Andareeeee… volareeeeee…

Negli scorsi post ho accennato diverse volte all’idea di lasciare il paese. Cosi’ alcuni hanno preso la cosa con la solita maniera nella quale i discorsi italiani si affrontano: lo straw man agrument. Si ingigantisce quello che dice una persona , poi si dimostra che la versione gigante e’ falsa, e a quel punto si sarebbe smentita la persona. Cosi’ faccio un pochino di chiarezza per evitare i soliti furbi.

Uno degli espedienti che si usano per affrontare il confronto “ma non e’ perfetto neanche li’”. Si prende la persona che dice “qui diverse cose vanno meglio”, e si pretende che abbia detto “qui tutto e’ perfetto”. Poi si dimostra che non tutto e’ perfetto, e quel punto si sarebbe dimostrato che “tutto il mondo e’ paese”.

Beh, mi spiace, non ho mai detto che la Germania sia il posto perfetto dove vivere. Dico solo che se  avete una figlia di 5 anni, e pensate al suo futuro (e anche al suo presente), sia un posto migliore. Le scuole sono ancora severe e conoscono ancora il concetto di punizione, senza il quale nessun bambino diventa adulto, le prostitute stanno nei bordelli e fuori dai bordelli le donne sono donne, e’ illegale far firmare lettere di licenziamento in bianco per le donne che potrebbero avere figli, e diverse altre cose buone.

Il tedesco si sente buono coi bambini quando costruisce infrastrutture (parchi, scuole, kindergarden, luoghi di ritrovo, spazi per bambini negli edifici pubblici), mentre l’ Italiano crede di aver fatto il proprio dovere quando ha soffocato e viziato i propri figli. Le madri italiane si sentono migliori quando sono asfissianti, soffocanti e iperaffettive coi bambini, mentre quelle tedesche si sentono migliori quando danno buone abitudini ai figli. Con tutti i distinguo e le eccezioni che ci possono essere quando si parla di interi popoli.

Lo stesso vale per molte altre cose.

L’ Italia e’ destinata a perdere il 50-60% del proprio manufatturiero per colpa di pessimi imprenditori che non hanno fatto innovazione. Contemporaneamente, deve rientrare del debito per evitare di pagare 100 e rotti miliardi di interessi/anno, oppure continuare a pagarli e non costruire nulla, mentre le vecchie infrastrutture invecchiano. In definitiva, un ventennio -almeno- di sacrifici. E siccome non vedo alcuna intenzione di riformare la fatiscente macchina statale o di agire davvero nel campo dell’economia, le cose non cambieranno. E’ di oggi la notizia che un giudice ha imposto a FIAT di assumere gente che aveva licenziato. E’ iniziato il conto alla rovescia per la chiusura dello stabilimento, casomai non lo aveste capito.

Non ha senso: Germania o non Germania, se non volete trovarvi sulla barca che affonda, mentre affonda, e’ meglio andarsene. Non c’entra niente l’opinione sulla UE , sulla finanza o sulla politica: chi e’ su una nave che affonda, va a picco a sua volta. Non c’entra essere onesti o meno. Non c’entra niente avere colpa o meno. Se siete su quella nave che affonda, affondate anche voi . La nave affonda lentamente, certo. Significa solo che sarete vecchi quando avrete l’acqua alla gola, e non potrete quasi piu’ muovervi. Vi assicuro che gia’ spostarsi a 41 anni e’ complesso, specialmente con famiglia a carico. C’e’ chi lo fa, ma e’ molto piu’ duro.

Un’altra cosa che mi e’ stata messa in bocca e’ che coloro che se ne vanno siano piu’ o meno validi di quelli che restano. Questa e’ ovviamente una stupidaggine, dal momento che se un italiano cerca un lavoro “che nessun tedesco vuole fare”, lo trova abbastanza facilmente. Quindi non e’ che occorrano profili altissimi: quello che decide tutto e’ che cosa POTETE (o meno) fare.

Il problema non e’ se siete piu fichi perche’ ve ne andate o meno. Non c’e’ qualcuno che vi dara’ un punteggio di ficaggine. C’e’ pero’ una situazione contingente attorno a voi, dalla quale dipende il destino vostro e della vostra eventuale famiglia. Se pensate di andarvene dal paese per quanto sarete fichi dopo esservene andati, IMHO siete delle belle testine di cazzo. Se pensate di andarvene dall’ Italia perche’ avete una figlia FEMMINA, che diventera’ una donna, e vedete che anche nella vostra regione inizia la consuetudine delle lettere di licenziamento in bianco per le femmine fertili, ALLORA siete persone razionali.

L’altra vexata quaestio e’ quella dell’orgoglio nazionale. Ho una brutta notizia per voi.Non esiste niente come un “orgoglio nazionale”:  l’orgoglio e’ un sentimento del tutto individuale. Se siete orgogliosi del vostro paese, non provate un sentimento nazionale: siete proprio voi ad essere orgogliosi.

Chi lotta per l’ “orgoglio nazionale” non lotta per il paese. Lotta per se’ stesso. Per questo NESSUN paese si giova dell’orgoglio nazionale. E’ solo una forma di egoismo narcisista, molto simile a quelle che devastano gia’ abbastanza l’ Italia. Se pensate che un “orgoglio nazionale” possa risollevare il paese , non avete notato che proprio l’orgoglio nazionale lo ha affossato.

Quando dite che si un prodotto vale di piu’ solo perche’ e’ Made in Italy, state facendo orgoglio nazionale. State prendendo qualcosa che appartiene la nazione e ve lo state attribuendo, dicendo “si, il prodotto e’ obsoleto, prodotto ancora cont ecniche del 1700, ma vale perche’ lo facciamo NOI, e quindi IO posso esserne orgoglioso a mia volta, obiettivo di tutto il discorso”.

Questo discorso e’ come dire “si, la Ferrari non ha vinto, ma la Ferrari la facciamo a Modena e siccome e’ italiana io da italiano ne vado fiero”. Questo e’ orgoglio nazionale: una forma di narcisismo il cui obiettivo non e’ di migliorare il paese, ma di alzare la propria individualissima autostima.

Cosi’ non ha alcun senso tirare fuori l’orgoglio nazionale. L’orgoglio nazionale non e’ dire “e’ comunque il mio paese”. Sono cazzate. “Mia madre e’ una puttana ma e’ sempre mia madre” non cambia un cazzo. “Se mia madre la da’ via per soldi un’altra volta la gonfio di botte” invece funziona.

Qual’e’ la differenza? La differenza e’ che “mia madre e’ una puttana ma e’ sempre mia madre” e’ un discorso rivolto verso l’esterno, volto a vincere una diatriba dialettica, e vostra madre continuera’ a succhiare cazzi ai camionisti.

Dire invece “Se mia madre la da’ via per soldi un’altra volta la gonfio di botte” significa ammettere che vostra madre non e’ proprio una santa e non lo e’ stato in passato, ma forse la signora ci dara’ un taglio. E si arrivera’ alla fase “mia madre ci ha dato un taglio e adesso riga dritto”. Che e’ una cosa che risolvera’ il problema , anche se non salvera’ l’orgoglio come prima con la bella mossa “la mamma e’ sempre la mamma”.

Prendere delle posizioni che vanno bene sul palco di un teatro perche’ sono liriche e assai mirate a farvi apparire -prima a voi stessi che agli spettatori- come dei devoti difensori del sacro volto di mamma puo’ migliorare la vostra immagine, a meno che sullo stesso palco ove voi gridate “la mamma e’ sempre la mamma” -con slancio eroico e romantico-  non ci sia la genitrice che succhia il cazzo ad un camionista bulgaro. Se questo succede, non sarete degli eroi romantici che danno la vita per la patria: sarete solo dei patetici coglioni che si sacrificano per una troia.

Qui veniamo all’ultimo punto poco chiaro: chi se ne va lascia senza combattere? Dipende. Se ha combattuto per 40 anni, non lascia senza combattere. Lascia dopo aver combattuto.

E’ ovvio che mi piacerebbe prendere diecimila guerrieri , piombare su Roma, metterla a ferro e fuoco, massacrare il 70% degli abitanti, incendiare la citta’ , raderla al suolo e ricostruire da capo quel bordello levantino. Si potrebbe anche comunicare al resto del paese che la festa e’ finita con una bella fila di teste lungo la A4 -tutta la A4- , per la serie “vendicare Adua”, anche se ritengo che potrebbe servire un discreto repulisti praticamente ovunque.

Purtroppo, non sono riuscito a raccogliere dietro di me quei diecimila. Quindi non se ne parla e me ne sono andato io.  

Cazzeggio a parte, il punto e’ che la lotta presume una specifica condizione morale: la dignita’ personale. Quando la generazione di mia nonna decise di  combattere il vizio dei materassi nei campi (1) , era ricattabilissima.  Avevano le pezze al culo, quei soldi della diaria sui campi servivano loro come il pane, o meglio letteralmente PER il pane, eppure lottarono ugualmente. Come? Sostenendosi a vicenda, soffrendo e lottando.

Oggi, in una certa azienda – e mi riferisco alla Bologna “rossa”- qualcuno ha mandato a casa una tizia perche’ rimasta incinta con il solito trucco della lettera in bianco, e LE COLLEGHE HANNO DETTO CHE AVEVA RAGIONE. Che il mondo della moda ha bisogno di ragazze belle e giovani, e se sei gia’ a fare figli, allora mandarti a casa e’ un metodo di selezione. E che comunque, si sa che “e’ cosi’”.

Mi spiace, ma la lotta e’ prima di tutto un evento morale. E’ l’evento col quale qualcuno decide che intende battersi, e che il prezzo della sconfitta sia comunque accettabile rispetto allo status quo. E sia chiaro, il prezzo della sconfitta oggi e’ di gran lunga migliore del prezzo che si pagava ai tempi di mia nonna.

Il motivo per cui non puoi lottare per l’ Italia in Italia e’ semplicemente che manca il momento morale della lotta. Manca cioe’ la determinazione ad affrontare il destino che ti aspetta quando scegli di lottare, qualsiasi esso sia. Manca una condizione SPIRITUALE che e’ la condizione che fa del guerriero, maschio o femmina che sia, cio’ che e’: la coscienza chiara di avere SCELTO la lotta.

Un intellettuale bolognese dice che disprezza la mancanza di marzialita’ del cittadino bolognese. E ha ragione. Io penso, come lui,  che chiunque abbia il diritto di essere bellicoso.

Che si tratti di soldati che vanno in guerra, di donne che lottano per non dover aprire le gambe per mangiare, di operai in lotta, la bellicosita’ e’ un diritto. E sia chiaro, non mi riferisco alla violenza: quella e’ una cazzata fascista. La bellicosita’ non ha niente a che vedere con la violenza: ha semplicemente a che vedere con l’idea , accettata con serenita’, che non vi sia alcuna soluzione che possa soddisfare sia me che la controparte, e la volonta’ di uno dei due debba prevalere totalmente su quella dell’altro.

L’italiano ha scelto di non essere bellicoso mai. Al massimo sa essere violento, che non significa di per se’ un cazzo. Essere bellicosi significa affermare definitivamente che non esiste alcuna concertazione, alcun accordo, alcun compromesso che comprenda lo status quo. E che non vi sia alcun modo di avere cio’ che si vuole se anche la controparte ha quel che vuole.

Non c’entra la violenza. Non c’entra nulla spaccare vetrine: puoi essere bellicoso anche nel quotidiano, se soltanto accetti l’idea non di “dare fastidio”, ma di “avere cio’ che vuoi senza un accordo”. L’idea che sia necessario PREVALERE, e non semplicemente concertare.  Non c’entra con la violenza, anche se la violenza puo’ essere uno dei mezzi: ma normalmente non serve.

Questo luogo spirituale in Italia non c’e’. Pochissimi italiani sono bellicosi, anche se moltissimi sono violenti. Anzi, moltissimi sono violenti proprio per nascondere la codardia di coloro che non sanno essere bellicosi.

L’italiano di oggi non e’ bellicoso. Lo e’ il tedesco. Sono bellicosissimi, anche se raramente sono violenti: hanno chiarissima l’idea che certe volte NON esiste la situazione che va bene ad entrambi, e quando questo succede occorre prevalere. Niente concertazione.

Sono bellicosissimi anche francesi ed inglesi. Non vedete molta violenza in giro, ma non spacciano l’amore per il compromesso come foglia di fico per la codardia. Hanno la chiara idea che certe volte la soluzione non fara’ proprio felice la controparte e che ci si trovera’ in una situazione di dover lottare o essere infelici.

Ma l’Italiano non e’ piu’ ne’ marziale ne’ bellicoso. E quindi non c’e’ la dimensione spirituale della lotta. E’ inutile pensare che qualcuno lottera’ per la propria dignita’ quando il compromesso e’ diventato una religione e semmai si troveranno compromessi sulla dignita’ stessa.

Quindi no, chi pretende che la gente rimanga a lottare in realta’ pretende che la gente rimanga a lottare “al posto suo”. Perche’ se poi andiamo a vedere, chi dice cosi’ usa la parola lottare, ma non dice mai che la sua esistenza e’ una corsa al compromesso.

Ecco, giusto per chiarire questo: la storia di rimanere e lottare va bene qualora si decida di essere bellicosi. Ma se nel paese si considera la bellicosita’ come un male, e la si confonde con la violenza, mentre si pratica invece la scienza del compromesso insieme alla religione della concertazione, mancano dei requisiti spirituali.

E si, un compromesso alla volta si puo’ cadere molto in basso. Oggi la fila di ragazze che vanno a fare i provini per fare la velina. Poi esce la notizia sui giornali che alcune studentesse si prostituiscono per fare una vita superiore alle loro possibilita’. E poiche’ i giornali descrivono la normalita’, quello che scrivono i giornali DIVENTA la normalita’. Domani  ci sara’ la fila di ragazze davanti all’uscita dell’aereoporto, col cartello ” 15$ I do all”, come in Thailandia.

C’e’ una scala molto grande in mezzo, tra il punto di partenza e quello di arrivo, ma e’ fatta di tanti gradini.
Ed ognuno e’ un compromesso.

E quando si pronuncia la parola ‘compromesso”, avete gia’ accettato di fare un gradino. E un secondo. E un terzo.

E tutti i gradini.

Ma proprio tutti.

Ci sono persone che hanno vinto delle lotte, ma nessuno ha mai vinto un compromesso. Il compromesso lo puoi solo perdere.

Uriel Fanelli, 21 giugno 2012

(1) A quei tempi le donne avevano bisogno di fare le giornate in campagna per portare qualche soldo a casa. Siccome “c’era la fila fuori di gente come te”, i proprietari terrieri (ed i loro caporali) approfittavano della cosa . All’uopo, nelle radure del granoturco si piazzavano appositi materassi. Per fare cosa potete immaginarlo: avete donne deboli , la morale inesistente del mondo contadino, e dei caporali  -uomini- con un piccolo potere.

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