Felicita’ e coazioni.

Dopo anni che scrivo questo blog, inizio a percepire i commenti in maniera euristica. Alcuni li associo all’idea di “tirare”, quella sensazione che provate quando siete a pesca e qualcosa inizia a tirare la lenza. Non tanto perche’ io paragoni gli argomenti a delle esche, ma perche’ alcuni argomenti vengono come “tirati” dai lettori: e’ come gettare acqua su un terreno arido e vederla scomparire in pochi secondi, mentre se si getta qualcosa che manca di meno, l’assorbimento e’ meno frenetico. Il tema della felicita’ e’ uno dei temi per i quali percepisco una tremenda “sete”.

E’ vero, si tratta di un tema di cui si parla poco, e anche quando se ne parla se ne filosofeggia, al puro scopo di snaturare l’argomento per portarlo ai grandi sistemi.
Allora, partiamo dall’inizio: in Italia la felicita’ e’ morta. Essa sopravvive ancora in poche isole giovanili , ove esplode a volte creando meravigliosi eventi di gioia (1) , ma ormai ne sopravvive poca. 

Nel post precedente ho menzionato la “serieta”, quelle “cose piu’ serie” (ma meno belle) che devi fare al posto di essere felice. Insieme alla serieta’, all’importanza, all’urgenza potrei nominarne altre, ma in generale possiamo dire una cosa.
Normalmente l’essere umano ricerca la felicita’. Non importa quanto vicino o lontano sia: anche se chiudete una persona dentro un carcere e la torturate, questo non impedira’ di cercare la felicita’: al massimo impedira’ di RAGGIUNGERLA, ma comunque l’uomo si sforzera’ di cercarla.
Le coazioni fisiche, cioe’, non possono impedire ad una persona di cercare la felicita’. Se anche gettate un tizio tra le fiamme, egli cerchera’ di sfuggire, e se pure non riesce -comunque prova a migliorare la propria situazione-.
Al contrario, esiste un modo che puo’ convincere una persona a RINUNCIARE alla felicita’. Questi metodi sono coattivi, ma non sono coercitivi nel senso fisico. Non si tratta di gettare qualcuno nel fuoco o di bruciarlo come Giordano Bruno: Giordano Bruno pensava che la felicita’ fosse -ad ogni costo- nella verita’ piu’ alta, enunciata liberamente. Ucciderlo non gli ha fatto rinunciare alla felicita’: al contrario, Bruno ha preferito rimanere coerente -cosa che evidentemente lo rendeva felice- anche al prezzo della morte.
Tuttavia, l’italiano oggi ha rinunciato a cercare la felicita’. Ed e’ molto piu’ infelice di molti altri popoli. Molti tirano fuori la crisi, il debito, lo spread e le altre cose, ma come ho detto esistono posti piu’ poveri dell’ Italia che pero’ mostrano una popolazione piu’ affamata di felicita’.
Che cosa succede?
Innanzitutto, prendiamo l’esempio della persona che ha deciso di morire per le proprie idee. Contrariamente a quanto si pensa, questa persona non ha rinunciato alla felicita’, anzi. Ha semplicemente identificato la propria felicita’, con tale chiarezza e certezza da poter dire che e’ piu’ importante della vita.
Se Giordano Bruno non fosse stato davvero CERTO di essere orribilmente infelice qualora avesse rinnegato i propri scritti guadagnando la vita, le cose sarebbero andate cosi’:
  • Allora, eretico, confermi le tue teorie blasfeme e contrarie alla fede?
  • Beh, dai. Confermare e’ una parola pesante. Diciamo che se ci fai una t-shirt vende un sacco.
  • Insomma, sostieni che esistano altri pianeti con altri uomini, non discendenti da Adamo ed Eva?
  • Mah, una volta mi e’ sembrato, si. Ma potrei anche sbagliare, ecco. Forse mi avete frainteso.
  • Allora rinnega le tue tesi o muori!
  • Piano con le accuse. Non e’ che fossero tesi. Non sono mica sicuro. E’ una cosa che ho pensato, ecco tutto. Ma se vi infastidisce basta, non la dico piu’. Non e’ che uno deve crepare per dire tutto quel che pensa.
Che cosa manca in questo dialogo? Manca la certezza che rimanendo in vita si rinneghi la felicita’, ottenendo un destino di infelicita’ cui la morte e’ preferibile.
Cosi’, il primo problema e’ che l’ italiano ha identificato male i motivi di felicita’. Nell’eta’ giovanile, la felicita’ e’ principalmente fisica, e viene riconosciuta per istinto. Certo, c’era una inutile e strumentale “protesta” degli studenti medi, ma l’idea di andare a ballare tutti insieme , e ridere, e divertirsi, fa parte dei “sensi” della gioventu’, sensi che vanno tenuti vivi, o si muore.
L’uomo moderno italiano crede ad una fesseria incredibile. Crede di realizzarsi con la carriera. Ora, ho una brutta notizia per voi: la carriera non ha mai realizzato nessuno. Non lo fa, semplicemente. Potete sbattervi per la carriera quanto volete: proverete un vago senso di soddisfazione -che confondete con la felicita’ perche’ non sapete cosa sia- quando venite promossi, e poi tornerete infelici.
Lo stesso dicasi del lavoro: chi pensa che lavorare possa dargli la felicita’ e’ un idiota. Certo il lavoro puo’ piacere o puo’ dare soddisfazione, ma non puo’ darvi la felicita’. A me piace il mio lavoro, e mi da’ soddisfazione: ma quanto pensero’ che mi dia soddisfazione spero che qualcuno mi abbatta e metta un cane al mio posto. E poi abbatta il cane.
Il lavoro non vi rendera’ MAI felici. Potete lavorare sino a morirne, e non sarete felici ugualmente. Per una semplice ragione: il lavoro NON HA la qualita’ di dare la felicita’. Un canarino non puo’ causare tempeste, una nave non puo’ creare supernove, e il lavoro non puo’ causare felicita’. Fine. E’ semplice.
E’ una cosa nota agli antichi: sin dai primi scritti della societa’ il lavoro e’ dipinto come una maledizione divina. Poi e’ diventato uno status sociale, con la schiavitu’ ed il servilismo. Ma ad un certo punto, la societa’ non ha potuto chiedere piu’ lavoro di tanto. Se volevano 16 ore di lavoro al giorno non potevano piu’ frustarvi. Non potevano piu’ costringervi. E cosi’ hanno deciso di CONVINCERVI. E vi hanno convinti che il lavoro vi possa far sentire realizzati. La vera domanda e’: questo ha qualche senso?
Negli ultimi anni, l’ Italia ha superato il resto d’europa nel numero di ore lavorate. Anche se la produttivita’ e’ calata, anzi PERCHE’ la produttivita’ e’ calata, state lavorando come bestie. Adesso vi chiedo: siete piu’ felici? Vi state “realizzando” adesso che gli straordinari non pagati sono la norma? No.
Non siete piu’ felici quando lavorate di piu’. Non vi realizza. Forse realizza il vostro capo o il padrone della vostra impresa, ma dovete ammettere che tra “un buon lavoro mi fa sentire realizzato” e “un buon lavoro fa sentire realizzato il muo capo”  sono cose diverse.
Allora: perche’? Qui siamo alle coazioni. Le coazioni sono delle SOFFERENZE PSICHICHE la cui minaccia porta il singolo a rinunciare alla propria felicita’, per paura di essere escluso dal gruppo.
Facciamo l’esempio piu’ evidente, proprio con il FlashMob di Roma.
Lo strumento di sofferenza e’ la parola “cose piu’ serie”. Si dice che:
  • La manifestazione degli studenti medi e’ una cosa “piu’ seria”.
  • Dalla manifestazione degli studenti medi dipende “il futuro della scuola”.
  • Dal futuro della scuola, ovvero dalla manifestazione, dipende il futuro di tutti gli studenti.
    • SE NE DEDUCE CHE A NON PARTECIPARE ALLA MANIFESTAZIONE SI DISTRUGGA IL FUTURO DI TUTTI GLI STUDENTI. AZIONE PER LA QUALE SI MERITA DI ESSERE ODIATI.
Questo meccanismo, la caccia al crumiro, e’ tipico di alcune organizzazioni di uno specifico colore politico, ma lo schema generale consiste nell’affermare che:
  • Da quel che facciamo dipende il bene  di tutti.
  • Se non rimani con noi a farlo, il bene  di tutti e’ compromesso.
  • Se preferisci la tua felicita’ personale a quel che facciamo noi, sei nemico del bene di tutti e quindi di tutti.
  • In tal caso, sei espulso dal gruppo.
Questo meccanismo astratto e’ quello che nei commenti viene presentato come “se non resti a lavorare ti guardano male”. Ora, voi vorreste andare dalla vostra famiglia, cosa che magari vi rende felici. Vorreste andare al cinema, cosa che forse vi rende felici. Vorreste fare qualsiasi altra cosa, che vi rende felici. Eppure, RINUNCIATE alla felicita’ perche’ una coazione vi costringe.
In questo caso, posso farvi notare una cosa con un esempio breve: piu’ tempo passerete con un gruppo, piu’ quel gruppo sara’ essenziale. E piu’ sara’ essenziale, piu’ potra’ togliervi. Il paradosso che ne risulta e’ quello del tizio che lavora cosi’ tanto da non aver tempo di cercare un altro lavoro.
In che modo il flashmob ha vinto? Ve lo dico io: erano 30.000. E’ impossibile per un gruppo ostracizzare una persona, se essa fa parte di un gruppo piu’ grande o semplicemente di un altro gruppo. Quando al lavoro iniziano a pressarvi, iniziate ad allontanarvi dal gruppo. Non andate a pranzo coi colleghi, non usciteci, rimanete distanti e fate presente che avete altre amicizie. Fatevi venire a prendere dagli amici qualche volta. La coazione “la nostra azienda e’ una famiglia, quello che facciamo e’ importante perche’ lo facciamo per tutti” diventa inutile se tutti continuano a parlare della propria famiglia, dei propri amici, di quello che hanno fuori. Si chiama anche
 “Who the fuck are you?”.
Un altro modo per costringervi a rinunciare, oltre a “piu’ serio”, e’ “siamo in guerra”.
‘Siamo in guerra” e’ la strategia dell’emergenza. Si dice che un nemico malefico piu’ o meno identificato voglia fare qualcosa di orribile a tutti quanti. Siano i cinesi, i malvagi tedeschi della Merkel, chiunque, lo scopo e’ di togliervi qualcosa di prezioso. Poiche’ non vedete nessuno a togliervi nulla, quello che vi dicono normalmente e’ che il nemico vuole distruggere il vostro futuro.
Ho buone notizie per voi: NESSUNO puo’ togliervi il futuro. NESSUNO ed in NESSUN MODO. Sinche’ rimarrete liberi di agire, il vostro futuro rimane vostro. Lo scopo di questa dialettica e’ di farvi credere che se fate la tal cosa e non la talaltra cosa, allora salverete il vostro futuro.
Guarda caso, la cosa da fare e’ di rinunciare alla vostra felicita’ per una felicita’ futura. Sapete qual’e’ il problema? Che le guerre NON FINIRANNO MAI. Se fate tanto di cascarci, la crisi durera’ all’infinito, la guerra sara’ per sempre, lo spread sara’ sempre in agguato, il futuro sara’ sempre in pericolo.
Un dialogo corretto che risponde e’ il meccanismo della delega verso l’alto, detto “Who is in charge, then?”:
  • C’e’ la crisi del debito, dobbiamo lavorare di piu’!
  • C’e’ un cazzo di governo pagato per gestire la crisi del debito. Semmai il governo deve lavorare di piu’e  fare gli straordinari. Io vado a casa.
  • MA come: dobbiamo impegnarci TUTTI!
  • No, no. Il debito lo gestisce il ministero dell’economia. LORO devono impegnarsi di piu’. E’ loro l’incarico
Portiamolo nel caso del FlashMob :
  • Ci stanno rubando il futuro! Stanno peggiorando la scuola!
  • aha. C’e’ un ministero che ha il compito di evitarlo. Che muovano il culo. Io vado a ballare.
  • Ma se non manifestiamo, la scuola andra’ a peggiorare!
  • Ripeto: migliorare la scuola e’ un compito specifico del ministero dell’istruzione, dei presidi e dei professori. Che muovano il culo e si diano da fare. E’ compito loro.
Questo modo di ragionare e’ ottimo. E’ ottimo perche’ restituisce il compito specifico alle istituzioni che EFFETTIVAMENTE si prendono l’incarico -e la relativa paga a fine mese- di fare le cose. Un nemico pericoloso minaccia il futuro? Bene: abbiamo un esercito per questo, no?
La mobilitazione totale non e’ mai accettabile. E’ una strategia inventata principalmente da Trotzky quando scopri che i suoi generali avevano l’incredibile capacita’ logistica di muovere milioni di persone. Prendeva intere popolazioni e le scagliava contro il nemico. Risultato: Lenin vinceva la rivoluzione. Milioni si facevano ammazzare dalla cavalleria di Judenich.
C’e’ un punto: Who is in charge, then?”:
Questa responsabilizzazione di chiunque e’ una porcheria tipica dei sistemi piu’ disorganizzati. In un sistema organizzato, ogni cosa e’ responsabilita’ dei suoi responsabili riconosciuti dalla propria organizzazione. Spalmare i problemi su tutti e’ semplicemente inutile, e serve solo a rendere infelici tutti.
Qualcuno obietta che questo sembra un metodo “panem et circensis”, ma vorrei capire una cosa: se e’ compito dell’imperatore guidare l’impero, perche’ mai il sonno dovrebbe perdercelo qualcun altro?
La prima cosa che si nota in questa perdita generalizzata di felicita’, che consiste in una perdita generalizzata del tempo libero, e’ il collasso dei ruoli. E’ come se non potessimo MAI dormire in aereo perche’, porca troia, la rotta dell’aereo ti riguarda e quindi non puoi rischiare che qualcuno ti porti nel posto sbagliato.
Il problema pero’ e’ innanzitutto CHE NON SIETE VOI AL TIMONE, e secondo, che anche se fosse non saprete mai se quella che state seguendo sia o meno la rotta giusta.
Cosi’, possiamo arrivare ad una descrizione piu’ generale del problema della distruzione del tempo libero, dunque della distruzione della felicita’:
  • I ruoli non esistono. Tutti rispondono col proprio libero tempo dell’andazzo generale e di problemi che sarebbe invece compito specifico della classe dirigente risolvere. Eventualmente, a spese del LORO tempo libero. La causa richiede che TUTTI facciano tutto, anche se la gerarchia rimane quella.
  • Ogni problema e’ urgente e serio, cosicche’ chiunque non regali il suo tempo libero alla causa e’ un traditore , meritevole di disprezzo ed emarginazione. La causa e’ l’attivita’ piu’ importante della tua vita.
  • Il gruppo che ti toglie il tempo libero e’ il gruppo piu’ importante della tua vita. Non ne esistono altri che siano altrettanto importanti, fossero anche amici , famiglia o quant’altro.
Queste tre figure retoriche sono le tre coazioni che hanno ucciso la felicita’ in Italia.
Affermazioni apparentemente sensate come “qui tutti devono saper fare tutto” hanno permesso di pretendere che A faccia il lavoro di B, dedicandovi il proprio tempo libero. Affermazioni apparentemente sensate come “il problema e’ serio e richiede attenzione di tutti” sono diventate la scusa perche’ i problemi causati dai vertici tolgano tempo libero a tutti. Lavorare di piu’ perche’ c’e’ la crisi. Lavorare di piu’ perche’ l’azienda va male. Lavorare di piu’ perche’  c’e’ lo spread.

Adesso arriviamo all’ultima considerazione: avrete notato che tutto il mio discorso verte sul tempo libero. La domanda che vi verra’ spontanea e’ “ma la felicita’ dipende dal tempo libero?”. La risposta e’ molto semplice: essa non DIPENDE dal tempo libero, ma ARRIVA nel tempo libero.

Senza tempo libero, ovvero senza quantita’ di tempo nelle quali voi fate esattamente quel che vi va di fare, non potrete MAI essere felici. E’ come Babbo Natale che arriva a Natale: se non c’e’ il natale, non esiste il giorno in cui arriva. E quindi non puo’ arrivare.

Non dico che il tempo libero sia SUFFICIENTE a rendervi felici. Occorre anche sapere cosa vi renda felici (se pensate che il lavoro vi rendera’ felici, siete fottuti) , e destinare a quel momento libero la cosa che vi fa felici. Poi occorre sapere CON CHI potete essere felici, perche’ poi dovrete decidere di passare quel tempo libero proprio con loro. Cosi’ il tempo libero non e’ SUFFICIENTE, ma e’ NECESSARIO.

E questo porta ad un ultimo, doveroso passaggio: la felicita’ e’ la cosa PIU’ importante. Non c’e’ crisi, spread, nemico alle porte che siano piu’ importanti: esistono persone pagate per badare a queste cose. Che lavorino.

Ed e’ cosi’ che e’ morta la felicita’ in Italia: e’ morta con la fine del tempo libero.
Uriel
(1) E se sono rumorosi, fottetevi. Un giovane che balla e’ piu’ bello di un vecchio che dorme!

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