Dal PCI alla Lega

Poiche`il tema ha avuto un certo successo, faccio una auto-deroga a me stesso e aggiungo un post sull’argomento. Vorrei sforzarmi di  descrivere come ho visto cambiare la societa’ nella mia adolescenza, per spiegare la fase del crollo, la fase di interregno, e infine l’arrivo della Lega. Penso che sia efficace parlare del come dopo aver descritto il cosa.

Abbiamo detto che l’ambiente sia la fabbrica, e che tutti i problemi siano di ordine materiale. Ma bisogna fare un passo indietro. Molte industrie italiane erano , almeno in Emilia, industrie della trasformazione dell’agricoltura, come la Colombani, come gli zuccherifici Maraldi, eccetera. Questo produceva un ciclo campagna->fabbrica di inaudito potere sociale.

Nel mondo industriale, al crescere dell’industria si svuota la campagna. Il ciclo comprende l’urbanizzazione e quindi la scomparsa delle vecchie tradizioni rurali, per fare un esempio facile, cambia l’alimentazione. Se in emilia si e’ conservata anche l’alimentazione nonostante l’industrializzazione fu dovuto al tipo particolare di industria, nella quale una grossa parte era costituita da industrie della trasformazione del cibo. Parmalat, Granarolo, Colombani, Eridania, Maraldi, chi piu’ ne ha piu’ ne metta.

Questo produceva un intero ecosistema autosufficiente. Le classi sociali convivevano tutte, cosa insolita durante la trasformazione da agricoltura ad industria. L’ecosistema sociale della barbabietola consisteva nei contadini (in genere meno scolarizzati) che la coltivavano, la raccoglievano (i braccianti) e la trasportavano alla fabbrica (camionisti).  Dentro la fabbrica, c’erano gli operai poco scolarizzati, i “maestri d’opera”, con esperienza e qualche diploma di scuole professionali, i diplomati (disegnatori meccanici e periti,, e ragionieri) , e negli uffici “alti” qualche laureato. Nelle portinerie e nello spaccio del bar di solito trovavi gli handicappati, in una visione del welfare che era tutto attorno alla “fabbrica”.

Il ciclo dello zucchero era un ecosistema. Esso era durato circa un secolo, dalle prime fabbriche di fine ‘800 sino agli anni ‘70. Tre generazioni, quindi una tradizione. Gente che aveva sposato l’operaia delle caldaie, gente che era morta in fabbrica dentro le macine delle bietole, eccetera. Tutta la vita. C’e’ un “NOI” fortissimo nel puzzare tutti allo stesso modo, nel fare i turni di notte durante le “campagne” estive, quando si raccoglie la bietola. Tutto un quartiere dove i bmbini non possono urlare o fare rumori perche’ “papa’ ha fatto la notte”. C’e’ un “noi” fortissimo, l’elettricista della fabbrica che ti fa un salto a casa per dare un occhio all’impianto, tu che gli vai a saldare il cancello, a buon rendere. E’ tutto “tra di noi”. Noi.

Ora, che cosa succede quando crolla il mondo? Quando arrivano le prime voci, figurati. “Seeeeh, se crolla il cielo. Non puo’. E’ impossibile. Ma sai che casino succede? “

La seconda fase, quando e’ chiaro che succedera’, e’ “come e’ possibile”? E la fase di schock. Si chiamano i sindacalisti, gli si urla in faccia, si pretendono i perche’, ma non arrivano o sono incomprensibili. Come “andiamo male?” Ma se lavoriamo come matti!

Poi c’e’ la fase della rabbia. Lotte, picchetti, eccetera. C’e’ ancora un “noi della fabbrica”, ma il “noi” si sta disgregando. I primi non ce la fanno, e trovano altri lavori. Nessuno li biasima, ma non e’ piu’ “tra di noi”. Non puzzi piu’ di borlanda(1). Il “noi” crolla.

Tutti si raggruppano attorno ai sindacati , al partito e qualcuno ai preti. Il partito, il sindacato, e per chi ci crede, Dio. Tutti e tre sono profondamente legati a “noi”. Il prete che organizza di portare i bambini al mare, ali lido degli estensi, nella spiaggia libera,  durante le vacanze estive con il suo pullmino wolkswagen perche’ bisogna ancora nascondere che non si mangia a pranzo e i bambini vanno tenuti lontani. Scelte crudeli, brutali. Falsita’ durissime. Difendere i bambini e’ indispensabile, si piange di nascosto e si fa finta di sorridere quando ci sono loro. Vivere nelle case della fabbrica aiuta a nascondere la differenza, perche’ tutti sono simili. Si chiede alle scuole l’obbligo del grembiulino. Stringere i denti e’ un fenomeno di dimensioni sociali.

Ma poi crolla tutto lo stesso. Nessuno capisce il perche’. Anche i sindacalisti vengono licenziati. Il sindacato e’ impotente.  Il partito e’ impotente. Dio e’ impotente.

Il mondo e’ finito.

Cosi’, inizia la parte di interregno. Non esiste piu’ il “noi”, ma solo tanta gente che vive ammassata in un grumo di case. Ognuno si e’ arrangiato come poteva, chi nella vicina fabbrica di cucine, chi negli zuccherifici piu’ lontani, chi ha cambiato mestiere. Il “noi” si e’ disgregato, la fabbrica cade a pazzi, non c’e’ piu’ nemmeno la puzza di borlanda. Fine della storia.

In quella fase, non si puo’ parlare nemmeno di societa’, liquida o meno. Se tutti hanno tradito, se persino la fabbrica e’ finita, il mondo non e’ piu’ quello. Nessuna fiducia se non in se’ medesimi, perche’ chi ha trovato un nuovo lavoro lo ha fatto da solo. Da solo.

Solo di me posso fidarmi.

Dopo 3-4 anni di sbornia consumistica , edonista quando onanista, in una societa’ – non – societa’, inizia a sentirsi la mancanza di un “noi”. Tutti sono soli, e hanno una grossa cicatrice. Il partito? Tu ci credi ancora? E perche`non ci ha salvati?. Il sindacato? E dov’era, quando noi avevamo bisogno? Dio? Figuriamoci.

Tutti pero’ hanno paura, perche’ tutti hanno trovato un lavoro, ma non hanno trovato un gruppo, un ecosistema altrettanto rasscurante. E anche nella sbornia consumista le cicatrici rimangono. Tutti fanno finta di essere potentissimi, perche’ IO ho trovato un altro lavoro, perche’ IO ho aperto l’azienda e me la sono sfangata con le mie mani. IO, IO, IO. Nessuno mi aiutava quando avevo bisogno.

Tutti dicono cosi`.

Ma dentro di se’, tutti rimpiangono quel “noi” di prima, quando chiamavi “picciotto” il siciliano delle caldaie, e lui non si incazzava perche’ puzzavi come lui. Tutti rimpiangono quel “noi” regolatore, ecosistema, quella coperta rassicurante. Nessuno si rende conto del fatto che le cicatrici sono la differenza, e anche se tornasse la fabbrica quelle rimarranno.

E mentre le cicatrici bruciano e tutti provano un senso di vuoto che il benessere non colma, arriva qualcuno che dice “noi”. Un nuovo “noi”. Noi settentrionali. Loro terroni. Loro emigrati. (Non c’erano ancora immigrati extracomunitari a quei tempi, c’erano solo molti meridionali).

Come se non bastasse, il “picciotto” di prima non fa piu’ la stessa puzza di borlanda. Quindi?

Quindi tutti cercano di nuovo la rassicurante coperta “noi”. Non ha le dimensioni cosmiche della fabbrica. Non ti accoglie ogni giorno con la sua puzza, i suoi neon, marroncini, eccetera. Pero`, e’ sempre meglio di nulla. E’ sempre un “noi”.

Questo e’ il punto: che durante il periodo di interregno, siccome tutti votavano ancora come prima, nessuno si e’ occupato di andarci a parlare. L’Emilia era rossa, no?

Tutto va bene, tutto va meglio, che cosa fai ancora sveglio?

In quella fase, si producono due tipi di “falso proletario”.

Il primo di questi non e’ veramente povero, ne’ lo e’ mai stato. Si distingue per il fatto di dare per scontato che chiunque abbia un minimo di superfluo, al quale non vuole rinunciare per aiutare i nuovi arrivati. Questo “povero” in realta’ si definisce tale perche’ e’ disposto a tornare in una condizione che non ha mai davvero provato, e della quale ha, peraltro, una visione romantica. Questo personaggio parla come se chi teme di perdere il proprio status temesse di perdere il superfluo; la realta’ e’ che la paura e’ irrazionale, e per quanto sembri improbabile essi temono di perdere il necessario.

Queste persone , per il solo fatto di essere disponibili a vivere un poco peggio, e per il fatto di non essere ricchissimi, si ergono a portavoci di una falsa classe operaia che e’ disposta a rinunciare al superfluo per dividerlo con i nuovi immigrati: egoista chi non la pensa cosi’. Peccato che se hai qualcosa di superfluo al quale rinunceresti facilmente, e non prendi nemmeno in considerazione l’idea che manchi il necessario, non sei piu’ adatto ne’ a capire ne’ a rappresentare queste persone.

Il primo scollamento inizia quando una classe di falsi poveri , o “vicini a” , cerca di rappresentare persone con le quali non condividono le cicatrici. Ricordate bene che Bossi fece la fame durante il periodo dell’universita’. Lui capisce la sua base.

Quando arrivano i “rappresentanti del popolo” che non hanno mai puzzato come il popolo, inizia lo scollamento. la gente ti vota ancora per abitudine, ma se solo qualcuno desse voce a quella cicatrice che hai dentro…..

La seconda fase e’ quella ove questi sedicenti poveri , o poveri negli intenti, sono sostituiti da qualcuno ancora piu’ alieno, il quale non solo sostiene che si potrebbe rinunciare al superfluo, ma addirittura siamo colpevoli persino perche’ abbiamo il ncessario. L’ “obeso” occidente, la cui colpa e’ mangiare troppo.

Mangiare e’ una colpa? Fottiti, figliolo. Mangiare e’ una fortuna. E se mangi troppo, fai bene: non si sa mai, domani.

E c’e’ una cicatrice in ogni persona che lo dice. Ma nessuno di questi fighetti la ascolta. parlano di politica. Di solidarieta’. Ma dov’erano, loro, quando la fabbrica chiudeva, chiedono migliaia di cicatrici?

Una volta realizzato questo scollamento, basta solo Bossi.

Questo e’ il meccanismo; manca un “noi” e ci sono dei falsi rappresentanti, che si sforzano di parlare come te, ma sembrano come quei libri scritti da adulti per i “giovani”, i quali rispecchiano l’idea che gli adulti hanno dei giovani. Cosi’, per tutti gli anni ‘80 e `90 ci sono stati questi finti rappresentanti del povero, che parlavano ai poveri seguendo uno stereotipo che era “come i ricchi vedono i poveri”. Ridicoli e impresentabili.

A quel punto arriva la lega, e ti propone un NOI.Noi del nord, noi padani, noi celti (ROFTL!). E ppuf.

Poi arrivano i loro rappresentanti, e parlano come te. Ti amano. Si vede.

E il gioco e’ fatto.

Dal PCI alla Lega, in due stupide mosse.

Uriel

(1) Un cazzo di puzza di marcio che tu non senti piu’, ma chi passa davanti allo zuccherificio sente, e tu non lo sai ma ce l’hai addosso. E’ nell’acqua che usi per il bucato, nell’aria che respiri, nell’aria ove asciughi i vestiti.

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