Ed eccovi gli intellettuali del 1800.

Ed eccovi gli intellettuali del 1800.

Ed eccovi gli intellettuali del 1800.

Far digerire un evento come il ritiro della NATO dall’ Afghanistan deve essere difficile, e come se non bastasse gli “intellettuali riempipagina” hanno ricominciato a vomitare le loro cazzate ottocentesche , spacciandole come letture di una cosa non meglio precisata che e’ “la storia”, ovvero la narrativa fantasy che viene spacciata come tale nelle scuole superiori italiane.

Ed in questi giorni vedo pubblicare idiozie che paragonano Biden a Cadorna, i talebani ai Fremen di Dune, la NATO a Carlo Magno, e mi rimane solo il paragone tra Di Maio e Giovanna d’Arco, ma sono sicuro che arriveranno anche li’.

Lungi da me essere un sacerdote della storia: al limite sono un osservatore dei fatti che mi circondano, e la cosa si estende solo nell’intervallo degli eventi che ho osservato. Devo dire che, partendo dalla cadura del Muro di Berlino, il collasso del comunismo, e qualche anno prima di cui ricordo le cose perche’ ero adolescente (i missili libici su Lampedusa, Chernobyl, etc), ho visto alcune cose ma non altre. Quindi mi limito ad osservare.

E quello che ho osservato e’ che le sconfitte producono delle rapide svolte culturali. Svolta culturale e’, per me, quello che succede quando un’intera popolazione smette di dare per scontato qualcosa che invece prima dava per scontata.

Per esempio, se avessimo intervistato la popolazione nel 1995, il 90% delle persone si sarebbero dette convinte che sia possibile “occidentalizzare” altri paesi. La Cina cominciava ad occidentalizzarsi subito dopo aver aperto il mercato, persino in Kuwait e IRAQ si vedevano segni di “modernita”‘, che nella cultura comune era il consumismo occidentale. Quindi alla fine si era convinti che la storia procedesse in direzione di fare del mondo un immenso occidente.

Era solo questione di tempo, vi avrebbero detto le persone, poi la democrazia e i diritti umani e lo stato di diritto, e tutto il divertimento che abbiamo solo noi, saranno ovunque.

Per questa ragione delle missioni umanitarie come quella somala sembravano avere senso: dati abbastanza soldi e abbastanza tempo, qualsiasi nazione puo’ diventare “come noi” , vi avrebbero detto. Ed e’ per questo che quando inizio’ la missione in Afghanistan, cosi’ come quella in IRAQ, fu facile dire che se fossimo andati li’ a stabilizzare e avessimo speso abbastanza soldi in cooperazione , tutto sarebbe migliorato.

Bene.

Adesso proviamo ad andare nelle stesse strade a chiedere. Specialmente alla luce di quanto successo in Afghanistan, sono convinto che l’opinione pubblica di oggi sia altamente convinta che non solo il “nostro” modello non sia esportabile “con la guerra”, ma che non sia esportabile in generale. E che quindi, missioni come quella fossero assurde perche’ ci si proponeva di cavare sangue dalle rape.

Bene.

Questa svolta culturale, pero’ non e’ un semplice dettaglio. Quando cambi le fondamenta del tuo pensiero , cambiano tutti i risultati. Vi faccio un esempio.

Negli scorsi 20 anni, oltre alle spese militari, sull’ Afghanistan e’ andata una cifra pari a 120 volte il PIL locale, in cooperazione e sviluppo. Visto che gli anni sono 20, potete pensare al 6 volte il PIL ogni anno.Come se sull’italia arrivassero investimenti pari a novemila miliardi di euro ogni anno. 36 volte il Recovery fund, insomma.

Ma non e’ cambiato nulla. E non e’ servito. E sappiamo bene (io ne ero convinto e ne ho sempre scritto, venendo chiamato razzista) che quei popoli VOGLIONO vivere in quel modo, tormentare le donne,e  fare tutto quel che fanno.  Afgani che fanno cose afgane.

Bene.

Ma una volta stabilito che quella missione fosse sbagliata perche’ tanto gli afgani rimarranno sempre afgani, in che modo volete convincermi che gli immigrati afgani possano mai integrarsi in Europa?

Questo e’ uno degli effetti a catena del cambio culturale in atto. Una volta messo in dubbio che la democrazia, lo stato di diritto e i diritti umni “non si esportano” in luoghi culturalmente diversi, bisogna chiedersi cosa ci fa pensare che un afgano in Europa possa acquisire gli stessi principi.

Mi direte “la scuola istruira’ i loro figli”, ma vi rispondo che e’ stato fattoper 20 anni in Afghanistan, ove si sono costruite scuole, e non e’ servito. Mi potete dire che col tempo gli immigrati si adatteranno, ma viene da chiedersi come mai allora quel popolo sia cosi’ irriducibile che la loro nazione e’ definita “la tomba degli imperi”: non si sono arresi per vent’anni, e se andiamo indietro ne aggiungiamo altri 20 con l’invasione russa. Perche’ dovrebbero “adattarsi”? Per il potere magico della pizza? Mi direte che quel comportamento deriva dalla poverta’, ma sull’ Afghanistan sono letteralmente piovuti soldi e non e’ successo nulla. (non voglio sapere cosa ci abbiano fatto, il punto e’ proprio che non ci hanno fatto quel che sarebbe razionale fare).

E quindi di nuovo: una volta accettato che i lavori occidentali (stato di diritto, democrazia e diritti umani) non si esportano, non e’ pensabile che gli immigrati si adatteranno a quei valori una volta qui.

Ma andiamo avanti con i “collaterali” di questa svolta culturale. La UE ha deciso di includere paesi che non hanno alcuna cultura della democrazia, che sono alcuni paesi dell’ Est Europa. Sappiamo bene che problemi abbiamo con Orban.

L’idea, sempre degli anni ’80, era che una volta avuto benessere e liberta’, quei posti e quei popoli si sarebbero allinati a questi valori. Invece, nonostante la pioggia di soldi che fluisce su quei paesi dalla UE, nonostante una piena esposizione alla cultura occidentale, questi paesi sembrano , volontariamente, virare verso la dittatura.

Domanda: se non era possibile prendere l’ Afghanistan e farne un paese occidentale, perche’ pensate sia possibile cambiare paesi come l’ Ungheria? Pensate la cultura slava sia meno tenace di quella afgana?

Come vedete, se usciamo dai paradigmi degli anni 80, tantissime scelte politiche non hanno piu’ senso. E dobbiamo aspettarci che presto vengano messe in dubbio.

I politici degli anni ’80 non lo hanno capito. Draghi continua a bambanare di ospitalita’ e accoglienza di profughi, di inserimento , di integrazione, ma la popolazione sta operando una svolta culturale, che consiste nel ritenere impossibile che una popolazione possa diventare “come noi”, cioe’ integrarsi.

Per questo trovo piu’ interessante farmi delle domande sulla svolta culturale in atto che sulle conseguenze geopolitiche. Che adesso l’ Afghanistan sara’ un corridoio commerciale tra Cina e Pakistan , sin quasi al mare, e’ ovvio. Per questa ragione sia Cina che Pakistan hanno interesse a farli sembrare “moderati”, e ad evitare atti terroristici che possano scatenare una rappresaglia. Presto vedrete autostrade e ferrovie cinesi passare per la zona. E basi militari cinesi, probabilmente.

Al contrario, trovo molto piu’ interessante (e pratico) capire in che modo questa cosa cambiera’ le nostre politiche qui. Mi sono chiesto, per dire, una volta scartata l’opzione “invadiamo e civilizziamo” , quale potra’ essere in futuro la reazione ad un attentato che venga da qualche altro sarcazzistan. E ora mi chiedo per quanto tempo ancora l’idea di poter “integrare” degli immigrati possa permanere nella classe politica.

In Germania ci sono elezioni in corso. Questo significa che la popolazione viene CONTINUAMENTE sondata sulle proprie idee. Se questo cambio culturale e’ visibile sui social germanofoni, e’ sicuro che la politica abbia gia’ recepito il messaggio.

Ma la popolazione viene osservata di continuo da tutte le forze politiche interessate alle elezioni: alla Merkel, che non corre alle elezioni, fa comodo rimanere coerente a se’ stessa. A Draghi, che non ha il problema del consenso elettorale, non frega niente se non tenere la rotta. Il problema e’ per i politici futuri , che dovranno confrontarsi con le conseguenza del cambio culturale.

Dovete chiedervi come andrete a parlare di integrazione di fronte a Salvini o alla Meloni, quando lui potra’ rispondervi che l’ Afghanistan mostra che quel popolo NON aderira’ MAI ai nostri valori. Spoiler: perdete il dibattito voi.

Ecco, vorrei che i “giornalisti” e gli “intellettuali” italiani, anziche’ interrogarsi su Carlo Magno, Nabucodonosor e il Generale Cadorna, aprissero gli occhi, osservassero la situazione che li circonda, e cominciassero a farsi delle domande che abbiano la minima rilevanza per la vita delle persone.

Qualcosa mi dice che non lo faranno.

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