Ancora sul maschio incompetente.

Ancora sul maschio incompetente.

Lo scorso articolo ha avuto un certo seguito, a giudicare dalle statistiche, cosi’ vorrei spendere un paio di parole sul concetto di “maschio incompetente”. Si tratta di un concetto strano, che pero’ risponde alla domanda “cosa succede ad un bambino se non lo si educa?”

Partiamo da una definizione. Che cos’e’ un maschio incompetente?

Definisco maschio incompetente il maschio che non e’ mai stato educato ai compiti e alle funzioni che sono caratteristiche dell’uomo adulto.

Elencare tutte queste caratteristiche sarebbe dispersivo, cosi’ mi basero’ sulla piu’ appariscente: l’aggressivita’ fisica, o se preferite l’uso di forza letale. E’ la piu’ appariscente, ovviamente, perche’ finisce sui giornali quando ci sono problemi.

Il metodo tradizionale che la societa’ ha sempre avuto era la cosiddetta “educazione maschile”, che produceva quello che le femministe amano definire “mascolinita’ tossica”. 

Questa educazione si basava sulla soppressione delle emozioni e della loro espressione. E spesso ( a torto, e spieghero’ il perche’) si usa come stereotipo un film “boys don’t cry”, per rappresentare la soppressione delle emozioni. 

Ma lo schema non e’ cosi’ semplice come lo descrivono le femministe. Per prima cosa, una societa’ che inculca la mascolinita’ tossica e’ una societa’ dove i padri sono assenti. Sono assenti perche’ lavorano troppo, o sono assenti perche’ hanno cose “importanti” da fare al bar, o per mille altri motivi e scuse.

IN quella societa’ essi vengono regolarmente cresciuti dalle madri. Il padre esiste solo se il ragazzo non obbedisce alla madre. Il famoso “lo dico a papa’”.

E allora vi chiederete se queste donne fossero sceme, ad educare degli psicopatici che avrebbero accumulato rabbia, rancore e risentimento, insieme alla frustrazione, sino al momento dello sfogo. 

Per nulla. Le donne di quella societa’ proiettavano sui bambini se’ stesse. Perche’ a quei tempi le donne sposate con figli …subivano cose. Venivano soverchiate. “Qui si fa come dico io”. Erano soggette alla prepotenza del padre a casa, e al gossip crudele delle altre donne quando uscivano. E subivano tutto questo in silenzio. Il bambino che sorprendesse la mamma a piangere, in un angolo della cucina, si sentiva rispondere con delle scuse. Non e’ che lasciassero uscire le emozioni. Soffocavano tutto.

Quelle donne insegnavano “boys don’t cry” per la semplice ragione che , in quella societa’, “moms don’t cry”. Insegnavano cio’ che sapevano: a soffocare le proprie emozioni, a non lasciarle trasparire. Questa cosa, fatta su un maschio stracolmo di testosterone, lo trasforma lentamente in un killer nascosto, ma ha un grande vantaggio: insegna una disciplina dell’autocontrollo cosi’ feroce che la societa’ non deve temere la forza letale che il ragazzo sta sviluppando. Sara’ troppo inibito per lasciarla uscire contro una donna, esattamente come per le lacrime e per tutte le altre emozioni.

Ed e’ ovvio che questa educazione contenesse anche i desiderata di mamma: “ogni donna e’ una principessa”, “le donne non si toccano nemmeno con una rosa”, “guai a te se alzi le mani con una donna”, eccetera. E non sto dicendo che questo evitasse il femminicidio: a parte che lo ritardava di molto, spesso i maschi arrivavano all’esasperazione in tarda eta’, con poco testosterone e quindi meno aggressivita’. 

Io ho subito un’educazione maschile del genere, per ragioni generazionali , e non ho dubbi che la resilienza al dolore, il soffocamento delle emozioni, la soppressione degli istinti fisici, la sopportazione del malessere, fossero null’altro se non l’educazione di mia madre. Tutte le donne del periodo erano educate ad accettare sacrifici, reprimere la rabbia, reprimere la frustrazione, la sofferenza, il dolore. Quelle donne piangevano meno degli uomini. Boys don’t cry era il riflesso inevitabile di moms don’t cry. 

Poi , sempre al capitolo “forza letale e aggressivita” arrivava la societa’ esterna, dove bisognava pensarci bene ad alzare le mani, perche’ non si sapeva come sarebbe finita. Del resto, facendo a cazzotti con un alto maschio, anche se vinci ne prendi due in meno, ma ne prendi comunque. Impari subito che lo scontro fisico implica dei rischi, e che se non sei Van Damme, probabilmente ti conviene tenere in tasca i pugni. 

Con questa ricetta bislacca di educazione femminile proiettata sui maschi e rischio calcolato, il maschio arrivava all’era adulta apparentemente competente nel gestire la propria forza letale.

E se anche qualcuna fosse stata cosi’ seccante da rompere il tabu’ di non picchiare donne, sarebbe successo in eta’ adulta. Poiche’ le donne erano educate a sopportare , succedeva di rado, di solito per tradimenti veri o ipotetici.

Potete applicare questa proiezione materna in tutti gli altri campi della competenza maschile, e ci troverete facilmente le parole di una madre. Il guaio e’ che proiettare l’educazione di donne vessate sui bambini non e’ una buona pratica, e la cultura che ne risultava viene impropriamente detta “mascolinita’ tossica”.

Ma in realta’, essa si propagava di madre in figlio, e come se non bastasse sosteneva poi il sistema che vessava le donne, che poi lo passavano ai maschi.

In ogni caso, sbagliata, deforme e crudele che fosse, i maschi ricevevano qualche forma di competenza. Prepotenti, volgari e arcaici, ma almeno competenti e capaci di contenere l’uso di forza letalea livelli accettabili. Cioe’, per certi versi, maschi competenti.

Certo, dal punto di vista del ragazzo una forma di disciplina basata sul peso della vessazione di donne adulte produceva la stessa sofferenza che eravamo educati ad ignorare e reprimere il piu’ possibile. Una specie di rito di passaggio, nel quale eri un uomo solo se sapevi sopportare il mutismo, la sopportazione, la repressione, che era di tua madre e che lei ti gettava addosso, sotto forma di educazione.


Con gli anni 80 e 90, ho visto arrivare un nuovo tipo di madri, figlie di una nuova epoca, che non subivano cosi’ tanto come mia madre il “qui decido io” dei capifamiglia. I padri sono rimasti assenti, ma lo sono diventate anche le madri, troppo impegnate ad adorare il proprio corpo.

Il risultato e’ che i giovani non ricevono piu’ alcuna educazione, e rimangono incompetenti. Qualcosa gli da’ ancora la scuola, che pero’ ha sempre meno potere (e sempre meno punizioni a disposizione) , il servizio militare non esiste piu’, e il risultato e’ che ogni anno una nuova annata di maschi incompetenti entra nella societa’.

Cosa puo’ fare un maschio incompetente se vuole inserirsi in una societa’ dove , al potere, ci sono maschi competenti anche se obsoleti? 

La maggior parte si travestira’ da maschio competente. Ci sono molti modi per farlo.

  • UNa bella uniforme. Voi vedete un uomo in divisa e automaticamente vedete in lui un maschio competente. Che lo sia o meno. L’uniforme, la posizione gerarchica, sono un travestimento fantastico per il maschio incompetente che voglia sembrare un maschio competente.
  • L’ omofobia. Se odiate tanto degli sconosciuti random perche’ si amano, lo fate perche’ volete sembrare competenti, cioe’ eterosessuali perfetti. Gridate “morte ai froci” e il risultato e’ che tutti sentono “sono eterosessuale, e sono preparato a questo”. 
  • Il fascismo. Un altro travestimento da maschi competenti, che non ha il prezzo alto dell’uniforme vera (a volte si muore) e’ vestire una specie di uniforme politica che pretende di contenere la stessa competenza dell’uniforme militare, ma senza finire al fronte. Diciamo che il fascismo e’ un’uniforme senza rischi, comoda, che consente al maschio incompetente di sembrare competente.

Si tratta sempre e comunque di forme di travestimento, che servono a far credere alla societa’ di essere maschi competenti.

Ed e’ per questo che non sono affatto stupito se la polizia diventa sempre piu’ violenta, o se l’omofobia dilaga, o se il fascismo dilaga. Sempre piu’ maschi, che non hanno ricevuto alcuna educazione al ruolo maschile, si travestono da maschi usando questi ruoli come maschere.

Ci sono anche ruoli di fuga, come diversi tipi di omosessualita’ o una discussione radicale dei generi stessi. Il motivo per il quale non ci credo e’ semplice: che potete discutere di generi e di nonbinarieta’ quanto volete, ma un maschio medio arrivato a 14/15 anni puo’ letteralmente ammazzare di botte una donna. 

Non avete risolto il problema della forza letale chiamandolo demi-anarco-sexual-metro-romantic. 


Mi concentro sul problema della forza letale , come ho detto perche’ e’ la fonte piu’ evidente di problemi, ma potrei usare altre caratteristiche che sono tipiche delle aspettative sulla competenza maschile, quali onore, affidabilita’, generosita’ , eccetera. 

Del resto, se mi guardo indietro vedo un ragazzo delle superiori sul campo di Rugby, che prende botte impossibili per una donna. Certo, anche le donne fanno Rugby oggi, ma voi non avete un pacchetto di mischia da una tonnellata. Per le vostre ossa, e’ diverso.

Mi rivedo giovane sul tatami a fare Judo, mi rivedo qualche anno dopo a fare Muay Thai. Oggi morirei, se provassi a fare quelle cose. Il problema della forza letale esiste, e non saremmo a piangere ragazze uccise se non fosse cosi’.


E voi direte “ebbravo, e adesso come se ne esce?”. 

Di certo non ritornerete alla vecchia educazione maschile “tossica”: per riaverla occorre una generazione di donne educate a subire sempre qualsiasi prepotenza del marito, e a proiettare poi resilienza , mutismo e autocontrollo sui figli maschi. Non credo che la societa’ possa tornare a quel punto. E non credo che qualcuno lo vorrebbe.

Suona bene dire “devono farlo i padri”, ma c’e’ un problema: i padri sono maschi incompetenti a loro volta.

E allora devono farlo le donne? Oh, in molte ci hanno provato. Ci hanno provato e hanno fallito? Ci hanno provato e sono morte.(cit.)

Con questa citazione intendo dire che le donne non possono educare i maschi perche’ sono aliene al problema del testosterone a palla, e non capiscono come si viva quando si ha forza letale e ce l’hanno anche gli altri, ma non le donne.

Se le donne percepissero il problema (o la semplice esistenza in essere) della forza letale, per dire, non andrebbero certo all’ultimo appuntamento con il fidanzato bastardo. Lo eviterebbero come la peste. Invece , ci provano, e muoiono.

E una madre incompetente non puo’ risolvere il problema di un figlio incompetente.


Personalmente , non so come se ne uscira’. Penso che questi maschi incompetenti produrranno violenza, mentre altri maschi incompetenti andranno ad ingrossare i ranghi dei maschi in divisa, e la violenza degli uni compensera’ la violenza degli altri.

Penso anche che la famiglia sia al collasso, quindi non so nemmeno se le figure genitoriali rimarranno in auge, e per quanto.

C’e’ anche da dire che ho avuto troppo da fare per liberarmi delle conseguenze dell’educazione maschile per dedicarmi davvero a questa tematica. 

Onestamente, mi premeva chiarire come vedo il problema della competenza maschile oggi, e l’ho fatto. 

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