Capire la crisi del gas.

Capire la crisi del gas.

Vedo che alcuni settori del capitalismo USA stanno cercando, usando giornali italiani, di proporre un’idea della crisi del gas che rispecchi la visione “buoni-cattivi” che hanno a Wall Street. Sfortunatamente, siccome il gas (come il petrolio) viene prodotto in una situazione di oligopolio, il modello proposto non e’ valido, e chi scrive queste boiate (tipo che e’ colpa di Cina e India) dovrebbe essere rimandato per non capire nemmeno i modelli economici classici.

Andiamo per gradi. La prima cosa da capire e’ che il mercato del gas e degli idrocarburi (cosi’ come tutte le energie fossili o le materie prime minerali) e’ un oligopolio naturale, se non un monopolio.

La ragione e’ semplice: si possono estrarre ma non produrre. Domani puo’ nascere un produttore di qualsiasi cosa ovunque, ma se parliamo di materie prime c’e’ poco da fare, alcune nazioni le hanno e alcune non le hanno.

Queste nazioni che le hanno, in un mondo poco globalizzato potranno anche farsi concorrenza tra loro, ma quando poi il mondo si globalizza si finisce in una situazione di cartello, come puo’ esserlo Opec per il petrolio, per a semplice ragione che esiste un unico mercato da cui comprare, con un prezzo che e’ concordato , pubblicamente (come fa Opec) o meno.

Opec, per esempio, gestisce la produzione di petrolio apposta per tenere i prezzi in un range di convenienza per gli estrattori. E lo fa in pubblico. Questo tuttavia non vieta cartelli nascosti, ma non cambia di molto le cose.

Cosa dice la teoria economica di base? 

Classical economic theory assumes that a profit-maximizing producer with some market power (either due to oligopoly or monopolistic competition) will set marginal costs equal to marginal revenue. This idea can be envisioned graphically by the intersection of an upward-sloping marginal cost curve and a downward-sloping marginal revenue curve (because the more one sells, the lower the price must be, so the less a producer earns per unit). In classical theory, any change in the marginal cost structure (how much it costs to make each additional unit) or the marginal revenue structure (how much people will pay for each additional unit) will be immediately reflected in a new price and/or quantity sold of the item. This result does not occur if a “kink” exists. Because of this jump discontinuity in the marginal revenue curve, marginal cost, s could change without necessarily changing the price or quantity.

The motivation behind this kink is the idea that in an oligopolistic or monopolistic competitive market, firms will not raise their prices because even a small price increase will lose many customers. This is because competitors will generally ignore price increases, with the hope of gaining a larger market share as a result of now having comparatively lower prices (price rigidity). However, even a large price decrease will gain only a few customers because such an action will begin a price war with other firms. The curve is, therefore, more price-elastic for price increases and less so for price decreases. Theory predicts that firms will enter the industry in the long run since market price for oligopolists is more stable or ‘focal’ in the long run under this kinked demand curve situation.

La prendo direttamente da Wikipedia per far capire che chi scrive boiate oggi sul giornale dei salotti buoni non ha giustificazioni, visto che si tratta di cose cosi’ note da essere disponibili a tutti. Si tratta quindi di cattiva fede.


Bisogna stare molto attenti a quello che significa “essere piu’ elastici quando il prezzo cresce , che quando il prezzo scende”. Siccome l’elasticita’ e’ descritta come la reazione del prezzo quando un parametro del mercato viene perturbato, significa che piu’ perturbazioni arrivano e piu’ il prezzo cresce: per fare un esempio, arriva la crisi del Covid e il prezzo cresce, finisce ma il prezzo non scende altrettanto, poi comincia la guerra in ukraina e il prezzosale, ma quandi finira’ il prezzo non scendera’ altrettanto, e cosi’ via.

Questo fa si’ che il mercato del gas, come quello del petrolio, NON siano sostenibili nel lungo termine. Cosa significa? Significa che ogni tanto arriva uno “shock”, il quale resetta le palle al centro, perche’ le condizioni di mercato vengono stravolte.

Durante lo shock energetico del 1972/3, la Francia decise di produrre il 70% di energia col nucleare, e molti paesi europei la seguirono. Lo stravolgimento del mercato che segui’ resetto’ i prezzi, che cominciarono a crescere di nuovo, ma occorsero quasi 30 anni prima difinire in un altro shock (ricordate quando il prezzo del petrolio era cosi’ basso che vi pagavano per stoccarlo?)

On top del mondo dell’estrazione, ci sono gli oligopoli nazionali, che in quanto oligopoli soffrono dello stesso problema: elastici quando il prezzo cresce, anelastici quando cala. E di conseguenza, anche questo mercato ha shock periodici.

Il mercato del gas naturale, dal punto di vista del cliente finale, passa da tre oligopoli

  1. chi ha le riserve e lo estrae
  2. chi ha le strutture per stoccarlo e trasportarlo
  3. chi ha le strutture per distribuirlo al pubblico

questa stratificazione ci dice che qualsiasi shock avvenga su qualsiasi dei tre strati, il prezzo aumenta, ma quando la perturbazione cessa, il prezzo non diminuisce altrettanto. 

Il mercato degli idrocarburi, e’ ECONOMICAMENTE sostenibile solo per i produttori, meno per i trasportatori, ancora meno per i distributori, PER NULLA SOSTENIBILE per il cliente finale nel lungo termine.

In soldoni, e’ un mercato che produce continui shock: se anche fosse vero che l’aumento del prezzo e’ dovuto a Cina ed India (che esistevano gia’ da prima, peraltro), apparentemente basterebbe aumentare l’estrazione e l’offerta. Ma non e’ vero, perche’ un mercato in oligopolio non e’ elastico nella discesa dei prezzi. 

E quindi ripeto, il mercato del petrolio, del gas, del carbone, di qualsiasi minerale che si estrare solo qui ma non li’, nel lungo termine e’ un mercato insostenibile per il consumatore finale, in quanto materialmente oligoplistico. Punto.


Questa e’ la vera ragione dello shock, che non si spiega altrimenti:

German power mix 2021: The new government wants to reach a renewables share of 80 percent in 2030.

nel caso della Germania, il gas contribuisce solo del 15.3% al cocktail, e la russia rappresenta il 40% delle importazioni, cioe’ il 6% dell’energia totale. Ma anche se ne costituisse il 60%, come dicono alcune fonti, saremmo al 9%. Niente che possa giustificare il triplicare del prezzo: ma sappiamo bene che si tratta di un mercato che e’ elastico quando cresce, ma anelastico quando il prezzo scende. 

Del resto, se una variazione del 9% basta a scatenare un aumento di prezzo del 300%, non parliamo nemmeno piu’ di amplificazione, ma di divergenza: e’ un mercato instabile.

Tali energie quindi hanno avuto un prezzo stabile in un mondo relativamente tranquillo, ma appena sono arrivate delle perturbazioni (covid, guerra…) il prezzo si e’ impennato. Ma voglio far presente che il prezzo del gas era salito gia’ da prima della guerra in Ukraina, e a volerla dire tutta i prezzi si vedevano crescere  anche prima del covid, che ha RALLENTATO la produzione industriale, cioe’ la domanda.

Del resto, la scoperta di un nuovo megagiacimento al largo di Cipro non ha cambiato particolarmente il prezzo, mentre un evento ancora meno probabile lo fa impennare di molto. E’ un mercato divergente, ovvero instabile e insostenibile nel lungo termine.


Cosa si deve fare quando il mercato e’ instabile? Molti proporranno delle riforme del mercato, ma in realta’ i mercati sono tre (estrazione, trasporto e stoccaggio, distribuzione), per cui si stanno semplicemente illudendo. E un cambio delle regole da parte statale non puo’ fare altro che produrre l’ennesimo shock.

La sola reazione razionale ad un mercato che diverge per sua natura non e’ la riforma: e’ semplicemente abbandonare quel mercato. Se necessario, insieme al prodotto stesso.

Certo, l’abbandono delle fonti fossili era gia’ previsto da diversi piani, ma vorrei ricordare che anche questo e’ uno shock , che inevitabilmente fara’ CRESCERE, e non diminuire, il prezzo delle fonti fossili, almeno sino a quando la domanda non sara’ crollata cosi’ tanto da aver distrutto il mercato delle fonti fossili. Perche’? Perche’ abbiamo detto che ci sono 3 mercati stratificati, i quali oscillano ad ogni perturbazione, ma il prezzo oscilla piu’ facilmente verso l’alto che verso il basso: nella complessita’ delle relazioni di dipendenza, il prezzo finale crescera’ in ogni caso.

E’ una soluzione il nucleare? No, e sbaglia chi lo pensa. Ci sono altri oligopoli: non tutti hanno uranio e materiali fissili da estrarre, e se tutti si convertiranno al nucleare, prima o poi saltera’ fuori l’ Opec dei materiali fissili.

In generale, le uniche fonti che sono ECONOMICAMENTE sostenibili nel lungo termine sono quelle rinnovabili. Ma non perche’ siano rinnovabili: perche’ sono ubique. Su scala continentale, il rischio di avere tutte le pale eoliche ferme e’ veramente basso, idem quello di avere nuvoloso su tutto il territorio. Se poi unissimo anche una bella dose di geotermico, che e’ continuo, e sfruttassimo meglio l’idroelettrico, le cose migliorerebbero.

MA una cosa e’ certa: il rischio che una fonte rinnovabile ubiqua come il vento o il sole possano interrompersi e’ calcolabile su base statistica. Che le fonti di energia fossile aumenteranno di prezzo per i consumatori e’ semplicemente SICURO.

Qualsiasi cosa gli amanti dello shale gas americano sostengano.

Non e’ semplicemente razionale continuare su questa strada.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *