Alfred Adler (fine della discussione).

Qualcuno attribuisce il mio atteggiamento verso la psicologia e la psichiatria ad un odio generalizzato, qualcosa come un anti- o un -ismo, le cose che servono a rimpicciolire -confinandole- le opinioni che non piacciono. In realta’ c’e’ una branca della psicologia ottocentesca che trovo sensata. E la trovo sensata perche’ procede in maniera logica.

Ora, Alfred Adler e’ forse il meno conosciuto tra gli psicologhi del periodo per una semplice ragione: diceva cose razionali. O meglio, essendo un marxista si sforzava di rimanere nel campo del materialismo, ovvero evitava di inventare ogni volta che non sapeva spiegare.
Molti hanno durante la discussione avvenuta nel forum hanno tentato di spacciare la definizione di malattia come una relazione tra il paziente e la societa’. Il guaio di questa definizione e’ che un diabetico rimane diabetico anche quando e’ tra diabetici. Di conseguenza, se identifichiamo la malattia con una differenza tra il “malato” ed il resto della societa’, se ne dovrebbe dedurre che basti mettere un malato di cancro tra malati di cancro perche’ sia normale nel suo gruppo. Dunque, guarito.

La relazione tra normalita’ e patologia, cioe’, e’ una fesseria logica. Pensare che lo psicologo sia li’ ad intervenire per curare una malattia, qualora la malattia consiste nella condanna arbitraria da parte di un sistema sociale arbitrario e’ semplicemente delirante. Non e’ la normalita’ il problema.
Alfred Adler semplicemente evita di scontrarsi col paradosso puntando molto -nella sua psicologia individuale- nel discorso didattico. Lui assume che l’educazione sia il processo di inserimento positivo di un individuo nella societa’. E ne deduce che se l’individuo ha delle difficolta’ sociali sia ineducato o maleducato.
Questa affermazione sembra simile a quella di prima, ma non lo e’. Innanzitutto e’ decidibile. Possiamo sapere SE davvero lo scopo dell’educazione sia o meno quello di inserire positivamente gli individui nella societa’. Se per esempio ci restringiamo ad una scuola per il mondo del lavoro, dobbiamo mettere in conto una educazione postuma a tutti gli altri aspetti.

Ma supponiamo pure di dire “SI”, l’educazione (familiare, scolastica, sociale, etc) ha il preciso scopo di inserire positivamente ogni singolo individuo nella societa’. Ovvero di insegnare alla persona a trovare un posto che lo soddisfi in termini di autostima e di affetti.

Detto questo, quando un individuo fatica ad essere felice con gli altri, Adler ne deduce che sia stato educato male o poco. Adler non ipotizza la mente. Non ipotizza la psiche. E non ipotizza nemmeno malattie. Osserva semplicemente il bilancio.
Si tratta dell’unico approccio logico possibile. Non abbiamo prove dell’esistenza della psiche. Tutto quello che sappiamo e’ che c’e’ un sistema nervoso, di complessita’ ancora poco determinata.
Ma possiamo registrare il comportamento e le interazioni materiali con gli altri.
Prendiamo per esempio il complesso di Edipo. Per i freudiani e’ un macello di minchiate sul subconscio e compagnia bella. Ogni scuola di psicologia , moderna o classica, ha la sua interpretazione di questo atteggiamento.
Ora, Adler lo considera per quello che e’ sul piano scientifico, ovvero sul piano dell’osservabilita’: un problema comportamentale nel rapporto  tra madre e figlio.
E questo perche’ essenzialmente e’ l’unica cosa che si puo’ davvero osservare: c’e’ qualcosa che non va per il verso giusto tra madre e figlio. Se accettiamo in via di principio che figli e madri non si debbano accoppiare, specialmente quando i bambini sono ancora tali   , si presume che l’educazione del bambino lo istruisca su come avere il rapporto affettivo “positivo” con la madre. E lo stesso, di conseguenza, vale per l’antagonismo verso il padre.
Cosi’, dato per scontato che sia la madre ad educare il figlio piu’ di quanto il bambino educhi la madre, Adler suggerisce di gestire la cosa come un problema educativo. Il che sposta il “peso” dal bambino (come quasi tutte le altre scuole psic-qualcosa) al genitore.
Allo stesso modo chi arriva sempre in ritardo al lavoro ha semplicemente un cattivo rapporto, dovuto ad una educazione sbagliata, rispetto al lavoro. Il compito che Adler si autoassegna e’ quello di ricostruire l’educazione mancante o errata.
Detta cosi’ sembra essere una teoria fatta di tautologie, ma alla fine dei conti Adler si basa esclusivamente su cose OSSERVABILI, o perlomeno decidibili sul piano logico.
Possiamo trovare arbitrari gli scopi dell’educazione: per Adler l’educazione doveva, globalmente, guidare ogni individuo giovane a collocarsi positivamente nella societa’. Questo pero’ non scade nel relativismo, perche’ Adler non direbbe mai che Hannibal Lecter e’ guarito se la societa’ di cannibali che lo ospita si trova bene con lui.
E questo perche’ a monte si chiede quali siano gli scopi di una educazione “positiva” e la parola “positivo” ha poi un particolare valore nella dialettica di Adler.
Cosi’ moltissima della Psicologia Individuale di Adler si sviluppa attorno ai bambini ed al problema della loro educazione e del loro inserimento nel gruppo umano, ovvero nel disegnare un percorso che permetta a tutti gli elementi del gruppo umano di interagire positivamente, ovvero in maniera da favorire sia l’individuo che il gruppo. Adler fu un convinto sostenitore della parita’ dei diritti tra uomo e donna, sostenendo che fosse possibile, mediante una educazione corretta al rapporto tra i generi, far si che gli uomini avessero un rapporto positivo ed affettuoso con le donne, e che le donne avessero un rapporto positivo verso il mondo professionale e la societa’.
Adler si focalizzava sull’inserimento dei bambini, e quando trovava dei disturbi si occupava di risalire alle abitudini (dette anche Stile di Vita) infantili e adolescenziali che avevano distorto l’educazione dell’inividuo impedendogli di sviluppare i comportamenti corretti.
Puo’ sembrare utopistico e sicuramente il peso dell’educazione potrebbe essere discusso. Ma il punto e’ che sia gli scopi dell’educazione possono essere discussi, sia le abitudini possono essere osservate,  sia gli eventi passati sono investigabili come fatti materiali.
Una cosa importante nel pensiero di Adler e’ che il percorso educativo non finisce mai. La sua idea e’ che se hai dei problemi a 40 anni non e’ necessariamente detto che tu abbia avuto problemi educativi a 10. Magari hai bisogno qui e adesso che qualcuno ti insegni a vivere i 40 anni. E non poteva nemmeno essere fatto quando di anni ne avevi 10.
Quindi essenzialmente l’educazione non finisce mai, e il disagio e’ semplicemente indice di una richiesta dal paziente allo psicologo : “dimmi come si fa”.
Adler misura due spinte fondamentali nell’uomo: una e’ la spinta nel superare l’inferiorita’. Potremmo dire che voi studiate per superare uno stato in cui non riuscite a trovar lavoro, e quindi per superare una “inferiorita’” che percepite come tale. Non si tratta quindi di competizione, ma dell’esigenza di non essere completamente succubi degli eventi.
La seconda spinta e’ quella alla comunita’: e’ chiaro che se volete un partner  dovete avere un buon rapporto   con gli altri, se volete un lavoro dovete avere buoni rapporti con i colleghi ei capi, se volete una famiglia felice dovete coltivare un buon rapporto con figli e coniugi, eccetera.
Chiaramente ogni distorsione e/o ogni malfunzionamento di uno di questi due principi e’ causa di cio’ cheAdler si propone di curare. Qui pero’ torniamo al punto di partenza: entrambe le affermazioni sono misurabili.
La lotta contro l’inferiorita’ e’ riassumibile con “che cosa hai fatto per te stesso?”. Cioe’, che cosa hai fatto per non trovarti in una situazione di subire gli eventi che ti tormentano?
Il secondo punto, l’interazione con gli altri, e’ altrettanto misurabile.Che cosa fai insieme agli altri? Come? Con chi?
Siamo sempre nel campo dell’osservabile. Lo scopo e’ di ridurre questi due principi ad un equilibrio vivibile. Non troppo aggressivo e non troppo succube dei legami sociali. Quando e’ troppo? Quando lo decide il paziente.
E questo toglie lo psic-qualcosa dalla condizione di dover decidere cosa sia buono per il paziente: occorre chiarire per prima cosa lo scopo del percorso. Stai a casa a masturbarti e bere birra tutto il tempo? Questo e’ solo il problema. Semmai chiediamoci “e che cosa ti piacerebbe fare altrimenti?”. Detto questo, lo psicologo e’ poco piu’ di un ascoltatore, e un consigliere.
Adler, quindi, si sforza di ideare uno “stile di vita” soddisfacente, e poi una volta identificato, di far notare al paziente i comportamenti che non lo aiutano in quella direzione, sfruttando la posizione di osservatore esterno.
Assai diversa dall’arroganza del resto degli psic-qualcosa, eh?
Ebbene. Per aver avuto l’ unico atteggiamento razionale del mondo della psicologia, ovvero:
  1. Parlare solo di cio’ che si osserva.
  2. Non fare troppe ipotesi su una scatola nera.
  3. Identificare gli obiettivi della terapia.
  4. Aiutare la persona a identificare i comportamenti che lo allontanano dallo stile di vita che vuole.
gli adleriani sono isolati, derisi, considerati i nonnetti affettuosi , e disprezzati da tutti gli altri che li accusano (sic!) di mancanza di scientificita’. Che invece avrebbero gli altri.
Ora, che dire? Il problema non e’ essere dei fan di tizio o di caio. Il problema e’ leggere un sacco di merda illogica, velleitaria e completamente avulsa da ogni metodologia ,  per poi aprire un libro e trovare una serie di ragionamenti logici in fila, di assunzioni falsificabili o almeno decidibili, e un approccio che non fa alcuna violenza sull’individuo.
E l’UNICO esempio di questo genere viene immediatamente stigmatizzato, deriso, emarginato da tutti gli altri.
Quindi NO, non sono ideologicamente avverso alla psicologia: se qualcuno si mette a fare dei discorsi LOGICI, a me va benone. Se vi basate su fatti e osservazioni anziche’ inventare un nuovo pezzo di psiche al giorno, e se tenete i discorsi sui binari della logica , a me puo’ andare benissimo.
Ma se gli unici a tentarci vengono emarginati, stigmatizzati e derisi da tutti gli altri, che volete che vi dica? Il destino di una persona seria in un gruppo puo’ essere il modo per capire molto del gruppo.
Adler e gli adleriani hanno fatto la stessa fine che farebbero gli astrofisici ad un congresso di astrologi.
E questo, per me , ha chiuso il discorso. Semmai dovessi andare da uno psicologo, essenzialmente cercherei qualche sopravvissuto adleriano. Ma d’altro canto, il loro stato di emarginati mi dice molto sulla maggioranza.
Freudiani.
Junghiani.
Transazionali.

 

Cognitivismo.

 

Strutturalisti.

Comportamentisti.

Neuroscienziati.

spero di avere reso l’idea.
Uriel

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