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Con oggi, finisco di essere un trenta-qualcos-enne. Dovrebbe essere tempo di bilanci, e probabilmente lo sara’. Nel senso che per fare un bilancio di 40 anni di vita, peraltro vissuti un attimo, come dire “brutalmente”, occorre un pochino di tempo. Oggi Lady Uriel mi ha chiesto “sei soddisfatto”?. La mia risposta e’ stata “si’, sono soddisfatto di quanto ho costruito. Diciamo che senza tutte le guerre forse sarebbe stato meglio”. Mi sento un pochino come uno che esce dal ring con la coppa, e non riesce  avederla perche’ ha tutti gli occhi acciaccati. Un pochino cosi’, ecco. C’e’ qualcosa che rimpiango o qualcosa di cui mi sono pentito?

 

Cose di cui mi sono pentito, ce ne sono. Penso che in diverse occasioni ho lasciato andare cose e persone che avrei dovuto schiacciare. Sono pentito del mio pietismo, di essere stato cosi’  passivo. In realta’, col senno di poi, mi rendo conto che la mia vita ha iniziato a girare per il verso giusto da quando ho iniziato a restituire i colpi e, specialmente, da quando ho iniziato a sparare nel mucchio.

 

Cosi’ si’  , sono pentito di aver lasciato in piedi certe cose e certe persone. In un altra vita, non avrei pieta’ ne’ comprensione.

 

Rimpianti? Piu’ o meno gli stessi. Tutte le persone che non ho schiacciato pur avendone la possibilita’. Essere aggrediti da qualcuno la seconda volta e’ imperdonabile. Significa che hai fallito la prima volta, nel reagire troppo poco. Il mio consiglio ai giovani e’ “non lasciate MAI al nemico la forza di riprovarci”. Non si convive coi nemici: fate loro tutto il male che potete. Sempre. Tanto sono gia’ vostri nemici, la situazione degli schieramenti non cambiera’.

 

Che cosa sono contento di NON aver fatto? Beh, non sono caduto nella trappola dei sensi di colpa. La pseudocoscienza.

 

Chi ha una madre sperimenta, prima o poi, il giochino dei sensi di colpa: “non hai idea del dispiacere che mi dai”. Si tratta di una dialettica femminile (credo sia universale) che consiste nel convincere la vittima di qualche angheria o vessazione che in realta’ e’ lei stessa (la vittima) a causare dolore ed essere colpevole. Se le donne stuprassero gli uomini, insomma, alla fine chiamerebbero la polizia e all’ospedale ci andrebbero loro, piangendo.

 

Cosi’, al senso di colpa usato in senso manipolativo spessoil giovane si oppone facendo il peggiore degli errori, che e’ la costruzione di una pseudocoscienza dialettica.

 

Una pseudodialettica non e’ altro se non una strategia di reazione alla strategia del senso di colpa. Poiche’ la strategia del senso di colpa e’ basata su affermazioni come:

 

  • Se fai la tal cosa sei malvagio e colpevole della tale mostruosita’ contro la tale vittima che non lo merita.
  • Se NON fai la tal cosa sei malvagio e colpevole della tale mostruosita’ contro la tale vittima che non lo merita.
Una pseudocoscienza dialettica e’ una strategia di sopravvivenza passiva (cioe’ non richiede il contrattacco , non ci si batte con chi vuole appiopparci un senso di colpa) , che consiste nello sviluppare una dialettica che ci sollevi dal senso di colpa. E’ la prima difesa istintiva contro le strategie del senso di colpa, ed e’ ancora peggiore del male. 

 

La pseudocoscienza dialettica si sforza di attaccare la strategia dei sensi di colpa in diversi modi:

 

  • Non sono malvagio , dal momento che agisco per altissimi valori.
  • Non sono colpevole, dal momento che la societa/sistema/mondo lo e’, io ho solo seguito i miei valori.
  • Non ho colpito io la vittima, semmai tu.
  • Se l’ho fatto non avevo scelta e comunque mi ci ha tirato.
  • La vittima e’ comunque colpevole di altre cose che la rendono spregevole.

 

La pseudocoscienza dialettica e’ innanzitutto un sistema di difesa passivo. E’ un sistema di difesa passivo perche’ di fronte alla strategia dell’educazione per sensi di colpa, il giudice finisce con l’infilarsi dentro la psiche dell’imputato, trasformando la sua vita in un continuo processo interiore. E’ come l’autoanalisi, non se ne esce piu’, se non mediante quello che definirei  la sconfitta del giudice-mostro.
 
Si tratta un pochino di quello di cui parlavo nel post precedente. Attorno al 1990, l’ Italia sperimento’ un divieto di vendere alcoolici nei bar, e cosi’ arrivarono (credo fosse la prima volta) le birre analcooliche, i vini analcoolici (sic! per fortuna durarono poco), e cosi’ via. Una cosa buffa che mi raccontarono alcuni amici fu che una ragazza molto libidinosa ma dotata di una pseudocoscienza fu lasciata bere due-tre birre e poi un finto mosquito , fino a quando la sua pseudocoscienza non le permetteva di considerarsi ubriaca e lasciarsi andare. Ovviamente la ragazza fece cose inenarrabili, convinta di essere ubriaca, o meglio di aver ubriacato la sua pseudocoscienza.

 

Che cosa insegna questa cosa? Insegna che la pseudocoscienza ha un piccolo difetto: se una coscienza serve a distinguere le cose da fare da quelle da evitare, la pseudocoscienza pone un limite simbolico e apologetico al comportamento, quello che definirei “il token”. Quando la persona ha il token, e’ come pacman quando mangia la pillola magica: puo’ tutto. La pseudocoscienza, cioe’, non pone alcun limite, ma si limita a reclamare un costo simbolico.

 

Questo rende pericolose le persone dotate di pseudocoscienza. Le persone dotate di coscienza si comporteranno in maniera abbastanza bilanciata, e tenderanno ad avere delle linee guida nel proprio comportamento. Cosi’ , potete sperare che si fermino, che vi siano bassezze o slealta’ dalle quali essi si asterranno. Le persone dotate di pseudocoscienza invece non si fermeranno di fronte a nulla, a patto di raggiungere o costruire la situazione “token”, o se preferite “la pillolina di pacman”.

 

La fragilita’ della pseudocoscienza e’ che, appunto, la pillolina puo’ essere simulata. Ma niente paura, perche’ la pseudocoscienza puo’ essere tranquillamente soddisfatta anche mangiando la pillola di pacman dopo. La serata a base di birra analcoolica fu epica (1), e fu raccontata. Ovviamente, siccome le amiche sono quel che sono, qualcuna di loro rinfaccio’ alla nostra eroina della nerchia rotante il fatto che “no, non eri ubriaca, sei solo una puttana, quella era birra analcoolica”.

 

Ora, il problema era che tutta la pseudocoscienza era costruita per evitare proprio che il giudice interiore pronunciasse quella frase “sei solo una puttana”, e il risultato fu che la tipa adesso aveva una sola scelta: costruire la pillola di pacman DOPO. Le fu relativamente facile, perche’ inizio’ a girare per case di amici e conoscenti in preda a quelle che definirei “pseudoconvulsioni”. Insomma, l’idrovora di cazzi stava male. Ma davvero male.

 

Certo, era iniziato un pochino dopo, una decina di giorni dopo. Ma di certo era dovuto a quello, le avevano fatto del male. (2) La sofferenza (che Monica fece di tutto per far conoscere , in un vero e proprio pellegrinaggio ) consisteva nell’entrare a far visita agli amici, sedersi, ed esibire una specie di tremore pseudocatartico, fino a quando non le veniva chiesto “non stai bene? Hai bisogno di un medico?” . Dopodiche’ la tipa prima faceva qualche lacrimuccia , scuoteva la testa, e altre cazzate simili.

 

Ricordo che venne anche a casa mia , e fece la stessa cosa in presenza del sottoscritto e del convivente. Le consigliammo di rifugiarsi nella tradizione, tornare al suo paesello natio ed evitare il settentrione di persone malvagie e ragazze puttane. Lo fece sul serio. (3)

 

Morale della storia: la pseudocoscienza e’ una strategia che consiste nel costruire un prezzo, un token, una “pillola di pacman” che permetta di commettere cio’ che si desidera commettere, avendo una scusa per fare quelle cose senza essere giudicati male da se’ medesimi. Le scuse sono di due tipi:

 

  • Scusa preventiva:  non sono colpevole, sono semmai  vittima degli eventi.
  • Scusa successiva: ho sofferto taaaaaaaanto per cio’ che ho fatto, la vera vittima sono io perche’ ho pagato un prezzo mostruoso.

 

Un’altra caratteristica della pseudocoscienza e’ che essa crea due identita’, diciamo un dottor Jeckill e un Mr.Hide. Il Dottor Jeckill e’ quello che la persona e’ quando non ha bisogno della pillola di pacman per fare tutto cio’ che vuole.

 

Questo sdoppiamento fa si che il Dottor Jeckill sia anche moralista, ovvero che giudichi gli altri. La persona di cui parlo (come tante altre) passava il tempo a fare la moralista e andava in chiesa ogni domenica (viveva in un collegio di suore in via remorsella) , e ce l’aveva un sacco con le ragazze del nord, queste puttane.

 

Cosa significa questo? Significa che per operare un processo interiore, ove una voce vi giudichi, e’ necessario uno sdoppiamento della personalita’. Da un lato voi, sul banco degli imputati perche’ colpevoli, dall’altro il giudice. E’ ovvio che quando avverra’ lo sdoppiamento della personalita’ tra “voi con la pillola di pacman” e “voi senza pillola di pacman”, le due cose coincideranno: cosi’, quando siete innocenti siete anche giudici.

 

Cosi’, la persona infetta da pseudocoscienza non fa altro che giudicare altri, con il suo pseudomoralismo. Dico pseudomoralismo perche’un moralismo deve essere comunque relativo ad una morale condivisa, cioe’ esteriore, mentre il moralismo di questa persona e’ relativo alla morale interiore , inculcata nella sua psiche attraverso il meccanismo del senso di colpa.

 

Cosi’, siamo ad un ulteriore difetto della pseudocoscienza: l’individuo dotato di pseudocoscienza fatica a distinguere le regole del mondo reale da quelle, immaginarie, che lui stesso ha creato dentro il suo processo interiore.

 

Per il nostro pseudocosciente, esiste sempre una regola che vieta di fare cio’ che qualcun altro fa, esiste sempre una legge non scritta che proibisce ogni cosa, a meno della pillolina magica di pacman. (4) Il nostro malato di pseudocoscienza, cioe’, continua a vomitare divieti e leggi mai scritte.

 

Una cosa tipica della coscienza, ovvero della percezione razionale del mondo, e’ che le regole del mondo sono quelle attuali e non quelle che vorremmo. Prendiamo per esempio Bill Clinton. Bill Clinton va al potere fingendo di avere una famiglia felice. Poi, per prima cosa, prende una stagista e la mette in ginocchio, rendendosi ricattabile , violando cioe’ la sicurezza del paese nei confronti di un servizio segreto X che poteva pagare la Lewinsky, per dire.

 

Interrogato nel merito, dice di non aver mai fatto sesso con la Lewinsky. Siccome la Lewinsky ha tenuto in freezer una giacca con i resti di un pompino(5), viene messo sotto inchiesta per aver mentito sotto giuramento. Se ne esce dicendo che un pompino non e’ davvero sesso, e visto che lui ha detto testualmente che “non ha fatto sesso”, allora e’ innocente.

 

L’opinione pubblica se la beve allegramente (cosa che non aveva fatto la Lewinsky) , la moglie dichiara di stargli vicino in questo momento terribile, e tutto va a posto.

 

Cosa ci insegna questo sulle regole del mondo? Che se hai il potere, i coglioni e una bella parlantina puoi dare a bere il cazzo che ti pare a tutti e violare leggi e regole come ti pare, e i polli ti faranno pure un applauso.

 

Questa e’ la regola reale. Quella effettivamente in vigore, cioe’ il fenomeno fisico come lo osserviamo.

 

Chi e’ dotato di una pseudocoscienza, invece, ha le sue regole inventate. Ha le regole del suo tribunale interiore, le regole che inventa quotidianamente quando , assolto dalla pillola di pacman, si immedesima nel proprio giudice interiore. E cosi’ scopriamo che “Il Presidente del Consiglio certe cose non le puo’ fare”.

 

Certo che puo’: come abbiamo detto prima, ” Che se hai il potere, i coglioni e una bella parlantina puoi dare a bere il cazzo che ti pare a tutti e violare leggi e regole come ti pare, e i polli ti faranno pure un applauso. “.
Cosi’, diffido sempre di chi ha una pseudocoscienza. Certo, si tratta di persone estremamente manipolabili: una volta capito il trucco della pillola di pacman, potete diventare un vero e proprio spacciatore di pilloline di pacman, e farci una fortuna.

 

Prendiamo per esempio Hitler: era uno spacciatore mica male. Prima si inventa che loro sono “una razza cui tutto e’ concesso”, poi si inventa che loro “cambiano le regole della storia”. E’ fantastico, perche’ si tratta di due pillole di pacman enormemente efficaci. Lo spacciatore di queste due pillole puo’ soddisfare i bisogni della popolazione al punto da creare un vero e proprio rapporto di dipendenza. Se siete bravi con la dialettica, e sapete inventare delle buone pillole , chi vi sta attorno iniziera’ a cercarvi per chiedervi una buona giustificazione con la quale fare i propri porci comodi.

 

Se iniziate a fornirgliele, siete i loro pusher, e avete un esercito di servitori disposti a tutto per voi. Lo fa anche Berlusconi, per dire: fino a quando lui riuscira’ a creare delle assoluzioni per le pseudocoscienze dei cittadini, i cittadini saranno in un rapporto di dipendenza con lui. Evadi il fisco? Le tasse sono troppo alte. Sei razzista? Loro violentano le donne. E cosi’ via: basta assolvere gli italiani dai loro peccati, e il futuro politico e’ assicurato. Se volete dei pretoriani, spiegate loro che hanno licenza di ognicosa, che sono al di sopra di ogni giudizio, e li avrete in un battibaleno: moriranno, se necessario, per voi. (6)

Lo fa anche l’opposizione quando fa le peggio porcate e poi spaccia le sue pilloline di pacman “ma noi abbiamo il diritto di sapere”, “ma noi siamo per la legalita’”, “ma i politici non hanno vita privata”, “se lo fa feltri e’ dossieraggio, se lo fa colombo e’ giornalismo”, e cosi’ via: in definitiva, la politica italiana non e’ altro che un rapporto tra pusher di pilloline di pacman e un pubblico dotato di pseudocoscienza , che ne ha bisogno.

 

Cosi’, ringrazio il cielo di non aver mai ereditato una pseudocoscienza. Come ho fatto ad uscire dal circolo vizioso del senso di colpa? Capendo una cosa molto semplice: quando la vittima e’ tale, combatte all’ultimo sangue per salvarsi o vincere. La vittima diventa carnefice nel momento in cui cerca di farvi pena, di chiedere pieta’. E’ esattamente il momento nel quale dovete essere piu’ feroci.

Se state lottando, puo’ succedere che il vostro avversario chieda una tregua, che si dichiari per vinto, che si arrenda, o cose simili. In tal caso, valutate voi cosa fare. Ma se si atteggia a vittima, se chiede pieta’, se cerca di farvi pena, state molto attenti: sta per diventare il vostro carnefice interiore. Un avversario patetico e’ esattamente quello cui va servito il colpo di grazia, e a maggior ragione quanto sembrera’ crudele e ingiustificato (il vittimismo consiste proprio nel dimostrare l’inutile e ingiustificata crudelta’ dell’avversario) , dovete colpire ancora piu’ brutalmente.

Questo e’ il motivo per il quale applaudo gli israeliani quando fanno qualcosa di male ai palestinesi: e’ un popolo vittimista, ovvero un carnefice. La loro sparizione dalla storia rendera’ il mondo un posto migliore: chiunque si lamenti di essere perseguitato va perseguitato. I veri perseguitati non si lamentano, lottano e stringono i denti. Le vere vittime combattono sino alla fine. Se si fermano a piagnucolare, non avete colpito abbastanza forte.

Insomma, in parole povere cio’ che ho capito e’ che il nemico e’ chi usa la tecnica del senso di colpa. Chi vi dice “non sai quanto male mi fai” deve sentirsi rispondere con tutto il peggio che avete a disposizione: se davvero gli faceste male, avrebbe reagito, e non vi preoccupate che appena gli farete male  DAVVERO, reagiranno e combatteranno.

La vittima e’ quella che combatte. Quella che si lamenta e’ un carnefice, non una vittima. Questo e’ il punto fondamentale che mi ha salvato dall’avere una pseudocoscienza, ovvero la capacita’ di capire quanto mortale sia il vittimismo come strategia di combattimento. Non e’ onorevole colpire l’avversario al suolo. E’ onorevole colpire l’avversario al suolo se piange. Se il ferito stringe i denti e continua a lottare, si fa prigionero. Se molla il fucile e piange, si ammazza. Chi fa la vittima si mette nelle condizioni di ricevere il colpo di grazia, punto e  basta; solo per chi si batte c’e’ rispetto.

Insomma, la mia opinione e’ che l’unico modo per combattere la pseudocoscienza sia una “morale di combattimento solitario”. Per morale di combattimento solitario intendo una morale di guerra che tenga conto delle tre seguenti cose:

  • Non esiste alcuna logistica dietro le tue spalle.
  • Non hai nessuna bandiera.
  • Non c’e’ una nazione di fronte alla quale apparire degli eroi.
  • Il primo obiettivo e’ sopravvivere, il secondo e’ prosperare.
  • Non ti aspettare mai di essere amato. Puo’ succedere, ma non puoi aspettartelo.

Questo ovviamente costringe a riconoscere con onesta’ una semplice cosa: la vita e’ guerra. E’ inutile illudersi, gente: la prima cosa che ricevete quando nascete e’ una sberla. E non e’ un caso: significa “benvenuti nell’arena”.

Non si tratta di darwinismo, ma di semplice realismo: le cose stanno esattamente cosi’. Chi ha una pseudocoscienza continuera’ a dire che le cose stiano diversamente, perche’ ovviamente inventera’ tutte le regole che vi impedirebbero (o vi dovrebbero impedire) di reagire contro di loro che piangono. Godete del colpire gli occhi di chi piange: il disprezzo per la vittima e’ il primo comandamento di chi vuole vivere a questo mondo.

Potrete rispettare gli sconfitti, ma non rispettate MAI le vittime
rispettare una vittima ne fa un carnefice. 

Se un volto in lacrime vi fa pena, considerate il fatto che provare pena e’ una sensazione sgradevole, dunque quel volto vi sta facendo del male: se vi fa del male e’ un nemico, battetevi e colpitelo.

Potete immaginare cosa sia successo, quando ho realizzato questo semplice principio, alla prima volta in cui mi sono trovato di fronte la mammina “non sai quanto male mi stai facendo”. Credo se lo sogni ancora di notte, come merita. Del resto, io sogno lei, il che significa che ho fatto bene a restituire i colpi: colpo su colpo rende il mondo migliore.

Cosi’, la morale della storia e’ che battersi e’ il segreto di una vita onesta.

Quando vi battete, dovete per forza tener conto della realta’ del campo, e non delle farlocche regole che potete inventare: il vostro avversario vi potra’ fare tutto cio’ che sara’ in grado di fare, punto. E’ un fatto, e non c’e’ alcuna regola che glielo vieti, se non quelle della fisica e della contingenza materiale.

Vivere battendosi significa non sperare mai che qualcuno abbia le mani legate e non possa reagire. Vivere battendosi significa non illudersi che ci siano limiti alla durezza dello scontro. Vivere battendosi significa non avere tempo per i processi interiori. Significa per prima cosa rendersi conto che il problema non sono i mezzi e neanche i fini, ma i risultati che ottenete. Non cambia niente se avete usato dei mezzi nobili o meno, non cambia niente se i vostri fini fossero nobili o spregevoli, l’unica cosa che conta e’ il risultato della battaglia. Significa non pensare che ci voglia una scusa per fare qualcosa, o che sia necessario infliggersi qualche prezzo: i nemici e gli accusatori verranno comunque, non c’e’ bisogno di crearsene di interiori.

Ma specialmente, batterti  ti insegna a non piangere mai. 

Ecco, in sintesi, 40 anni di lezioni imparate: “non piangere MAI”.

A chi piange, alle vittime,  non e’ dovuto alcun rispetto. Per le lacrime c’e’ solo disprezzo.

Uriel

(1) No, non partecipai. All’epoca ero in altre faccende affaccendato.

 

(2) Ai presenti non sembrava, ecco tutto. Anzi, la tipa sembrava entusiasta di trovarsi in un armadio a muro con due tizi.
 
(3) Ci vuole della crudelta’ nel prendere una persona malata di pseudocoscienza che la sbatte sul banco degli imputati di continuo e consigliarle di tornare in un paesello di qualche merdosa montagna calabrese , dove l’intero paese l’avrebbe sbattuta sul banco degli imputati , usando esattamente le stesse parole. Il mio compagno d’appartamento era davvero una belva: morale della storia, la sensibilita’ non e’ garanzia di sollievo, perche’ la sensibilita’ e’ la caratteristica principale del buon torturatore. Non potete davvero torturare qualcuno se non siete persone sensibili, al massimo potete brutalizzare.Per torturare veramente, per essere davvero crudeli, dovete essere anche sensibili.Abbiate paura delle persone “sensibili”: sapranno esattamente COME farvi soffrire.

 

(4) Spesso si chiama semplicemente matrimonio, ma anche volontariato, ma anche impegno politico, ma anche morale, ma anche fede: chi ha una pseudocoscienza mente anche quando dice il vero, cosi’ puo’ lottare per valori anche apparentemente elevatissimi. Il prete, di solito, ha una pseudocoscienza. Puo’ inculare bambini anche quando crede in Cristo, perche’ non ci crede nemmeno quando non li incula, ovvero ci crede in entrambe le situazioni, mentendo esattamente allo stesso modo.

 

(5) Serve a tenerle stirate. E dimostra chiaramente che la Lewinski non praticasse l’ingoio. In effetti, si trattava di un pompino improprio.

(6) E’ uno dei motivi per i quali terro’ per me, in futuro, il mio nazionalismo. Detesto lavare pseudocoscienze, non sono una lavanderia a gettoni.

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