SDa due giorni mi chiedono per email di commentare quanto successo in Tunisia ed Egitto. Cosa che ho evitato di fare, dal momento che in entrambi i casi e’ filtrato assai poco in occidente. Se dovessi dare un giudizio di qualita’ ai mass-media occidentali per come hanno seguito le crisi, per come le hanno spiegate e per come hanno informato, direi che siamo sottozero. Se fossi un paranoico paragonerei quel che si dice in questo momento con quello che si diceva in Inghilterra ed Austria durante la rivoluzione francese. Niente. Meglio non propagare certe idee. Cosi per capire rimane poco, se non la logica.
Innanzitutto, il lato economico. Sia la Tunisia che l’ Egitto avevano in comune due cose. A fronte di una certa crescita commerciale, si verificava una completa devastazione del tessuto economico: il motivo e’ che l’organizzazione paratribale della societa’, ordinata per kabile, faceva si’ che i soldi finissero tutti nelle stesse mani, ovvero nelle mani di pochissime tribu’, legate tutte a familiari e/o sodali e/o compari dei dittatori al governo e dei capi della polizia.
Il fatto che nell’area mediterranea il commercio sia in crescita e contemporaneamente vi sia impoverimento , e lo sbilanciarsi delle condizioni economiche, hanno creato le condizioni per una rivolta di tipo liberale. Sono relativamente confidente del fatto che si tratti di una rivolta di tipo liberale, (almeno sinora, poi qualcuno potrebbe prenderne il controllo. Ma nessuno brama di prendere il controllo di un popolo che si ribella e ha ancora il fumo al naso).
Ci sono diverse caratteristiche che sono tipiche delle rivolte del “terzo stato”, qualsiasi cosa voglia dire la parola da quelle parti, e che ipotizzo essere costituito principalmente da commercianti.
La prima e’ la mancanza di leaders chiaramente identificabili. Nelle rivolte di massa, infatti, i leaders sono chiaramente identificabili e l’ideologia lo e’ altrettanto. Mentre le ideologie riescono ad essere forza sufficiente nelle rivolte disordinate del terzo stato, nel caso delle rivolte di massa occorrono leader. La massa non si muove senza un leader, solo il ceto medio sa farlo.
La seconda e’ il rapporto “relativamente buono” con l’esercito. L’esercito e’, per le masse povere, uno dei nemici principali. Sia perche’ essenzialmente mangiano mentre gli altri fanno la fame, sia perche’ la leva colpisce principalmente le famiglie povere, infine perche’ il costo di mantenimento e’ enorme, e infine perche’ la polizia si teme, mentre l’esercito si odia.
In generale, invece, le rivoluzioni del terzo stato non sono quasi mai osteggiate dall’esercito, che spesso si mette in ascolto, drizza le orecchie e preferisce una posizione neutrale. Il motivo e’ che le rivolte del terzo stato sono normalmente rivolte interne, e nessun esercito si impelaga in una guerra civile: motivare il soldato a sparare su suo padre e’ quasi impossibile.
Ci sono diversi sintomi del fatto che le rivolte di Tunisia ed Egitto vengano dal “terzo stato”. In egitto, per esempio, immediatamente si sono bloccate internet e i cellulari. Ma bisogna capire che si tratta di paesi ad enorme tasso di poverta’, nei quali questi servizi sono privilegio di alcune classi. I povero sono veramente poveri, e non hanno ne’ internet ne’ servizi VAS sui cellulari. Allo stesso modo in Tunisia, le rivolte si sono sviluppate attorno ai centri universitari e alle metropoli: i poveri abbondano ovunque, mentre i colti abbondano nelle citta’.
Infine, manca l’odio verso lo straniero che e’ tipico delle rivolte dei ceti piu’ poveri, i quali hanno come carburante l’odio e la fame. Se la fame e’ universale, l’odio si sfoga facilmente e piu’ semplicemente verso qualche straniero. Anche in presenza di stranieri in abbondanza, come in Tunisia o Egitto, le rivolte non hanno mietuto molte vittime tra gli stranieri.
La prima cosa che verrebbe da dire, quindi, e’ che quel mondo sta attraversando quella che in francia e’ stata la rivoluzione francese. E’ importante notare che anche nel caso della rivoluzione francese ci e’ voluto un pochino a capire quale fosse il complesso ideologico alla base di tutto; il periodo di confusioni e di regimi del terrore che ne segui’ mescolo’ diverse cose le carte in tavola. Devono passare diversi secoli prima che uno storico possa raccontare che Robespierre fosse animato , originato o legato a “liberte’, egalite’, fraternite’”.
Cosi’, e’ ancora presto per capire quali idee sorgeranno da quelle rivolte. Del resto, la stampa ha preferito fotografare il sangue piuttosto che cercare di capire la cultura locale e piuttosto di andare a cercare gli intellettuali, capire che cavolo abbiano detto o scritto negli ultimi mesi.
Non so perche’ Frattini ed altri gridino all’intervento degli islamisti. I religiosi sono, normalmente , piuttosto vistosi. Quando guidano qualcuno, gridano molto forte, si fanno vedere, e normalmente se ci sono te ne accorgi. Di religiosi che guidino una rivolta in silenzio ce ne sono stati sempre pochi, erano situazioni eccezionali, e comunque a voler scavare si sapeva chi fosse il religioso di riferimento, come successe con Khomeini. Solo chi aveva le fette di salame sugli occhi poteva ignorare che i religiosi avessero qualcosa a che vedere con quanto accadeva. Le fette di salame, a quei tempi, erano molto diffuse ma questa e’ una cosa diversa.
Ma il punto e’ che se si fosse trattato di un movimento religioso allora ha agito esattamente al contrario di quanto avrebbe dovuto fare, cosa che non combacia con la relativa astuzia che questo movimento dovrebbe avere per rimanere segreto. Il religioso si basa sul carisma, e il carisma si esercita in pubblico.
Ma il punto e’ che se un movimento religioso poteva far cadere un regime corrotto, avrebbe dovuto agire in Arabia Saudita. Il regime saudita non ha le forze sociali e materiali che servono a resistere all’impatto di una protesta religiosa. Per un religioso, agire partendo dalla Tunisia e’ folle, perche’ non solo Ben Ali’ era abbastanza laico, ma quel poco che rimaneva del clero islamico era in gran parte leccaculo del regime. Ben diversa e’ la situazione in Arabia Saudita, dove le accuse di immoralita’ e degrado alla corte sono quotidiane, la poverta’ ribolle, i giovani ne hanno i coglioni pieni, e il richiamo religioso e’ potentissimo.
Il fatto che appena scoppiate le rivolte ad affrettarsi a tornare in patria siano stati intellettuali “liberali” o uomini politici abbastanza internazionali e globali, del resto, e’ piuttosto rivelatore. Non so come si faccia a parlare di integralismo islamico dietro alle rivolte, quando non vi e’ traccia del loro intervento.
Inizialmente, pensavo che dietro ci fosse lo zampino di qualche potenza decisa a sfilare agli americani due bastioni del loro potere nel mediterraneo. I cinesi, che da tempo si espandono in Africa, erano l’ideale per una simile teoria. Ma quando arriva una potenza straniera e ordina una rivolta, l’esercito non se ne sta calmo.
Per chi e’ un militare preparato, capire se si tratti di provocatori stranieri e’ semplicissimo; specialmente se pensate che da quelle parti torturare qualcuno non e’ cosi’ raro. In genere, non appena i militari si accorgono che i manifestanti sono troppo professionali, o guidati con maestria professionale, ci mettono poco a capire che dietro c’e’ lo zampino di una potenza straniera. E non sono mai cosi’ quieti a lasciar fare.
In generale, quando i militari lasciano fare, non c’e’ lo zampino di potenze straniere.
Ovviamente ci sono le rosicate. Ci sono le rosicate perche’ gli USA perdono un bastione nel mediooriente, l’ Egitto, e perche’ Italia e Francia sono in apprensione per la loro influenza sulla Tunisia. Tendenzialmente, pero’, non ci sono state in Tunisia delle grosse violenze verso italiani e francesi, per cui non vedo questa ostilita’ o le premesse di qualche ostilita’. Di certo Ben Ali’ era un ottimo cliente e un discreto fornitore di favori, ma questo al massimo dovrebbe far rosicare chi e’ al potere da troppi anni. I francesi, per esempio, hanno rosicato molto meno di Frattini, pur avendo piu’ da perdere.
Diversa e’ la perdita per gli americani, e specialmente per Israele. Capisco perfettamente la scarsa razionalita’ delle loro reazioni, anche se si tratta comunque di reazioni esagerate: quando ci fu la rivoluzione in Iran, che era davvero antiamericana, ci furono violenze specifiche e il rapimento di ostaggi all’ambasciata.
E’ vero che in Egitto c’erano state tracce di fondamentalismo islamico, ma francamente la cosa puzza parecchio di espediente di regime per avere la scusa e mettere sotto torchio i Fratelli Mussulmani. La bomba che viene fatta esplodere accuratamente lontana dai preti , per esempio, e’ un indicatore: se miri alla chiesa , vuoi la testa del prete.
E c’e’ da dire che queste rivolte si stanno ripetendo anche in Siria, la quale ha una struttura di potere simile: una sola famiglia al potere, che nel tempo fagocita l’economia, che magari cresce per via degli outsourcing ma i soldi rimangono in pochissime mani, sempre meno. Il fatto che queste rivolte nascano in paesi cosi’ simili ma di simpatie geopolitiche cosi’ diverse e in quadranti cosi’ diversi non fa pensare ad islamisti, ma ad una corrente ideale che viaggia velocemente a patto di trovare un ceto medio vessato e ricettivo.
MA che cosa significa, esattamente, se e’ una rivolta del terzo stato?
Significa che , innanzitutto, impieghera’ tempo per prendere forma sul piano ideologico. LA rivoluzione francese, sloagan a parte, rimase informe , un coacervo di pezzetti di generici ideali e rivendicazioni e utopie, fino a coagularsi ben dopo il suo compimento attorno agli intellettuali illuministi, fino a quel tempo considerati una costola degli enciclopedisti e persino dei cartesiani.
E’ vero che gli ideali illuministi erano gia’ diffusi in Francia, ma solo gli storici successivi alla Prima repubblica iniziarono ad additarli come corpus coerente e guida della rivoluzione: in generale, perche’ si coagulasse una vera repubblica ci furono diversi passaggi, dall’impero alla repubblica , passando per i vari periodi di terrore.
Anche la definizione di “terzo stato ” che venne attribuita alla rivoluzione francese e’ fuorviante: sebbene si intendesse chiunque non fosse nobile o ecclesiastico, la massa ideale che sottintendeva la rivoluzione era tipica delle masse scolarizzate, cioe’ dei borghesi. I contadini furono spinti all’assalto dei castelli principalmente dalle razzie dei raccolti e dalla Grande Paura.
Cosi’, in generale le rivoluzioni borghesi come quella americana o quella francese impiegano tempo prima di coagularsi attorno ad una forma di governo, e generalmente si intuisce lo scopo della rivolta, ma occorre tempo prima di vederlo formalizzare. Era chiaro a tutti che la rivolta americana mirasse all’indipendenza, ma solo con la Costituzione si pote’ capire che genere di nazione avessero in mente le teste pensanti degli insorti.
A volte il potere fa ampi ditirambi: al Campo di Marte il re francese finse di accettare le rivendicazioni del popolo, per poi riprendere il potere mediante manovre di palazzo; cosa che fece ricominciare i tumulti. Cosi’, e’ possibile che Mubarak si destreggi ancora, e che in Tunisia i vecchi pezzi di potere rimangano ancora al loro posto per qualche tempo.
E’ principalmente la mancanza di leader visibili che fa pensare che non si tratti di popolazioni “trascinate” da qualcosa, ma di teste abbastanza pensanti, il che riconduce ancora alle componenti piu’ scolarizzate della popolazione. Non per nulla, anche in Egitto i numeri sono abbastanza piccoli, anche se le manifestazioni sono cosi’ devastanti: il succo e’ che se a manifestare e’ la parte piu’ produttiva del paese (esclusa la nomenklatura che possiede tutto) , anche poche decine di migliaia possono bastare.
Cosi’ , personalmente non credo che si tratti di islamisti che avanzano o di un aumento di crescita dell’influenza cinese nel nordafrica. Certo, e’ possibile che i nuovi governi si allineino con i cinesi, specialmente se le nazioni europee non sapranno offrire di meglio; dovranno pero’ farlo in relativo silenzio dal momento che i manifestanti non sono visibilmente maoisti o entusiasti di una dittatura filocinese.
Cosi’, credo che nessuno oggi sia in grado di prevedere cosa stia bollendo in pentola nel mondo islamico ; specialmente in certe satrapie. E’ abbastanza plausibile che i clerici c’entrino poco (anche se avranno tentato di approfittarne, of course) , ma e’ assai improbabile che siano alla guida delle rivoluzioni.
Occorreranno mesi per capire cosa succedera’ in Tunisia, e in Egitto deve ancora finire. In Siria, forse e’ ancora l’inizio. Non sappiamo ancora che genere di idee abbiano in mente i rivoltosi, se si tratti solo di ideali democratici importati dall’occidente attraverso le masse di immigrati (ma allora perche’ non saltano l’ Algeria, o il Marocco?) , o se in qualche modo girino dei libri che non conosciamo qui in occidente.(1)
L’unica cosa certa e’ che i ritmi di crescita del commercio nel mediterraneo non potevano lasciare intatte le arcaiche forme di governo postcoloniale di questi paesi; era ovvio che prima o poi si sarebbero spezzate. Il silenzio saudita lascia pensare che non sia cosi’ facile per i religiosi prendere il potere della cosa, e questo li preoccupa abbastanza perche’ la societa’ saudita e’ un calderone vicino alla massa critica. Se al confine con l’arabia saudita dovesse nascere un egitto anche solo riformista, il regime saudita avrebbe le ore contate, e quel che succede in terrasanta ha sempre dei risvolti in un mondo che ha eletto come centro la mecca.
Qualsiasi cosa succeda, credo che anche Gheddafi e il regime algerino prima o poi dovranno capitolare. Paradossalmente, gli islamici ed i terroristi sono un rafforzamento del potere governativo, perche’ spingono la gente a tollerare un governo pessimo ma tutto sommato ragionevole alla pazzia dei fondamentalisti; questo espone piu’ gheddafi che gli algerini, che ancora soffrono di un grosso problema di fondamentalismo terrorista, che il governo puo’ usare come scusa per il proprio potere.
L’altra cosa certa e’ che dopo il lento raffreddamento della Turchia , il cedimento dell’ Egitto toglie influenza agli americani ed agli inglesi nella zona. Il che per noi non e’ una bella notizia, perche’ significa che hanno bisogno della Sicilia piu’ che mai, nonche’ delle basi in Italia. In altre parole non molleranno la presa assai facilmente, anche se non tollereranno certo gente che propone la chiusura delle basi. Penso che cercheranno di accrescere il loro potere in Italia, a scapito di chi osi solo nominare la chiusura delle basi. Temo che il dissenso a riguardo abbia i giorni contati.
Per il resto, come al solito occorre stare a vedere come finira’ in Egitto, sia perche’ e’ piu’ grande della Tunisia, sia perche’ e’ piu’ strategico per USA e UK, e sia perche’ confina (anche e specialmente in senso culturale ) coi sauditi, e per la questione israeliana.
Il resto deve ancora venire, insomma.
Uriel
(1) Gli accademici studiano cose accademiche. Sanno riconoscere la cultura popolare e la cultura contemporanea solo se qualcuno ci scrive sopra un libro e stropiccia le pagine, in modo da farlo sembrare un libro del secolo prima. In generale gli accademici sono gli ultimi a poter capire la realta’ attuale. In compenso, conoscono a menadito quel che e’ stato, specialmente se non e’ piu’. Non mi aspetto che gli accademici sappiano spiegare quanto succede oggi: ce lo sapranno spiegare tra 200 anni, o alla luce di quanto successo 3000 anni prima. Immagino che nelle facolta’ ove si studia islamistica stiano a borbottare di Maometto II, in questo momento, per spiegare tutto. Se c’e’ una cosa che non dovete chiedere ad un accademico, e’ di alzare gli occhi da un libro per guardare la realta’.