Articolo diciotto.

Vedo che e’ ancora forte il dibattito (almeno sui giornali) sull’articolo 18 in Italia. Ho gia’ parlato dell’assurdita’ delle riforme di Monti nel medio e lungo termine, e onestamente rimango della mia idea: “just for the show”. L’esempio dell’ Art. 18 e’ un classico: si sta facendo un polverone sulla componente irrilevante della catastrofe “mondo del lavoro”, mentre dall’altro si finge di non vedere che i contratti co.co.pro stanno distruggendo il paese.

Il primo dato e’ che sul piano numerico sono pochi i lavoratori che effettivamente beneficiano dell’ art.18. Articolo il quale non dice “non puoi mai licenziare un lavoratore” . Dice semplicemente che occorre un buon motivo, dove per “buon motivo” si intende una serie di FATTI dimostrabili (non basta l’opinione o l’arbitrio) , e lo stato quando dice dimostrabili si riferisce all’unico modo che ha di dimostrare: il giudizio di un giudice.

Qui casca l’asino: quando si cerca di dimostrare che vi sia “giusta causa” si finisce in tribunale: si tratta dell’unico modo che lo stato ha di dimostrare che qualcosa sia conforme alla legge: farlo decidere ad un giudice.

Cosa succede? Che le cause sono lente e come se non bastasse il risultato non e’ affatto scontato.

Per esempio, e’ successo che alcuni operai che durante uno sciopero hanno messo fuori uso le attrezzature aziendali per non farle usare ai crumiri siano stati reintrgrati a forza, dal momento che (evidentemente) per la legge italiana lo scioperante puo’ farlo.

Di sentenze controintuitive come questa (l’azienda e’ mia e tu non danneggi un cavolo. Puoi scioperare, ma di danni alle infrastrutture non ne devi fare) ne arrivano in continuazione. Il risultato e’ che diventa impossibile per l’azienda capire se e come potra’ risolvere un problema con un dipendente.

Ma attenzione: questo e’ un problema dell’articolo 18? No, e’ un problema della giustizia italiana. Se i giudici fanno poche sentenze, e le fanno anche male, succede questo: la giustizia e’ un vantaggio per la societa’. La qualita’ della giustizia di misura dalla quantita’ di vantaggio che la societa’ nel complesso ne ha. Se l’economia del lavoro e’ ferma perche’ non si riesce a stabilire cosa sia una “giusta causa”, non stiamo parlando di un problema che ha la legge: stiamo parlando di un problema della giustizia.

Sancire che un lavoratore non possa venire licenziato se non per giusta causa di per se’ non e’ illogico o ingiusto. Il disastro inizia quando questa legge va in mano ai giudici.

Ma perche’ allora non dire che il problema sono i giudici del lavoro? Perche’ ovviamente la magistratura e’ intoccabile.

Adesso guardate qui i tribunali del lavoro: http://it.wikipedia.org/wiki/Giudice_del_lavoro

Come vedete, i giudici del lavoro sentenziano su un sacco di cose. Il fatto che voi togliate loro l’articolo 18, che e’ microscopico nel contesto, non servira’ a rendere il mercato del lavoro piu’ semplice per le aziende. Si limitera’ a creare una via di uscita per i licenziamenti. Ma se osservate la somma di materie sulle quali il tribunale e’ competente, nutro dei seri dubbi che il mercato del lavoro iniziera’ a diventare piu’ ordinato: anche i rapporti parasubordinati sono sotto il loro controllo.

Quello che faranno gli avvocati del lavoro e’ semplicemente di spostare l’oggetto della difesa. Niente di piu’.

Ma la vera sorpresa me la tenevo per adesso: i lavoratori illicenziabili NON sono protetti dall’articolo 18, ma da regolamenti ad hoc. Un esempio? La ASL di Bologna , una di quelle gestite dall’ Ospedale MAggiore, ha circa 800 portantini che non possono fare i portantini. Succede che sfruttando una legge ad hoc questi signori si siano fatti certificare, dopo 12 mesi di lavoro, che il lavoro li logorava e che possono solo lavorare da seduti.

Queste persone NON sono protette dall’ Art.18. Sono protette da una legge ad hoc, fatta a suo tempo perche’ il partito potesse far assumere lavativi e fancazzisti in cambio del voto , legge che rimane. Non potete accusare queste persone di nulla, perche’ una legge dice che la loro inefficienza e’ legale, accettata, organizzata. Una volta dimostrato questo, i nostri 800 eroi sono passati a compiti di ufficio, per i quali non erano preparati, non avendo passato nemmeno un concorso in tal senso.

Ora, questi 800 rimarranno li’. Al posto loro si sarebbero dovuti assumere 800 dipendenti che sapessero tenere le mansioni di ufficio: in un mondo perfetto, il concorso che li avrebbe assunti avrebbe dovuto appurare che questi sapessero qualcosa di burocrazia ospedaliera. Invece, ad occupare quei posti sono finite persone che sono state assunte con requisiti completamente diversi.

Questo e’ un esempio, un esempio del tipo di danno che l’opinione pubblica italiana attribuisce all’articolo 18, e che NON dipende affatto dall’articolo 18.

Anche andando nel mondo del privato, ognuno di noi ha un collega che non merita il posto che ha, se non di piu’. Ma vi siete chiesti se sia davvero l’articolo 18 a mantenere li’ queste persone?

Ebbi, anni fa, un collega che di IT non ne capiva una cippa. Come mai era li’? Era parente di uno dei clienti dell’azienda. Questa persona non piaceva a nessuno, perche’ diceva cose sconclusionate e dava ordini assurdi. Ora, capiamoci: era l’articolo 18 ad impedire che se ne andasse? No. Era la sua parentela con uno dei piu’ grossi clienti dell’azienda.

Quando c’e’ un elemento del genere in azienda, specialmente nelle grandi aziende, avrete sentito dire “ma questo chi l’ha assunto?”. Sembra una bestemmia contro la HR di turno, ma non lo e’ sempre: spesso e’ una vera domanda. La domanda andrebbe tradotta in questo modo: “a quale dirigente pesto i piedi se maltratto questa capra o la escludo dal progetto? Quale nemico mi faccio?“.

Qui l’articolo 18 non c’entra UN CAZZO.

Ogni maledetto comune italiano ha dei fornitori. In cambio degli appalti, ogni fornitore spesso si trova a DOVER assumere personale. O a doverlo “preferire”, cioe’ “vorrei assumere una persona. Mi piacerebbe tizio, ma nella scelta devo privilegiare caio perche’ e’ nipote del tale funzinoario del comune” (i segretari del comune sono potentissimi).

LA brutta notizia e’ che lo stato ha una tale quantita’ di fornitori da poterli ricattare e sistemare migliaia se non milioni di persone. Ma la bruttissima notizia e’ che questa rete di favoritismi NON dipende dall’ articolo 18: se queste capre rimangono al loro posto e’ per non fare uno sgarro all’amico cliente.

Lo stesso capita nel privato, nei rapporti tra privato e privato: nel mondo del contoterzismo e’ comunissimo che una persona sia scelta perche’ un’altra persona che lavora da parte del cliente la raccomanda. I cosiddetti “uffici acquisti” sono ANCHE degli uffici di collocamento: i fornitori piu’ importanti , se decidono di assumere una persona, sono “invitati” a farlo sapere, cosicche’ assumano qualcuno gradito al cliente.

Quindi, ho una brutta notizia per voi: spesso l’imprenditore italiano non e’ un cretino che assume altri cretini e non se ne accorge. E quando dice “vorrei licenziarlo ma non posso” non si riferisce al fatto di avere sindacati e articolo diciotto contro: si riferisce al fatto di perdere sicuramente un grosso cliente.

Cosi’, ho una brutta notizia per voi.

Se cancellate l’articolo diciotto in Italia, non state permettendo il licenziamento dei fancazzisti. State permettendo il licenziamento di tutti gli altri. I fancazzisti sono li’ per una rete di relazioni che non hanno NULLA a che vedere con sindacati o articolo 18, e semmai sono relative ad una rete di clientele.

Il collega fancazzista rimarra’ illicenziabile. Anche se si desse al padrone il diritto di licenziare a libero arbitrio, non cambierebbe nulla: se vuoi vendere alla pubblica amministrazione e avere un rapporto duraturo, prima o poi un parente del tale dirigente lo assumerai.

Se vuoi fare il contoterzista, qualche operaio ” un poco piu’ lento” degli altri lo dovrai tenere. Quindi non vi illudete: il paese NON entrera’ nel circolo virtuoso della meritocrazia solo perche’ abolite l’articolo 18. Semplicemente si comprimera’ l’area di coloro che NON possono competere coi parenti dei dirigenti della pubblica amministrazione e i vari dirigenti di aziende appaltatrici.

Sia chiaro, non assolvo i sindacati: ANCHE i sindacati hanno giocato a questo gioco portando in azienda le liste dei “desiderabili”.

Avrete notato anche voi la gigantesca sequela di licenziamenti avvenuta negli anni ’90 da parte di Telecom Italia, di Trenitalia &co. Sapete perche’ e’ arrivata? Perche’ il terremoto politico di mani pulite aveva cancellato DC e PSI: e lo fece sia nei comuni che a livello centrale.

Il risultato fu che improvvisamente i padrini di tutte queste persone saltarono. E allora, saltarono SUBITO i loro figliocci. Ma non si tocco’ l’articolo 18: credetemi, se un’azienda vuol farvi fuori lo fara’.

Cosi’ come assistetti alla vendita di alcuni settori di azienda nel settore telco: novecento persone di qui, seicento di la’, cinquecento laggiu’. Perche’?

  • Perche’ aveva cambiato padrone  Telecom Italia.
  • Perche’ aveva cambiato assetto Pirelli.
  • Perche’ aveva cambiato padrone il comune di Milano.
  • Perche’ aveva cambiato padrone il comune di Roma.
  • Perche’ aveva cambiato colore il comune di Torino.
  • Perche’ aveva cambiato colore il comune di Ivrea.
  • Perche’ aveva cambiato colore la Regione Piemonte.
E zac, saltati. Erano tutti parenti di fornitori, clienti o amici. Gia’, ci si mettono anche i fornitori: il rapporto cliente-fornitore e’ tale che anche il fornitore puo’ fare dei favori in cambio di qualcosa.
Cosi’ non esistono i “privilegiati” che sono privilegiati dall’articolo 18 , e i non privilegiati che sono senza: esistono quelli che sono “dentro” il sistema di conoscenze e clientele, e quelli che ne sono fuori.

Si puo’ fare qualcosa contro un fenomeno del genere cambiando l’articolo 18? Essenzialmente, no. E’ un fenomeno che ha origine nella abituale tendenza degli italiani a scambiarsi dei favori. Non serve a niente abolire l’articolo 18. Non serve perche’ e’ poco usato , non serve perche’ i diritti acquisiti NON sono garantiti dall’ articolo 18 ma da una serie di leggi, leggine, emendamenti parlamentari, regolamenti ministeriali che con l’articolo 18 non hanno nulla a che vedere.

Non serve perche i processi per cause lavorative verranno sempre trattati col buonsenso tipico della magistratura, quella che tiene in carcere Lele Mora da 6 mesi e scarcera Schettino. Non serve a niente, inoltre, perche’ il collega fancazzista non e’ protetto dall’ articolo 18, ma da una ben piu’ robusta rete di clientele che non finira’ perche’ c’e’ l’articolo 18.

Gli stessi sindacati, semplicemente accuseranno le aziende di atteggiamento antisindacale quando vorranno intralciare i datori di lavoro, anziche’ di aver violato i suoi diritti. Non cambia niente.

Quindi no, preferivo la riforma del contratto unico di Ichino.Almeno in questo modo si sarebbe potuta fare una selezione nel tempo. Oppure un sistema come quello tedesco, dove il lavoratore paga un’assicurazione contro la disoccupazione. Se il tasso di disoccupazione si abbassa le assicurazioni guadagnano, creando una lobby molto forte che spinge per l’occupazione , e la persona e’ tutelata contro l’eventualita’ di perdere il lavoro. Chi non lo perde rimane li’, e la carriera in Germania e’ difficilissima.

C’e’ un modo per stroncare il fenomeno del clientelismo italiano? Certo: detassare la riassunzione di gente che lavora gia’ , ad uno stipendio superiore. Che significa?

Significa che se io cambio azienda accettando un’offerta con uno stipendio superiore di un tot, l’azienda che mi assume non paga tasse, per il primo periodo.  Questo cosa causa? Causa che quelli bravi cambieranno lavoro per far crescere il loro stipendio, mentre quelli farlocchi rimarranno al loro posto (non possono avere protezioni ovunque) rimanendo al vecchio stipendio, e comunque crescendo meno di mansione.

Occorre cioe’ trasformare l’immobilita’ in uno svantaggio: date la possibilita’ di crescere di stipendio solo a chi cambia azienda, e rendete facile cambiare azienda favorendo le aziende che assumono gente di altre aziende. Innanzitutto succedera’ che salira’ la domanda, quindi gli stipendi, e in ultima analisi quelli bravi faranno ancora carriera.

Non si tratta di una cosa difficile: si detassi il costo del lavoro per i primi 2-3 anni, se rispetto al lavoro precedente la capacita’ contributiva e’ salita. E’ una misura atipica, ma e’ anche atipico il sistema di clientele italiane. Dal momento che il sistema di clientele e’ cosi’ radicato, l’unica possibilita’ e’ quella di rendere vantaggiosa la mobilita’ interaziendale, sia per il lavoratore che per le aziende. Quando gli immobili si troveranno con lo stesso stipendio per 30 anni, l’inflazione fara’ il resto.

E’ l’unico rimedio che mi viene in mente contro il sistema italiano di clientele, che permette ad una nube di raccomandati di rimanere al loro posto, facendo credere alla gente che la colpa sia dell’articolo 18, quando la colpa e’ del sistema di amicizie e delle clientele.

Non vi illudete: gli amici degli amici, i diritti acquisiti NON li perdono MAI.

Perche’ non vengono da una legge. Vengono da una societa’.

Uriel

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