Distorsioni cognitive.

Ogni volta che una persona di eta’ relativamente giovane entra nel forum, mi trovo ad avere a che fare con qualche sua distorsione cognitiva che viene , a mio avviso, indotta dalla scuola in auge dopo le ultime riforme. Generalmente, per riportare la persona a poter vedere la realta’ mi tocca di volta in volta di fare una vera e propria operazione di debunking di metodi cognitivi e di struttura del pensiero.

Pensare e’ un pochino come correre. Cosi’ come chiunque abbia gambe funzionanti crede di saper correre, chiunque abbia un cervello non danneggiato crede di saper pensare. Riguardo alle gambe, pero’, avreste grosse sorprese se cercaste di diventare corridori “professionisti”. Se provate a darvi alla corsa professionale, di certo realizzerete che vi manca allenamento e/o la corporatura giusta, ma la cosa che maggiormente vi colpirebbe e’ una semplice constatazione: dal punto di vista del professionista della corsa, non sapete correre.

Voi penserete che correre sia una cosa naturale, e che chiunque, in fondo, sappia correre. Se chiedete ad un allenatore professionista, lui vi spieghera’ il contrario. Chi getta le cambe in giro un pochino a cazzo, chi sbatte il tallone inficiando le ginocchia, chi tiene male la schiena, chi non sa respirare , ce n’e’ un pochino per tutti. Insomma, voi pensate di correre perche’ chiamate “correre” quello che fate, ma da qui a soddisfare i requisiti TECNICI della corsa, e del tipo di corsa che volete praticare, ce ne passa. Ovvio, voi fate jogging, ma chi pratica corsa di fondo a livello professionale potrebbe spiegarvi alcune tecniche , tecniche di base,  che servono a correre.

Allo stesso modo, tutti sono convinti di saper pensare. Questo avviene perche’ ogni sforzo intellettuale, o quasi, viene definito “pensare”, ma dovreste chiedervi come potreste apparire a persone che hanno avuto una preparazione in qualche scienza esatta, o che abbiano dato esami su esami di logica.(1) Se lo fate, potreste anche scoprire di avere dei seri problemi, e che – cosi’ come quando crediamo di correre dal punto di vista del corridore professionista stiamo gettando i piedi a casaccio qui e la’ – spesso chi crede di pensare commette delle catastrofi logiche , che portano poi ad una cascata di problemi, quando il prodotto scorretto di una “pensata” viene usato come assunzione per nuovi “pensieri”

Posso dividere gli errori cognitivi in diverse grandi famiglie, e ne riconosco diversi che sono piena responsabilita’ della scuola.
  1. L’impossibilita’ di pensare PARTENDO da un concetto astratto, per arrivare alla classificazione del reale.
  2. L’impossibilita’ di pensare alla cosa senza pensare ad una cosa diversa.
  3. L’impossibilita’ di pensare alla cosa senza per forza interrogarsi sulla sua origine preistorica.
Il primo disastro e’ da attribuire alla scuola. Se dividiamo l’economia in diversi settori, per esempio “agricoltura” , “industria” , “servizi”, la scuola e’ stata per decenni l’ UNICO grande settore di servizi non materiali nel paese. E’ stata, cioe’, l’unico “terziario”, e specialmente l’unico terziario rilevante, col suo milione di addetti e i suoi 400.000 utenti per anno scolastico, da moltiplicarsi per gli anni che i giovani stanno a scuola.

Il fatto che la scuola fosse il principale, se non l’unico, terziario italiano ha distorto completamente il mercato, facendo si’ che moltissime delle lauree concepite per il terziario, cioe’ i lavori che piu’ di altri sono “di concetto” fossero indirizzate proprio all’insegnamento.

In passato, quando una persona sceglieva un percorso di studi poco richiesto dall’industria o dall’agricoltura, la risposta non era quasi mai “ma lavorero’ nel mondo dei servizi”, bensi’ “ma posso sempre insegnare”. Questa situazione, consolidandosi, ha fatto in modo che tutti i corsi di laurea che nei paesi sviluppati preparano al lavoro nel settore economico “terziario”   in Italia preparassero…. per il settore pubblico “scuola”.

Se pensiamo a scuole superiori come le magistrali, che sboccavano nel “magistero” (ora credo non esistano piu’), e pensiamo alla loro vecchia strutturazione, osserviamo subito che con la scusa “per l’insegnamento” si sono costruite scuole , molto semplicemente, “piu’ facili”.

Questo non e’ affatto scontato. Laddove l’industria ed i servizi si erano evoluti in uno strato economico sofisticato, era molto piu’ importante studiare scienze umane per gestire il personale, per supportare i dirigenti, per fare i giornalisti in un mercato non chiuso da una corporazione, insomma: per trattare le stesse materie in senso competitivo.

Anche lo stesso “insegnamento” e’ stato distorto: se pensate a quanto business facciano i corsi di certificazione e (ri)qualificazione  professionale nei paesi evoluti, scoprite che “insegnamento” non e’ per forza uguale a “scuola”, ma dovrebbe somigliare di piu’ ad “azienda”.

Per i ricercatori, e’ la stessa cosa: se pensiamo a quanto importanti siano i brevetti e la proprieta’ intellettuale per le aziende del mondo sviluppato, la parola “ricercatore” non si doveva associare a “CNR” o a “Universita’ “, bensi’ ancora una volta ad “azienda”.

La verita’ e’ che la presenza della fabbrica di posti di lavoro statali detta “scuola” ha distorto OGNI corso di laurea relativo a ricerca (e contenuti) per il terziario, trasformandolo in un corso per “la scuola”. Come risultato, la scuola italiana si e’ riempita di inutili ciarlatani il cui unico scopo era di avere “il posto”, per il quale non occorrono qualita’ misurabili quali “il servizio” (se provate a parlare di qualita’ del servizio per la scuola vi linciano) ma occorreva passare “un concorso” per poi insegnare agli studenti come passare concorsi o la versione ridotta del concorso, detta “esame”.

Per passare un concorso, tutto quello che dovete fare e’ di conoscere uno specifico argomento, o un certo numero di argomenti (normalmente argomento di concorsi), e se il titolo cambia un pochino rispetto all’esercitazione precedente, di riconoscere un caso simile e , mutatis mutandis, scrivere le quattro cose che si sanno. Per analogia, questo fa si che almeno sino alle superiori, allo studente NON vengano insegnati concetti astratti, o quasi: deve passare un esame, gli servono esempi di domande da esame.. Anzi, viene abituato ad usare gli esempi per raggiungere il concetto astratto, come se la realta’ fosse uno strumento per capire il pensiero, e non viceversa.

Puo’ sembrarvi sensato usare gli esempi come metodo principe solo fino a quando non arrivate all’universita’. Qualcuno di voi ha mai visto un esempio di sedenione? Sapete farmi un esempio di situazione ove A moltiplicato per B sia DIVERSO da B moltiplicato per A? Si, saprete menzionarmi ottetti, sedenioni e quaternioni se li avete studiati, ma AVETE UN ESEMPIO? Un esempio “terra-terra” di sedenione? Avete mai toccato uno spazio funzionale? Mi mostrate un Aleph zero? Avete mai visto in vita vostra un insieme che contenga tanti elementi quanto una linea continua ma nessun punto vi appartiene veramente?
La verita’ e’ che potrete incontrare calcoli nei quali sono richiesti sedenioni e compagnia bella, ma il processo non e’ “dall’esempio reale al concetto”, bensi’: “ho studiato il concetto e ora che vedo di fronte a me il caso , riconosco il concetto”.

Questo approccio e’ devastante. Prendiamo proprio un esempio, il concetto astratto di “simulacro” come lo pensa Baudrillard. Un simulacro e’ una particolare finzione, che ha la qualita’ di prendere forza dalla sua velleita’ e dall’evidenza della propria falsita’. Un simulacro, cioe’, e’ creduto piu’ vero e onesto tanto piu’ EVIDENTE e’ la sua falsita’.

Il processo per cui avviene e’ semplice: voi decidete a PRIORI di crederci, e quindi dovete assegnare aprioristicamente un valore di verita’ cosi’ forte da sfidare l’evidenza. Piu’ forte e’ l’evidenza contraria, piu’ volonta’ dovete metterci.

Insomma, per credere ad una palese minchiata occorre molta fede. Quello che i cattolici chiamano “fede” e’ una decisione di credere ad una tesi, decisione sostenuta con tale volonta’ da superare l’evidenza della sua falsita’.

Ma se decidiamo di credere ad una cosa non palesemente falsa, non abbiamo bisogno di molta volonta’: insomma, non serve tanta fatica per credere che esista solo la geometria euclidea(1).

Ma se vogliamo credere che una donna rimanga gravida per via di un angelo, occorre davvero una fortissima volonta’: l’evidenza materiale che Maria abbia piazzato una bella cornazzata sulla testa del fidanzato Giuseppe , rimanendo pregna, costringe il credente ad un “atto di fede” che richiede grandissima volonta’. Questa volonta’ aprioristica corrisponde  alla forza con cui un simulacro diventa piu’ “vero” quando e’ palesemente falso.



Fin qui, se escludiamo l’esempio di maria, mi sono appunto mantenuto nell’astratto. Ma l’esempio vi ha fuorviato. Se io dicessi “Berlusconi e’ un simulacro?” voi non riuscireste a trovare analogie tra Berlusconi e Maria, visto che Berlusconi non ha mai preteso di essere vergine ne’ di aver incontrato un angelo e quindi  faticate a riconoscere l’esempio. (2) La distanza tra Maria e Berlusconi vi sta fuorviando.

PER QUESTO, imparare con gli esempi e’ sbagliatISSIMO. Va bene per concetti semplici, ripetitivi e molto stereotipati, ma per il resto e’ un metodo del cavolo. E’ sbagliato perche’ quando si lavora per esempi si lavora per similitudine o per analogia, a seconda che si confrontino oggetti o relazioni tra oggetti. Ma quando avete imparato che l’immacolata concezione e’ un simulacro, non potete poi riconoscere le orge di Silvio, o la presunta intelligenza politica di D’Alema  come simulacri: non c’e’ similitudine, collegamento, analogia. In comune hanno solo un concetto ASTRATTO: acquisire forza dall’evidenza contraria, o dalla mancanza di evidenze(3).

La maniera CORRETTA e’ di imparare PRIMA il concetto astratto imparando a LEGGERLO, e poi semmai imparare a riconoscerlo nella realta’. Perche’? Perche’ non e’ la realta’ che serve a capire il concetto, ma e’ il concetto che vi serve a capire la realta’. Chi insegna per esempi sta insegnando poco e male. Cioe’, sta insegnando “facile”.

Chi vi ha insegnato “per esempi” non ha fatto un grande lavoro. Vi ha messi nelle condizioni di essere inetti di fronte a qualsiasi novita’ non sia simile agli esempi che conoscete. Non avete, cioe’, uno strumento idoneo a capire il cambiamento, ma solo a spiegare cio’ che e’ noto.
Il secondo problema, cioe’ l’incapacita’ di pensare a qualcosa senza pensare a qualcosa di diverso, e’ dovuto sia alla televisione che ad una certa letteratura politica.

La letteratura politica colpevole e’ quella del PCI.

L’italia ha avuto un partito, il PCI, che ha perso tutte le elezioni dal 1946 al 1991, senza per questo chiudere. Una notevole eccezione, se pensiamo che nel mondo qualsiasi partito non abbia alcuna speranza di governare sparisce in pochi anni. Ma a cosa pensavano gli eletti del PCI se tentavano di disaminare la palese inettitudine del loro partito, la sua incapacita’ di essere governo, di convincere, di vincere le elezioni?

In qualsiasi paese normale, “il partito perde sempre” viene letto come “il partito e’ inetto a realizzare  le mie idee”. Nessun altro partito occidentale e’ mai riuscito a sopravvivere ad una simile quantita’ di sconfitte politiche. Ma il PCI aveva organi di propaganda molto forti, e ha abituato i suoi elettori a guardare altrove, come fanno i prestigiatori che vi fanno guardare altrove. Cosi’ e’ iniziata la dietrologia. Di fronte a QUALSIASI problema, l’uomo comune italiano e’ stato abituato a guardare DIETRO. La squadra ha perso? Trasmissione di un’ora sullo SPOGLIATOIO. Ok, ma la squadra ha perso in campo. Ok, lo so che nello spogliatoio si e’ detto questo e quello, ma parliamo di quanto accaduto in campo? Allora ok, la chiesa appoggia la DC, ma parliamo della sconfitta del PCI? Ok, Andreotti e’ sponsorizzato da Satana, ma parliamo del perche’ il PCI non vince mai? No, non si doveva. Se parlavate della sconfitta elettorale , vi rispondevano che “ma certo, la chiesa appoggia la DC”. Vi dicevano che il PSI rubava. Ok, ma parliamo del perche’ il PCI non vincesse mai? No, vi parlavano della gente stupida. Ok, l’elettore e’ stupido, ma parliamo del perche’ il PCI non vinceva mai?

Voglio dire, se qualcuno vince, vincere e’ possibile. Perche’ NON CE LA FAI? Questa domanda veniva glissata: voi chiedevate come mai NON vincesse il PCI, e loro vi spiegavano perche’ vincesse la DC. Ok, la DC vince. Ma io ti ho chiesto come mai tu hai perso, e no, non e’ la stessa domanda. Siamo in un campo di scelte che ha piu’ di un partito, quindi non dovevi batterne solo uno.

Il disperato bisogno del PCI di distrarre le masse dal loro fallimento elettorale continuo, e dalla domanda “ma non e’ che il comunismo sia una merda indigeribile?” produsse tutta una stampa che non faceva altro che… parlare di altre cose. Del retroscena, per dire. Della dietrologia, per dire, che fu invenzione loro. Dei complotti americani, dei piani segreti, della sopravvautazione di fenomeni irrilevanti come le logge massoniche, di un disperato branco di volontari male addestrati chiamato “gladio”: tutte cose che dovevano stare su cronaca Vera e invece se ne stavano sulla prima pagina dell’ Unita’, per distogliere l’attenzione dei tesserati dalla vera domanda: “ma perche’ non vinciamo mai?”.

Altro contributo lo diede la TV continuamente interrotta dalla pubblicita’. Stare delle ore di fronte ad una TV continuamente interrotta dalla pubblicita’ addestra la mente alla consuetudine di cambiare contesto, e nel tempo alla NECESSITA’ di cambiare contesto. Moltissime persone NON RIESCONO a pensare alla stessa cosa per piu’ di trenta-trentacinque minuti, tempo normale medio dell’interruzione pubblicitaria. Sono cosi’ abituati , cosi’ addestrati a cambiare contesto ogni trenta-trentacinque minuti, che ormai cambiare contesto e’ NECESSARIO.

Il risultato e’ una mente che non SA mantenere il focus su una data cosa. Che non riesce ad approfondire neanche se vuole, anche perche’ persino le trasmissioni di “approfondimento” sono interrotte. La mente del telespettatore potra’ anche concentrarsi, ma sul piu’ bello, una tizia con l’assorbente in molibdeno si lancia col paracadute con un albero di pesche, e zap. Cambio di contesto.

Si fa moltissima fatica, in un forum o in qualsiasi posto, a tenere una discussione su uno specifico argomento: se una discussione su un argomento dura per molto tempo, arriva qualcuno e dice “ehi, non c’entra niente, ma … cosa vi piace mangiare?

E non si rende nemmeno conto che la sua mente sta semplicemente replicando uno stacco pubblicitario con la reclame della pasta, che normalmente arriva nel mezzo di una trasmissione interessante.

Cosi’, questa distorsione cognitiva impedisce a moltissimi italiani di pensare alla cosa e non a qualcos’altro. Un esempio e’ un articolo sulla repubblica, ove si dice che la Germania resta competitiva sino ad un euro che vale 1.79$, la francia arriva a 1.68$, l’italia a 1.17$. In qualsiasi paese ci si chiederebbe come mai l’ Italia sia meno competitiva , ma l’articolo a quel punto parla del dibattito a Bruxelles e dell’idea di ridurre il surplus . Aha. Ma la domanda rimane aperta: come mai la competitivita’ e’ piu’ bassa? Che cosa non va? E la seconda domanda: conviene piu’ rendere competitiva l’italia o ridurre il surplus?

No, la domanda non viene fatta, perche’ se si parla di produttivita’, non si riesce a discutere di produttivita’ e si andra’ a discutere di politica. Oppure si fara’ dietrologia sulla Merkel, o sui piani segreti degli illuminati. Ma le domande SULLA COSA NON troveranno MAI risposta:  perche’ l’ Italia regge sino a 1.17$ mentre Francia e Germania vanno oltre?  E non sarebbe meglio rendere competitiva l’Italia?  Troveranno invece risposta ALTRE domande che c’entrano con la politica , con gli illuminati, con la BCE. Ma non saprete mai, perche’ vi distrarrete, perche’ mai gli altri siano piu’ produttivi.

L’ultimo disastro cognitivo e’ l’impossibilita’ di pensare a qualcosa senza interessarsi della sua origine preistorica. Ed e’ responsabilita’ precisa degli pseudointellettuali italiani, e delle pseudo facolta’ umanistiche.

Sia chiaro, identificare le cause e l’origine di un problema e’ assolutamente necessario. Altrimenti il problema non si risolve. Ma il problema e’ che l’italiano giovane fa sempre una ricerca di tipo preistorico. Indaga, cioe’, sull’origine del problema PRIMA che il problema apparisse. E prima che apparissero LE CAUSE. E le cause delle cause.

Ma non crediate che ci si stia interrogando sulle condizioni iniziali o sulle cause. No: ho chiamato preistorica la ricerca perche’ l’italiano cerca le cause non solo all’origine del problema, ma va indietro sino a quando si perde non solo il problema, ma anche le sue cause.

Sentirmi dire che i problemi dell’italia derivano dalla sua geografia del rinascimento, o dal fatto che nel medioevo sia stata una terra di conquiste ha senso, ma non quando parliamo di banda larga.

Ma questo e’ esattamente quello che fanno molti italiani: in Italia non si diffonde la banda larga? Beh, arriva Scalfari e vi spiega   i Longobardi non amavano tanto essere informati, poca banda larga e’ un lascito culturale. Oppure arriva Vattimo e vi dimostra che la cosa ha origine col crollo dell’ impero Bizantino, che divise in due il mediterraneo. Wikipedia ha pochi editori italiani? Beh, cosa vi aspettate dal Mediterraneo che vanta  la biblioteca di Alessandria, se non il Sacro Disgusto per cio’ che non e’ scritto su pergamena, vi spieghera’ Eco.

Ecco, questi pseudointellettuali hanno distrutto quel poco di capacita’ residua che l’ italiano aveva nel focalizzarsi su qualcosa. Snobbare il problema, snobbare le sue cause, risalire ad ALMENO mezzo millennio prima e tracciare un collegamento improbabile tra eventi di cui NESSUNO sarebbe a conoscenza se non si studiassero a scuola e il problema attuale.

La stragrande maggioranza degli italiani non aveva nessun cazzo di idea di chi fossero i Longobardi: se non si diffonde la banda larga e’ per via dell’incompetenza dei cazzo di legislatori, della cattiva gestione degli investimenti delle telco, di tante ma tante cose DI OGGI, ma i Longobardi non c’entrano un cazzo di niente. Se ci sono pochi contributori di Wikipedia e’ perche’ gli italiani , qui ed oggi, monetizzano (o credono di farlo) la differenza di cultura tra se’ ed i piu’ ignoranti, e quindi sono restii a condividerla. Ma i mandarini cinesi non c’entrano un cazzo di niente, anche se troviamo delle similitudini.

Una classe di intellettuali che era INCAPACE di trovare la risposta QUI e ORA non ha fatto altro che dare risposte della minchia, menzionando sempre luoghi lontani e tempi preistorici, preistorici almeno rispetto alla storia del problema stesso. Se c’e’ poco senso civico in Italia non c’entra l’ Italia di Lorenzo dei Medici. C’entrano una polizia inetta e la mancanza di multe salatissime, o tante altre cose che sono ADESSO e sono IN ITALIA. Non i mongoli. Non i romani.

Questo fa si che condurre una discussione sia un processo alienante : non appena si nomina un problema di oggi ad un intellettuale, saltano fuori saraceni, borboni, assirobabilonesi, salta fuori il periodo romano, il pleistocene, il medioevo, il rinascimento, il risorgimento: tutta roba che andrebbe ignorata con un gesto della mano, del tipo “non c’entra un cazzo, ignorate il vecchio coglione”. Fumo negli occhi.

Queste tre tendenze sono , di fatto, cio’ che acceca gli italiani. Anche vedendosi di fronte il fatto, e nel caso di problemi anche la soluzione a portata di mano , quasi tutti gli italiani partiranno per un percorso speculativo alla ricerca di esempi gia’ visti, distraendosi a cercare  cosa stia dietro e cosa sia nascosto, interrompendosi per uno stacchetto pubblicitario mentale, e se anche si avvicinano alla verita’, ecco che entrano in scena i celti, i mongoli, i normanni, le tribu’ di predoni del deserto e l’ impero cinese.

  • E se fosse possibile arrivare dal punto A al punto B per la via piu’ breve, sempre dritti e senza fermarsi?
  • E se fosse MEGLIO arrivare dal punto A al punto B per la via piu’ breve, sempre dritti e senza fermarsi?

pensateci, perche’ quando andate all’estero e dite “ma come e’ tutto piu’ facile qui”, forse non state accusando la burocrazia italiana o la politica italiana.

Magari state accusando la vostra stessa mente.

Uriel
(1) No, ne esistono altre. Ma non e’ facile da pensare.

(2) Si, Silvio Berlusconi e’ un classico esempio di simulacro. Un ultra-settantenne che sfianca otto ventenni, dopo un’operazione di prostata, soffrendo di noti problemi cardiaci , dopo un’operazione di cancro all’intestino , e’ evidentemente un simulacro. Cosi’ come lo era “Berlusconi Operaio”: e’ noto che non abbia MAI fatto niente di simile all’operaio. Ma i suoi fan PRIMA decidevano di crederci, e POI applicavano tutta la volonta’ che serviva per contrastare l’evidente falsita’ del simulacro stesso. Cosi’ come fanno quelli che credono davvero che il PD sia un partito, o che MAtteo Renzi sia un leader preparato: PRIMA ci credono, poi decidono quanta “fede” applicare per superare l’evidente falsita’ : nel caso di evidenti minchiate, occorre MOLTA fede, e per questo i simulacri  hanno PIU’ forza quanto piu’  evidentemente sono falsi. Come esercizio a casa, “perche’ M5S, Grillo e Casaleggio” sono dei simulacri.

(3)Qualcuno mi sa portare UNA SOLA prova dell’ “intelligenza politica” di Massimo d’ Alema? Una cosa che ha detto, fatto, scritto?

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