Accidenti, c’e’ qualcuno che legge il weblog.

Di Levoivoddin, aka Uriel Fanelli, 21 febbraio 2003

L’articolo sulla deindustrializzazione ha prodotto addirittura commenti, e addirittura svariati messaggi di email.

That’s incredible!

Vedo pero’ che e’ stato molto frainteso, o meglio falsato da chi ragiona in soldi.

Il motivo per cui non vediamo la distruzione dell’economia, e la fine della rivoluzione industriale, e’ che ragioniamo in soldi.

Proviamo ad usare un metodo differente, ed usare come unita’ di misura l’ “ora-uomo”.

Ovvero, quando qualcosa costa 10 euro, se guadagnate 10 euro l’ora, allora costa 1 ora uomo.

Poi girate per i negozi e traducete in ore-uomo i prezzi.Ora, questo metodo ha il vantaggio di rappresentare REALMENTE il prezzo delle cose, ovvero la spinta che il mercato vi fornisce per il loro acquisto.

A voi che guadagnate 1000 euro mese un chilo di pane costa circa 0.75 ore uomo, mentre al dirigente della vostra azienda costa 3 minuti uomo.

Questo spiega come mai a qualcuno l’aumento del prezzo pesi molto e ad altri pesi meno.

Adesso andiamo a vedere la storia della rivoluzione industriale e leggiamola ragionando in ore uomo.

La nostra Mary, contadina inglese, impegava 15 ore per farsi un maglione considerando sia quanto ci metteva a farlo che quanto ci voleva a comprare/fare la lana.

Emigrando a londra e lavorando in un’azienda, per quanto misere fossero le sue condizioni, avrebbe avuto lo stesso maglione in MENO di 15 ore uomo.

Se non fosse stato cosi’, Mary sarebbe rimasta in campagna, credetemi.

Mary e’ emigrata dalla campagna alla citta’ perche’ lo stesso maglione le sarebbe costato MENO ore uomo.

Anche perche’ producendo maglioni in maniera industriale, lo stesso prezzo in ore-uomo del maglione era calato.

Questa situazione in italia e’ durata circa fino a meta’ degli anni 80.

Questo insieme di forze, di spinte, ha fatto si che la popolazione statisticamente parlando cambiasse lentamente mestiere fino a diventare urbanizzata ed industrializzata.

Certo, non tutti sono emigrati come Mary, ma le forze in gioco spingevano ad emigrare,e statisticamente la gente emigrava per industrializzarsi. Allo stesso modo, i capitali erano attratti dall’industria.

Il capitalista poteva moltiplicare meglio i suoi minuti-uomo di valore investendo in un’industria.

Poiche’ la maggior parte dei capitalisti NON sapevano fare a fare industria, nacquero le borse, che permettevano loro di investire SENZA dover dirigere qualcosa che non sapevano dirigere. E cosi’, nasce la rivoluzione industriale: da un lato per il popolo si apre la possibilta’ di avere le stesse cosa con MENO ore-uomo.

Dall’altro, per il capitale si apre la possibilta’ di guadagnare senza rischi, o con meno rischi, e di guadagnare di piu’.

Lo stesso numero di ore di investimento, la stessa cifra rende di piu’ in un’industria che in un’appezzamento di terra.

Adesso, chiediamoci: dove spingono le forze di oggi? PEr il popolino, e’ piu’ conveniente stare a casa che comprare alcuni beni.

La benzina, ad esempio, o l’automobile, costano cosi’ tanto che conviene arrivare mezz’ora dopo al lavoro, perdere mezz’ora di reddito, che usare la macchina.

Un litro di benzina costa 15 minuti uomo all’operaio medio.

Un pieno costa 5 ore uomo.

Pensateci: se andate a lavorare con la metropolitana, potreste rimanere a casa mezza giornata e non vi cambia nulla sul piano finanziario.

Niente forza che spinge all’industrializzazione.

Niente forza che spinge a lavorare di piu’ in fabbrica.

Per il mondo del capitale, e’ ancora peggiore.

Conviene investire in operazioni di finanza “pura”, che non in strutture industriali.

All’imprenditore NON conviene piu’ ingrandire l’azienda, conviene mettere i soldi in un fondo , o comprare oro, o comprare valuta, o farsi una polizza vita.

Con meno ore-uomo, sistema gli stessi soldi ad una resa piu’ alta.

Ingrandire l’azienda gli costa un totale di ore uomo per amministrarla, mentre dare gli stessi soldi ad un broker gli costa 5 minuti di una firma.

Allora, se esaminiamo le spinte, le forze in gioco, notiamo come esse siano OPPOSTE a quelle che hanno creato la rivoluzione industriale.

Investire le proprie ore uomo nell’industria, o nelle infrastrutture produttive, non conviene piu’ ne’ all’operaio ne’ all’investitore.

Conviene solo ai superpagati dirigenti delle industrie, che pero’ non producono.”Dirigono”.

Il risultato e’ che gli unici motivati a mandare avanti le aziende sono i dirigenti, (non la proprieta’, attenzione) e il risultato e’ che da un lato la proprieta’ investe altrove, e dall’altro i dirigenti cercano altrove di realizzare la produzione perche’ i lavoratori locali di gettare la loro vita in fabbrica non ne vogliono sapere.

O meglio, non ci guadagnano nulla. Ed e’ quello che vediamo: dirigenti forsennatamente determinati a resistere, a costo di spostare la produzione altrove, dove le forze sono ancora quelle favorevoli alla rivoluzione industriale.

Capitali che non vanno piu’ sulle strutture produttive , e gente che va a lavorare solo perche’ e’ costretta dal fatto che il baratto non esista piu’.Questo e’ l’opposto della rivoluzione industriale, le forze in gioco sono ESATTAMENTE OPPOSTE.

Per cui, dobbiamo aspettarci un fenomeno esattamente CONTRARIO alla rivoluzione industriale stessa.

Spero solo che qualcuno si ricordi ancora come si tiene la zappa in mano. Non e’ poi cosi’ difficile, e credetemi: la dignita’ di chi fa crescere frutti dalla terra e’ tutta una cosa differente, anche perche’ una stagione dura tot mesi, che al vostro capo piaccia o meno.

Ai manager non piacciono gli agricoltori, non possono far loro fretta: se un raccolto e’ d’estate, bisogna proprio aspettare l’estate.

Ma a quelli, ai manager, taglieremo la gola: in natura o si e’ prede o si e’ predatori, e nessuno puo’ scegliere da che parte stare. E presto, molto presto, loro saranno da quella sbagliata. Anche se hanno un bel conto in banca: grassa e’ questa preda, diciamo noi….

Parola di Lupo.

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