Ancora afghanistan, ma… la prossima volta?

Ancora afghanistan, ma... la prossima volta?

Ancora afghanistan, ma... la prossima volta?

Quello che e’ successo in Afghanistan e’ abbastanza semplice: il paese vuole la Sharia, e quindi non combatte contro la Sharia. Se lo fanno gli stranieri ok, ce la spassiamo e ci godiamo la ricreazione, ma se vanno via ci si arrende e non si prova neppure a combattere. E se poi ammazzano le nostre figlie, pazienza. Sono solo donne.

E fin qui ci siamo. Ora, l’afghanistan confina con due paesi, Cina e Pakistan, ansiosi di entrare in contatto diretto per commerciare. Non e’ difficile prevedere che il nuovo governo Afgano POTREBBE, dico POTREBBE, essere spinto su posizioni meno aggressive perche’ i cinesi non vogliono dare scuse agli USA per interferire ancora.

Non e’ impossibile che saranno i cinesi e i pakistani a dettare la politica estera afgana, anche se viene da chiedersi quanto piacera’ questa cosa ad India e Russia.

In ogni caso, gli ultimi 20 anni non sono stati divertenti per i talebani, quindi non e’ che se andate da loro a dire “rifacciamo un giro di giostra?” ti diranno “ok! bene!”. Ma anche questo e’ ok.

Come ha detto Biden, con il quale concordo, gli USA e gli alleati non potevano rimanere a combattere una guerra che gli afghani non volevano combattere. Se combattere contro l’annientamento delle donne e contro la Sharia e’ quello che la popolazione VUOLE, ha senso. Ma se la popolazione non e’ disposta a farlo e il loro esercito non prova nemmeno a combattere, non ha senso. Le donne afghane si chiedano , invece di “perche’ l’occidente non  fa nulla”, una cosa piu’ semplice: “perche’ gli uomini afgani non fanno nulla”.

Prima di andare al succo, consentitemi un altro disclaimer:

vedo che molti in Italia stanno cominciando a dire che “gli USA hanno perso”. Voglio far notare che l’Italia era li’, come altri paesi. La Merkel ha detto che e’ stata una sconfitta comune perche’ l’esercito tedesco era li’. Sarebbe bello vedere che gli italiani , anziche’ guardare altrove fischiettando come se non c’entrassero nulla, evitassero IL SOLITO spettacolo. Non hanno perso “loro americani”, ha perso una coalizione.

M adesso andiamo al dunque. Per la prima volta anche nella narrativa occidentale arriva chiara una consapevolezza di cui si parla: se un paese e’ in mano a quel delirio religioso, e combina qualcosa di grave (come l’ 11 settembre) , non e’ possibile andare li’ e , anche spendendo cifre enormi, “redimerli” e “rimetterli sulla via della civilta”‘.

Questo pone un problema: al prossimo 11 settembre che faranno, come reagire? L’altra volta si e’ detto “arriviamo li’, togliamo dal potere gli psicopatici che ci sono, e ci facciamo una nazione civile e felice: come possono rifiutare un’offerta simile?”.

Adesso questo non e’ piu’ possibile. Non era possibile nemmeno prima, ma adesso il messaggio e’ chiaro. Adesso lo sappiamo. Coi musulmani non funziona.

Quel pozzo di merda non sara’ mai niente che non sia un posto ove la donna e’ un animale da usare, la religione vieta i calzini bianchi e gli aquiloni, e tutta la canzone del talebano. Non c’e’ modo di cambiarli. Non vogliono cambiare. A loro piace.

E adesso che lo sappiamo, supponiamo che da qualche sarcazzistan parta un nuovo 11 settembre. Che fare?

Perche’ sappiamo che non cambiano. Sappiamo che non vogliono cambiare. Sappiamo che nessuno e’ mai riuscito a fagli cambiare.

Sapete cosa? Se hai un problema e non puoi risolverlo, puoi sempre distruggerlo.

Per come esce l’occidente da questa vicenda, l’unica cosa possibile sara’ la rappresaglia. Distruggere cio’ che non si puo’ cambiare.

Non e’ una strategia nuova: Desertum fecerunt et pacem appellaverunt e’ una frase molto antica, ricalca (e reinterpreta) quanto scritto da Tacito sulle guerre romane in britannia. Non e’ una cosa nuova.

Vedete altre alternative? La ricetta “arriviamo, civilizziamo, problema risolto” non funziona. Nel caso dell’ Afghanistan, sappiamo con certezza che si tratta di un paese che , per le sue caratteristiche, non si invade , non si occupa, non si cambia.

A questo punto, per un paese a 11.000 Km di distanza che venga colpito da un attentato grave  voluto dal governo locale, cosa resta se non la rappresaglia?

Se pensate che la rappresaglia sia una cosa incivile o barbara, ho paura di deludervi: quando un paese commette un crimine di guerra contro un altro, la Convenzione di Ginevra consente una “proporzionata rappresaglia”. Non specifica quali debbano essere le proporzioni, ma e’ consentita. E non da ora. Anzi, prima era consentita anche sui civili.

Per esempio, il Generale Graziani durante la guerra in Etiopia denuncio’ che gli etiopi stavano usando proiettili dum-dum, che sono vietati, e ottenne (dopo la dovuta notifica) il permesso di usare fino a 250 bombe al gas Iprite sui locali, come rappresaglia. Per questa ragione non venne mai incriminato per il loro uso: la rappresaglia era consentita.

Lo e’ ancora? Dipende da chi.

Teoricamente, la rappresaglia sulla popolazione civile e’ stata vietata in seguito, e la lista di azioni da considerarsi meritevoli di rappresaglia e’ stata aggiornata nel 1949, nel nuovo trattato di Ginevra. In seguito, altri aggiornamenti della legislazione di Guerra e della convenzione di Ginevra (1977 e 1985) hanno vietato del tutto la rappresaglia contro la popolazione civile.

Ma non contro le forze armate di un paese. Quella e’ permessa.

Quindi la risposta e’ semplice: in caso si ripetesse l’ 11 settembre, l’unica risposta possibile sara’ la rappresaglia sulle infrastrutture militari.

E’ difficile pensare una rappresaglia diretta solo su infrastrutture militari che sia un deterrente: ovviamente subito dopo l’attentato le infrastrutture militari si disperderebbero nel paese e la rappresaglia diventerebbe enormemente costosa.

Ma una cosa e’ certa: una volta sotto la convinzione (e ora ce l’abbiamo) che non si possa “civilizzare” una popolazione, all’occidente rimane solo da chiedersi “e se rifanno l’ 11 settembre noi come rispondiamo”?

E se l’unica risposta utile e’ la rappresaglia , adesso bisogna sviluppare sistemi militari di rappresaglia limitata dai trattati, oppure premere perche’ i trattati internazionali la consentano in caso di attentato terroristico.

Probabilmente, i politici sceglieranno la seconda strada, perche’ e’ piu’ semplice.

Se la mia conclusione e’ giusta, fate ciao ciao alla convenzione di Ginevra e a diversi altri trattati.

E se succede di nuovo, beh, poi saranno i militari a decidere come fare la rappresaglia.

Di solito non e’ una buona notizia. Ma anche senza fare previsioni, la questione e’ chiara:

la vicenda dei Talebani ha rappresentato una svolta nel pensiero occidentale. Se prima , come risposta ad un attentato terroristico, si andava in loco ad annientare una dittatura e cercare di costruire un paese migliore, adesso sappiamo tutti che non funziona.

Ma questa nuova convinzione apre nuove domande, come ” e se rifanno un 11 settembre cosa facciamo?”.

Ci saranno molte risposte, che vanno da “rappresaglia dura senza paura” (che io credo sara’ la vincente, ma potrei sbagliare) oppure altre cose come “mandiamoli via tutti e chiudiamo i confini: niente afgani, niente attentati”, oppure “sorvegliamo ogni metro quadro del paese usando i computers”.

Ma in ogni caso, il fatto che l’occidente non crede piu’ possibile od opportuno liberare una popolazione da un dittatore, ne’ che una popolazione possa cambiare,  e’ una svolta pesante. Che presentera’ il conto, al prossimo attentato.

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