Ancora sugli effetti della favola del consumismo.

Ancora sugli effetti della favola del consumismo.

Ho gia’ scritto, in passato, sulla favola chiamata “consumismo”. Faro’ un breve riassunto e poi passero’ a mostrare quanto sia facile, usando questa favola, scaricare ogni problema sul cittadino comune, salvando i colpevoli.

Breve riassunto:

Non esiste alcun “consumismo”. L’economia, come sempre, si basa su chi produce e chi compra, cioe’ su domanda e su offerta.

Adesso prendiamo, che so io, Evian. Evian produce e vende , dopo l’ultimo upgrade di quest’anno, due miliardi di bottiglie di plastica all’anno. Ovviamente, i suoi clienti apprezzano e comprano le bottiglie.

A questo punto, chiediamoci: chi le smaltisce? Abbiamo due soluzioni:

  1. il cittadino spende il suo tempo per la differenziata e il comune , anziche’ costruire che so io asili, si prende cura dei costi di smaltimento.
  2. Evian caccia in tasca la manina e si organizza per smaltire/riciclare le bottiglie prima che finiscano in mare.

Voi capite che tutto ruota attorno alla responsabilita’ della bottiglia:

  1. se pensiamo che la responsabilita’ della bottiglia ce l’ha chi la compra, cioe’ il consumatore, allora deve farsene carico lui.
  2. se pensiamo che la responsabilita’ della bottiglia ce l’ha chi la produce e la vende, allora deve farsene carico lui.

Abbiamo quindi due scelte. O decidiamo che il nostro sistema economico e’ “consumista”, cioe’ basato sul consumo, oppure che sia “producista”, ovvero basato sulla produzione.

Di per se’ sono due lati dello stesso fenomeno, visto che la domanda incontra l’offerta. Ma c’e’ un “ma”: quando si fanno scelte politiche la narrativa prevale sulla logica.

Se io scrivo una narrativa che parla di “consumismo”, sarete disposti a credere che tutta la responsabilita’ sia del consumatore. Se le bottiglie finiscono in mare e’ colpa del consumatore , se vengono prodotte e’ colpa del consumatore che le compra, eccetera. E in questo modo siamo disposti ad accusare il consumatore, cioe’ l’uomo qualsiasi, e obbligarlo a farsi carico di una cosa che non ha prodotto lui. E se il consumatore e’ convinto di essere colpevole, lo accettera’ anche.

Potevamo anche costruire una narrativa del “producismo”: dopotutto Evian ci guadagna, con le bottiglie. Quindi ha un OTTIMO movente per produrle, e poi fregarsene: guadagnare piu’ soldi. MA in questo caso, avremmo dedotto che Evian ha sia i mezzi che l’obbligo morale di togliere dalla circolazione le sue bottiglie, a spese proprie.

Potevamo descrivere la societa’ basata sull’incontro fra domanda e offerta in due modi: producismo e consumismo. Una cattiva sociologia e un’economia ancora peggiore hanno portato alla comoda balla del “consumismo”, ove tutto e’ centrato sul consumatore, che ha tutta la colpa.

E quella dialettica e’ ormai cosi’ diffusa che siamo disposti a credere che “ogni famiglia italiana produce TOT kg di rifiuti ogni anno”. Non credo che abbiate in casa fabbriche di lattine, cartoni, tetrapak, sportine di plastica ed altro, che vengono prodotte da altre industrie, ma nonostante l’evidenza materiale, ormai la convinzione che siamo in una societa’ “consumista” e’ impossibile da togliere.


Detto questo, andiamo ad un problema che sta avvenendo in questi giorni. La mancanza di acqua nel nord italia.

Si tratta di una situazione che si, viene causata dal global warming, ma vorrei ricordare che ne’ in Tunisia ne’ in Algeria ne’ in Egitto, dove le temperature sono SEMPRE state quelle italiane, sta mancando l’acqua.

L’acqua e’ stata esaurita da una domanda tremenda, ma per nascondere una tremenda gestione delle risorse idriche, si sta scaricando la patata bollente sulla popolazione, razionando l’acqua.

E la quale popolazione, che gia’ si sente in colpa per essere “consumista”, accetta tutto a patto che qualche stronzo inserisca “riempire piscine” tra le misure di razionamento: ti tolgono l’acqua in casa, ma siccome stanno anche bloccando le piscine, tu consumatore di merda pensi che te la sei meritata, con tutte quelle piscine che hai riempito.

Certo, vivi al quarto piano di un condominio e la piscina la sogni, ma se ti sei bevuto che la tua famiglia “produce” rifiuti, ti bevi anche che ti meriti il secco perche’ fai parte di un gruppo che riempie piscine. (in realta’ il numero di case con piscina e’ cosi’ risibile che non impatta in maniera visibile sul problema).

E grazie a questa cultura, prodotta in decenni di convinzione che esista un consumismo, e gli eccessi e gli effetti nefasti di questo modello siano da attribuire al consumatore, le persone stanno dimenticando che:

  1. il Po e’ stato prosciugato principalmente da un cambiamento nelle culture agricole, che ha portato l’intera pianura padana a produrre mais, una delle culture piu’ idrovore.
  2. ad aiutare , ci si mettono le risaie, che richiedono quantita’ gigantesche di acqua, e la svuotano quando invece servirebbe conservarla, ma non si curano di svuotarla verso dei reservoir, ma la scaricano nel canale piu’ vicino.
  3. poi c’e’ il consumo industriale, e qui nessuno chiede alle aziende di riciclare acqua con degli scambiatori di calore.
  4. Le aziende agricole non costruiscono piu’ , come un tempo, i propri reservoir. Risparmiano spazio per coltivare.
  5. Non si fanno piu’ dighe e laghi artificiali, perche’ la cura del territorio e’ stata abbandonata.

Il risultato di tutto questo e’ che una crisi che esiste (il cambiamento climatico) viene AMPLIFICATA dalle carenze di una classe di produttori e di politici, che non si prendono MAI la responsabilita’, perche’ basta parlare di “razionamento” , per un riflesso condizionato, la popolazione si responsabilizza.

E ti saltano fuori sui giornali quelli che si fanno la doccia ogni quattro giorni, quelli che lavano le mutande ogni settimana (DONNE! E’ ARRIVATO L’OMBRELLAIO! L’ARROTINO!) , e tutti in gara a lavarsi poco e puzzare molto, come se il problema fosse la differenza tra due docce alla settimana, e non un contadino che ogni giorno fa la doccia a 15 ettari di mais. Le vostre mutande devono essere enormi.

Come se non bastasse, mentre il problema e’ che delle coltivazioni che bevono acqua come spugne hanno sostituito quelle tradizionali, che passavano tranquillamente l’estate al secco , arriva il vegano del cazzo a dirmi che per fare la bistecca da un chilo ci vogliono 15.000 litri d’acqua. Se sapesse quanta acqua e’ costata la sua polenta vegana , forse avrebbe la decenza di stare zitto.

Ancora sugli effetti della favola del consumismo.
Ammirate l’efficienza di un metodo di irrigazione che butta acqua di giorno, quando evapora meglio, e copre l’intera pianta di acqua, (con tutta la superficie traspirante) quando la pianta la assorbe dalle radici. Ma una bistecca contiene 15.000 litri di acqua! YAY! Sentiti in colpa!

Ma nessuno osera’ protestare, proprio per un riflesso condizionato, che deriva da decenni e decenni di autofustigazione, di atti di dolore, dove ci si pente e ci si duole di essere consumatori, quando nessuno va a bussare alla porta dei PRODUTTORI.

Ancora sugli effetti della favola del consumismo.
Ogni mm e’ un litro per metro quadro. Sono circa 8 litri al metro quadro, che per tutto il ciclo salgono a 600 mm, cioe’ seicento litri per metro quadro. In un ettaro, sono sei milioni di litri di acqua. 

Possiamo paragonarlo al grano duro, che normalmente NON ha bisogno di alcuna irrigazione aggiuntiva, se non in caso di emergenza, con un massimo di 40mm nel tutto il ciclo. Meno del 10%, rispetto ai 600 del mais.

Voi capite che sarebbe ora di vietare alcune colture. E alcune tecniche di irrigazione. Voi capite che non lo faranno MAI, perche’ basta dire “razionamento” e il “consumatore”, oppresso da decenni e decenni di sensi di colpa per essere un godereccio bastardo egoista, si battera’ il petto e si mettera’ a girare con delle mutande giallomarroni che Putin queste armi le apprezza un sacco.


Le ramificazioni della dialettica che parla di “consumismo” sono molteplici. Si va da chi crede che siano le famiglie a produrre rifiuti, a chi davvero pensa che bisogna lavarsi di meno per ovviare alla mancanza di reservoir e di laghi artificiali, nonche’ a produzioni scellerate da parte degli agricoltori, e in generale quando si parla di un problema legato alla carenza o all’abbondanza di qualche cosa, a battersi il petto sono sempre i consumatori. MAI i produttori.

E cosi’ scopriamo che Coca Cola non e’ colpevole delle lattine e delle bottiglie che vende. Scopriamo che Evian non e’ responsabile delle bottiglie d’acqua che produce. Che le aziende di imballaggi NON sono responsabili di tutti i blister dove c’e’ il cibo che compriamo, dalle bistecche alla verduta. Che le aziende di elettronica e di elettrodomestici non sembrano responsabili delle cose che vendono, che i produttori di qualsiasi cosa non hanno nulla a che vedere coi loro rifiuti, nel preciso momento in cui hanno venduto il prodotto a noi: hai toccato la ragazza e ora te la sposi, dicono. Prenditi le tue responsabilita’.

Nessuna azienda sembra responsabile di NESSUNO stracazzo di rifiuto CHE PRODUCE E VENDE, quando alla fine a farsene carico e’ il cittadino comune, che ci deve mettere impegno e tempo, e dallo stato, che per il problema rifiuti spende soldi (del cittadino) che comunque potrebbe spendere a fare altro.

Convincere la popolazione che dovrebbe essere chi produce rifiuti a gestirli, di tasca propria, e’ difficilissimo: ti rispondono che se tu non li comprassi, allora loro non li produrrebbero. Quindi e’ colpa tua che li compri, e non loro che li producono.

Come dire: io ho premuto il grilletto, sei tu che sei morto. Se voi la smetteste  di crepare, nessuno mi pagherebbe per uccidere persone. Che colpa ne ho io se le persone non sono antiproiettile?


Questa invenzione del “consumismo”, inteso e coniugato come colpa della persona comune, e’ una delle cose piu’ comode sia per chi produce rifiuti, (e no, non sono le famiglie, che sono un proxy: quello che per la famiglia e’ “rifiuto” prima dell’acquisto era “prodotto”) , sia per chi causa disastri mediante la cattiva gestione, e poi se ne fotte.

Personalmente, la mia opinione e’ molto semplice: ci sono persone pagate per gestire le risorse idriche. Che stesse piovendo poco era noto da mesi. Che ci sia il global warming e’ noto da anni. Che ci si faccia prendere di sorpresa fa capire una cosa: il consumatore non c’entra un cazzo di niente. Il problema e’ a monte.

Ma fino a quando crederete di essere dei porci consumisti, sino a quando crederete che la vostra polenta vegana costi meno acqua di una bistecca, e non cambiate idea nemmeno quando vedete le coltivazioni di mais e frutta esotica prosciugare letteralmente il Po, sino a quando vi sentirete in colpa per essere dei consumatori, non ne usciremo mai.

Obblighiamo Apple a riprendersi e gestire OGNI cellulare che vende. Obblighiamo ogni produttore di bottiglie a riprendersi OGNI bottiglia di plastica che vende. Obblighiamo Coca Cola a riprendersi le lattine e le bottiglie. TUTTE. Dalla prima all’ultima: ne escono tot, ne rientrano tot.

I mezzi informatici esistono, gli RFID esistono, la catena puo’ essere gestita. Ha dei costi e li devono sopportare i PRODUTTORI.

Perche’ i rifiuti, una volta erano chiamati “prodotti”, e questo vi ha convinti di averli prodotti VOI.

E allo stesso modo, questa cosa del consumismo vi ha convinti di aver prosciugato il PO facendovi la doccia, ma guarda caso il PO si prosciuga quando irrigano il mais, mentre voi la doccia l’avete sempre fatta.

Smettete di autoflagellarvi. Non esiste il consumismo, esiste la produzione. L’acqua c’era , se non fosse stata sprecata per coltivare una pianta che sino al 1500 cresceva solo in riva ai fiumi del nordamerica.

E si’, stravolgere il territorio introducendo la produzione di una pianta aliena puo’ prosciugare fiumi e desertificare.

Non sono state le vostre mutande.

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