Erdo qui, erdo la’.

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Capisco poco tutta l’eccitazione che c’e’ nella vicenda siriana. Per me, era  chiaro che una volta ridotto il controllo del governo siriano alle zone costiere , le zone interne sarebbero finite “sotto il controllo di qualcun altro”. Sinora, c’erano un migliaio di soldati statunitensi e le forze curde a presidiare parte del territorio, ma era un equilibrio chiaramente instabile.

Era un equilibrio instabile perche’ un presidio reale del territorio puo’ avvenire se:

  1. Esiste un’autorita’ statale dietro alle truppe che presidiano.
  2. Qualora non esista, un ente esterno fornisce autorita’ statale alle truppe.

Il secondo caso e’ il caso dell’occupazione, ma ovviamente c’e’ anche quello della “zona di influenza”. La parte di Siria che e’ contesa poteva essere sotto l’influenza di tre paesi : Siria, IRAN, Turchia. Siccome la Siria e’ troppo debole per contrastare la Turchia e l’ IRAN e’ impegnato su un altro fronte, si e’ fatta avanti la Turchia.

Era praticamente meccanica delle cose che Erdogan cercasse di prendere il controllo di quella zona. Essendo la Turchia storicamente complice dell’ ISIS, ed essendo Erdogan un islamista che sogna una Turchia “saudita”, non si pone il problema degli uomini dell’ ISIS che torneranno a casa non appena aperte le prigioni ove erano stati chiusi.

La scintilla e’ stata dovuta alla decisione dell’ “esercito Kurdo” di lasciarsi integrare nelle forze Siriane, cosa che di fatto riportava la regione sotto il controllo di Assad. E che costringe Assad ad inviare rinforzi al “suo” esercito. Sarebbe il primo “alleato” a non tradire i Kurdi  rimangiandosi  le promesse come hanno fatto tutti gli altri: i russi, che sanno quanto e’ forte un comportamento del genere, (la Russia non si e’ mai rimangiata un’alleanza nella storia recente) appoggeranno Assad nel sostegno ai Kurdi.

Questa mossa dei Kurdi e’ stata abbastanza sorprendente per le cancellerie americane, turche ed europee, ma e’ frutto di un paziente lavoro della diplomazia russa.

Il resto e’ stato il solito cortocircuito mediatico occidentale, dal quale sono scaturiti diversi errori strategici.

  1. Il ritiro USA. Se i turchi occupassero le zone dei curdi, ai curdi non rimarrebbe che ritirarsi verso zone “piu’ calme”. Il problema e’ che la zona “piu’ calma” e’ la zona Kurda dell’ IRAQ. Di conseguenza, gli USA non possono davvero ritirarsi e fingere non succeda nulla, dal momento che un ritiro dei curdi verso l’ IRAQ destabilizzerebbe il paese. Che in questo momento di contrasto all’ IRAN, agli USA serve stabile. Errore madornale, che verra’ pagato in seguito.
  2. L’embargo sulle armi. La dipendenza della Turchia da armi straniere ormai e’ minima, ed e’ limitata ad alcuni sistemi di ultima generazione. Non si capisce nemmeno per quanto. Fermare l’export delle armi e’ un atto simbolico , ma non cambia praticamente nulla e serve solo a “fare ammuina”.
  3. Minacciare ritorsioni economiche. Non serve a Nulla: Erdogan ha causato una catastrofe economica, come anche Putin, e dare loro la scusa “avete fame per colpa del malvagio straniero” serve solo a renderlo piu’ stabile internamente. Altro atto “simbolico” di scarsissima rilevanza.

Potrebbe essere invece rilevante la vendita di armi ai Kurdi. Se qualcuno vendesse armi ai Kurdi, o minacciasse di farlo, probabilmente Erdogan dovrebbe fermarsi.Cominciate a minacciare di vendere missili tattici di medio raggio ai Kurdi, e Erdogan deve fermarsi per forza: non puo’ permettersi di veder cadere un missile su nessuna citta’ turca. Ma guarda caso, la proposta non e’ sul tavolo.

Il che ci dice una cosa: ci dice che nessuno vuole fare DAVVERO pressioni su Erdogan.  Ma tutti devono far credere che stanno facendo qualcosa.

Ma qual’e’ la ragione di questo atteggiamento specialmente in Europa?

Sembra difficile crederci, ma ha a che vedere con la Brexit e col backstop. Immaginate per un istante che si riesca a firmare un accordo, per il quale gli inglesi escono dall’ Europa, ma rimane una parte del “Regno Unito” che fa da proxy. Ovviamente sappiamo tutti che la soluzione sarebbe tutto tranne che “temporanea”: una volta usciti dalla UE, siccome gli inglesi non hanno nessuno dei 750 trattati commerciali stipulati da Bruxelles negli ultimi 40 anni, non farebbero altro che usufruirne aprendo aziende “proxy” in Irlanda del Nord, e commerciando poi “da dentro la UE”. D’altro canto la UE avrebbe il potere di chiudere il proxy a piacimento, e quindi potrebbe sempre minacciare di chiudere la partita e portare via il pallone se le aziende inglesi esagerano. Un equilibrio quasi perfetto, e appena per il “proxy” cominceranno a fluire i miliardi, il proxy diventera’ definitivo e permanente.

Detto questo, torniamo indietro ed esaminiamo due nazioni: Turchia e Ukraina. Nel caso della Turchia, c’e’ un pezzo di Turchia che si trova nel continente europeo, e chiaramente si potrebbe pensare ad una Turchia che NON entra nella UE, ma ha un proxy: una volta stabilito il precedente, e una volta stabilita la giurisprudenza, diventa una soluzione praticabile ovunque. Si prende un tratto di territorio, si decide che sta sotto entrambe le giurisdizioni, e si replica il modello.

Erdo qui, erdo la'.

E il modello si puo’ replicare a dismisura: una volta applicato agli inglesi, i secondi potrebbero essere i turchi. E capite bene , quindi, che se si vuole andare a discutere di una soluzione “backstop”, e’ meglio non essere troppo nemici.

Ma la parola “backstop” si riferirebbe agli inglesi, per via della peculiare situazione di “brexit”. Sicuramente nel caso dei turchi la cosa si chiamerebbe in un modo diverso. Potrebbero addirittura essercene due, considerata la situazione di Cipro.

Ma il modello “backstop” non si ferma qui. Ci sono diverse altre situazioni molto “comode”, se qualcuno riesce a sdoganarlo sulla Turchia. Qui, per esempio, ne vedo ben due:

Erdo qui, erdo la'.

Uno si chiama “Moldavia” e uno si chiama “Odessa”, quella sporgenza in basso.

E ce ne sono altri: guardate bene Kaliningrad

Erdo qui, erdo la'.

Il modello “backstop”, se togliamo tutta la storia della Brexit, puo’ essere facilmente riutilizzato per trasformare situazioni di conflitto in situazioni di relativo commercio, senza per questo significare l’ammissione all’ unione europea.

Si tratta solo di adattarlo a proposta politica, dopo aver mostrato che funziona nel caso inglese, e convincere i turchi a farlo. La Turchia e’ il paziente zero ideale, visto che in teoria e’ ancora un membro della NATO, e non ci sarebbe la resistenza dei paesi scandinavi come nel caso di Kaliningrad (che per diventare una zona a doppia giurisdizione ha bisogno di piu’ “esempi positivi”: lo vedo dopo Turchia e Ukraina, onestamente).

Se ci pensate, la soluzione Backstop e’ pensata per:

  1. Dare una doppia sovranita’ su una zona tutto sommato poco redditizia.
  2. Farne un proxy commerciale ove “giocare” a scegliere quale trattato utilizzare di volta in volta per export/import.
  3. Mantenere il controllo delle frontiere da entrambe le parti, ovvero controllare il flusso migratorio (come da richiesta inglese).

Nel caso della Turchia, applicare un modello del genere alle zone “europee” (tutte o in parte) o al caso di Cipro potrebbe salvare capra e cavoli da entrambe le parti. EU ed Turchia rimarrebbero apparentemente separati , ognuno “aggrappato ai propri valori”, ma contemporaneamente potrebbero commerciare quasi come se a Turchia fosse entrata nella EU.

Estendere questo sistema da quel momento sarebbe semplice: se funzionasse in UK prima e in Turchia dopo, il sistema del “backstop” avrebbe una tale gamma di applicazioni politiche da far paura.

Ma occorre che funzioni prima con gli inglesi, e poi occorre un “paziente zero” come la Turchia.

Nessuno fara’ mai niente contro Erdogan. Perche’ tutte le cancellerie sperano in un sistema di proxy come quello del “backstop”, onde avere il caso di successo da vendere a Ukraina prima, poi Russia, e chissa’ quanti altri, dal Marocco alla Norvegia. Basta una zona poco redditizia (e precedentemente problematica, magari)  da sacrificare.

Tutto il punto e’ quello: con la Turchia vogliono commerciare tutti gli europei, ma nessuno la vuole in Europa. Esattamente come per gli inglesi. La situazione del “backstop”, con la doppia giurisdizione e il doppio confine (al di la’ degli aspetti simbolici) e’ la situazione win-win, ed e’ riutilizzabile (mutatis mutandis).

Illudersi che qualcuno fara’ qualsiasi cosa allo scopo di fermare Erdogan, al di la’ degli aspetti simbolici, e’ del tutto stupido. Soltanto chi ha in mente l’ordine mondiale degli anni ’80 puo’ credere ad una panzana simile.

Andiamo alle minacce di Erdogan:

  1. Vi mando i migranti. Sarebbe bello se potesse funzionare, ma questo causerebbe una migrazione di massa che prima di arrivare in Europa dovrebbe attraversare la Turchia. Con il rischio che poi gli ungheresi blocchino tutto col filo spinato e se li debbano tenere in Turchia. Minaccia da poco.
  2. Vi arrivano i terroristi. Con il sistema di monitoraggio elettronico ormai in vigore in tutta Europa, difficilmente una cosa simile potrebbe succedere. E’ successo anni fa, ma ormai i terroristi in Europa si muovono poco e male.
  3. Vi faccio l’embargo. Erdogan ha bisogno che siano gli altri a farlo a lui, per giustificare il disastro economico nel quale si trova la Turchia. Non puo’ davvero peggiorare le  condizioni dei suoi cittadini con un’azione unilaterale, se non simbolica. Quindi al massimo sarebbe un atto simbolico.

In realta’ la stampa sta parlando di poco: peraltro, non e’ neppure una questione di “ambizioni ottomane” della Turchia: le zone contese sono zone di confine che hanno pochissimo rilievo economico o strategico: Erdogan ne ha bisogno per mostrare qualche vittoria ai suoi cittadini, visto che alle ultime elezioni ha perso popolarita’.

Del resto, ripeto, se volessero fermarlo sarebbe sufficiente la minaccia di vendere missili di medio raggio ai Kurdi. Ma non lo fanno.

 

 

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