Banausos?

Quando ho scritto degli “asi” tanta gente e’ venuta a chiedere se e come sia possibile che questi non si ribellino. Io ho detto una cosa naturale: perche’ hanno un sussidio, e quindi non si ribellano perche’ temono di perderlo. Lo stesso ho ottenuto con il secondo post sulla disintegrazione del linguaggio. Le premesse di questi discorsi, secondo me, sono molto diverse qualora confrontiamo le MIE premesse rispetto a quelle di chi legge.

 

La premessa con la quale VOI parlate di liberta’ e’ che una massa schiavizzata o ghettizzata cerchera’ SEMPRE di rompere le gabbie, di rompere le catene,  di raggiungere la liberta’.

 

La premessa con la quale IO scrivo delle masse e’ che una massa e’ schiavizzabile nella misura per cui i vantaggi di massa nell’evadere dalla schiavitu’ siano inferiori , quando suddivisi in vantaggi individuali, al costo individuale necessario ad uscire dalla schiavitu’ stessa.

 

Supponiamo di prendere un milione di individui , dar loro il minimo indispensabile per vivere, e chiuderli in un ghetto. La condizione per uscire dal ghetto e’ molto semplice: parlare quattro lingue, sapere di fisica e matematica, seguire una dieta sana.Se la massa migliora sino a quel punto, le mura del ghetto crollano e tutti saranno liberi.

 

Che cosa succedera’, secondo voi? Succedera’ che il cittadino comune fara’ due conti e calcolera’ che per conoscere quattro lingue, sapere di fisica e matematica e seguire una dieta sana occorre uno sforzo X. Per adattarsi e sopportare la propria condizione occorre uno sforzo personale Y.

 

Se lo sforzo personale necessario ad uscire dalla prigione e’ superiore a quello necessario per adattarvisi, l’individuo scegliera’ di rimanere nella prigione.

 

A coloro cui lo stato tedesco offre un sussidio, viene di fatto offerta una prigione. Una prigione senza sbarre, nella quale il crollo dell’autostima personale conduce gradatamente ad una condizione di abulia. L’individuo si sottostima di continuo, non cerca nulla di meglio, si adatta, e si instupidisce. Una volta inebetito, non esce piu’ dal gorgo.

 

Perche’ succede?

 

In fondo, se questi individui si sforzassero di studiare di piu’, si impegnassero al massimo sul lavoro, provassero ad evolversi culturalmente, si specializzassero , forse potrebbero anche uscire dal ghetto. Ma gli costerebbe un tot di anni di sforzo. In quanto tempo, invece, possono raggiungere la felicita’ dentro il ghetto? Con un poco di birra e qualche amplesso, in un annetto la trasformazione e’ completa.

Mi e’ stato postato da un lettore un simpatico filmato , questo qui.

Qual’e’ la ratio “economica” di tale scelta? LA ratio economica, se prendiamo l’esempio, e’ che tra le due scelte, “leggere bene” e “non leggere” , una e’ piu’ costosa dell’altra. Ovviamente stiamo parlando di costi in termine di fatica personale, ma e’ la verita’.

 

Le masse, signori, non cercano la liberta’. Non esiste alcun “istinto naturale” che spinga le masse alla liberta’ o alla felicita’. Le masse sono fatte da individui, i quali non cercano a loro volta la liberta’, ma solo la liberta’ meno costosa possibile in termini di sforzi personali.

 

E’ quindi possibile creare una prigione perfetta? E’ ovvio: e’ una prigione perfetta, cioe’ una prigione dalla quale nessuno vuole evadere, la prigione nella quale lo sforzo personale necessario ad uscire sia superiore a quello che serve ad adattarvisi.

 

Quando si costruirono le democrazie, si pensava che la gente ne avrebbe fatto buon uso. Si pensava che l’uscita dalla dittatura fosse una priorita’ cosi’ alta da far si’ che tutti mirassero al piu’ alto livello di virtu’ civica possibile. Ma c’era un piccolo problema: supponiamo anche , per ipotesi, che per uscire da un ghetto sia necessario studiare, specializzarsi e impegnarsi per 20 anni. Per fare successo in un ghetto invece e’ sufficiente spacciare droga per 5 anni.

 

Secondo voi, la gente del ghetto aspirera’ a laurearsi o a spacciare droga?

 

Questo e’ il punto: “ghetto” e “liberta’” sono valutazioni riferite alla massa. Io sbatto nel ghetto “gli ebrei”, ” i negri”, i “sussidiati”. Cioe’ delle masse.
Ma l’uscita dal ghetto richiede uno sforzo individuale. Qual’e’ il problema? Che lo sforzo individuale richiesto perche’ LA MASSA esca dal ghetto e’ superiore a quello che serve all’ INDIVIDUO per rimanerci.

 

A questo punto, entra in gioco il problema di Pareto. Perche’ rinchiudere le masse dentro dei ghetti a marcire?

 

La risposta e’ il criterio di Pareto: il 20% della popolazione produce l’ 80% del PIL. Per arrivare a due sigma del PIL, cioe’ al 95.4%, ci basta prendere in considerazione il 28% della popolazione.

 

In definitiva, quindi, il problema e’ semplicemente di calcolare quante persone lavorino in un paese, e fare in modo che a lavorare siano quelli giusti.

 

In realta’ ,dobbiamo chiederci quanto siamo distanti dall’equilibrio che vogliamo. Secondo INPS, la popolazione attiva in Italia e’ fatta da 37.456.000 persone. Considerato che all’ultimo censimento nel paese c’erano 60.000.000 di persone, cioe’ il 61% circa della popolazione.

 

In pratica, stando a Pareto, se ci togliamo dai coglioni due lavoratori su tre (l’ 80% dei lavoratori, cioe’ 26 milioni di persone), ci perdiamo “solo” il 20% del PIL.

 

Il vero problema , quindi, e’ il seguente: e’ possibile, contemporaneamente, alzare del 20% la produttivita’ delle imprese e dello stato E licenziare 26 milioni di persone? E questo senza che si ribellino?

 

I problemi di questa soluzione sono diversi, direi che potremmo dividerli in tre grosse componenti:

 

  • Come fare in modo che i 26 milioni di nuovi disoccupati  si ribellino. La soluzione tedesca mi sembra, dopo qualche giorno di riflessione e di confronti con altri colleghi, estremamente efficace. Si crea un sistema di sussidi che dia abbastanza da campare, tale che con un piccolo sforzo (lavoro nero, o lavoro per pochi mesi l’anno) il lavoratore possa ottenere quel poco in piu’ per potersi ubriacare e concedersi qualche vizio, tipo sesso a buon mercato e qualche altra emozione. Cioe’, bisogna rilassare la morale dei nuovi “banausos” e la loro istruzione, sino ad alleggerirne i costumi. Il nostro “sussidio” deve comprendere agevolazioni per avere la TV, andare allo stadio o al cinema. Il nostro “banausos” , a quel punto si trovera’ di fronte a due scelte: con una vita di studio e di automiglioramento potrebbe fuggire al ghetto ed entrare nel mondo del lavoro. Con pochi mesi di lavoretti neri potra’ avere qualche donnina e qualche emozione. Si creera’ un loop immediato , e finiranno dentro il loro ghetto belli felici.
  • Selezionare brutalmente. Per fare questo occorre essere piu’ selettivi contro le aziende: anziche’ aiutare quelle in difficolta’ si aiutino quelle che riescono , e si tassino quelle che non crescono, che galleggiano. Tassando le aziende che non crescono in fatturato e margine di contribuzione a e detassando della cifra corrispondente quelle che crescono, si otterra’ un’impennata di selezione per eliminazione. Immediatamente, per sopravvivere le aziende dovranno migliorarsi, e solo pochi, ma estremamente produttivi, rimarranno. Si tratta solo di fare una tassazione con una proporzionalita’ inversa, basata sulla crescita di alcuni dati (fatturato, margine di contribuzione, liquidita’) , che premi il migliore e colpisca i peggiori. In questo modo si otterra’ un lento aumento della disoccupazione.
  • Contemporaneamente, occorre destinare, citta’ per citta’, uno specifico quartiere ai Banausos, ovvero creare una zona nella quale le case costino poco per legge. Si otterra’ un iniziale spostamento di persone verso questi quartieri. A quel punto, dentro quei quartieri, si iniziera’ prima a dare dei sussidi a chi fa figli da molto giovane: chi ha figli da giovane, molti, fatichera’ sia a studiare che a lavorare. Poi si iniziera’ coi sussidi per chi vive in quei quartieri. E’ necessario confinare geograficamente queste masse per una ragione: lo stato di avvilimento e di inebetimento della popolazione e’ tossico, quindi crescera’ mano a mano che accumuliamo questi personaggi in alcuni quartieri. Mano a mano che tali quartieri si riempiono e si allargano, occorre prevedere nuovi sussidi, sino ad avere un gigantesco quartiere di persone col sussidio.
A questo punto, si dice che queste persone si ribelleranno. Secondo me, no. Non si ribelleranno perche’ se hanno la possibilita’ di fare qualche lavoretto in nero (dalla piccola prostituzione a qualche mese di lavoro stagionale) , e tra i sussidi aggiungiamo tessere per il cinema , il calcio , e qualche altro svago, l’alternativa sara’ troppo difficile.
Cioe’, alla fine la nostra prigione non ha sbarre. Basta che ti laurei, che nutri la tua mente con le letture giuste,
che lavori sodo, e ci sei. Basta che migliori te stesso, e ne esci. Non ci sono sbarre.

 

Se non dentro di te.
Le sbarre sono semplicemente una barriera di potenziale, che e’ di tipo umano: la fatica. Uscire dal ghetto si puo’,  ma serve fatica. Se anche tua madre era una sussidiata, e anche tuo padre, nessuno ti ha insegnato la fatica. Se i tuoi vicini sono al bar o svaccati davanti alla TV tutto il giorno, nessuno ti ha insegnato il valore del lavoro.

 

A questo punto, per uscirne dovrai vincere contro la tua cultura. La fatica. Le difficolta’ economiche. LA verita’ e’ che, se le tue condizioni di vita non sono cosi’ terribili, alla fine dei conti non avrai mai abbastanza spinta da uscirne. Si’, certo, sporadicamente qualche individuo ce la fara’, lavorando sodo. Ma non tutti. Di certo non le masse.
In pratica, creando dei ghetti come quelli americani e aggiungendo un semplice sussidio per ragazze madri, famiglie numerose e disoccupati, riusciamo a creare una prigione apparentemente senza sbarre, dalla quale tuttavia e’ quasi impossibile fuggire.

 

Rimangono due problemi: e’ conveniente?

 

Se Pareto aveva ragione e il 20% della popolazione produce l’80% del reddito, alla fine probabilmente no. Un equilibrio sarebbe di fatto equivalente (uno scambio tra pile di risorse) all’altro. E di regola, la distribuzione del lavoro tendera’ a seguire la distribuzione di risorse.

 

Occorre introdurre, perche’ sia conveniente, un secondo assioma, che direi “Assioma di Jan-Uriel”: il 20% delle persone potrebbe arrivare al 100%, ed oltre, del PIL, se venisse separata (sul lavoro) dal rimanente 80% della popolazione.

 

Ovvero, stiamo ipotizzando che i banausos danneggino le aziende e lo stato quando vi si recano per lavorarci.

 

Se questa affermazione e’ vera allora questo equilbrio e’, nel lungo termine, inevitabile.

 

Quali difficolta’ culturali ci sono, da superare?

 

Paradossalmente, nessuna. Se iniziamo a dare sussidi alle ragazze madri, avremo solo applausi. Se iniziamo a dare un sussidio alle famiglie con piu’ di 2/3 figli, anche. Se il sussidio contiene tessere per i viaggi (nazionali), per i cinema, per lo stadio, per la riduzione del canone TV, e abbassiamo la qualita’ delle scuole in alcuni quartieri, non dovremmo avere problemi di sorta.

 

Il vero problema e’ di due ordini:

 

  • Convincere la gente che lavora  e produce che ridurre gli inutili ad ebeti sussidiati  confinati in quartieri dormitorio sia un bene. Se aumentiamo la spesa in sussidi in quel modo, subito gli industriali e i ricchi si incazzeranno per le tasse che pagano per pagare i sussidi. La prima azione culturale da proporre e’ far capire loro che in questo modo le loro aziende saranno piu’ scattanti perche’ avranno meno inutili. Come ho detto, possiamo usare una coppia di  pressione fiscale sbilanciata a favore delle aziende piu’ efficienti , permettendo loro il libero licenziamento, e contemporaneamente un condizionamento culturale per il quale diremo ai ricchi che cosi’ facendo faranno ancora piu’ soldi nonostante le tasse, perche’ gli unici a lavorare saranno quelli piu’ preparati e avranno a disposizione uno stato altrettanto scattante.
  • Convincere la gente che alla fine dei conti non fare un cazzo sia un diritto. Che tu hai diritto al sussidio. Un tempo il pensionato si sentiva inutile , ma oggi “si gode il meritato riposo”. Nessuno si vergogna piu’ a ritirare una pensione. Ecco, dobbiamo trovare una simile dialettica anche per gli inutili. Dobbiamo dire che il sussidio e’ un “contributo per il tempo libero”. Chi riceve il sussidio non e’ piu’ disoccupato: ha tempo libero. “Freetimer” potrebbe essere un buon acronimo inglese. “Stress-free people”. Daremo il sussidio non a chi e’ disoccupato. No, lo daremo con mille scuse diverse: a chi ha figli. A chi ha il colesterolo alto. A chi ha un anziano in casa ma non lavora. A chi e’ “a rischio crimine”, cioe’ ha avuto piccoli precedenti. A chi e’ fuori corso e non frequenta, ma e’ ancora iscritto. A chi ha lauree umanistiche, come contributo alla cultura. A chi ha una abitazione da meno di tre metri quadrati per chilogrammo di peso. Tutto deve essere spacciato per essere un diritto. Le case dei quartieri prigione devono essere economiche, e devono essere assegnate per livello di inerzia personale. Non hai mai cercato un lavoro? Non stai studiando? Non fai nessun corso? Meriti una casa insieme a milioni di persone come te, che ti convinceranno (e convinceranno i tuoi figli, che ci crescono in mezzo) a non cambiare.
In pratica, se vogliamo fare una cosa simile, il nostro nemico e’ il liberismo. Esso ha convinto i ricchi che sia ingiusto pagare per mantenere i poveri. Ma se riusciamo a mostrare loro un esempio di sistema che funziona MEGLIO dopo essersi liberato dei farlocchi in questo modo, probabilmente li convinceremo.

 

Pareto avffermava che il 20% della popolazione producesse l’80% del PIL. Il problema e’: quando produce il resto della popolazione occupata? Se riusciamo a DIMOSTRARE che non solo NON producono, ma abbassano la produttivita’ del rimanente 20%, il conto economico torna.

 

Adesso mi direte: ma i banausos si accorgeranno che li stiamo chiudendo nel ghetto. Ma si accorgeranno che vivono in maniera diversa e che ci sono quelli piu’ ricchi di loro. Certo. Il sussidiato lo sa. Lo nota. Ma non non diremo a nessuno che e’ costretto a vivere cosi’. Gli daremo i sussidi, tutto qui. Saranno loro a fare domanda per averli. Noi faremo edilizia popolare e costruiremo quartieri di case a basso costo. Saranno i banausos a fare domanda per averne una.

 

Nessun carcere e’ cosi’ chiuso quanto il carcere delle tue libere scelte. In questo senso, si tratta dell’unico insegnamento possibile del Vecchio TEstamento. L’unico messaggio che esso ci passa, in ultima analisi, e’ questo: la maniera migliore di imporre la tua legge a qualcuno e’ di dirgli “da oggi sei libero”. Perche’ la libera scelta costruisce prigioni perfette.
Quando la persona ha scelto la casa popolare, e vi si e’ insediata, non se ne vorra’ piu’ andare. Quando abbiamo dato un sussidio per il terzo figlio avuto entro i 25 anni, e diamo uno stipendio pieno a chi ne fa quattro, tutte quelle che hanno tre figli faranno il quarto. A quel punto, si rimetteranno a lavorare? Certo, ma cosi’ perderebbero il sussidio, e se il lavoro andasse loro male? Rimarranno col sussidio e non ci proveranno.

 

In definitiva, se sono veri i due assiomi:

 

  • Il 20% della popolazione produce l’ 80% del PIL.
  • Il rimanente 80% e’ di intralcio al 20% e produce un danno superiore al 20% in produttivita’.
diventa economicamente conveniente, su scala macroeconomica,  far lavorare il 20% delle persone e sussidiare tutte le altre.

 

Il vero punto di svolta non e’ la considerazione di Pareto, che di per se’ consiglia solo di distribuire i redditi accentrando i piu’ alti. Il vero punto di svolta e’ la considerazione secondo la quale il rimanente 80% della popolazione e’ di tale intralcio e danno che sarebbe meglio non lavorassero per nulla.

 

Le difficolta’ di implementazione di questa cosa non sono tanto nel convincere l’ 80% della popolazione a farsi sussidiare ed a vivere in case del governo, ma risiedono solo nella difficolta’ di convincere il 20% della popolazione a pagare  abbastanza tasse da mantenere tutti gli altri.
Per il resto, non esiste alcun “istinto per la liberta” che porterebbe le masse di banausos a ribellarsi o a cambiare le cose. Lo accetterebbero e finirebbe tutto li’. Al massimo, potremmo passare il sussidio come “lavoro socialmente utile”, a patto che:
  • Sia stagionale: nessuno deve pensare di “avere un lavoro”, ma solo di “aver fatto due soldi in piu’” . Chi “ha un lavoro” pianifica la vita. Chi ha due soldi in piu’ pensa solo come spenderli. Diciamo due/tre mesi ogni anno.
  • Sia precario: mai nella stessa unita’, azienda, occupazione. Due mesi a pulire strade, due mesi ad aiutare i bambini ad attraversare davanti alle scuole,  due mesi nella nettezza urbana, e 10 mesi di inattivita’.
  • Sia confinato: mai a contatto con il 20% della popolazione che produce. Strane idee di successo potrebbero contagiarli. Tali lavori devono svolgersi nei quartieri dei banausos.
A quel punto, avremo cacciato l’80% della popolazione dentro dei quartieri-prigione dai quali sara’ impossibile per loro uscire dal momento che NELLE LORO MENTI ci saranno sbarre piu’ dure di quelle di qualsiasi prigione. La cultura del sussidio e’ contagiosa e generazionale.

 

Voi direte: e quei soggetti che mostrassero tendenze all’idealismo e alla lotta? Ce ne sono di due tipi: quelli “pop”, idealisti ma ignoranti e poco abili politicamente, cioe’ violenti. Li si arruola nella polizia. Li si sbatte in un carcere, poi gli si affida il compito di controllare altri carcerati. Se lo fanno bene, il passo dopo e’ la polizia.

 

Quelli intelligenti: capitera’ sempre che qualcuno di questi si metta di buzzo buono, capisca, e allora inizi a dare idee strane agli altri banausos. Queste persone capiranno subito che il sussidio e’ una prigione, e che i “diritti” in realta’ sono uno strumento di instupidimento. Li si affrontera’ semplicemente dicendo loro che se proprio vogliono essere trattati come gli altri, allora aboliremo i sussidi. Saranno linciati  e traditi dalla stessa gente per la quale lottano.

 

Non si tratta, in realta’, di un sistema economico e sociale insostenibile. Anzi, se e’ vero che la massa dei banausos fa perdere produttivita’ al resto e che e’ meglio sussidiarli, prima o poi un sistema simile nascera’ da qualche parte. Bisogna solo liberare i ricchi da alcune sciocche superstizioni che li portano a rifiutare di mantenere un sistema di sussidi.

 

Non mi sembra cosi’ infattibile, a dire il vero.

 

Uriel

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