediamo pero’ alcuni risvolti di questa mancanza (o presenza) di connessione. Per prima cosa, normalmente tra i cittadino e la finanza ci sono tutta una serie di intermediari. Broker, Trader , Private Bankers, eccetera.

Tutti questi livelli di separazione fanno si’ che esista un settore (con migliaia di operatori) che perdono il lavoro se la finanza va a puttane. In questo senso, citta’  ove il reddito dipenda fortemente dalla presenza di una borsa (New York, Milano, etc) possono risentire pesantemente di un crollo di borsa.

Citta’ come Parigi o Londra o Mosca, ove l’attivita’ borsistica copre solo piccole parti del PIL, per esempio , ne risentiranno meno.

In secondo luogo: i mass media. I mass media sono, oggi, entita’ principalmente finanziarie. In queste aziende , ormai, il traffico pubblicitario domina il rating dei titoli di riferimento, e si tratta quindi di mass media che si pagano il business as usual  vendendo spazio pubblicitario, ma si finanziano “la ciccia” sul mercato finanziario. Un esempio italiano puo’ essere il consorzio RCS.

Il fatto che per esigenze finanziarie si contattino (come clienti) i principali attori dell’economia fa si’ che queste entita’ finiscano col fare da hub (o se preferite da “salotto” ) della finanza. Cosi’, appartenere al consorzio RCS permette un’attivita’ di “networking” che porta il consorzio ad essere il crocevia di accordi che vanno ben oltre l’attivita’ del giornale.

Capire queste due cose permette di capire bene in che modo (falsato e tendenzioso) ci vengano presentate queste crisi.

Da un lato, gli operatori finanziari temono per il proprio (e solo per il proprio) portafogli. Quando arriva una Merkel che dice (giustissimamente) che tutelera’ i risparmiatori ma gli operatori che hanno sbagliato devono pagare, ci da’ un’ottima notizia.

Dal punto di vista del cittadino significa che se smettesse di giocare in borsa e mettesse tutti i soldi su un conto, lasciandoli li’, non rischia nulla. Da sola, una notizia del genere e’ un ottimo calmiere per i consumi e per l’economia.

Ma.

Ma per gli operatori di borsa e’ un disastro, perche’ essi vedono tutelare i clienti, vedono tutelare la banca contro la chiusura (mediante le solite nazionalizzazioni) ma non hanno nessuna tutela. Di conseguenza, pensano a fare liquidi vendendo.

Ecco l’origine del “panico”: il panico proviene dal fatto che i governi (giustissimamente) badano a tutelare il consumatore , l’industria e la solidita’ nazionale , tutelando quindi le banche come enti e i risparmiatori come tali. Traders, Brokers, Private Bankers e compagnia bella rimangono scoperti.

Per questa ragione e’ inevitabile che i piani americani (e/o le assicurazioni dei governi europei) deprimano le borse: essi sono mirati a salvare i risparmiatori e le banche. Lo spesso strato di operatori che stanno personalmente sul pezzo , quando non sono operatori delle stesse banche, e’ escluso da questi piani.

Di conseguenza, questo folto gruppo di persone ha tutto l’interesse a seminare il panico, perche’ spera che gli aiuti dei governi arrivino anche a loro, che si trovano tra i giganti bancari e il consumatore. Poiche’ i giganti bancari possono togliere deleghe o ridurre il traffico di operazioni e il consumatore puo’ fuggire o semplicemente fare causa , il risultato e’ che questi individui strillano un sacco per questi avvenimenti.

Le altre entita’ che strillano sono quei massmedia che sono diventati “salotti buoni”, o che sono legati ad entita’ industriali /finanziarie che subiscono la perdita.

La Stampa, per esempio, era molto tranquilla finche’ FIAT non e’ stata sfiorata dal legame “de facto” con la svizzera UBS. Da quel momento ha iniziato a strillare anch’essa.

Il Corriere della Sera, gruppo RCS, ha visto subito l’ondata di vacche magre e si e’ messo a strillare brutalmente sin dall’inizio, amplificando la voce di quei “frequentatori di salotti” che speravano in un piano Paulson in Italia (o forse in Europa).

Ma questi strilli sono molto, molto, molto interessati: in tutti i casi sono la voce di personaggi che vorrebbero lo stato a rimetterci di tasca propria per compensare i loro debiti.

E quando dico “loro” non intendo solo i debiti delle finanziarie: poiche’ in Italia molte finanziarie sono anche socie delle industrie, Confindustria spera che il governo regali un po’di soldini a tutti.

Ma tutto questo nasconde una falsita’ enorme: mentre negli USA la finanza ha un ruolo importante in fase di start-up delle aziende, che e’ molto intenso per via di un intenso turnover, in Italia ed in Europa in genere (specialmente dopo Basilea) questo ruolo e’ abbastanza ridotto.

Il che significa una cosa: un crollo finanziario in Europa non corrisponde per forza in un crollo di attivita’ industriali. E’ chiaro che i consumi ne risentano, ma c’e’ un fattore di attenuazione fortissimo, che e’ la complessita’ dell’accesso al credito.

Se l’accesso al credito e’ difficile o difficilissimo, come accade in Italia, la carenza di liquidita’ inficia pochissimo le PMI ed i cittadini comuni. Di conseguenza, la distanza tra finanza ed economia e’ lunghissima, e i botti nel mondo finanziario arrivano all’economia molto ma molto attutiti.

Questo e’ esattamente il ruolo della stampa-finanza oggi , ovvero quello di strillare.

In definitiva, abbiamo due categorie di entita’ che strillano come ossesse perche’ sperano che lo stato sganci dei soldi. Anzi, no: sperano che sganci dei soldi A LORO. Perche’ il Piano Paulson, per dire, a questa crosta di persone offre ben poco. Queste persone speravano di avere qualcosa mentre ancora il Piano Paulson era molto vago: dopo che il congresso e la camera hanno posto dei paletti, e’ stato chiaro per loro che di soldini ne avrebbero visti ben pochi. E cosi’, e’ stato il panico.

Allo stesso modo, quando i governi europei hanno detto che NON avrebbero creato un altro piano Paulson, e che peraltro avrebbero garantito solo i consumatori e le banche, anche in Europa e’ stato il panico.

Contemporaneamente, i giornali legati alla finanza e all’industria si sono resi conto che i membri dei loro “salotti buoni” non sarebbero stati  beneficiati ne’ dalla tutela dei risparmiatori ne’ dalla tutela alle banche statutarie, il risultato e’ che si sono messi a strillare, poiche’ sanno che perderanno soldi ma nessuno pensa a loro.

Lo scopo di entrambi  i gruppi e’ quello di diffondere una sensazione di panico tale che i politici si sentano spinti a buttare sul tavolo dei soldini. Di conseguenza, amplificheranno un panico ingiustificato al solo scopo di fare pressioni sui politici.

Sia chiaro, questa crisi e’ grave.

Sia chiaro, avra’ delle conseguenze, e pesanti.

Ma sia chiaro, non c’e’ alcun motivo per il quale il cittadino comune , in Italia, dovrebbe essere piu’ preoccupato di tanto: una semplice legge finanziaria da 40 miliardi di euro, come quella di Prodi, ci ha imposto MOLTI piu’ sacrifici, al solo scopo di avere dei “tesoretti” da regalare a Confindustria per dimostrare che la sinistra non e’ marxista e non odia piu’ i padroni del vapore.

Quindi si’, non lasciatevi trascinare dal panico dei soliti interessati.

E’ un panico recitato ad arte.

Uriel

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