Caudilli & cowboy

Non ho mai amato Fidel Castro, ne’ Che Guevara. C’e’, in questi personaggi, un tratto caratteristico che e’ mutuato, a mio avviso, dal caudillismo di Franco.

Ho ammirato personaggi come Josip Tito , Lenin , Stalin perche’ avendo un ideale di societa’ in mente, hanno usato la rivoluzione come strumento per la vittoria, e l’esito della vittoria, cioe’ la costruzione di una societa’ socialista (o comunista) come momento epico ed eroico.

La stessa propaganda sovietica insisteva sui risultati del nuovo sistema, della nuova societa’, e rendeva epici questi ultimi: troviamo poche raffigurazioni di Tito come partigiano nella propaganda Jugoslava, ne troviamo moltissime come uomo di stato.

Eppure Tito e’ stato partigiano molto piu’ di quanto Ghevara abbia effettivamente affrontato il nemico con le armi.

Proprio per la tendenza a preferire il momento dello Stato, dell’ ordine costituito e della costruzione di un mondo nuovo ho sempre visto il carattere rivoluzionario, e non nella guerra che precede la costruzione di questo mondo. Qualsiasi selvaggio sa distruggere, assalire e devastare, non tutti hanno in mente un’ideale di nuova societa’.

C’e’ una differenza sostanziale fra la stessa propaganda sovietica o titina e quella dei caudilli sudamericani: un manifesto ove stalin libera le lavoratrici  donne dall’arcaica diseguaglianza e sfruttamento raffigura una donna in tuta da lavoro , una donna con un camice da medico, una donna con una divisa dell’esercito,  sono comunque immagini che parlano di progresso.

Diverso e’ il confronto con un manifesto di propaganda della sinistra rivoluzionaria sudamericana: Che guevara guerrigliero, Che GUevara col fucile in mano, Fidel Castro in divisa su una camionetta dell’esercito , il popolo in armi, il popolo in lotta, il popolo in guerra. Immagini di guerra, di distruzione, dove non si scorge alcun progresso. L’antesignano di Rambo, se si dovesse cercare una controfigura per Che Guevara l’ideale sarebbe Silverster Stallone.

Guerra per bande osannata. Lenin che scrive libri sulla societa’ nuova che costruira’, contro Che Ghevara che scrive “la guerra per bande”, un libro che sarebbe piaciuto moltissimo a Gentile, tanto osanna lo squadrismo.

Per via di questo caudillismo ,di questa eredita’ del regime fascista, non ho mai avuto simpatie per queste macchiette pararivoluzionarie: la rivoluzione si misura per quel che vuole costruire, e non per quel che vuole combattere.

Quando una rivoluzione si nasconde troppo dietro alle malefatte del nemico, in genere ha assai poco da proporre.

Cosi’, non seguo con particolare calore la diatriba Castro-Bush sulla storia dei carburanti. Finalmente la stampa ha trovato il coraggio di dire quel che e’ vero: il petrolio sta finendo.

Ma le analisi sulle alternative sono superficiali e scandalosamente qualunquista: tutti si concentrano sulle nostre caldaie a quattro ruote, come se fossero le cose piu’ importanti. Il petrolio sta finendo e Bush si preoccupa di “cercare alternative” cercando alcool.

Se l’unico scopo del petrolio fosse quello di muovere le caldaie a quattro ruote che usiamo per muoverci, forse si avrebbe ragione. Ma l’eventuale paventata sconfitta delle quattro ruote non sarebbe grave: a molti l’automobile serve a lavorare, ma esiste il telelavoro per questo.

Su gomma si muovono le merci, ma esistono i treni.

Ci sono invece due filiere industriali, ben piu’ importanti, che sono minacciate dall’esaurimento del petrolio, e che non risultano nelle analisi di Bush.

La prima e’ la filiera delle materie plastiche. Guardatevi intorno. Plastica. Vernici. Materie plastiche, rivestimenti , tessuto, sono ovunque. Togliete i derivati del petrolio da casa vostra, e non rimarra’ un mobile, persino quelli di legno sono rivestiti con resine derivate dal petrolio.

L’analisi di Bush, per un’america libera dal petrolio, comprende anche questa filiera? Comprende anche le plastiche? Intende produrre le plastiche a partire dall’alcool vegetale?

Quanto e’ stupida questa analisi: molto prima che il petrolio sia sostituito dall’alcool nelle caldaie che usiamo per muoverci, saremo nella merda forte per mancanza di materie plastiche.

Certo, esistono anche plastiche di origine vegetale e di origine animale. Sostituire lo spettro di materiali, resine, solventi, olii minerali che usiamo con materiali vegetali o animali significa coltivare intensivamente un centinaio di spece in piu’, e potrebbe non bastare.

Ma al dibattito fra Caudillo Castro e Cowboy Bush questo particolare manca completamente; per probabile ignoranza di entrambi , che pensano che l’unico problema della fine del petrolio siano le automobili.

Un’altra filiera di difficilissima sostituzione e’ quella farmaceutica. Se togliamo le sostanze ed i principi attivi che dipendono dal petrolio , di una farmacia rimane ben poco. Per non parlare di tutti quegli strumenti medici che sono fatti di plastica, partendo dalle siringhe ai cateteri a qualsiasi cosa che sia per uso singolo.

Nemmeno per questo c’e’ ancora soluzione, eppure la chimica farmaceutica e’ ad un livello di complessita’ che richiede decine e decine di step di lavorazione per arrivare alla molecola finale del principio attivo.

Bush pensa di sostituire la vasta gamma di medicinali con l’alcool brasiliano? E come?

Anche nel caso delle medicine, moltissimi se non tutti i principi attivi conosciuti possono essere trovati i fabbricati partendo da sostanze contenute in piante ed animali, specialmente insetti.

Ma questo implica l’allevamento e la coltivazione intensiva di altre centinaia di spece.

Di questo, nella diatriba fra Caudillo Castro e Cowboy Bush non c’e’ traccia: il tratto ecologicamente antipatico dell’occidente e’ l’automobile, e tutti quelli che sono ecologisti devono odiare l’automobile e pensare all’automobile, quasi un’ossessione.

Ma dal petrolio deriviamo plastiche, medicinali, sostanze di uso comune. Rinunciare alla mobilita’ ed ottimizzarla non e’ il problema piu’ complesso: il telelavoro, le reti informatiche, le ferrovie, le metropolitane,  possono dare risposte esaurienti
al problema della mobilita’, a patto di cambiare abitudini.

Ma la farmaceutica, la chimica industriale, l’elettronica, tutte quei settori della tecnologia che oggi dipendono dal petrolio non hanno risposte esaurienti.

L’alcool brasiliano e’ l’ultimo dei problemi , se si parla di fine del petrolio, perche’ risolve il meno importante (anche se piu’ diffuso) dei nostri problemi.

Ma se dovessero scarseggiare  le medicine, o le plastiche, allora si’ che sarebbe un problema. Le industrie piu’ avanzate possono sintetizzare plastiche partendo da materie animali, proteine ed altro.

Il guaio verrebbe per i paesi “poveri”, che non hanno un’ndustria chimica cosi’ avanzata e si vedrebbero semplicemente aumentare i prezzi delle piante, col risultato che nessuno potrebbe permettersi il cibo.

Ma questo non ha nulla, o ha poco, a che vedere con Bush e con l’alcool brasiliano.

Perche’ se finisce il petrolio, di far funzionare lautomobile sara’ l’ultimo dei nostri problemi.

Perche’ senza plastiche,  l’automobile non l’avremo neppure.

E, senza medicine, forse non avremo neanche voglia di andare a spasso.

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