Discorazzismo?

Un evento accaduto a Marina di Ravenna mi fa tornare ai tempi dell’universita’, quando per sbarcare il lunario feci anche il buttafuori, o in modo fico “la security” di alcuni locali. All’epoca, non so come funzioni oggi, le discoteche erano al loro massimo ed era un lavoro abbastanza comune per , come si dice oggi, monetizzare il tempo passato nelle palestre di arti marziali.

In realta’ all’epoca si faceva abbastanza poco a cazzotti, almeno se eravate al seguito di un buon PR. Io ebbi la fortuna di essere al seguito di un PR con un’agenda di 10/15.000 nomi, tra cui calciatori del Bologna e della Fiorentina, attori comici bolognesi che avrete visto in TV, sciatori bolognesi e molta altra bella gente, come si diceva a Milano. Inoltre, ero disponibile per eventi in luoghi gay friendly, cosa che non era molto comune: tutti avevano paura che facendo a pugni il sangue (ovviamente, infetto) li potesse contagiare.

Comunque, tant’e’: davi la tua disponibilita’ e/o te la chiedevano, e poi andavi (magari insieme ad altri della cricca) sul posto qualche ora prima. Le serate erano ben pagate, anche perche’ quando c’e’ la bella gente tutto deve andare liscio: troncare e sopire, sopire e troncare. Anche a mazzate, ma silenziose.

Credo di avere gia’ raccontato che in certe serate “non entravano albanesi”, ma anche “non entravano calabresi”, o altre cose che potrebbero sembrare razziste. La verita’ e’ non succedeva ogni sera e non succedeva sempre con gli stessi.

Arrivati sul posto lo stesso gestore ti diceva che “attenzione, c’e’ un gruppetto che e’ salito dalla Calabria e ha le mani lunghe” Cioe’, era li’ per rubare. Borsette, gioielli, ma anche capi firmati, perche’ la “bella gente” ne ha addosso: si parlava si scarpe che all’epoca costavano due, tre milioni di lire, per dire. E quando una si metteva a ballare scalza sui tavoli di un club, iniziava il pericolo.

 Sia chiaro, non erano tutti maschi: ci fu un’estate in cui una banda di rumene faceva la spesa nei bagni, che era una bellezza. 

Siamo nel periodo senza internet, dove per scattare una foto la persona doveva essere in posa. E comunque vi vedeva. Noi sapevamo che c’era una banda di albanesi/abruzzesi/rumene/africani che era li’  fare questo e quello, e lo sapevano i titolari perche’ “avevano gia’ colpito nelle vicinanze”. 

Dovete considerare che in quel periodo ogni estate c’erano tre milioni di presenze, e una serata fica con gente “in” poteva portare alcune discoteche a 4000 persone. Significa che una rissa dentro non era desiderabile. In alcuni casi, eri parte di uno staff da 200 persone. 

D’altro canto tutta questa gente benestante e/o ricca era li’ per divertirsi, e quindi non aveva mai le tasche vuote, per dirne una. Oppure c’erano quelli che erano li’ per farsi compatire e basta, i meridionali che credevano di essere nella terra delle bbuttane (e poi si trombavano una di Trapani)e  molestavano, e tutta la parafernalia.

Cosa succedeva allora?

Eh, che se sapevamo che c’era in giro una banda di stronzi albanesi che di giorno lavoravano in qualche lido e la sera facevano casino, oggi non entrano piu’ albanesi. Fine.

E’ razzista? E’ razzista nella misura in cui l’unica cosa che sapevi era “banda di albanesi” o “gruppetto di calabresi”. E quindi calavi la scure. Chiaro, se uno parlava con la “h” ma aveva addosso cinque, sei milioni in vestiti non era il caso. Ma se arrivava in canottiera , beh, insomma. A casa.


La cosa che noterete e’: ma la selezione all’interno non dovrebbe essere compito della polizia?

In effetti, col senno di poi, il buttafuori ha due funzioni: una preventiva (la selezione all’ingresso che migliora il tuo divertimento) e una repressiva, cioe’ il primo intervento in caso di problemi.

Il guaio e’ che le forze dell’ordine non sono mai disponibili a nessuna forma di prevenzione. Sono una forza puramente repressiva. Se in caso di rissa fuori controllo potete chiamarli a darvi man forte, gli uomini delle forze dell’ordine hanno SEMPRE declinato di fare prevenzione in qualsiasi situazione di presenza giovanile.

Questa e’ la ragione per la quale un ragazzo, Willy, puo’ essere ammazzato di botte senza che in una piazza ritrovo di centinaia di giovani ci sia una presenza costante della polizia. Troverete le forze dell’ordine ovunque, tranne nelle vicinanze della “movida”, cioe’ in luoghi ove succedono spessissimo disordini, ed avvengono anche attivita’ illegali a iosa.

Sono invece presentissimi nella parte “dopo”, cioe’ dopo che il casino e’ scoppiato e la violenza e’ iniziata, e spesso gia’ finita. 


Oggi che c’e’ internet e ci sono telecamere ovunque, probabilmente le fotografie dei cazzoni sono gia’ presenti in qualche gruppo che i buttafuori possono consultare col telefonino. Ma il punto e’ che non dovrebbero essere loro a fare questo lavoro, cosi’ come non avremmo dovuto essere noi: il guaio e’ che la polizia NON VUOLE essere coinvolta in azioni di prevenzione. Vogliono limitarsi alla funzione di repressione.

C’e’ da dire pero’ che non hanno molta scelta: gia’ mi stupisco che esista il DASPO, ma altrimenti anche se un noto malfattore si presentasse di fronte ad un locale , la polizia non potrebbe certo dire “tu non entri”: al contrario, essendo un club privato, puo’ dirlo il buttafuori.

La cosa che mi lascia molto perplesso e’ , invece, che il club gli abbia venduto il biglietto PRIMA: perche’ noi non dovevamo lasciar arrivare i ragazzi alle casse. Ce lo raccomandavano, perche’ dopo avremmo solo potuto buttarli fuori (in teoria) se si comportavano male, ovvero se li beccavamo. Club privato o meno, una volta che hai incassato il biglietto, hai comunque stipulato un contratto con questa persona, e se non puoi dimostrare che il contratto sia stato rotto non puoi impedirgli di entrare. 

Il ragazzo in questione, a quanto leggo, aveva un biglietto per il concerto. E un biglietto e’ un contratto privato, anche se i termini sono impliciti. Non so, quindi, quanto arbitrio abbia davvero il club, di lasciarvi fuori. 


In ogni caso, il problema nasce semplicemente da un fatto: tutte le politiche di prevenzione sono lasciate ai privati. Solo quelle repressive sono pane della polizia.

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