Enpowered.

Il post precedente e’ stato molto seguito, cosi’ vorrei spiegare bene quelle che secondo me sono state le tappe della distruzione del vecchio ceto medio, per capire anche quali siano state le tappe ed i metodi di tale distruzione. Credo sia importante sottolinearlo perche’ non si sono capite bene le modalita’ di questa distruzione. Vedro’ di analizzare in che modo, essenzialmente, queste vecchie categorie di persone sono state distrutte dal nuovo cittadino “enpowered” dall’uso di Internet.

 

 

Innanzitutto, bisogna chiarire una cosa. Le classi prepotenti italiane sono ed erano tenute in piedi per mezzo del classico strumento col quale si tiene in piedi ogni classe sacerdotale: l’occulto. Per occulto non intendo le macumbe o l’esoterismo in se’, ma la capacita’ per una classe sacerdotale di vietare una qualche branca della conoscenza alla popolazione. Potete chiamarli mandarini, se volete un termine piu’ moderno, ma il concetto non cambia: l’uomo comune e’ debole perche’ questi sacerdoti dispongono di una conoscenza che per definizione non e’ accedibile o utilizzabile ai non iniziati.

 

Nel caso italiano l’iniziato e’ colui che appartiene (dopo una lunga serie di rituali ed un percorso molto lungo) ad una precisa classe professionale.  Dopodiche, l’accesso al lavoro e’ sua volta bloccato da lunghi anni di apprendistato e di gavetta, cosi’ da rendere ancora piu’ distante chi conosce dal resto della popolazione.

 

Questa mancanza di informazioni era la essenziale debolezza del cittadino prima di avere internet. Forse voi non ricordate come andassero le cose prima, ma io ricordo. Dovendo comprare qualcosa che non avevate mai comprato, avevate poche scelte: il negozio del paese, o il negozio fuori paese che qualche amico aveva gia’ usato prima.

 

Sia chiaro, il fatto di entrare in un negozio e di comprare, che so io, una lavastoviglie della Candy non vi metteva “in contatto” con Candy. Dovevate credere a quello che vi diceva il negoziante: se vi diceva che guardando storta la lavastoviglie avreste perso la garanzia, cosi’ era. E il prezzo era quello, perche’ in fondo la somma di spese di trasporto e prezzo originale creava una pseudometrica discreta: non potevate allontanarvi tanto senza perdere la convenienza.

 

In provincia, significava che se il concorrente non era nei 30 km di distanza, per acquisti di medio calibro (continuiamo con la lavastoviglie Candy come esempio, che mia madre acquisto’ come primo “status symbol” di casalinga uscita dalla classe opevaia per diventare pregiata moglie di idraulico) era meglio lasciar perdere.

 

Il negoziante di paese, cioe’, aveva una capacita’ di ricatto notevole. Ma questo lo abbiamo gia’ detto: comprando su Amazon gli elettrodomestici ho risparmiato circa 300 euro. Ora, il fatto e’ che con 300 euro di differenza anche andare a Bologna anziche’ a Gaggio Montano ha la sua convenienza. Ma prima non poteva succedere. Non poteva succedere perche’ ovviamente PRIMA sarei andato al negozio del paese, avrei sentito le persone, le quali mi avrebbero detto di essere il punto della zona, e l’unico a fare assistenza. Come effettivamente dicono (mentendo) di essere.

 

Chi non ha internet non puo’ andare sul sito di Candy e sapere che ci sono almeno tre riparatori , e che ne’ Candy ne’ Whirlpool legano l’assistenza al venditore. Ho la stessa assistenza comprando da amazon e da Beppe il paisano. Ma non avrei potuto saperlo, ne’ avrei potuto sapere chi fossero i riparatori dal negoziante in questione.

 

Questo, a parte la questione logistica, e’ il primo punto dell’enpowerment: il potere immenso del ricatto dei negozianti di provincia e’ “se non vieni da me devi fare 40 km di distanza”. Il secondo e’ “posso raccontarti le palle che voglio”.  Ripeto, oggi sembra un ragionamento ridicolo, ma quando non avevate internet le cose non stavano proprio cosi’.

 

Andiamo ad un esempio ancora piu’ raffinato: quando non c’era internet mi capitava di comprare cose, e di scoprire da qualche amico che altrove costavano di meno. La realta’ e’ che quando i miei comprarono la lavastoviglie Candy, persero circa un giorno in automobile per girare due/tre negozi e confrontare prezzi. Ovviamente, tutti i negozianti portavano verso la casa che garantiva loro piu’ margine di contribuzione.

 

Non era possibile confrontare prezzi e qualita’ per la semplice ragione che anche con molti amici, solo in pochi casi avreste avuto esattamente gli stessi consumi. Ma se ci fate caso, avreste comprato quello che avevano gia’ comprato i vostri amici. Su grandi numeri questo meccanismo e’ un meccanismo selettivo. Su piccoli numeri, significa che dopo aver venduto 4/5 lavastoviglie di una marca nei dintorni, il nostro negoziante aveva un extrareddito di circa 10/20 lavastoviglie vendute nei successivi 2/3 anni, solo perche’ i “pionieri” della lavastoviglie del paese facevano vedere quella agli amici, e gli amici erano gli unici strumenti di conoscenza.(1)

 

Immaginate come sia cambiata la vita del negoziante, nel processo di acquisto che io e Lady Uriel abbiamo fatto qualche mese fa:

 

  • Andare nel negozio del paese.
  • Sapere che lui e’ l’unico a fare assistenza nel raggio di 12 kiloparsec. Vengono da lui persino da Messier 31. E non vi dico il traffico di Andromeda il venerdi’ pomeriggio. Whirlpool e Candy vincolano a vita, mediante una cintura di castita’ ,le persone che hanno comprato  da un rivenditore a farsi fare assistenza da loro. C’e’ anche la comoda opzione jus primae noctis, persino a rate.
  • Sia Whirlpool che Candy inviano killers a domicilio qualora si compri da rivenditori che non sono quelli di zona. La morte e’ normalmente lenta e dolorosa. La lista dei centri di riparazione della zona e’ cosi’ segreta che il CEO di Candy uccide i suoi dirigenti PRIMA che la leggano, per essere sicuri che non la rivelino a nessuno.
  • Io e Lady Uriel andiamo a casa. Ci colleghiamo sul sito web delle case. Scopriamo che a Candy e a Whirlpool non frega quasi nulla di chi ci ripari gli elettrodomestici, e a dire il vero sono anche un pochino indifferenti al luogo ove la compriamo. Sulla storia dello jus primae noctis magari si puo’ discutere, ma sui siti non c’e’ scritto chiaramente.
  • Andiamo su alcuni rivenditori online, e scopriamo che per quelle cifre il trasporto e’ gratis, e blabla.
  • Costa 300 euro in meno. O meglio, il negoziante locale ci avrebbe guadagnato 300 sacchi piu’ del rivenditore online. Che non e’ proprio un pezzente, a giudicare dal NYSE.

 

Ora, questo “enpowerment” ricevuto da internet ha causato una perdita secca di 300 sacchi al nostro negoziante, ma c’e’ un problema peggiore: le sue strategie dialettiche, basate sul fatto che il cliente non dovrebbe poter contattare direttamente la casa costruttrice, non funzionano piu’.

 

Ho visto qualcosa di simile anche nel mondo dell’ Informatica, quando Apple ha messo online i suoi prezzi e ha iniziato a vendere online. I prezzi nei negozi hanno perso qualcosa come il 20%, dovendo allinearsi a quelli ufficiali. Ancora le case costruttrici non stanno mettendo online i prezzi ufficiali di ogni cosa, ma gia’ esistono tool che permettono di confrontare prezzi online.

 

Adesso torniamo indietro nel tempo. Un tempo compravamo , un amico ci diceva che lui aveva trovato ad un prezzo piu’ basso, e noi dicevamo “eh, a saperlo”. Oggi, lo sappiamo. Oggi sappiamo quale sia il prezzo medio, il prezzo ‘di mercato”, e quindi e’ molto piu’ difficile beccarsi delle fregature, anche qualora NON si compri online.

 

Questo enpowerment dell’utente, piu’ che la semplice concorrenza col commercio elettronico, e’ il vero impatto della rete. A prescindere dal fatto che io abbia comprato online o meno (avrei potuto scegliere un negozio di Bologna, per 300 sacchi si faceva eccome) , comunque mi sarei accorto del fatto che il prezzo era 300 euro piu’ caro. Questo e’ il punto. Il mercato si appiattisce , solo perche’ gira l’informazione, sui valori del piu’ conveniente.

 

In questa pagina , per fare un esempio, qualcuno ci fa evidentemente una figura pessima, con un margine aggiuntivo bello altino.

 

Il negozio, quindi, non ha perso peso solo perche’ c’e’ il commercio elettronico, ma perche’ il cliente e’ “enpowered”, e nel confronto tra i mezzi adesso l’utente non e’ piu’ in una situazione di squilibrio cosi’ forte.

 

Ancora peggio e’ andata, devo dire, ai professionisti. Un decennio fa mi trovai a parlare di siti web con un certo ordine professionale di Bologna. Si discuteva di mettere online la lista degli iscritti della Provincia di Bologna, onde far si che fosse facile riconoscere un iscritto all’ordine e verificare la sua effettiva iscrizione all’ordine medesimo.

 

Ebbene, ricevemmo una lista stranissima. Abbiamo chiesto lumi, e ci fu detto che:

 

  • Il numero dello studio era da pubblicare solo per gli “emeriti”, perche’ davano lustro all’Ordine, cioe’ il primo 20% circa.
  • L’ordine non era alfabetico, bensi’ un qualche ordine deciso internamente all’ordine, che metteva ai primi posti i piu’ potenti (2).
  • Guai a mettere online l’indirizzo dello studio, perche’ “non potevano farsi pubblicita’”.
Ora, riflettiamo bene su questa clausola del “non farsi pubblicita’”. Sembra una questione deontologica, ma lo e’ davvero? Dov’e’ il guasto ontologico di un avvocato/ingegnere/architetto/cmmercialista che si fanno pubblicita’? Oh, e’ semplice: andiamo dal punto di vista del privato che abbia bisogno del professionista. Da chi va?

 

Beh, i casi sono pochi: o chiede ai soliti amici che hanno bisogno di un avvocato, o vede un avvocato su una targhetta stampata sulla facciata di un palazzo, oppure sa che in paese il tale e’ avvocato. O ha un avvocato in famiglia.

 

Come vedete, prima di Internet non avevate alcuna scelta: l’avvocato del vostro paesello avrebbe avuto almeno l’ 80% del business del paesello.  Ma c’era una cosa peggiore: escludendo il passaparola, limitato per forza di cose ai primi 3/4 professionisti dei dintorni, non avevate modo di sapere se una cosa fosse fattibile o meno. Se uno vi diceva di no, di lasciar perdere, anche i 3/4 vicini lo avrebbero fatto, e voi sapevate che no, era meglio lasciar perdere.

 

Intere generazioni di italiani hanno “lasciato perdere” di fare qualcosa soltanto perche’ un gruppetto di professionisti NON SAPEVA come si facesse la tal cosa, e rispondeva supercazzolando, tanto la gente non sapeva la verita’. Qui vi racconto un altro aneddoto:

 

facevo assistenza tecnica ad un grosso studio di avvocati bolognesi. Era appena nata iperbole, la rete civica bolognese. Un avvocato mi chiamo’ e mi chiese se non ci fosse modo, usando Altavista, di cercare nei gruppi di bologna.iperbole per capire se qualche giovane avvocato non partecipasse alle discussioni fornendo informazioni alla gente. La sua paura? Che qualche giovane avvocato si mettesse a scrivere su qualche forum dando consigli generici, e conquistando cosi’ la stima delle persone, ottenendo cosi’ i clienti. Che cosa c’era che non andava?

 

“eh, beh, lei capisce che un avvocato ci mette dieci, venti anni a farsi un nome, ed e’ un lavoro duro. Non e’ leale ne’ corretto che un giovane appena abilitato al foro possa usare questi mezzi per farsi una clientela, e conquistarsi la fiducia.”

 

Questa era la logica dei professionisti di “prima”: voi non dovevate nemmeno SAPERE della concorrenza. Avevate a disposizione i primi 2 gradi di conoscenza , e le targhette che vedevate sulle strade, e l’elenco telefonico. Basta. Immaginate quanto fosse divertente per un nuovo avvocato/commercialista/ingegnere/architetto farsi strada, ESISTENDO UN DIVIETO di farsi pubblicita!

 

Ma tant’e’, dopo pochi mesi l’ordine degli avvocati stigmatizzo’ le consulenze online, per poi passare al parere opposto dopo ben 7 anni, e consentire infine che gli studi legali si potessero pubblicizzare su internet. Hanno resistito fino a quando hanno potuto.

 

Ma torniamo a bomba: qual’e’ il senso di UN DIVIETO DI FARSI PUBBLICITA’? Serviva, molto semplicemente, a impedire che voi aveste la conoscenza. Supponiamo di andare da un avvocato per entrare in causa. Mi capito’ anni fa. Il primo avvocato non aveva voglia, e mi disse “ma no, ci rideranno dietro”. Cosi’ feci una ricerca sui gruppi NNTP e su Altavista, e vidi che in effetti non era vero, e che simili cause si facevano e si vincevano pure. Cosi’ lasciai perdere quell’avvocato e ne cercai un altro, il quale effettivamente mi supporto’ .

 

Ma se non ci fosse stato Internet, che cosa avrei fatto? Dopo il primo parere, probabilmente avrei desistito: un appuntamento con l’avvocato mi era costato mezza giornata di lavoro, e quindi non potevo certo girare 4/5 avvocati.

 

Questo era vero per ogni cosa: potevate anche essere informati prima di Internet, ovviamente. Ma per comprare una lavastoviglie mia madre e mio padre dovettero girare 3-4 negozi, cosa che fecero, e costo’ loro quasi una giornata intera: prendere l’auto, girare 3/4 paeselli piu’ la citta’, ( e solo la parte della citta’ che si conosceva). Immaginate un processo simile per essere informati e confrontare prezzi per OGNI spesa: impossibile.

 

All’epoca il commercio era completamente squilibrato, e tutto e completamente squilibrato verso chi deteneva l’informazione. Voi non avevate mezzi, se non TV e giornali, di sapere nulla. E TV e giornali facevano pubblicita’, nessuno aveva di certo un forum o un sistema di rating o di confronto! Addirittura all’epoca era vietata la pubblicita’ comparativa!

 

Ora, pensateci: qual’e’ la ratio di vietare la pubblicita’ comparativa? La ratio e’ di impedire ad ogni costo che senza muovervi, senza viaggiare, solo utilizzando il media, voi poteste fare un confronto. Non dovevate sapere.

 

Lo stesso dicasi del mondo degli statali: Lady Uriel deve farsi dare, con la sua ONLUS, un’aula nella quale io dovrei fare una specie di conferenza sui pericoli di Internet Mobile, per adolescenti e bambini. A parte il tema, , il problema e’ che esistono leggi che obbligano i comuni a dare  biblioteche e aule alle onlus, se la cosa avviene gratis et amore dei, e a fini sociali.

 

Ma il titanico impiegato locale ha risposto che “occorre un permesso della Regione per fare queste cose”. Rifletteteci: il nostro eroico impiegato non ci ha detto quale permesso ne’ quale ufficio. Contraddirlo, in altri tempi, ci sarebbe costato una giornata a spasso per uffici della regione. Oppure una mezza giornata persa presso l’associazione di associazioni(3) che si occupa di ONLUS. Ma Lady Uriel lavora, e quindi non avrebbe potuto.

 

Invece, esiste una bella email della “regione”, e Lady Uriel ha ottenuto una risposta in due giorni: non serve alcun permesso. E la risposta e’ firmata dal funzionario che risponde.

 

Anche questo e’ un esempio di cittadino “enpowered”: cio’ che prima avrebbe fermato una persona, adesso non la ferma piu’.

 

Tutto questo e’ cambiato con Internet. Facciamo poco caso a quanto Internet ci abbia cambiati, ma in realta’ l’urto che ha avuto sulla societa’ e’ stato durissimo. Noi non ce ne siamo accorti, perche’ alla fine dei conti troviamo scontato farci un giretto per internet e informarci, anche forfettariamente, su qualcosa. Ma le cose non stavano proprio cosi’: un tempo “informarsi” non era cosi’ facile. Per niente.

 

Il vecchio “ceto medio” non ha resistito proprio a questo fatto, cioe’ al cambio radicale nei rapporti di forza. La loro posizione di rendita si basava su una conoscenza occulta, una conoscenza tenuta occulta ai piu’ , ed ad uno squilibrio bestiale tra quello che sapevano loro (tutto, o quasi) e quello che potevate sapere voi, ovvero praticamente nulla.

 

Era impossibile saperne di piu’ su una malattia. Su una cura. Sapere in quali ospedali d’Italia curino meglio o peggio una certa patologia. Sapere dove siano i centri di eccellenza: dipendevate sempre e solo dal vostro medico di famiglia. Se lui non sapeva, voi non sapevate.

 

Ogni professionista era libero di raccontarvi cio’ che voleva su ogni cosa. Di sconsigliarvi qualcosa o dire che fosse infattibile solo perche’ era troppo pigro o troppo incompetente. O semplicemente perche’ credeva che non avreste avuto scelta.

 

Anche gli impiegati statali hanno perso molto mano a mano che avveniva l’enpowerment del cittadino. Il cittadino, sebbene a fatica, riesce a chiedere sui forum specializzati. Riesce a farsi un’idea. Che gli permette di azzeccare magari al primo colpo l’ufficio cui chiedere.

 

 

E’ una stupidaggine. Ma un tempo non sareste riusciti a capirci nulla. Certo, c’e’ anche una risposta sull’ ICI e l’ “uso capione” che credo fosse l’utilizzo delle vestali da parte del rex pontifex , ma quelle che sembrano piu’ dettagliate dicono sempre la stessa cosa. Quindi, con tutto il rispetto per gli Dei, sembra proprio che l’ usucapione sia da escludersi. Ma pareri di questo tipo un tempo erano difficilissimi da ottenere.

Se torniamo al punto degli impiegati statali, possiamo guardare questo:

http://it.answers.yahoo.com/question/index;_ylt=Aqp_wEmaCXOp0SGmLIe8FugZDgx.;_ylv=3?qid=20090420024119AACPmU6

che a Lady Uriel probabilmente sarebbe costato giorni e giorni di domande. Certo non sostituisce un vero consulto, ma in fase di decisione se 10 persone su dieci (forum, mailing list , etc) dicono la stessa cosa, probabilmente e’ da tenere in considerazione.

In definitiva quello che l’ IT ha fatto al vecchio ceto medio non e’ stato di colpirli direttamente, almeno non in tutti i casi. E’ stato di fare un processo di enpowerment, di potenziamento delle loro controparti. Gli impiegati pubblici trovano cittadini piu’ informati, che e’ piu’ difficile far girare inutilmente, che spesso vanno all’ufficio giusto al primo colpo.

Infine, il problema del rating. In Italia e’ un problema difficile. Se pensate che ai professionisti era vietato persino farsi pubblicita’ e che il terrore di comparazione era tale da far vietare anche le pubblicita’ comparative,  voi immaginate che su questo potere fosse basato tutto un business, o se preferite una rendita.

Oggi, potete confrontare e valutare prodotti a seconda delle recensioni: sugli articoli piu’ famosi troverete addirittura blog interi. Uso spesso un sito per prenotare hotel, visto che viaggio molto. Uno di questi hotel, italiano, mi ha tirato un bidone spostandomi ad un hotel “collegato” molto peggiore di quello pattuito. Ma l’ho scoperto alla reception. Non ho fatto altro che scrivere l’accaduto sul sito di booking. Il tipo mi ha inviato immediatamente una email di scuse, promettendomi questo e quello: ma non e’ il risarcimento il problema.

Il problema e’ che teoricamente poteva anche denunciarmi per diffamazione. E’ vero che io potevo documentare ogni cosa (di aver dovuto pagare un taxi a spese mie per andare nell’hotel di ripiego, che il costo concordato non fosse stato rispettato, eccetera) , ma per la legge italiana sarebbe stata diffamazione.

Oggi un sito normalissimo puo’ ospitare recensioni, ma un tempo le cose non stavano cosi’. Agli albori di internet, specialmente nelle reti civiche, c’era un turbine di querele per diffamazione: qualcuno riceveva una palese inculata, lo scriveva online e immediatamente scattava la denuncia. Anche oggi sarebbe possibile, ma in definitiva i luoghi ove farlo sono cosi’ tanti, che alla fine non vi conviene. Ci sono tanti di quei posti ove gli utenti possono confrontare prodotti e denunciarne le pecche che agire per vie legali e’ praticamente impossibile.

Ma agli albori di internet, per aver detto che una banca si era comportata male c’e’ gente che si e’ presa sonore denunce , obbligo di pubblicare la smentita su una pagina dei principali quotidiani nazionali, e via cantando. Oggi potete farlo piu’ liberamente, ma per chi esagera la legge e’ ancora li’.

In ogni caso, la situazione si e’ capovolta: un tempo, per una persona che andava in causa le banche si limitavano a opporsi, perche’ sapevano che per ogni persona che faceva una causa per avere indietro dei soldi, altre mille avrebbero subito. Oggi il discorso si e’ capovolto; questo e’ dovuto principalmente alla maggiore capacita’ di networking.

Non sto facendo discorsi di democrazia, perche’ non si tratta di democrazia. Non e’ politica. Sto facendo un discorso di mera prevalenza, ovvero del fatto che l’informazione e’ passata, in ambiti ove prima era custodita in maniera sacerdotale, alle persone comuni.

Questo ha distrutto il vecchio ceto medio. Negozi che non capiscono di essere falcidiati su Facebook o su altri social network. Negozi che non reggono piu’ la concorrenza e non riescono piu’ a raccontare palle. Professionisti che non riescono piu’ a raccontare quello che vogliono. Impiegati statali sempre meno potenti e sempre meno richiesti perche’ sono sempre meno i documenti inutili richiesti.

Tutto questo ha colpito specifiche categorie di impiegati, di burocrati, di negozianti, di commercianti, e cosi’ via. Unitamente alla possibilita’ di confrontare prodotti, come la possibilita’ di confrontare i mutui casa, questo ha tirato un bel colpo a molti business.

Questo e’ ancora l’inizio, perche’ comunque dovete andare a casa a collegarvi. Ma immaginate un mondo nel quale abbiate SEMPRE con voi quello che vi serve. Non dovete uscire dall’ufficio o dal negozio, vi bastera’ accendere il vostro tablet e puf, sapete bene che quel cazzo di negozio dove volete entrare fa schifo. Che quell’albergo non e’ un granche’. Che in italia non tutti i taxi sono credibili, anche se dicono di essere dei tassisti all’uscita dall’aereoporto.

Questo e’ l’enpowerment. E’ il meccanismo che ha reso piu’ forte il cittadino, e questo ha spostato un equilibrio economico, cosa che ha letteralmente distrutto categorie di professionisti, negozianti, impiegati.

E il meglio deve ancora arrivare. Quando non avrete piu’ bisogno degli sportelli, dei biglietti, dei postini, dei negozi, quando avrete il potere di punire durissimamente un negozio che vi ha fatto uno sgarro pubblicando (legalmente) una recensione sul web , e potrete farlo SEMPRE, le cose cambieranno ancora.

Una generazione di ragazzini, i consumatori di domani, sta crescendo con queste tecnologie in mano. E quelli sono i consumatori di domani: gente che “fa un giro su Ebay” prima di comprare.

Sorpresa, gente. Siete morti.

Uriel

(1) Oltre alla pubblicita’ in TV, ovviamente.

 

(2) A Bologna hanno il titolo “Chiar.mo Prof”.

 

(3) L’associazione ONLUS di tutte le associazioni ONLUS contiene anche se’ stessa? Evidentemente no, e questo dimostra matematicamente che B.Russell non ha mai avuto una ONLUS.

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