Cicli e Ricicli…

Di Levoivoddin aka Uriel Fanelli, martedì, settembre 16, 2003

Sappiamo che la fine di questo sistema sia in arrivo. Possiamo, nel tempo libero, chiederci se OGNI sistema e’ destinato a finire, e se in definitiva sia o meno obbligatorio per un sistema, “finire”.

E, se vi e’ una necessita’, quale sia la necessita’.

Allora, prima la risposta: si, e’ necessario che ogni sistema termini. Si, e’ positivo che ogni sistema termini.

Perche’, chiederete voi?

Per spiegarlo bisogna fare un passo indietro. Supponiamo che vogliate cuocervi la pasta col sugo. Cosa fate, per prima cosa, supponendo che possediate ingredienti e attrezzature?

Alcuni risponderanno che preparano il sugo, altri che mettono su l’acqua, e cosi’ via.

Tutte le risposte sono sbagliate.

Per prima cosa, voi PENSATEalla preparazione della pasta. E DOPO AVERLA PENSATA, solo allora inizierete a fabbricarla. Se non la pensaste, non riuscireste a farvi la pasta.

Adesso, la seconda domanda: COME vi fate la pasta?

Alcuni diranno al dente, altri diranno ben cotta, eccetera.

Sbagliato.

La fate come avete PENSATO di farla. Nessuno pensa ad una carbonara e si fa una puttanesca.

Morale della storia: siamo schiavi del nostro pensare. O piu’ che schiavi, siamo completamente sincronici al nostro pensare. Non volendo indagare sul legame tra pensiero ed azioni, possiamo dire che esiste COINCIDENZA tra quel che pensiamo e quel che facciamo. Semplicemente il pensiero dell’azione e l’azione arrivano insieme.

Ora, tempo fa davanti al mio liceo costruirono la rampa per gli handicappati. Accanto alle scale costruite per chi camminava, c’era una rampa inclinata (altrettanto vasta) per gli handicappati. Oh, che bello, direte voi.

Oh, che stupido, dico io. Che senso ha questa ridondanza? Le persone che camminano normalmente possono salire la rampa per gli handicappati con facilita’. A cosa serve anche la scala coi gradini? A niente. E’ una spesa inutile. E per di piu’ divide gli handicappati da tutti gli altri , producendo emarginazione, quella che si voleva evitare. L’ideale sarebbe che tutti salissero lo stesso posto. E allora la scelta piu’ logica sarebbe di fare SOLO la rampa inclinata. Qualcuno di voi sente il bisogno dei gradini, forse?

Allora, perche’ l’architetto ha fatto questo? Perche’ e’ stupido? Perche’ e’ spendaccione?

No. Lo ha fatto perche’ e’ la cosa PIU’ SEMPLICE da pensare. E siccome facciamo SOLO le cose che pensiamo, e’ come se una forza ci spingesse a fare le cose piu’ semplici da pensare. Statisticamente, la maggior parte di noi fara’ sempre la cosa piu’ semplice da PENSARE. E l’abitudine produce questa assenza di fatica. Per essere precisi, noi facciamo statisticamente le cose che ci COSTANO MENO SFORZO nel pensarle.

L’uso degli attrezzi, ad esempio, e’ frutto di convenzioni sbagliate. La maniera migliore di bere il brodo e’ una tazza come quella del caffelatte. Il piatto fondo non ha senso, ed in effetti altre colture lo sostituiscono con la ciotola.

Prendiamo i fari delle automobili: li’ dove sono oggi non hanno senso. La maniera scientificamente piu’ utile sarebbe che fossero sopra la capote. Innanzitutto perche’ una luce che viene dall’alto e’ piu’ naturale. Due, perche’ piu’ alta e’ la luce piu’ da lontano la macchina e’ visibile. Tre, perche’ i fari sono oggetti fragili, e sulla cappotta prendono meno urti nelle piccole manovre urbane. Infine, non c’e’ ragione per cui siano cosi’ grandi: una sorgente luminosa puo’ essere puntiforme. Diverse motociclette sportive hanno fari microscopici.

E ancora: perche’ le auto mi segnalano il numero esatto di giri del motore (informazione inutile), ma non il numero esatto di litri di carburante nel serbatoio, visto che e’ prezioso?

E ancora: perche’ le luci dei freni segnalano la decelerazione se freno, ma non la decelerazione in altri casi? Non sarebbe piu’ semplice segnalare qualsiasi calo di velocita’, e non solo quello dovuto ai freni, nonche’ la situazione di fermo o quasi fermo della macchina?

Ora, alcuni diranno che le case fanno questo per guadagnare sui guasti e sulle rotture. Personalmente non credo. Credo piuttosto che le automobili vengano fatte in questo modo perche’ e’ il modo piu’ semplice, per abitudine, di costruire automobili.

Siccome noi immaginiamo spontaneamente E SENZA FATICA le automobili, allora questo capita anche ai designer, e di conseguenza continuano a sbagliare, quando basterebbe una statistica delle rotture per capire dove mettere i fari. Ma contro la FACILITA’ del pensare le cose , non c’e’ evidenza numerica che tenga.

Possiamo andare all’architettura, se vogliamo. Prendete i marciapiedi. Prima li costruiscono col bordo a gradino, poi in alcune zone aprono delle sezioni con il bordo inclinato, per gli handicappati. Che idiozia. Io non ho bisogno del gradino. Non c’e’ alcun bisogno del gradino, potrebbero rendere MOLTO piu’ comoda la vita agli handicappati smettendo di farei gradini e facendo TUTTI i marciapiedi inclinati sin dall’inizio. Sarebbe MENO costoso.

Ma noi pensiamo all’handicappato come ANOMALIA, e quindi i servizi a lui destinati saranno ancora anomalie. Viene piu’ semplice pensare cosi’ le cose, e dunque la media statistica non fa altro che pensarle cosi’. E’ piu’ semplice, perche’ pensare il marciapiede a gradino non ci produce sforzi: li abbiamo sempre visti cosi’. Pensarli inclinati su tutta la lunghezza ci richiede sforzo. Pensare all handicappato come eccezione, e associarlo a zone di servizio eccezionali, ci piu’ comodo che pensare l’handicappato come normalita’, e quindi rendere normale la rampa inclinata (che non da’ alcun fastidio ai non handicappat).

E’ ua questione di FATICA intellettuale: pensiamo la cosa piu’ comune, quando l’evidenza logica ci suggerirebbe il contrario.

Potremmo continuare con l’euro che vale 1000 lire perche’ “1000” e’ piu’ semplice da pensare sia di “2000” che di (follia ergonomica pazzesca) “1936.27”. Chi ha pensato all’euro non ha pensato alla moneta come strumento,e non si e’ chiesto quale sarebbe stato il metodo piu’ semplice di usarlo. E il metodo piu’ semplice e’ comunque un euro a mille lire. Prima dicevamo “dieci carte”, e oggi diciamo “dieci euro”. E’ piu’ abitudine, e quindi era ovvio che una forza ci avrebbe spinto statisticamente li’.

La scienza che studia questo si chiama “ergonomia”, ma si limita a studiare la relazione tra oggetti ed uso, e non ha mai affrontato (o lo ha fatto a mio avviso troppo poco) il problema della relazione tra oggetti e PENSIERO.

Adesso, estendiamo il ragionamento: noi facciamo , statisticamente, la cosa piu’ semplice, meno faticosa, da PENSARE. E la cosa piu’ semplice da pensare e’ quella gia’ vista, cioe’ tendiamo ad agire per abitudine. In tutti i campi.

Problema: quando TUTTE le abidutini sono consolidate, e TUTTE le cose che facciamo sono abitudini, quanto puo’ cambiare la nostra societa’?

Zero, non puo’ piu’ cambiare. Se non riusciamo nemmeno a PENSARE un’azione diversa, una macchina diversa, un marciapiede diverso…come penseremo ad una societa’ diversa, e quindi come la faremo SE NON RIUSCIAMO A PENSARLA?

In definitiva, credo che ogni societa’ sia destinata a partire dal nulla, produrre abitudini, abidutini intellettuali, altre abitudini, altre ancora, sino a quando nemmeno l’evidenza del senso pratico riesce a produrre il dubbio “MA SIAMO SICURI CHE SIA LA MANIERA MIGLIORE?”.

Ecco, la nostra societa’ ha prodotto cosi’ tante abitudini CONSOLIDATE (nel PENSIERO), che ormai nessuno si pone domande. O meglio, come insegna la statistica, se le pongono quantita’ statisticamente in minoranza della popolazione. Il “challenging of the assumption”, la ridiscussione degli assiomi e dei paradigmi, non viene piu’ effettuata. Perche’ troppo faticosa.

Ovvio che per cambiare qualcosa occorra ripensare le abitudini, ma questo e’ faticoso e conflittua con una FATICA di cambiare pensiero che e’ enorme.

Morale: ad un certo punto, il sistema e’ RIGIDO. Non cambia piu’, finche’ non si spezza completamente.

Considerazioni: e’ inevitabile che questo succeda. Ogni sistema produce consuetudini, che divengono “la cosa piu’ semplice da pensare”. Quando nemmeno l’evidenza logica riescono a mettere in dubbio queste “verita’ a basso costo intellettuale”, ogni sistema diviene rigido. E a quel punto , un’incidente della storia lo sbriciola.

E ovviamente, e’ bene che sia cosi’. Se cosi’ non fosse, in breve diventeremmo servi delle nostre stesse consuetudini, quasi prigionieri.

A questo si unisce l’abbondare di standard industriali. Ieri sentivo dire in treno che la Miss Italia ha delle misure fuori dalla norma. Ora, pensando a Miss Italia come ad un uomo sapiens, “fuori dalla norma” che cos’e’?

Io pensavo a qualcosa, che so, 1234648, 1948403, 293148.

E invece, per “fuori dalla norma” intendevano qualcosa come 93, 67, 97.

Questo non e’ assolutamente fuori dalla norma per una femmina di homo sapiens. E’ fuori dagli standard industriali della produzione tessile. Non fuori dalla norma.

Ma gli standard industriali della produzione tessile non sono “la norma”. Le persone che rispettano questi standard , sono anzi la MINORANZA della popolazione. Quante fotomodelle conoscete voi?

E siamo in una situazione nella quale e’ dato per scontato che quella sia la “norma”. PEr i parametri comportamentali, avviene lo stesso: ci si appiattisce su quelli mediatici. Ma vorrei far notare che si tratta di standard INDUSTRIALI dell’industria mediatica.

Che possono addirittura cambiare da nazione a nazione: negli USA i telefilm sulla polizia parlano spesso di poliziotti corrotti, o di poliziotti troppo violenti, ad esempio. In italia lo standard industriale mostra solo carabinieri di una verginita’ morale, di una bonta’ assoluta che viene da iniziare un processo di beatificazione, sembrano madre teresa di calcutta in divisa. E questo perche’ gli stanrdard produttivi dell’industria dei media USA sono differenti dagli standard produttivi italiani.

Sono prodotti diversi, tutto qui, come i profilattici giapponesi.

Ora, se appiattiamo i comportamenti su questi standard INDUSTRIALI, e poi non riusciamo a pensare diversamente, e’ ovvio che tutti si irrigidira’ all’infinito.

E se pensiamo che ci risulta faticoso pensare diversamente, possiamo intuire di quanto si irrigidisca il sistema procedendo di questo passo.

Per questo il crollo e’ sia utile che inevitabile: quando una struttura diviene rigida, diviene anche fragile.

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