Fantasy

Poiche’ sono in ferie ho ripreso in mano Pietre (il gigantesco seguito di Cibo) e quindi mi va di parlare di scrittura. Lo faccio anche perche’ dopo il post scorso mi hanno chiesto dei consigli su come scrivere fantasy. Sia chiara una cosa: non vi parlero’ di forma. Quella e’ buona per le maestrine con la penna rossa. Vi parlero’ di contenuti. Direte voi: ma se mi dai tu i contenuti, come facciamo noi ad inventare? Ho una bella sorpresa per voi: esistono le sintassi descrittive, e nel parlato comune si chiamano “struttura”. Parliamo, allora, di struttura del fantasy, visto che nessuno lo fa.

Punto primo: state scrivendo un romanzo. Questo significa che scriverete un’opera strutturata in tre fasi. Nella prima fase, che potrebbe anche essere brevissima , mostrerete una realta’ iniziale, un equilibrio che rappresenta il normale vissuto quotidiano dei protagonisti. Nella seconda fase, un evento arriva a distruggere l’equilibrio, e da questo cambiamento nasce la trama. Il romanzo finisce con un nuovo equilibrio, descritto o lasciato indovinare. Se siete bravi potete unificare le due fasi, iniziando con un cambiamento. Ma esso deve iniziare abbastanza lentamente da permettere al romanzo di mostrare il quotidiano che verra’ distrutto.

Se privilegiate il cambiamento al quotidiano precedente, per tutto il romanzo dovrete tenere un ritmo altissimo (far succedere un sacco di cose) e tipicamente scriverete un romanzo d’azione , mentre se volete scrivere qualcosa di meno denso, allora vi consiglio di lasciare qualche paragrafo iniziale al quotidiano, e far arrivare il cambiamento con calma.

Potete unire le due cose, cioe’ scrivere un romanzo con molta azione e molte pause di normalita’: in tal caso, otterrete un bestione.

Potete anche rinunciare alla chiusura, come si faceva molto negli anni ’70 lasciando il finale “aperto”. Questo significa che scriverete un sequel, oppure che vi piaccono i libri scritti negli anni ’70. A me personalmente piacciono poco. Alcuni di questi romanzi aperti sono diventati film. Nel caso di Kubrik, lui diceva che “se qualcuno ha capito tutto io ho sbagliato da qualche parte”. Gli altri hanno provato. Hanno provato e hanno fallito.(TM).

Chiarito che stiamo scrivendo un romanzo, passiamo alla particolarita’ del fantasy, ovvero del romanzo fiabesco. Per prima cosa: se rifiutate l’idea che il fantasy sia un genere che deriva dalla fiaba e ne eredita i canoni, vi consiglio il sesso con gli animali al posto della scrittura. Non e’ bello nei confronti delle capre, in compenso potreste incontrare Zeus in persona e partorire un semidio. Perlomeno, riempire capre di sperma non vi fara’ riempire fogli di scemenze, che e’ un bel passo avanti.

Non sono una capra facile. Per chi mi hai presa? Solo con lo scrittore della mia vita, io.

Quello giusto. Quello vero. Non mi buttero’ via col primo che capita.

Stabilito che non avete voglia di sodomizzare una capra, andiamo avanti. Il genere fiabesco e’ strettamente legato al modo con il quale le societa’ primitive si sforzavano di passare messaggi morali ai giovani. Il fine pedagogico e morale puo’ essere sublimato fino a divenire impercettibile, puo’ essere estremamente metaforico oppure molto allegorico (per evitare che il boss del villaggio si incazzi ) ma il legame col folklore e con le societa’ arcaiche e’ forte, ed e’ fondato su alcuni concetti di base.E’ roba che studiano gli antropologi, quindi i letterati facili e gli umanisti farlocchi rimangano in silenzio, la loro opinione non conta.

Il rito di passaggio. Un rito di passaggio e’ un rituale attraverso il quale e durante il quale, affrontando (e superando, ma anche no) qualche durissima prova il giovane impubere diviene adulto. Non e’ un caso se , nelle fiabe, l’eroina finisca spesso con lo sposarsi. La fiaba inizia con l’eroina ragazza (ma pronta alla prova iniziatica) e finisce con la ragazza che supera qualche ostacolo e si sposa, ovvero diventa una donna. Idem per gli uomini: la fiaba inizia con il protagonista immaturo, il protagonista supera qualche prova (spesso legata ad una donna o ad un ente femminile da sconfiggere, come la Babajaga russa) e a quel punto diventa uomo. Da cui Re, o Regina per la donna. NON ESISTONO , e NON appartengono al canone, fiabe nelle quali il protagonista sia un eterno adolescente , fiabe nelle quali la protagonista finisce la storia “pronta a nuove avventure”, o fiabe nelle quali l’eroe torna a casa e rimane il ragazzo di prima, con il ruolo sociale di prima e tutto come prima. L’eroe o l’eroina, alla fine della storia , sono adulti. Sono entrati nel mondo degli adulti e occupano un ruolo sociale (positivo) tipico dell’era adulta. Del resto, il posto in cui vivono gli Hobbit non si chiama “terra di mezzo” perche’ l’autore ha poca fantasia: si chiama cosi’ perche’ il rito di passaggio e’ CENTRALE nel genere. Chi scrive racconti nei quali il protagonista torna a casa pronto a nuove avventure, immutato, ignora le basi storiche del genere.Per questo i protagonisti del signore degli Anelli NON POTEVANO tornare alla contea e continuare come prima: Tolkien SA scrivere fantasy: essendo ancora loro stessi e molto caratterizzati, essendo ancora immutata ed intoccata la Contea, non sarebbe stato conforme al canone farli tornare indietro. Sarebbe mancato il passaggio.

Il rito di passaggio, II. Mentre cambiano i protagonisti, cambia anche il mondo. Se la storia comincia con un mondo fatato perche’ misterioso, essa finisce con un mondo SVELATO perche’ noto. Questo significa che il protagonista DEVE in qualche modo finire la storia inserito in un mondo MENO magico , e molto piu’ somigliante alla realta’. Se all’inizio ci sono elfi, nani, fatine, sirene, jini, quel che vi pare, durante la storia i nani schiattano, gli elfi emigrano, le sirene affogano, i jini vengono chiusi nelle bottiglie, e il mondo alla fine del romanzo e’ molto piu’ simile a quello reale. Questo ricalca il fatto che nel passaggio dall’infanzia all’era adulta non solo cambiamo noi, ma vediamo cambiare il mondo attorno a noi, sia in termini di quanto lo conosciamo (non crediamo piu’ alla cicogna, magari) sia in termini di come il mondo si rivolge a noi. Per questa ragione i nani di Tolkien vengono sterminati e gli elfi lasciano questa terra lasciandola agli uomini. Tolkien SA scrivere fantasy e ha studiato.

Gli assoluti. A corollario di quanto scritto sopra, gli assoluti essendo tipici dell’infanzia non devono sopravvivere alla storia. Il mondo adulto e’ sfumato e fatto di compromessi. Gli assoluti sono difficili da percepire, i buoni non sono vestiti di bianco e i cattivi non sono vestiti di nero. All’inizio della fiaba, invece, si’. Cosi’, se ci sono dei malvagi assoluti, essi verranno sconfitti e scompariranno dal mondo. Questo perche’ il protagonista durante il rito di passaggio deve perdere la suggezione e far propri il coraggio e la determinazione. Tuttavia, siccome neanche il bene assoluto fa parte della vita adulta, se ci sono figure assolutamente buone essere devono uscire di scena. Si sacrificheranno per l’eroe, o lo saluteranno dicendo che adesso non ha piu’ bisogno di loro, torneranno in qualche mondo magico dal quale sono stati evocati, insomma, si leveranno dal cazzo. Il mondo della fiaba inizia con una separazione netta tra personaggi positivi e personaggi negativi, alla fine rimane l’eroe, sicuramente positivo, ma non bene assoluto. Per questa ragione gli elfi si tolgono dal cazzo nel signore degli anelli.

Le figure genitoriali. Figure sapienti come veggenti, saggi maghi, anziane donne di enorme saggezza, streghe, insomma tutti coloro che sanno perche’ sono adulti/vecchi, devono iniziare la storia con un ruolo guida e terminarla con un ruolo marginale. Essi possono diventare centrali all’inizio della storia e dare qualche calcione a meta’ storia, ma entro la fine della storia c’e’ un solo protagonista, che e’ l’eroe. Diventi adulto, i genitori sono vecchi. Sanno tante cose, ma adesso la barca la mandi avanti tu. Questo spiega come mai Tolkien prende Gandalf e ne approfitta per levarselo dalle scatole insieme agli elfi.Tolkien SA scrivere fantasy.

La tradizione ed il folklore. La fiaba nasce in un mondo tradizionale, ovvero un mondo nel quale ogni verita’ riguardi la vita, l’universo e tutto quanto e’ scritta in un passato mitico, una volta ed una volta per tutte. Le donne stanno ai fornelli hanno la sottana e sfornano figli, e se non ci stanno temporaneamente perche’ devono avere delle avventure, ci staranno quando , col lieto fine, si sposeranno. Gli uomini fanno le cose da uomini. Punto. Eroine vegane lesbofemministe che suonano heavy metal e diventano amiche del principe ma preferiscono rimanere single ve le ficcate nel culo. Per cio’ che viola la tradizione c’e’ il soprannaturale: nella fiaba (e quindi nel fantasy) c’e’ una sola societa’ di riferimento, che ha i contenuti della tradizione e l’estetica del folklore. Per questo Tolkien si inventa “la contea”, ovvero la summa di tradizione immutabile e folklore: Tolkien SA scrivere fantasy.

Il soprannaturale. Siccome, detto come va detto, ogni tanto una vegana lesbofemminista che suona heavy metal e non si sposa ci vuole, e siccome la tradizione coincide coi limiti della natura e li informa, esiste il soprannaturale. Allora, se volete una vegana lesbofemminista che suona heavy metal eccetera fate una strega. Una fata. Una sirena. Una lamia. Una ninfa. Una dea. Una diavoletta. IL CAZZO CHE VI PARE, purche’ non sia la protagonista. La societa’ arcaica ha tre tipi di donne di potere: la madre, la regina e la sposa. Tutto il resto, dalle donne manager alle adolescenti inquiete a Lara Croft, tutto il resto dovete sbatterlo nel soprannaturale. Lo stesso dicasi degli uomini: potete anche volere una storia con un personaggio cui non piace fare le cose che fanno gli altri, cui non va di mettere su casa, diventare Re, principe, eccetera. Siccome violate delle regole della tradizione, ovvero della natura, li sbatterete tutti nel soprannaturale. Se vogliono vivere sottoterra e avere un caratteraccio li sbattete sotto terra e li chiamate nani. Se vogliono essere buoni buoni e griffati e tutti puccipucci li mettete in culo al mondo e li chiamate elfi. Ma gli uomini sono quelli, rimangono quelli (con le dovute distinzioni tra stronzi e bravi) e sono le uniche cose reali. Non ricorda Tolkien: e’ solo che Tolkien SA scrivere fantasy perche’ conosce il canone.Ha studiato. Fa-ti-ca.

Direte voi: accidenti, ma quante regole. Cosi’ saltera’ fuori sempre la stessa roba. Corretto. La fiaba e’ un genere antropologicamente MOLTO specializzato, e quindi il fantasy NON puo’ spaziare quanto vuole. Quando scegliete di scrivere fantasy, scegliete di scrivere un genere ESTREMAMENTE canonizzato, con pochissime liberta’. Dove sta la bravura? Sta nell’inventare una trama che rientri in un canone cosi’ stretto, contenga degli elementi di novita’ e sia esteticamente gradevole.

Tutto cio’ che NON rientra in questo canone minimale, NON puo’ essere chiamato fantasy. Puo’ essere VENDUTO come Fantasy e puo’ essere impropriamente conosciuto ai piu’ come tale, tuttavia NON lo e’. In Germania fanno la pasta alla carbonara con la panna, l’uovo, il prezzemolo e il prosciutto cotto. Milioni di tedeschi pensano che sia una carbonara. Cosi’ come milioni di americani pensano di mangiare una “pizza”.

Sia chiaro, non c’e’ nulla di male in questo. Ma se mangiate una carbonara fatta come la fanno li’, non avete il diritto di mettervi ad insegnare cucina solo perche’ sapete come disporre i tovaglioli. Allo stesso modo, se pretendete che sia fantasy qualcosa che NON rispetta i canoni di base della fiaba, probabilmente scriverete bei libri, ma NON fantasy. E no, non esistono “standard commerciali”: l’ignoranza NON e’ un punto di vista.

E’ possibile scrivere dei libri ispirandosi al fantasy? Ovvio. E’ un male? No, se sono bei libri non e’ un male scriverli. E’ Fantasy? NO.

Voi direte: ma allora i film e i libri coi vampiri? Sono storie di vampiri. Un tempo erano considerate storie dell’orrore, ultimamente stanno evolvendo verso una categoria della pornografia. Le fiabe originali con i vampiri, del resto, mettevano il vampiri come nemico malvagio da uccidere durante il rituale di passaggio. Oggi sono gli eroi. Essendo un assoluto, ed essendo l’assoluto un protagonista, si tratta di racconti mitologici a tutti gli effetti.

Cosi’, esistono tantissimi libri che raccontano storie i cui protagonisti sono gli elfi, gli gnomi o altre creature. Definirne il genere e’ difficile, perche’ ognuno e’ un caso a se’. Tuttavia, qualcosa ci puo’ aiutare: e’ assolutamente semplice definire la fiaba, dal momento che si tratta di un genere estremamente specializzato perche’ deriva da alcune qualita’ antropologiche insite nella specie stessa, costanti e facilmente riconoscibili. La divisione tra infanzia ed era adulta, la differenza tra naturale e soprannaturale, il folklore e la tradizione, sono concetti stabili nel tempo e raramente oggetto di discussioni.

Un capitolo a parte meriterebbe la magia nel fantasy. Anche la magia, essendo un fenomeno vecchio di 15.000 anni, e’ piuttosto studiato e abbastanza noto. Sebbene spesso si confonda la magia con l’occultismo, e quindi la si riduca a pochissime pratiche note ai piu’, e’ in generale magia ogni pratica che pretenda di trasferire alla realta’ la volonta’ di uno o piu’ individui semplicemente manipolando le categorie descrittive (parola o pensiero) della realta’ stessa, categorie espresse in maniera rigorosamente simbolica, ovvero olistica.

La magia menzionata nella fiaba (e quindi nel fantasy), quindi, ha le seguenti caratteristiche:

E’ materia occulta. E’ possibile cioe’ capire il cosa, sapere cioe’ che se il tale amuleto non viene distrutto allora tutta la figa diventera’ di legno al terzo plenilunio del primo anno che finisce per 6. E’ possibile anche sapere il “come”, ma solo in maniera simbolica: poiche’ l’amuleto e’ fatto dalla grande sacertotessa XXX, che notoriamente e’ esperta in falegnameria ginecologica, e questa aveva dei cicli mestruali piuttosto dolorosi, allora l’amuleto a questo potere. NON e’ possibile, MAI , sapere come cazzo funzioni l’amuleto e perche’ mai dovrebbe succedere una cosa simile solo perche’ non gettiamo sotto una pressa idraulica uno scoiattolo impagliato.

Dipende da chi lo fa. Ci vuole proprio il mago. Mentre l’ iPhone fa cagare allo stesso modo in mano di chiunque e l’automobile funziona circa allo stesso modo (1) nelle mani di chiunque, la magia NON e’ popperiana ne’ galileiana. Di conseguenza, se lo fai tu non funziona e se lo faccio io funziona. Perche’? Perche’ io sono Gandalf e tu sei solo Antonio La Foca. Specialmente, solo IO so perche’ funziona, e nel libro NON lo diro’ MAI. Perche’ dipende da chi lo fa.

Obbedisce alla volonta’ in senso locale. E’ possibile allagare ogni cosa senza ricoprire il mondo di acqua: “ogni cosa” si riferisce al modo col quale l’eroe vede il mondo. Un eroe puo’ afferrare il suolo, capovolgerlo portandolo sopra la testa, mentre tutti cadono nel vuoto perche’ la gravita’ rimane rivolta verso il basso rispetto al sottospazio generatore la geometria proiettiva dell’osservatore. Perche’? Perche’ SI.

E’ espressa rigorosamente in termini simbolici. Non esiste una grammatica vera e propria, e tutto dipende dal nome delle cose piu’ che dalla loro sostanza. Se siamo abituati all’idea che la rosa possa fare lo stesso profumo anche se non la si chiama rosa, non e’ magia. In magia la rosa fa quel profumo perche’ si chiama rosa. Il simbolo E’ la cosa. Definire il simbolo e’ sufficiente a creare la cosa.

Le parole e i pensieri hanno effetto sul mondo fisico. Ogni credenza per la quale un pensiero, una parola, o il pensiero e/o la parola associati ad un gesto possano cambiare il mondo, e’ magia. I rituali, ovvero l’ attribuire concetti o nomi ad un insieme di gesti, sono tecnologie (dal funzionamento occulto, cioe’ ignoto a tutti tranne ai maghi) a tutti gli effetti.

La predicibilita’ non e’ completa. Occorre uno sforzo morale di qualche tipo perche’ la magia funzioni, e la magia stessa e’ classificata tra bianca, nera , buona o cattiva attraverso lo sforzo morale che sottintende e richiede. Non esiste una magia neutra, dal momento che la fiaba ha un intento morale. Nella fiaba, quindi, la magia puo’ funzionare solo se sottintende o implica un preciso sforzo morale.

Procede per associazione e non per inferenza. Se lanciamo un gatto nero dalla finestra insieme ad una lampadina, arrivano al suolo insieme. Se ne deduce che la sfiga viaggi alla velocita’ della luce. Questo ragionamento, in magia, e’ corretto: prima si associa il simbolo al concetto (gatto nero=sfiga, lampadina = luce) , poi si procede come se i risultati della pratica magica fossero riferiti ai simboli associati e non agli enti.

E’ legata esclusivamente al folklore locale. Nel mondo slavo gettare sale significa portare sfortuna. Nel mondo mediterraneo e’ di buon auspicio. Cosa succede se un mago slavo e uno mediterraneo si combattono a colpi di sale? Che il principe sposa il cavallo e la principessa si da’ al porno. E che avete scritto un libro di merda: la tradizione e’ una sola.

Nel fantasy, non e’ semplicemente una tecnologia. Nel fantasy la magia e’ l’evento , o produce l’evento o e’ coinvolta nell’evento che perturba l’equilibrio iniziale. Si tratti di un anello che lega ogni anello, di un allineamento di pianeti che distruggera’ ogni citofono del pianeta, di una spada magica, di un castello volante, non si tratta di una mera tecnica ma del vero motore della storia, cioe’ dell’evento che scandisce la rottura dell’equilibrio iniziale.

Tutto questo non c’entra niente col modo in cui metterete le virgole. Non c’entra nulla col modo in cui scriverete gli apicetti. Non c’entra niente con il modo in cui gestirete i piccoli formalismi dello scrivere. Non sto parlando, infatti, di forma, bensi’ di struttura, o se preferite la forma che i contenuti devono prendere, al di la’ della tecnica realizzativa.

Ma questo e’ un concetto troppo complesso per chi riduce la scrittura ad un estimo.

Quando si menziona quello che ho scritto, in genere si cerca di fuggire nominando opere giapponesi, dal momento che il canone popolare giapponese e’ molto diverso da quello occidentale. Prima di chiudere,quindi, due parole sulle recenti influenze giapponesi. Ultimamente il fantasy e’ influenzato dalla narrativa popolare giapponese moderna, che a loro volta e’ influenzata da una serie di fattori storici. Questo ha introdotto alcune variazioni al concetto di fiaba, legate principalmente alla concezione cosmologica tipica dello scintoismo.

Gli assoluti. Nello shintoismo tutti gli esseri umani nascono buoni. L’essere umano e’ buono in se’, e tende naturalmente al bene se cresce in una societa’ ordinata secondo la tradizione, ovvero in una societa’ ove praticare il ricordo degli antenati onorevoli (fare shinto) porta a tenere viva una tradizione precisissima. Maggiormente questa tradizione verra’ tenuta viva e informera’ la societa’, maggiormente gli individui troveranno modo di crescere positivamente e trovare un ruolo positivo nella societa’. Se intendete importare canoni shintoisti nelle fiabe che scrivete, allora i buoni NON sono mai buoni di per se’, ma va sempre mostrato il ruolo della societa’ , dell’esempio degli antenati e degli anziani, e della storia passata, almeno in un momento della serie.

Il male e il bene. Nello scintoismo non esistono male e bene, ma purezza(kiyome)/sporcizia(kegare) in senso individiuale, ordine/tradizione e caos in senso sociale. Questo rende la filosofia adatta alla fiaba per via dell’importanza che si da’ alla tradizione e al folklore, tuttavia non permette di personalizzare il male. Il male non e’ persona, ma produce persone: le persone diventano malvagie perche’ crescono nel caos o in un sistema sbagliato, ove diventano sudicie.. Nella fiaba giapponese, dietro ad ogni malvagio c’e’ una storia triste nella quale il personaggio stesso NON ha potuto crescere in un precisissimo ed ordinato sistema sociale tradizionale, e pertanto e’ cresciuto distorto, cioe’ cattivo. Ma non e’ colpa sua, perche’ nello shintoismo non esiste la colpa , ma solo il disonore.

Il rito di passaggio. Nella fiaba shintoista il rito di pasaggio non e’ traumatico e non e’ un momento di rottura, perche’ la societa’ ha preparato adeguatamente il nostro eroe. Egli gode della fiducia dei genitori e dei maestri. Si tratta piuttosto di un esame nel quale mostrera’ tutte le cose che ha appreso, grazie appunto al bagaglio di conoscenze che si tramanda attraverso la tradizione sin da tempi antichissimi.

Il maestro. Nella societa’ shintoista chi lascia la famiglia non e’ comandante di se’ stesso, ma obbedisce ad un codice di cui e’ depositaria la societa’ intera. Pertanto, a differenza con quanto succede nella fiaba occidentale, il ruolo dei genitori sfuma verso quello di spettatori, ma cresce a dismisura il ruolo dei “maestri” , figure civiche le quali prendono il posto dei genitori e continuano ad essere il punto di riferimento dello shinto, del propagare la tradizione.

Il rito di passaggio, II. Nella fiaba giapponese il rito di passaggio puo’ non finire mai, per via della visione non escatologica del tempo importata principalmente dal taoismo cinese. L’individuo puo’ venire sottoposto a continue prove, durante tutta la vita, in un processo di continuo perfezionamento e di continua conferma di quanto acquisito dai maestri. Se intendete scrivere una fiaba che non debba necessariamente finire perche’ il protagonista diviene adulto ed entra a pieno titolo nella societa’, allora usate il canone shintoista, ma ALMENO usatelo bene. Se usate il canone scintoista allora usatelo tutto. I cocktail sono duri da mandar giu’.

Bushi. Il concetto di onore e’ necessariamente legato alla fedelta’ che si ha verso il proprio superiore nella gerarchia sociale, e verso la societa’ stessa. L’onore dell’eroe si chiama obbedienza. Sebbene questo cozzi con l’individualismo occidentale, l’eroe nipponico puo’ disobbedire al capo solo se il capo e’ evidentemente malvagio, si e’ mostrato tale ed evidentemente cozza con il bene della comunita’. NON esistono eroi individualisti ed anarcoidi, se non in un mondo devastato ed in preda al caos. In questo caso, si tratta di antieroi. Il comunismo stesso non e’ mai riuscito a prendere piede nella societa’ comunista, cosi’ come la contestazione giovanile, proprio perche’ e’ difficilissimo convincere il giapponese che dal caos e dalla disobbedienza possa nascere qualcosa di buono, se non ci sono prove della malvagita’ e della slealta’ dei capi: se anche ci fossero, la risposta sarebbe di cambiare i capi mantenendo intatto l’ordine. Non proprio il massimo, per chi propone la rivoluzione.

Il guerriero magico. Il guerriero e’ considerato estremamente potente, spesso soprannaturale, dai giapponesi. Questo e’ dovuto principalmente alla storia del giappone, e all’ammirazione che i giapponesi nutrono verso la disciplina necessaria per le arti marziali. Il guerriero, quindi, puo’ violare alcune leggi della fisica e fare cose che non sono possibili ai normali esseri umani. In questo senso, differisce dal guerriero occidentale perche’ il guerriero occidentale e’ un umano moralmente eletto che sfrutta al meglio le sue cospicue doti fisiche ed intellettuale, mentre nel mondo giapponese al guerriero potete far violare qualche legge della fisica, persino trasformare il guerriero in un semidio.

Cosi’, e’ ero che potete scrivere una fiaba diversa da quelle occidentali basandovi sul canone giapponese. Ma anche quello e’ piuttosto rigido: c’e’ da dire che questo NON ha mai impedito ai creativi giapponesi di creare dei capolavori. Cosi’ come non ha mai impedito agli occidentali di fare lo stesso.

Insomma, gli unici che non hanno mai scritto niente di decente sono i critici.

Uriel

(1) Con l’eccezione delle donne bionde.

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