Dovere o incarico?

Siccome in tanti mi stanno venendo a dire che uno dei miei articoli e’ stato postato di qui e di la’, ne epprofitto per chiarire che i contenuti di questo blog non sono riproducibili cosi’ facilmente, ma hanno un preciso limite di utilizzo. Esso e’ menzionato in una pagina apposita, ovvero qui: http://www.wolfstep.cc/p/licenza-copyright.html
Faccio notare la componente “non commerciale”. I signori dei siti che hanno citato l’articolo, hanno due opportunita, ovvero di rimuovere l’articolo O di evitare qualsiasi inserto pubblicitario sul proprio sito, cosa che lo rende “commerciale”.
Riguardo al contenuto di questi siti, spesso mi viene da piangere solo per l’entita’ delle minchiate che ci si leggono sopra. Uno di questi siti sostiene che il primo dovere di Soros sarebbe quello di “creare valore per gli azionisti”, o qualche minchiata simile.

Si tratta della giustificazione, analoga al nazista “io eseguivo gli ordini”, che secondo me lascia molto il tempo che trova. Innanzitutto, non e’ tanto corretta la storia del “primo” dovere.
Se, per esempio, Soros dovesse uccidere la moglie per creare valore agli azionisti, sarebbe ancora il suo primo dovere? La risposta e’ che no, non e’ il suo “primo” dovere, in quanto le leggi vengono prima , e sono quelle il “primo” dovere.
Si tratta di un solo esempio, per mostrare una cosa semplice semplice: quello di fare “valore” per gli azionisti non e’ affatto un “dovere”, bensi’ un mandato degli azionisti. Elevare a dovere morale quello che e’ semplicemente un accordo tra privati (io ti pago se tu mi crei valore) e’ un’operazione che intende dare il crisma della liceita’ morale a qualcosa che ha solo una liceita’ commerciale e al massimo personale.
Il secondo problema che incontrerete quando vi sforzerete di protestare contro queste pratiche criminali (1) e’ che qualcuno ha definito una teoria secondo la quale esse siano del tutto giustificabili. Del resto, quando il nazismo intese perseguire gli ebrei, per prima cosa costrui’ una teoria della razza (2), la quale giustificava la “necessita’” di soggiogare il mondo intero.
Ovviamente la teoria della razza creo’ degli esperti, i quali iniziarono a scrivere articoli , i quali crearono una terminologia adeguata, tutta una serie di tecnicismi, eccetera. Affrontare un dibattito con questi sostenitori di una teoria sbagliata diventava impossibile , perche’ per farlo occorreva conoscere la massa di tecnicismi e di minchiate che si erano inventati.
La verita’ e’ che quando una teoria assurda si sviluppa, attaccarla contestandone i risultati e’ inutile, perche’ vi scontrerete con tutta la merda usata per produrre i cosiddetti risultati; vi conviene molto di piu’ un metodo ab initio, ovvero “le razze umane non esistono”. Poiche’ questo annienta un requisito necessario alla produzione della teoria intera, non avrete bisogno di spalare la montagna di merda che ne deriva.
Un altro modo di eliminare una teoria e’ quello che definirei “money talks”, ovvero giudicarne gli effetti. Significa che la tua teoria puo’ essere giusta o meno sul piano dialettico, e che alla fine dei conti se i tedeschi sono questa razza superiore non mi aspetto di vedere i russi che rompono il culo al loro esercito , entrano a Berlino e si trombano pure le vedove dei soldati.
Quindi, il concetto e’ “achievements, please?”.
Ora, le moderne teorie economiche possono venire smontate da entrambi i lati. La catastrofica marea di merda illogica sulla quale si basano tali teorie e’ cosi’ dipendente da alcuni assunti che e’ sufficiente enunciare quanto segue per eliminarle dalla base:
il valore e’ una convenzione; il valore non esiste come entita’ inevitabile.
Il concetto di base e’ che il mondo della finanza non lavora , come direbbe Sraffa, “merci su merci”, e neanche “lavoro su lavoro”, ma semplicemente “convenzione su convenzione”. Quando il nostro manager se ne esce dicendo che il suo primo dovere e’ di creare valore per gli azionisti, la risposta e’ che il suo primo dovere e’ sbraus sgnaus sgnaus patatrac, e le due cose hanno lo stesso identico valore.
Molti teorici dell’economia hanno tentato, in passato di arrivare ad una definizione di “valore” che fosse soddisfacente: essi sono partiti dalla definizione di valore d’uso e hanno fallito, hanno provato con quella di valore di mercato, e hanno fallito.
Il problema reale e’ che il valore, come la giustizia, e’ un concetto astratto che non puo’ esser emisurato; e’ possibile misurare l’efficacia dell’applicazione delle leggi, e possiamo dire che in un paese ci sia piu’ legalita’, ma non possiamo dire univocamente, nel senso che si da’ alle misure, che in un paese ci sia piu’ giustizia.
Cosi’ come possiamo misurare che effettivamente alcune persone abbiano piu’ “soldi” nel proprio conto in banca, ma non possiamo dire che abbiano piu’ “valore”, dal momento che il concetto di valore sta ai soldi quanto la giustizia sta alla legge. Possiamo  citare leggi ingiuste come possiamo citare soldi che non sono valore.
Ora, se vogliamo partire dal problema economico usando un metodo ab initio, che cosa possiamo chiederci? Possiamo chiederci che cosa, in definitiva, siano i soldi che hanno valore. La domanda non e’ strana, ed equivale a chiedersi quando una legge sia giusta.
In generale, una legge e’ considerata giusta quando l’opinione della maggioranza delle persone condivide un’opinione positiva sugli obblighi e sui divieti che essa implica; dico la maggioranza perche’ ovviamente i criminali non la pensano allo stesso modo.
Cosi’ potremmo chiederci quali soldi siano “valore” e quali no. In ultima analisi, una base condivisa e’ che i soldi siano “valore” quando in qualche modo la ricchezza si ridistribuisce , tramite altri strumenti sociali come le tasse.
Gia’ potremmo essere ad un passo in avanti, perche’ la ricchezza prodotta in questo modo gode, per motivi che non capisco, di una tassazione troppo bassa che non produce sufficiente ridistribuzione. E badate bene che abbiamo esaminato solo UN punto tra quelli che potremmo considerare importanti.
Se per esempio definissimo, come pensano in molti, che i soldi siano “valore” solo quando in qualche modo generano lavoro mediante il meccanismo degli investimenti, e che il lavoro debba in qualche modo essere locale rispetto alla locazione del capitale di partenza, facciamo un passo diverso in direzione diversa: anche questa posizione, se condivisa socialmente, puo’ portare ad una definizione di valore piu’ o meno soddisfacente.
In definitiva, quindi, il supposto “dovere” di creare “valore” puo’ essere semplicemente riferito ad una convenzione, quella che lega i soldi al “valore” , la quale puo’ essere riscritta dalla societa’.
Il secondo metodo di destrutturazione delle teorie economiche malate che imperversano e’ quello di misurare i risultati.
Sono almeno 40 anni che procediamo da una crisi all’altra. Tali crisi sono intervallate da un periodo di speculazione, poi arriva il conto, e pagano sempre gli stessi. In tutta onesta’, se andiamo a misurare i risultati di tale “finanza”, troviamo solo che pochi sono arricchiti contro il resto del mondo che ha sofferto.
E no, non si tratta di semplici perdite economiche. Prendiamo per esempio qualcuno che sia arrivato in eta’ “socialmente riproduttiva” nel 2000. Che cosa gli e’ successo?
Gli e’ successo che si e’ trovato con una prima crisi  nel 2001, perche’ si e’ sgonfiata la bolla della “new economy”. La crisi ha devastato le economie per qualche anno. Dopodiche’ si e’ trovato con i problemi della globalizzazione e l’entrata in gioco di Cina &co, gestite tutte in senso di togliere lavoro e prospettive. Tutti questi sacrifici erano indirizzati ai meravigliosi benefici della globalizzazione, e alle sue meravigliose opportunita’ che, veniva promesso, valevano la candela.
Poi, nel 2008, si e’ trovato il credit crunch. Ci vorranno altri dieci anni di sacrifici, e il nostro ragazzo avra’ passato vent’anni della propria vita senza prospettive, a fare un anno di sacrifici per potersi permettere un altro anni di sacrifici.
Questi sono i risultati? Tutto qui?
Se questi sono i risultati, l’economia del rinascimento  italiano era di gran lunga piu’ efficiente e soddisfacente.
I signori finanzieri tirano sempre fuori dei finti payoff, i cosiddetti belief, per giustificare (inventando in genere un bene di ordine superiore) i sacrifici sempre maggiori che vengono chiesti al cittadino comune.
Il cittadino comune si becchera’ (e in Italia siamo fortunati) una decina di anni di sacrifici ed incertezze, dopo un’altra decina di anni dovuti ad una bolla speculativa analoga. Per quale motivo? Qual’e’ la meta? Arrivare alla vigilia della prossima bolla speculativa che esplode inevitabilmente?
Quali sono, in definitiva, i benefici di questa finanza? Tutti i benefici che mi potrebbero venire elencati non valgono per questa finanza; valevano per la finanza di un secolo fa, valevano per la finanza mercantile francese del settecento, per la finanza industriale dei secoli scorsi: la pura e semplice verita’ e’ che questa finanza agisce nel senso opposto rispetto ai sistemi di ridistribuzione fiscale.
Con un piccolo problemino aggiuntivo: un sistema di ridistribuzione fiscale e’ un sistema , in qualche modo, previdenziale. Previdenziale significa che oltre a ridistribuire ricchezza si occupa di farlo abbassando i rischi. Se il sistema di redistribuzione della ricchezza ridistribuisce i soldi delle tasse pagando la malattia ai lavoratori, sta facendo DUE cose: il primo e’ di ridistribuire ricchezza, il secondo e’ di agire sui rischi (in questo caso, il rischio di ammalarsi) in senso sociale.
La finanza odierna sta agendo in maniera completamente opposta alla previdenza sociale; non solo accumula la ricchezza senza permettere che si redistribuisca mediante il meccanismo fiscale , ma distribuisce sulla societa’ i PROPRI rischi.
Voglio dire, questa crisi ci e’ costata qualche punto di PIL piu’ una certa quantita’ di  disoccupati, e questo per via dei rischi che alcuni hanno deciso di correre. La reazione corretta sarebbe stata quella di alzare la pressione fiscale sui proventi da operazioni di venture capital sino a coprire i danni subiti.
Ma questo modello ha un limite, ovvero quello di poter produrre piu’ danni che guadagni, come e’ successo.
Ed e’ qui il punto: se veniamo pagati centomila euro per abbattere un palazzo che ne vale due milioni, sequestrare i centomila euro non bastera’ a risarcire il danno, ed e’ proprio questo quanto avvenuto. Il danno subito dall’economia mondiale non puo’ essere risarcito anche sequestrando tutto il valore prodotto dall’operazione finanziaria che e’ stata alla base del credit crunch, perche’ il danno prodotto e’ stato superiore a qualsiasi valore prodotto per gli azionisti.
Cosi’, in sostanzia, arriviamo al vero problema: all’affermazione secondo la quale “il primo dovere del manager e’ di creare valore per gli azionisti” si dovrebbe, molto semplicemente, rispondere che “il primo dovere del manager e’ di non creare danno ai non azionisti”.
Alla fine, i problemi non sono mai cosi’ complessi: il problema della finanza non e’ , di per se’ stesso, quello di agire in un modo o in un altro, e puo’ essere misurato semplicemente con un criterio molto, molto esatto e molto fisico.
Sul piano legislativo e’ molto semplice definire questo genere di violazione: e’ sufficiente imporre che sia reato manovrare nel mondo finanziario in modo da causare danno diretto o meno a chi non sia un operatore del settore.
Questo puo’ essere fatto in diversi modi; e’ possibile per lo stato permettere operazioni di venture capital solo dietro precise garanzie, che so io una quantita’ adeguata di oro o di immobili, cosi’ come e’ possibile agire a posteriori (anche se come ho detto il danno puo’ essere piu’ grande dei guadagni, come con il credit crunch) tassando i guadagni di queste operazioni.
In tutti i casi, per farlo e’ sufficiente opporre una piccola, ovvia frase a chi dice che “il primo dovere del manager e’ di produrre valore per gli azionisti” ricordando loro che , semmai, quello e’ l’incarico che hanno ricevuto, e che semmai il loro primo dovere e’ quello di non creare danni ai NON azionisti.
Che poi si agisca a priori o a posteriori, il discorso cambia poco: il primo dovere di un manager e’ esattamente come il primo dovere di chiunque altro. Non causare danni a chi non gioca allo stesso gioco.
Adesso qualcuno mi dara’ del comunista, e dira’ che io “sputo nel piatto nel piatto in cui mangio”. Beh, sapete qual’e’ la sfiga?
Che grazie a voi molta gente non sputa nel piatto in cui mangia: semmai sputa nel piatto in cui piange.
Perche’ grazie a voi porci, non mangiano piu’ ma piangono molto. E no, non avevano chiesto loro di giocare alla roulette col futuro, o come chiamate voi quella roba li’ che fate al Casino’ di Wall Street.
La storia vi ricordera’ come criminali, peggiori persino di Hitler e Stalin.
Uriel
(1) La mia personale opinione e’ che una “cura cinese” sia necessaria al mondo del trading, perche’ non e’ possibile che certa gente creda di essere piu’ potente di uno stato. SIl motivo molto semplice e’ che lo stato fa ospedali e paga pensioni, mentre Soros no, quindi Soros e’ una minaccia per lo stato, ergo per ospedali e pensioni. Ergo, se sfida lo stato, la sua morte e’ il male minore.
(2) Vasti spezzoni di tale teoria eesistevano gia’ precedentemente, e altri vennero prese dalle farneticazioni della Blavatsky. Le teorie della Blavatsky sarebbero state liquidate da Charcot come “si consiglia il matrimonio”, metodo cortese col quale i gentiluomini dicono cio’ che oggi sarebbe “e se scopassi un pochino?”.

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