Cronache della fine….

volendo descrivere il fenomeno di disastro economico nel quale ci stiamo addentrando, possiamo dividerlo in tre fasi.

La prima fase si attua su un substrato industriale vasto, differenziato ed efficente.Succede che gli strumenti per gestire la mobilita’ e la liquidita’ divengono fini a se’ stessi. In quel momento, inizia una cosiddetta corsa speculativa.

Nel nostro caso, si e’ trattato della Borsa. Lo strumento nato per gestire il finanziamento delle industrie si e’ trasformato in una spece di casino’, casino’ nel quale si realizzavano come per magia profitti enormi. Questo ha deviato nel corso degli anni sia risorse finanziarie, sia risorse umane: sforniamo piu’ esperti di economia che ingegneri.

Il risultato di questa prima fase e’ che improvvisamente le infrastrutture produttive vengono definanziate. La manutenzione ridotta al minimo, il potenziamento semplicemente inesistente. Reti idriche fatiscenti che perdono efficenza, reti elettriche sempre piu’ incapaci di far fronte alle richieste, reti ferroviarie sempre piu’ inaffidabili. E questo e’ un normale effetto del cappello magico della speculazione: perche’ lavorare se tiro fuori i soldi dal cappello? Perche’ investire in centrali elletriche quando in borsa si guadagna di piu’? E perche’ lo stesso industriale piccolo/medio dovrebbe investire in strutture produttive, quando gli stessi soldi gli rendono di piu’ in borsa?

Il risultato e’ che specialmente nelle periferie, inizia la fatiscenza delle infrastrutture. Il prodotto di tutto questo e’ che le aziende , le persone e le attivita’ che erano disperse nel territorio iniziano a concentrarsi nelle poche citta’ dove i servizi e le infrastrutture funzionano ancora, sebbene abbandonate, per via dell’inerzia.

Risultato: campagne, province e periferie , abbandonate a se’ stesse, iniziano a riorganizzarsi su un modello di sussistenza abitativa. Il bilancio di queste vastissime zone diviene nullo: tanto producono e tanto consumano.

Contemporaneamente, la fame di investimenti orfani della prima fase di speculazione trova il proprio sfogo: il mercato immobiliare. Poiche’ le citta’ sono sempre piu’ richieste, essendovi gli unici servizi abbastanza funzionanti, i prezzi dell’immobiliare aumentano. E aumentano ancora perche’ improvvisamente parte un’ondata speculativa enorme sul patrimonio immobiliare.

Siamo piu’ o meno all’inizio di questa fase. In questa fase, le aziende dalla provincia  non piu’ servita si accalcano nelle periferie cittadine, mentre i lavoratori migrano facendo alzare i prezzi dell’immobiliare.Le banche, che non hanno altri sbocchi visto che l’industria non investe , finanziano a piu’ non posso l’acquisto di immobili a prezzo folle, convinte di avere un controvalore ipotecario.

Non si chiedono cosa succedera’ alla loro esposizione, qualora i prezzi crollassero.

A quel punto si arriva alla terza fase: il disastro. Ci vorranno ancora circa 5 anni.

Le periferie  e le campagne abbandonate riorganizzano la propria economia su modelli basati su efficenza e comunicazione. Il tenore della vita sale leggermente in provincia e si abbassa in citta’. La popolazione giovane e maggiormente prolifica non ha trovato posto in citta’ per via dei prezzi delle case e si e’ trasferita in campagna/provincia, producendo una domanda di servizi piu’ concentrata  e vitale rispetto alle zone cittadine iperurbanizzate.

L’economia di sussistenza delle periferie NON compra prodotti dalle citta’: e’ quasi autosufficente.

La gente inizia a spostarsi verso le campagne.Le aziende seguono i clienti. I prezzi dell’immobiliare crollano.

A quel punto, le banche scoprono che i loro investimenti nell’immobiliare non hanno contropartita di garanzia nelle ipoteche , e di avere un rischio enorme. A quel punto, gli investitori le abbandonano perche’ il rischio e’ troppo alto. E in quel momento il rischio si concretizza.

CRACK.

E’ crollato in questo modo piu’ di un’impero.

A noi mancano circa 5 anni. E c’e’ gente che vede la ripresa all’orizzonte.

BUFFONI.

postato da Levoivoddin giovedì, giugno 26, 2003

Commenti

  1. Prof.Fate va alla culture war

    La cosa interessante è che Uriel in questo pezzo cercava di descrivere l'Italia, solo che queste cose non sono avvenute in Italia, non in questi modi almeno.

    Crack di banche sistemiche non se ne sono visti.

    Uriel pensava di descrivere l'Italia, in realtà ha descritto gli USA.

    Resto sempre stupito di come Uriel non abbia il polso di questo paese.
    Sarà perché vive in Germania, ma sarà anche perché con una boria come la sua (da "tecnico di rete incompreso" che combatte contro economisti e risorse umane) è difficile prendere atto di poter prendere delle cantonate.

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