Andarsene?

Vedo che imperversano sui giornali italiani le polemiche su “andarsene o meno”, “giovani che se ne vanno” e compagnia bella. Onestamente , la piega che la discussione ha preso e’ politica – in Italia ormai tutto si butta sulla politica – e ha perso di mira il problema vero: la felicita’. Perche’ la ragione per la quale ve ne andate e’ quella.

Il punto non sembra chiaro, almeno finche’ non pensiamo ai luoghi ove le persone vanno. Nel forum di questo blog ci sono persone che scrivono da Irlanda, Spagna, Francia, Colombia, Singapore , ed altro. Se il solito polemico da TV andasse a verificare i dati socioeconomici, ed inizia a tirare i grafici , scoprirebbe che e’ assai facile verificare che gli stessi grafici, nel caso dell’ Italia, sono migliori.

Allora perche’ la gente emigra in Thailandia, o in Kenya, paesi che sulla carta hanno economie peggiori o situazioni politiche terribili? La risposta e’ molto semplice: lasciare il paese e’ un gesto, decidere di rimanere altrove e’ un altro. Confondere le motivazioni per le quali si va via con le motivazioni per le quali si decide di restare e’ innanzitutto sviante.

Io per dire non sono andato via con l’intento di lasciare l’Italia. E ho iniziato a valutare di rimanere qui solo dopo anni, ovvero solo dopo aver vissuto la societa’ locale e aver trovato qualcosa che mi rendeva piu’ felice. Se nel caso della Germania siete portati a pensare che il problema siano i soldi, pero’, non illudetevi: ci sono persone, dentro e fuori al forum di questo sito, che hanno deciso di rimanere in Brasile, o in Thailandia, o in Colombia, paesi che sulla carta offrono “meno”, e sono felici.

Allora, partiamo da un primo principio chiarificatore: non si decide di emigrare. SI decide di andarsene per alcuni motivi, si decide di rimanere altrove per altri. E non sempre sono gli stessi.

Nel mio caso, non ho affatto deciso di andarmene. Avevo un lavoro in Italia, ed ero decisamente tra i fortunati. Sono arrivato qui per la richiesta nominativa di un grosso manager che voleva proprio me, e quando ho iniziato ad realizzare che ero felice, allora ho deciso di restare.  Nel mio caso, quindi , posso dire che ci sia stata chiaramente la decisione di restare qui, ma non posso dire che ci sia stata, con altrettanta chiarezza, la decisione di andarmene. Ovvio che in qualche posto devi stare, quindi una implica l’altra, ma la decisione di rimanere e quella di andarsene sono decisioni diverse.

Nel mio caso, la decisione e’ stata legata sia dalla fuga dalle cavallette, sia da una leggerezza nei rapporti interpersonali: fuori dall’italia, non esiste la maniacalita’ politica nei rapporti personali, o e’ molto ridotta. Tale maniacalita’ e’ dovuta a mio avviso a molti fattori, ma il punto e’ che questo mi ha tolto, insieme alla emarginazione delle cavallette, un enorme peso di dosso. In soldoni, il 90% dei motivi per cui sto bene qui consiste in una diversa cultura dei rapporti interpersonali.

Va da se’ che la situazione qui potrebbe peggiorare di molto, prima che io decida che non ne vale la pena.

Ridurre il problema “andarsene o non andarsene” ad una presa di posizione pro o contro l’italia non ha senso alcuno. Te ne vai quando e perche’ trovi un luogo ove sei piu’ felice. Niente di piu’. Che cosa ti renda piu’ felice e’ un discorso differente. Alcuni sono andati in paesi molto “difficilI”, ma si trovano bene perche’ apprezzano, che so io, una caratteristica specifica della cultura locale. Anche se sui numeri il paese non sembra un posto migliore. Voglio dire, per certi versi un paese del sudamerica potrebbe non sembrare bello, almeno sui numeri, a chi viene dall’europa.

Pero’ magari ha delle caratteristiche che invece “bastano” a fare la felicita’ di una persona , a dispetto di tutto il resto.

Quando, anche su questo forum, qualcuno mi dice “io sono andato in Colombia e sono felice” non sto a snocciolare dati socioeconomici o altro: probabilmente in Colombia ha trovato sollievo rispetto alle cose che lo rendevano infelice in Italia.

Nessuno va in paradiso. Ma tutti , quando decidono di restare, decidono di restare nel PROPRIO paradiso.

E’ ovvio che se uno dei lettori del mio blog andasse a dire che e’ andato in Colombia, o in Thaliandia, arriverebbero tutta una serie di maniaci sociali a ricordargli che l’economia colombiana qui e li’, e che la situazione politica tailandese, o che tutta una serie di cose che… che alla fine a chi se n’e’ andato non importano nulla.

In Italia invece il dibattito ha un certo peso politico, e questo porta in gioco la maniacalita’ dei rapporti sociali: chi parla con te e’ un maniaco, che non mollera’ la presa sinche’ non avra’ avuto qualche soddisfazione simbolica di tipo psicotico, e il suo scopo dichiarato e’ di causarvi sofferenza o stanchezza.

Di conseguenza, appena dite “ma io sono andato in USA”, vi tireranno fuori i dati sulla criminalita’, la poverta’, la mancanza di assistenza medica, eccetera. Tutte cose VERISSIME. E tutte cose di cui NON ve ne freghera’ UN CAZZO di niente: una volta arrivati sul luogo, esiste un momento in cui decidete di restare. Sia chiaro, non e’ lo stesso momento in cui avete deciso di andarvene.

Quando arrivate in un posto, “non e’ per sempre”. E poi, “tornero’ ogni anno”. Poi , mano a mano che diventate onesti con voi stessi, iniziate a capire che no, non sono cinque o dieci anni. Non e’ “sinche’ cresce mia figlia”. No, il ritorno diventa una cosa molto sfumata, si sposta oltre l’orizzonte. SI, un giorno. Da vecchi. Ma non lo farete mai.

Quando dite che “non e’ per sempre” e che “tornerete ogni anno” , e’ perche’ avete deciso di andarvene. Attenzione, perche’ non avete ancora presa la decisione vera: quella di restare.
Quando vi trovate a spasso per il Finanzamt e a gironzolare per Krankenkasse con un contratto di lavoro tedesco in mano, e uscite da un Bürgerbüro, generalmente la decisione l’avete presa. Perche’ da quel momento c’e’ un altro stato verso il quale avete dei doveri espliciti, con nome e cognome. Prima eravate di passaggio. Adesso vi state pagando la pensione. Prima non volevate stare in Italia. Adesso volete stare qui.

I motivi variano da persona a persona. Chi va in Brasile in genere adduce ragioni legate al modo semplice con cui le persone vivono, io trovo splendida la concezione locale di privacy e di rapporti formali, chi va in Francia trova di solito attraente il modo che hanno i francesi di stare insieme, eccetera. Ma questo non toglie che, qualsiasi sia la ragione, se in un dato posto non c’e’ piu’ quel “fattore tossico” che vi avvelenava la vita in Italia, e trovate i mezzi per sopravvivere, rimarrete ANCHE se non avete lo stesso trattamento economico.

In passato ho conosciuto persone emigrate in Irlanda. Quando in Irlanda una tigre  color smeraldo era ancora un soprammobile kitsch. Facevano lavori dignitosi, ma avrebbero potuto trovare di meglio in Italia, o a Londra, oppure in USA. Ma rimanevano li’, e non c’era modo di sradicarli: avevano deciso di restare.

Perche’? Perche’ magari all’irlandese mancava una qualita’ tossica della vita sociale italiana. Perche’ bisognerebbe dirlo: l’Italia SAREBBE un posto magnifico se il 100% delle persone che conoscete non si svegliasse al mattino col preciso scopo di rovinarvi la giornata solo per farvi vedere con chi avete a che fare.
Sarebbe un posto meraviglioso se tutti i discorsi fatti in vostra presenza, tutti, non iniziassero con la stessa “provocazione” che vi urta ai nervi.

Diciamolo pure. In Italia esiste una certa dose di rapporti sociali invasivi ed obbligatori. Siccome sono obbligatori e non potete sottrarvene, molti pensano di poter essere sgradevoli continuamente e incessantemente, tanto non potrete liberarvi di loro. Vedo in Italia atteggiamenti che fuori (e non solo in Germania) non sono concepibili e lasciano nella gente un senso come di “ma che cazzo vuole? Perche’ fa cosi’?”  In Germania la reazione tipica e’ quella di starvi lontani ad aeternam , forti di una tradizione di formalita’ che possono respingervi nello stato di “Bekannte” per sempre. Insomma, loro sono convinti di non essere costretti a sopportarvi: se siete fastidiosi, anche nel modo che in Italia si chiama “provocazione”, la vostra provocazione otterra’  ovviamente una reazione.

Questo e’ per me il punto cruciale, sufficiente a trovarmi benissimo. Adesso mi verrete a dire che se per caso (oh, ve lo auguro) l’ Italia si risollevasse io tornerei? No. No, non lo farei. Perche’ dopo aver provato quel senso di “scaricamento da un peso”, non rischierei mai di tornare in un posto ove mi devo sentire oppresso dall’opinione che dovrebbe avere di me la persona che incrocio appena dal fornaio.
Un altro problema di questo dibattito e’ che in Italia ha preso risvolti politici, ed onestamente e’ diventato una moda. C’e’ gente, mi dice il Corriere, che e’ andata a Berlino senza uno straccio di specializzazione, senza notare che Berlino e’ nella ex DDR, senza sapere nulla delle riforme di Schröder, e pensava che la Germania fosse ancora la terra che aveva accolto i suoi nonni come Gästarbeiter : ma non esistono piu’, dentro la UE, i Gästarbeiter, e come se non bastasse le esigenze sono molto cambiate. Di sicuro si tratta di vittime di una moda: hai una laurea inutile e non trovi lavoro in Italia? Prova a Berlino, citta’ di moda piena di locali notturni. Aha.

Solo che Berlino sta facendo le pulizie di primavera e si sta levando di torno tutte quelle cavallette che l’avevano resa una citta’ bellissima per lo straniero e invivibile per i cittadini, e non solo stanno ridimensionando gli ubriacatoi locali, ma stanno anche riportando l’ordine pubblico. Per i farlocchi che ivi svernavano, anni duri. E i tedeschi sanno come disinfestare dai farlocchi, come tutti gli stati molto sociali, hanno una grossa esperienza in interventi di ingegneria sociale: se vogliono che se ne vadano tutti gli albini sauditi che fanno i falegnami, state tranquilli che se ne andranno gli albini sauditi che fanno i falegnami e proprio loro. Se dicono “basta farlocchi stranieri a Berlino”,  potete stare tranquilli che non avrete scampo.(1)

Questo per dire che si tratta di mode. Mode unite ad un dibattito politico, il solito, che in italia vede sempre gli stessi partiti: fascisti e sfascisti.

I fascisti sono sempre a dire che anche se nuotate nella merda, la merda italiana e’ sempre meglio dell’oro straniero. Gli sfascisti sono sempre li’ a dire che se anche nuotaste nell’oro, l’oro italiano e’ peggio della merda straniera.  Questi sono, essenzialmente, i due UNICI partiti in italia: sfascisti e fascisti.
Una volta iniziato il dibattito politico, i fascisti vi diranno che se andate all’estero, e anche se trovaste qualche lavoro, NON POTETE essere felici, e se anche foste felici, non avete il caffe’ buono e la pasta, gnegnegne.
Gli sfascisti invece se andate all’estero e scrivete da li’ vi dicono che avete proprio fatto bene e siete la testimonianza che il -politico a caso- debba dimettersi.

Bene, ho allora una brutta notizia: se non la decisione di andarsene , quella di RESTARE e’ prettamente PERSONALE.

Se la decisione di andarsene, seppur personale, puo’ essere spinta da fattori politici ed economici, quella di RIMANERE ALTROVE e’ spinta da motivi ESCLUSIVAMENTE personali. Siete felici, per N motivi che attingono alla vostra personalita’ e alla vostra storia, e contro questo fatto grafici e dati economici vi fanno un baffo.

Questo vi dice perche’ ci sono italiani emigrati in Kenya, in Peru’, in Messico, in QUALSIASI posto che pure, a giudicare dai dati, avrebbe problemi PEGGIORI dell’ Italia. Magari e’ vero, li ha. Ma li’ voi siete felici. Al punto che avete DECISO di restare.

Questo non toglie nulla ovviamente al fatto che un pochino vi dispiacera’, o al fatto che di notte sognate la vostra casa italiana e vi svegliate in lacrime. E nemmeno toglie nulla alla RABBIA che provate quando guardate le cause che vi hanno fatto decidere di andarvene.

Ma non ve ne andrete, non tornerete piu’ indietro.

Perche’ dopo aver deciso di andarvene, avete deciso di rimanere.

Ed e’ quel momento che e’ IRREVERSIBILE.

E nessuno , TRANNE VOI, puo’ sapere perche’ siete rimasti. Grafici o non grafici.

Chi vi attacca dicendo che “i grafici di qui e i numeri di la’ “, non ha capito una cosa: se anche a farvi andare via fosse stata una questione visibile sui grafici, a farvi restare altrove e’ SEMPRE e comunque una spinta COSI’ PERSONALE che nessun numero e nessun grafico potra’ mai contrastarla.

E comunque, se queste persone rompono i coglioni, potete sempre dire la verita’: “ho deciso di restare qui perche’ non sono piu’ costretto a sopportare 60 milioni di stronzi come te”. Il che, normalmente, chiude la bocca ad ogni maniaco sociale.

E, nella stragrande maggioranza dei casi, e’ anche la verita’.

Uriel
(1) Il welfare locale e’ espertissimo in un trucco. Non possono dire agli albini sauditi che fanno i falegnami di andarsene perche’ sarebbe razzista e la Germania col passato che ha non puo’ farlo. Ma possono dare poderosi aiuti , sotto forma di welfare, agli albini tedeschi che facciano lo stesso lavoro e abbiano perso il posto dopo aver lavorato almeno due anni. Creano in questo modo una torma di poveri locali che sono competitivi coi poveri che vogliono cacciare, e li sostituiscono. Quando hanno voluto cacciare i negozi di cinesi per riqualificare dei quartieri, ci hanno messo poco: hanno detassato i negozi di merce di seconda mano aperti da “donne e giovani”, al punto che neanche i cinesi potevano stargli dietro coi prezzi. Semplice ed efficace.

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