El pueblo unido jamais sara’ digerido.

Spesso mi viene chiesto per email di unirmi a qualche lotta. La lotta in questione e’ una lotta spesso legittima e , se esaminata nei termini in cui viene proposta, e’ anche una lotta “giusta”. Un esempio e’ la lotta contro il mondo dell’editoria a pagamento, e cosi’ via: di per se’ e’ una lotta legittima. Ed e’ una lotta che , se vinta, permette di migliorare un pezzetto del nostro mondo. Tuttavia, di solito non aderisco a tali campagne.
Quando iniziai a scrivere fu (anche) per via di un concorso di provincia, di quelli dove ci sono parenti e amici dei concorrenti alla premiazione, di quelli dove il premio e’ la pubblicazione, per intenderci.
La storia della pubblicazione fu quella che mi fece conoscere la bellezza delle case editrici. In primo luogo la codardia: guai, guai, guai a fare qualcosa che nel mondo vigliacco e miserabile dell’editore possa “urtare i gusti del pubblico” . Ovviamente “i gusti del pubblico” sono il ritratto della paura che il nostro eroe ha di qualcosa che non conosce.

Cosi’, mi e’ stato detto dalle case di sinistra “il tuo eroe e’ un OGM, ma OGM e’ il MALE, quindi cambia il libro e scrivi “mutante” e non “OGM”. Quelle di destra avevano le loro seghe, e cosi’ via. In realta’ al pubblico sarebbe andato benissimo, credo, ma “pubblico” non e’ altro che la proiezione delle codardie dell’impiegatuccio che esamina il testo. Cosi’ non pubblicai e mi rivolsi a Lulu.
Questo, pero’, e’ da leggersi in un singolo modo: siccome la promessa era la pubblicazione, allora mi incazzo se poi non pubblichi. Ma non e’ che io sia morto per questo: ho visto che sconfinata distesa di merda sia, fine della discussione.Stabilito questo, vado avanti. Cosi’ come ho riso in faccia a chi mi chiedeva soldi per pubblicare: posso tranquillamente farmi stampare le stesse copie ad un costo inferiore da diversi artigiani di Bologna.
E cosi’ via.
Ovviamente, c’e’ chi lotta contro queste cose. E mi sta bene anche questo. Ma non riuscira’. Non riuscira’ perche’ in Italia ci sono “i parassiti della lotta”. Per “parassita della lotta” intendo un personaggio (milioni di personaggi) che intende scaricare sul sistema le colpe del proprio fallimento esistenziale.Facciamo un esempio: so benissimo di non aver scritto dei capolavori della fantascienza. Cosi’, se una casa mi dice “secondo noi non merita”, semplicemente ci metto una pietra sopra. Punto.
Se io fossi un “parassita della protesta”, invece, deciderei di aver scritto dei capolavori, e che il mio genio sia bloccato dalla maledetta “casta” italiana. Che esiste, sia chiaro. Ma non necessariamente e’ colpevole di ogni singolo fallimento personale.
Il parassita della protesta, in ultima analisi, e’ un personaggio il cui stile di vita (1) consiste nel non ammettere MAI il proprio fallimento nel fare qualcosa, ma attribuirlo SEMPRE ai difetti del sistema. Il parassita della protesta e’ SEMPRE un genio incompreso, o meglio un genio contro il quale il perverso sistema si accanisce , rifiutando gli onori che il genio meriterebbe (a favore della “casta”).
Va da se’ che il nostro parassita della protesta partecipera’ ad ogni protesta possibile, per il semplice motivo che ha un problema: la solitudine. Se sei il solo genio incompreso del mondo a venire perseguitato dal sistema, e quindi a dire che il sistema e’ marcio, probabilmente tu stesso fai fatica a guardarti allo specchio.
Se invece migliaia di persone dicono la stessa cosa, allora ti e’ piu’ semplice pensare che si, tu sei il nuovo Stephen King ma il malvagio sistema ti hascartato: guarda quanta altra gente c’e’ a dire lo stesso! Non sono io l’unico a dirlo, ma sono tanti, quando non “tutti”.
Dunque, il mondo e’ pieno di gente che si unisce alle proteste al solo scopo di giustificare esistenzialmente il proprio fallimento personale. Di tutti gli scrittori che si lamentano perche’ il sistema non e’ meritocratico, quasi nessuno avrebbe chances nemmeno in un sistema meritocratico: ma sinche’ si puo’ sostenere che il sistema non sia meritocratico, ognuno di loro ha agio di pensare che avrebbe qualche chances in un sistema meritocratico.
In ogni protesta, questa massa di persone ha deciso di far parte del corteo che protesta. Cosi’, c’e’ il gay pride e ci trovate i centri sociali , i punk, gli anarchici, i vegani, gente che non ha alcuna ragione di essere li’, ma che si accoda alla protesta perche’ finche’ il paese e’ “arretrato”, e migliaia di persone lo dicono, possiamo pensare che in un sistema “meno arretrato” forse noi saremmo, che so io, grandi leader, dirigenti d’azienda, professori universitari, grandi scrittori, grandi musicisti, eccetera.
Un ammasso di ambizioni insoddisfatte, cioe’, e’ la spinta che porta a gonfiare ogni possibile corteo, ogni possibile protesta: milioni di persone desiderano pensare di vivere un’esistenza mediocre non perche’ mancano di capacita’, ma perche’ il malvagio sistema li emargina a favore di una casta. Queste persone si uniranno a qualsiasi protesta, per la semplice ragione che il loro obiettivo e’ che si pensi che il sistema sia ingiusto.
Raggiunto il risultato di aver rappresentato il sistema come ingiusto, essi possono autoassolversi e attribuire al sistema malvagio la propria bocciatura.
Adesso pero’ vediamo il problema dall’altro lato. Quando protestiamo contro la scuola perche’ non e’ meritocratica, il fatto che il nostro corteo sia composto al 90% da bocciati, ci da’ credibilita’ o ce la toglie?
Questa e’ la domanda.
Tempo fa vidi un happening di arte “sperimentale” di un centro sociale. Si trattava di scorie metalliche saldate tra loro in maniera casuale, spesso imprigionando nella fusione altri oggetti mezzi squagliati dalla fiamma ossidrica. Questa immondizia (sur)riscaldata veniva fatta passare per “arte”.
Ora, quando questi “artisti” si uniscono agli strali contro un mondo dell’arte chiuso ed autoreferente, fanno un favore al movimento di protesta?
La risposta e’: NO.
Il movimento di protesta andra’ in piazza (o fara’ le petizioni su Facebook, o quelchele’) a chiedere che il mondo dell’arte sia meritocratico e lasci passare le idee che valgono. Poi arriveranno i farlocchi con la loro immondizia surriscaldata, e chi assiste alla protesta dira’ “beh, se questa e’ l’alternativa…. beh, beh, beh“.
Questa e’ la fine inevitabile di ogni movimento di protesta italiano: non appena qualcuno leva una protesta (per carita’, spesso giusta) al suo corteo si accodano tutti i falliti del paese, i quali inseguono la soddisfazione psicologica di giustificare la propria bocciatura (da parte del sistema) con  una pessima valutazione del sistema. Pessima valutazione che e’ credibile nella misura in cui sono grandi e credibili le proteste.

La prima fase della protesta, quindi, in Italia si conclude sempre ed invariabilmente perche’ i seguaci del movimento di protesta fanno perdere credibilita’ alla protesta stessa.

Chi gestisce o inizia la protesta non ha ne’ il tempo ne’ le risorse per verificare che gli accodati siano persone veramente scandalizzate dal malfunzionamento del sistema oppure persone in cerca di rientro psicologico. Si limita ad accoglierli, nel nome della causa. Senza sapere che il codazzo di farlocchi condurra’ inevitabilmente la causa alla sconfitta.
A quel punto inizia la seconda fase. Perche’ il nostro genio incompreso si unisce alla protesta pensando di essere l’unico genio incompreso del paese, o giu’ di li’. E si aspetta quindi di essere “il caso esemplare” se non “il caso ” del movimento di protesta.
Si ritrova inevitabilmente in una massa di migliaia di altri genii incompresi. Il nostro genio incompreso che ha scritto l’opera fantasy del secolo si ritrova con altri 10000 genii incompresi che hanno scritto l’opera fantasiy del secolo. Siccome e’ evidente che di genii incompresi ne esistono pochi, inizia il fenomeno delle scissioni.
Nasce cioe’ la protesta dentro la protesta: il nostro genio incompreso prima accusa il sistema di non averlo valorizzato a dovere. Quando si trova in un movimento di protesta che contiene altri 10000 genii come lui, e quindi il suo caso scompare, accusa anche il movimento di protesta di non dare seguito al suo scandaloso caso personale.
Inizia cosi’ la stagione delle liti, dei veleni e degli scismi, nonche’ dall’abbandono del movimento di protesta, nel quale entro breve rimarranno solo i “duri e puri”, ovvero dei fanatici. I quali, essendo dei fanatici, faranno inorridire con i loro estremismi tutti coloro che si sforzano di ascoltare il movimento di protesta, togliendogli consenso.
Questa e’ la storia di praticamente tutti i movimenti di protesta Italiani. E’ un destino inevitabile per via della gigantesca massa di persone che e’ perennemente alla ricerca di una posizione da vittima.
Se io domani iniziassi una protesta contro le vittime dell’iniquo sistema finanziario, inevitabilmente mi troverei un codazzo di persone spennate dalla Wanna Marchi di turno, le quali nel 99% per cento dei casi sono le principali colpevoli del proprio destino. Mi troverei quindi con il pensionato che ha comprato una miniera di smeraldi in Congo alla modica cifra di 25.000 euro, e poi ha scoperto che non era vero nulla. E la stua stupidita’ passera’ per “buona fede”. Mi trovero’ con quello che ha creduto che i suoi soldi potessero rendere il 10% netto annuo senza rischi. Tutti questi sono alla ricerca di un movimento di protesta che li faccia sentire meno fessi. Se io dico che la malvagia finanza ha truffato milioni di fessi, milioni di fessi diranno “SIII! DIGLIELO IN FACCIA! RIVOGLIO LA MIA MINIERA DI SMERALDI NEL CONGO!” .
Ovviamente, non appena la TV puntasse le telecamere sul pubblico e intervistasse il codazzo di persone che mi segue, le risposte che riceverebbe sarebbero cosi’ deprimenti che il movimento perderebbe consensi alla velocita’ della luce.
Morale della storia: non intendo unirmi ne’ fondare alcun movimento di protesta per alcunche’. I movimenti di protesta in Italia hanno poca vita, e una fine scontata.
E non c’entra il fatto che abbiano o meno ragione. C’entra il fatto che il codazzo di persone che si attacca al movimento e’ composto da una tale distesa di falliti e di farlocchi da far perdere credibilita’ al movimento stesso in tempi brevissimi.
Se io fondassi un movimento per l’editoria di qualita’, non farei altro che dire agli autori: caro autore, hai proprio ragione. L’italia e’ una merda perche’ c’e’ la casta e le case editrici a pagamento e tutto quanto. Invece di spendere 2000 euro per far pubblicare il tuo libro, perche’ non li spendi per farlo tradurre in (che so io) inglese, e poi non lo presenti alle meritocratiche case editrici inglesi, che sanno apprezzare il tuo genio?
E scoprirete cosi’ che alla fine queste persone protestano per la sola ragione che protestare da’ loro una soddisfazione psicologica, e non perche’ gliene freghi tanto del loro libro. Anzi: scendere in pista in un mercato meritocratico potrebbe anche fornire loro una seconda bocciatura, molto piu’ dolorosa perche’ non avrebbero piu’ il comodo paracadute della protesta ad attutire il durissimo verdetto.
Lo so, sono una carogna.
E’ uno sporco lavoro, ma qualcuno dovra’ pur farlo, no?
Uriel
(1) Adler lo definiva cosi’. I Darwiniani lo definiscono “strategia di sopravvivenza”, credo.

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