Ed eccoci al secondo round.

Il miracoloso piano americano, unito al Pic-Nic del G4 a Bruxelles, ha ottenuto l’effetto miracoloso che e’ tipico dei brodini: ha chiuso una falla per aprirne altre.

Innanzitutto, comprare un pochino di subprime puo’ fare da calmiere (al prezzo che ho descritto in precedenza) ma non risolve i nodi essenziali della questione. Che sono due:

  • Nella maggior parte dei casi chi ha un mutuo negli USA e’ un precario. In che modo le banche si tutelano dal rischio? Si possono ancora cartolarizzare i rischi facendo dei subprime? E se no, come escono queste banche dall’esposizione?
  • I possessori di casa negli USA hanno avuto accesso a gigantesche linee di credito ,  specialmente tramite le carte di credito. In che modo, a mercato immobiliare fermo, questi istituti (che hanno garantito soldi a chiunque avesse quattro mura ) intendono rientrare?
  • Il mercato immobiliare USA e’ fermo, e senza il mercato immobiliare rischiano di diventare carta straccia moltissime altre obbligazioni, nonche’ le garanzie su prestiti e scoperti. Il settore Real Estate rischia un botto dell’accidente.

E’ chiaro che questi tre problemi non sono stati risolti certamente dall’acquisto, da parte del governo USA, di una certa quantita’ di titoli subprime. Certo, si e’ posta una toppa ,ma la toppa e’ molto piu’ piccola del buco.

Quali rischi lasciano aperte le questioni ancora irrisolte?

Il fatto che il mercato dei mutui sia diventato impraticabile rispetto alla tutela delle ipoteche e’un fatto che mette al muro le piccole banche. Di fatto si e’ capito che i mutui ai precari non vanno dati. E va bene. Ma i precari esistono. E sono, negli USA, la stragrande maggioranza dei lavoratori.

Ora, senza mutui casa le piccole banche cosa possono fare? Un tempo concedevano prestiti agli agricoltori, ma negli USA sono in tutto quattro milioni e mezzo.

L’industria, abbandonata da vent’anni dal mondo bancario, ha trovato il modo di reperire liquidita’ mediante la cosiddetta economia della bolletta. Il conto in banca delle industrie sono i clienti, e i piccoli esercenti ricevono credito dai fornitori piu’ che dalle banche, mediante pagamenti dilazionati.

E’ difficile che le banche possano rientrare in un settore che hanno abbandonato decenni fa, inseguendo il miraggio dei guadagni facili nel settore finanziario. Non a breve termine.

Il rischio, quindi, e’ che adesso il problema si giri tale e quale dalle banche “di affari” a quelle “di sportello”. Le quali si troverebbero a non poter piu’ concedere mutui a rischio, e peggio a dover “rientrare” di quelli concessi, che ormai non hanno piu’ garanzia e risultano come esposizione quasi pura.

Il rischio, cioe’, e’ che inizi a mancare liquidita’ al cittadino americano e alla piccola banca che fa sportello. Questo rischio c’e’ di piu’ negli USA, ma potrebbe colpire (questa volta si’) Italia e Spagna.

Il secondo punto e’ quello dei possessori di carte di credito. I grandi circuiti finanziari americani si sono messi tra la banca ed il cliente, assicurando credito  a chiunque possedesse una casa.

La banca non poteva fare lo stesso perche’ l’ipoteca ovviamente avrebbe compensato il credito del mutuo ma non quello della carta di credito. Le credit card, con il pretesto del pagamento differito, invece hanno concesso linee di credito impressionanti.

Questa gigantesca massa di debiti grava sulla gran parte delle famiglie americane: se per disgrazia le carte di credito iniziassero a non considerare piu’ valida la garanzia immobiliare, il rischio maggiore e’ che ci siano dei crack nel mondo dei grandi circuiti di carte.

In ogni caso, gia’ oggi il meccanismo Householder -> Money si e’ fermato. Con il calo dei consumi che ne seguira’ presto.

Infine, c’e’ il problema del mercato immobiliare fermo. I prezzi delle case negli USA non crescono, ed anzi in alcuni stati iniziano a decrescere. Questo significa che nel tempo si indeboliscono tutte le garanzie bancarie. Finche’ le agenzie di rating corrotte se ne infischiano, va bene.

Ma se per una bava di vento qualche banca tentasse di mettere in vendita forzosa degli immobili (e non parlo solo di quelli ad uso abitativo, vale lo stesso per uffici e docks) e l’asta andasse deserta, inizierebbe il panico.

Per questa ragione e’ improbabile che il brodino americano possa tenere in piedi anche le borse. Certo, ha calmierato i mercati finanziari. Certo, un sacco di portaborse e boiardi vari ci faranno i soldi.

Ma il problema e’ ancora lontano dall’essere risolto.

E’ ovvio che tutti questi problemi possono venire affrontati. Ma questo presume un elettore/cittadino consapevole del fatto che il sistema fosse sbagliato sin dalle radici e tutto debba cambiare, dallo stile di vita (lo stile di vita dell’americano e’ stato superiore alle possibilita’ reali) sino alle regole di base del sistema. Cioe’ la comprensione del fatto che quel sistema fosse sbagliato nella sua filosofia, e anche nella pratica quotidiana.

Il problema e’ che non si vede nessuna di queste riflessioni nel dibattito americano. Il sistema americano e’ considerato dai cittadini  (e quindi dai politici) ancora il migliore possibile, inemendabile perche’ assolutamente bello.

Le richieste di cambiamento di Obama si riassumono in qualcosa come “cosa dobbiamo cambiare nella regole per poter vivere come abbiamo vissuto sinora?”.  Ma non si rendono conto che il problema non e’ nelle solo nelle regole, ma anche nel “come abbiamo vissuto sinora”.In pratica nessuno attribuisce ad uno stile di vita sbagliato e ad una condotta diffusa (e controproducente) il fallimento: tutti si comportano come se i subprime fossero stato un fenomeno bancario/finanziario. Come se le loro seconde case al mare non fossero state comprate grazie ai subprime , come se il loro tasso di consumi non fosse stato finanziato grazie al credito sulla casa, eccetera.

Gli stessi prestiti che chiedono alle banche quando mandano a studiare i figli, cosa credono che siano? Credono davvero, gli americani, che la fulgida promessa di carriera del pupillo possa essere considerato dalla banca una “garanzia”? Non si rendono conto del fatto che i prestiti coi quali mandavano a studiare i loro figli , di fatto, fossero dei crediti di qualita’ sub-subprime, poi cartolarizzata sui mercati finanziari?

Con la fine dei subprime e del meccanismo della cartolarizzazione facile gli americani dovranno rinunciare a tante cose. Istruzione, sanita’, carte di credito illimitate, vacanze, automobili. E questo implica uno stravolgimento dello stile di vita, quello che identificano con l’essere americani. Stile di vita  che e’ , tra le altre cose, una delle radici di questa malattia.

Eppure, nessun politico osa dire al cittadino la verita’: che se si vuole risanare occorre che TUTTI facciano sacrifici.  Che tutti cambino il proprio stile di vita, che tutti accettino di essere piu’ poveri di quel che vedono quando si mettono davanti ad uno specchio. Che accettino, insomma, di essere meno “americani”.Non e’ un messaggio che il cittadino voglia ascoltare: al governo e’ chiesto di cambiare le regole perche’ tutto possa continuare come sempre.

Ma per uscire da questa crisi gli americani hanno bisogno di stabilizzare il mercato del lavoro con una riforma che limiti la flessibilita’, di stabilizzare il mercato  immobiliare con programmi di edilizia pubblica, di calmierare e razionalizzare il proprio stile di vita, e quindi i consumi.

Per fare questo dovrebbero ammettere che le loro dinamiche economiche siano da riformare profondamente, cosi’ profondamente che l’ammissione sarebbe automaticamente un’ammissione di colpa, o almeno di errore.

A svegliare i cittadini da questo sogno di uno stile di vita garantito, a svegliare gli industriali da questo eden di lavoratori precari e guadagni certi, a svegliare il politico da questa vigliaccheria ipocrita (con la quale si ripete sempre e solo che bisogna cambiare l’america perche’ l’america continui come sempre) ci penseranno i fatti.

Le prossime crisi “grosse”, che arriveranno gia’ dopo il quarter di fine 2008 (fine anno/gennaio) e quella del primo quarter 2009 (marzo), daranno loro la sveglia. E , a seconda di come si manifesteranno, potrebbe essere un gran brutto risveglio.

Uriel

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